Aids

  • Aids in calo in Italia ma le diagnosi sono tardive

    Diminuiscono negli ultimi anni le infezioni da Hiv ed i casi di Aids conclamato in Italia, soprattutto grazie agli effetti delle terapie, ma le diagnosi arrivano troppo tardi ed in fase già avanzata di malattia per i due terzi dei pazienti. Un dato preoccupante che indica come sia in atto, soprattutto tra i giovani, un forte calo di attenzione con una pericolosa sottovalutazione dei rischi legati a questa malattia. A puntare i fari sul fenomeno il ministro della Salute, Orazio Schillaci, e gli esperti riuniti in occasione del convegno organizzato dal ministero per la Giornata mondiale contro l’Aids.

    I dati, ha spiegato Schillaci, “mostrano che l’incidenza delle diagnosi di Hiv in Italia è in calo dal 2012 e anche negli ultimi due anni, tuttavia la paura di accedere ai servizi sanitari durante l’epidemia di Covid ha comportato un ritardo nelle diagnosi. Non dobbiamo sottovalutare questa pandemia globale di Aids che resta una emergenza sanitaria nel mondo». Altro problema che sta emergendo, ha inoltre sottolineato, è «la scarsa conoscenza dell’Hiv e il ricorso limitato al test. La priorità è dunque facilitare l’accesso al test per far emergere i casi sommersi, oltre a continuare la lotta contro lo stigma». A preoccupare, ha commentato Barbara Suligoi, del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, è il fatto che “la percezione del rischio si è molto abbassata e c’è poca consapevolezza dei pericoli della trasmissione via sessuale”.

    Nel 2021 in Italia ci sono state 1770 nuove diagnosi da Hiv e 382 casi di Aids conclamato, con un’incidenza in diminuzione, ma siamo ancora ben lontani, hanno sottolineato gli esperti, dagli obiettivi dell’Oms di arrivare al 95% di persone a conoscenza della propria positività, il 95% di persone hiv positive che possono avere una terapia e il 95% che riesce ad avere una carica virale azzerata. A pesare sono anche gli effetti della pandemia di Covid, che gli esperti definiscono “devastanti”. I nuovi dati del report Unaids 2022 indicano infatti che i progressi fatti stanno vacillando, le risorse si sono ridotte e le disuguaglianze sono aumentate. Per questo, la lotta all’Hiv necessita di “nuovi impulsi” e se “anche prima del Covid-19 eravamo lontani dai nostri obiettivi di riduzione delle nuove infezioni e dei decessi, ora siamo decisamente fuori strada», affermano Peter Sands, direttore esecutivo del Global Fund per la lotta contro Aids, tubercolosi e malaria, e Winnie Byanyima, direttrice esecutiva di UnAids. Nel mondo, infatti, rileva l’infettivologo Stefano Vella, “l’Aids è ancora una pandemia globale con 38 milioni di persone con Hiv e 1,5 milioni di nuove infezioni nel 2021”. Ed ancora: “Ogni giorno 4.000 persone, di cui 1.100 giovani, si infettano: se le tendenze attuali continueranno, almeno 1,2 milioni persone saranno nuovamente infettate nel 2025 mentre nel 2021 – conclude Aldo Morrone, direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano di Roma – 650.000 persone sono morte per cause legate all’Aids. Una al minuto”.

  • Zimbabwe approves long-acting HIV prevention drug

    Zimbabwe has become the first county in Africa to approve a long-acting injectable drug that prevents HIV transmission.

    The first two injections of Cabotegraviror CAB-LA are administered four weeks apart, followed by an injection every eight weeks.

    The drug has received regulatory approval in two other countries, the US and Australia.

    Zimbabwe will begin rolling out the drug after regulators approved its use. The authorities say it will provide a crucial layer of protection for risk groups.

    Large scale studies of the drug showed 79% reduction in HIV risk compared with oral pre-exposure prophylaxis, according to the World Health Organisation.

    Zimbabwe approved a long-acting HIV preventative vaginal ring earlier this year.

    While African countries have dramatically reduced the number of new HIV infections, adolescent girls and young women remain at risk accounting for 63% of new infections last year.

  • L’UE annuncia il contributo storico di 715 milioni di € a favore del Fondo globale per salvare milioni di vite dall’AIDS, dalla tubercolosi e dalla malaria

    La Commissione europea ha annunciato un nuovo contributo record di 715 milioni di € dal bilancio dell’UE a favore del Fondo globale per il periodo 2023-2025, in occasione della settima conferenza di rifinanziamento del Fondo organizzata a New York dal presidente degli Stati Uniti Biden. Insieme agli impegni assunti dagli Stati membri dell’UE, Team Europa conferma il suo impegno deciso a favore del Fondo globale con un contributo totale di oltre 4 miliardi di € per il periodo 2023-2025. Il Fondo globale, un partenariato internazionale per la lotta contro l’AIDS, la tubercolosi e la malaria, ha già salvato 50 milioni di vite negli ultimi 20 anni. Il nuovo contributo si aggiunge ai 150 milioni di € messi a disposizione quest’anno dal bilancio dell’UE per il meccanismo di risposta alla COVID-19 (C19RM) del Fondo globale, al fine di aiutare i paesi a coprire i costi dei dispositivi di protezione individuale, dei test diagnostici e delle terapie.

    L’obiettivo del Fondo globale è mobilitare almeno 18 miliardi di dollari per il periodo 2023-2025 al fine di salvare 20 milioni di vite, evitare oltre 450 milioni di infezioni, ridurre del 64% il tasso di mortalità dovuta all’HIV, alla tubercolosi e alla malaria e costruire un mondo più sano e più equo.

    Di questi 18 miliardi dollari, 6 miliardi verrebbero investiti per potenziare i sistemi sanitari e le reti locali. Ciò consoliderebbe notevolmente il ruolo del Fondo nel sostenere gli sforzi nazionali volti a creare sistemi sanitari più integrati e incentrati sulle persone, con migliori capacità di prevenzione, individuazione e risposta in relazione alle minacce legate alle malattie infettive.

    20 anni fa, al momento della creazione del Fondo globale, sembrava impossibile riuscire a sconfiggere l’HIV, la tubercolosi e la malaria, ma grazie alla scienza, a risorse adeguate e a un’efficace collaborazione a livello mondiale si riesce a far arretrare anche le malattie più letali. In soli 20 anni il partenariato del Fondo globale ha salvato 50 milioni di vite e ridotto di oltre la metà il numero di vittime.

    Il Fondo globale, il cui ruolo va ben al di là del mandato di sconfiggere l’AIDS, la tubercolosi e la malaria, è un protagonista fondamentale nella lotta contro il COVID-19. È diventato il primo fornitore di sostegno finanziario ai paesi a basso e medio reddito per tutto, fuorché i vaccini. Tramite il meccanismo di risposta il COVID-19 (C19RM), il Fondo sostiene i paesi nella copertura dei costi dei dispositivi di protezione individuale, dei test diagnostici e delle terapie. L’UE ha annunciato 150 milioni di € da destinare alla C19RM.

    L’Unione europea e i suoi Stati membri, in qualità di Team Europa, sono uno dei principali contributori del Fondo globale. Per il sesto rifinanziamento del Fondo globale 2020-2022, la Commissione europea si era impegnata a stanziare 550 milioni di €. Con il nuovo impegno di 715 milioni di €, l’apporto complessivo della Commissione europea al Fondo globale per il periodo 2001-2025 raggiunge i 3,5 miliardi di €. I contributi 2001-2022 dell’UE e dei suoi 27 Stati membri al Fondo globale ammontano a 21,2 miliardi di dollari.

    La nuova iniziativa traduce l’impegno risoluto della Commissione europea di promuovere la salute mondiale, che include il sostegno bilaterale e regionale ai sistemi sanitari dei paesi partner e ad altre iniziative mondiali in campo sanitario quali, tra le altre, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Alleanza per i vaccini (GAVI) e il Fondo di intermediazione finanziaria per la prevenzione, la preparazione e la capacità di risposta alle pandemie.

    Fonte: Commissione europea

  • HIV: First woman in world believed to be cured of virus

    A US patient is believed to be the third person in the world, and first woman, to be cured of HIV.

    The patient was being treated for leukaemia when she received a stem cell transplant from someone with natural resistance to the Aids-causing virus.

    The woman has now been free of the virus for 14 months.

    But experts say the transplant method used, involving umbilical cord blood, is too risky to be suitable for most people with HIV.

    The patient’s case was presented at a medical conference in Denver on Tuesday and is the first time that this method is known to have been used as a functional cure for HIV.

    The patient received a transplant of umbilical cord blood as part of her cancer treatment and has since not needed to take the antiretroviral therapy required to treat HIV.

    The case was part of a larger US study of people living with HIV who had received the same type of blood transplant to treat cancer and serious diseases.

    The transplanted cells that were selected have a specific genetic mutation which means they can’t be infected by the HIV virus.

    Scientists believe the immune system of recipients can develop resistance to HIV as a result.

    The woman’s treatment involved umbilical cord blood, unlike the two previous known cases where patients had received adult stem cells as part of bone marrow transplants.

    Umbilical cord blood is more widely available than the adult stem cells previously used and it does not require as close a match between donor and recipient.

    Sharon Lewin, president-elect of the International Aids Society, cautioned that the transplant method used in this case wouldn’t be a viable cure for most people living with HIV.

    But she added that the case “confirms that a cure for HIV is possible and further strengthens using gene therapy as a viable strategy for an HIV cure.”

    The findings around this most recent case study are yet to be published in a peer-reviewed journal, so wider scientific understanding is still limited.

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