amicizia

  • Per vivere meglio?

    Sul Patto abbiamo in diverse occasioni ricordato come la ricerca scientifica abbia evidenziato, con diversi studi, le conseguenze positive, sul fisico e sulla psiche umana, che derivano dal rapporto affettivo con un animale da compagnia.

    Specificamente accarezzare il proprio cane o gatto, o comunque un animale col quale si è instaurato un rapporto, porta al rallentamento del battito cardiaco e al rilascio di ossitocina, quello sostanza che molti ormai chiamano l’ormone del benessere.

    Due scienziati italiani hanno, qualche anno fa, pubblicato il libro La scienza degli abbracci nel quale sono raccolte diverse indagini che provano come gli abbracci tra esseri umani, abbracci non legati al sesso ma solo alla affettività, alla condivisione di sentimento e calore umano, portino beneficio e produzione della nota ossitocina.

    L’abbraccio diventa un gesto con il quale ci si dà reciproco aiuto fisico e mentale, si riduce lo stress e si potenzia il sistema immunitario, si combatte la solitudine che, in questa epoca è diventata una nuova forma di malessere o autentico prodromo di malattia.

    L’ossitocina migliora il riconoscimento delle emozioni, rende più empatici, dà maggiore salute al sistema vascolare.

    In questa società dove tutti siamo sempre più concentrati su noi stessi, sul nostro smartphone, computer e sui social di riferimento, convinti che l’importante sia avere sul nostro profilo mille amici sconosciuti piuttosto che coltivare il rapporto diretto con dieci amici veri che possiamo guardare negli occhi senza uno schermo, cerchiamo di tornare ad imparare quei piccoli e semplici gesti d’affetto che fanno tanto bene reciprocamente.

    Abbracciare un amico, un parente, una persona che ha bisogno, dando un gesto di solidarietà, accarezzare il nostro cane o gatto e imparare a sorridere un po’ potrebbero, dovrebbero essere, piccoli ma importanti obbiettivi per questo nuovo anno.

  • Buone feste a tutti (davvero)!

    Il bambino ha 12 anni. L’uomo di affari ne ha 35. Il bambino lo chiameremo Antony (per privacy) mentre l’uomo di affari si chiama Candido. Entrambi si sono incontrati a metà dicembre nel cortile di un importante ospedale pediatrico di Roma. Il bambino si trova lì perché vi è ricoverato. L’uomo di affari perché ad essere ricoverato è un suo nipote di pochi mesi. È una bella giornata e si può stare all’aperto. Antony ha da poco terminato le sue ore di riabilitazione e si sta organizzando con il padre per mangiare un panino. Pane, prosciutto e formaggio caserecci. Candido da ore passeggia avanti e indietro parlando al telefono. Sono circa le due del pomeriggio quando vede avvicinarsi un uomo (il padre del bambino) con un panino in mano. Stupito gli chiede il motivo di questo affettuoso gesto. L’uomo gli risponde che suo figlio, sapendo che la mensa era chiusa e non vedendolo mangiare, si era preoccupato per lui. “Papà sto preparando un panino per quel signore perché mi dispiace che non ha il mangiare”. L’uomo di affari, chiaramente commosso, accetta il panino e inizia a parlare con il padre. Gli racconta del suo lavoro di broker europeo nel mondo delle carni mentre l’altro gli dice che lui e suo figlio passeranno le feste a Roma, lontani da casa, in una struttura messa a disposizione dall’ospedale e chiede all’uomo di affari se sia possibile procurargli della carne di buona qualità per il giorno di Natale. Prontamente Candido risponde di sì, che non ci sono problemi e dopo aver nuovamente ringraziato riprende con le sue telefonate ma, qualcosa in lui si è mosso. Il giorno dopo decide di andare a vedere la struttura dove circa venti famiglie con il loro bambini (fra i quali alcuni ospedalizzati) passeranno le feste di Natale. “Si può fare!”. L’altruismo di Antony è stato contagioso. Candido, infatti, ha deciso di offrire un pranzo non solo a quel bambino ma a tutte le famiglie alloggiate in quella struttura. E così si è attivato. Grazie alle sue capacità si è adoperato per chiedere i dovuti permessi e per organizzare la giornata. Un amico porterà la griglia, altri porteranno le verdure già cotte, lui cucinerà la sua carne mentre altri amici si occuperanno del servizio ai tavoli. Ma Candido non vuole che sia solo un pranzo all’aperto ma una vera e propria giornata di festa per chi non ha molto da festeggiare in questo periodo. Così attiva anche la sua rete di amici per l’animazione e per acquistare regali da portare ai bambini. Perché non sta chiedendo ai suoi amici soldi ma un po’ del loro prezioso tempo affinché il piccolo e profondo gesto altruistico di Antony possa diventare contagioso e fare del bene a loro (e a tutti noi) come ha fatto del bene a lui. Tutto è pronto. Il ventitré dicembre questi bambini potranno vivere una giornata di festa. E noi? Siamo pronti a far vivere una vera giornata di festa ai più piccoli e soprattutto a quelli più bisognosi? Non credo esista un dolore più grande di vedere soffrire un bambino. In Italia più di 1.254.000 bambini vengono ricoverati ogni anno in ospedale e per loro (ed i loro genitori), il ricovero rappresenta un momento estremamente delicato, spesso doloroso e difficile da affrontare. Costruire una società dove a pagarne in primis le sue contraddizioni sono i nostri figli (in Italia come in tutto il Mondo) non può essere una società che ha lunga vita. È chiaro che stiamo sbagliando tante cose e, per questo, abbiamo il dovere morale di fare qualsiasi cosa per migliorarla ma, come ormai avremmo dovuto già imparare, le parole non contano nulla. Sono i gesti a fare la differenza. Ho avuto modo di conoscere Candido e di chiedergli che cosa lo abbia mosso. Mi ha risposto serenamente che “È stato l’altruismo di questo bambino che, nonostante i suoi problemi, ha avuto un pensiero premuroso per un’altra persona. Uno sconosciuto. Antony mi ha donato un sorriso gratuitamente e di questo insegnamento gliene sarò sempre grato e testimone”.

    Una piccola storia ma una grande occasione per ognuno di noi a pensare, qui, ora, ad un piccolo gesto per chi ne ha veramente bisogno.

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