Apparecchi elettronici che monitorano la qualità dell’aria in corsia, sensori nei materassi che rivelano i movimenti dei degenti, stampanti 3D in sala operatoria: questo è lo tsunami elettronico che si sta facendo largo tra gli ospedali moderni, stravolgendone completamente le fondamenta. L’ospedale 4.0 del futuro sarà più efficiente e meno affollato, rendendo così più facile il lavoro di medici e sanitari e migliorando la qualità della degenza dei pazienti.
Questo scenario ipertecnologico, se confrontato con la dura realtà quotidiana degli ospedali italiani che non riescono a garantire i livelli essenziali di assistenza con lunghissime liste d’attesa, sembra semplicemente da fantascienza.
Se in America tutto questo è ormai a portata di mano, in Italia si sta pian piano costruendo quella che dovrebbe essere la struttura principale per la sanità del futuro. Per la prima volta in Italia un team di bioingegneri si è trasferito in pianta stabile all’interno di un ospedale, creando un laboratorio ad hoc per un’equipe medica, prima pietra della chirurgia 4.0: questo accade a Bologna, al Policlinico universitario Sant’Orsola Malpighi, nell’unità di chirurgia maxillo-facciale. In questa struttura gli specialisti di tecnologie biomediche che manovrano navigatori, simulatori, software e stampanti 3D collaboreranno con i chirurghi durante gli interventi in sala operatoria. Tutto questo grazie all’alleanza tra il pubblico (sanità e università) e il privato, che attraverso la Fondazione bolognese Face3D ha fin qui raccolto 600mila euro per sostenere ricerca e sviluppo di nuove metodologie interventistiche e per la formazione di nuovi specialisti.
“Non è un caso se questa iniziativa pilota di chirurgia 4.0 nasce nell’unità maxillo-facciale del Sant’Orsola, avanguardia internazionale nel settore, perché è sul volto, veicolo dell’identità di ognuno di noi, che interventi di precisioni millimetrica con realtà aumentata, preceduti da progetti e simulazioni chirurgiche virtuali in 3D, esprimono la massima efficacia”, spiega Alberto Lenzi, presidente della Fondazione Face3D. “I tumori alla bocca e al volto sono il 5% delle patologie tumorali (quelli al seno sono il 12% per dare le proporzioni) ma non se ne parla perché i pazienti non si vedono, sono persone che si nascondono agli occhi della società, perché deturpate”, ha poi proseguito Lenzi. “Noi medici del Sant’Orsola collaboriamo da anni con il dipartimento di Bioingegneria dell’Alma Mater, ma ora abbiamo dato forma a un’unità operativa congiunta, costituita da bio-ingegneri e da chirurghi, e a un’unione fisica tra le due discipline. Il laboratorio è nell’area centrale del policlinico: qui stiamo costruendo il futuro della chirurgia fondata sull’interazione e integrazione non solo di conoscenze e di tecnologie, ma anche di risorse pubbliche e private”, sottolinea Claudio Marchetti, luminare e direttore dell’Unità operativa bolognese di chirurgia maxillo-facciale.
Servono capitali importanti per acquistare strumentazioni come il simulatore che ricostruisce virtualmente il volto di ogni singolo paziente o il nuovo navigatore per intervenire in zone interne al cranio dove l’occhio umano non può arrivare. Ma non serviranno solo macchinari. “Serviranno sempre più ingegneri (biomedici) non solo nelle industrie ma anche negli ospedali”, è l’avviso ai giovani che lancia Marchetti.
Questi sono i primi passi per capire come dovrà essere l’ospedale del futuro, capace di usare internet, l’intelligenza artificiale, i sensori e tutto l’hi-tech necessario curare sempre meglio e più velocemente. Questo nuovo sistema permetterà anche di curare anziani e pazienti cronici soprattutto nelle loro abitazioni, grazie a sistemi di sensori e software predittivi che comunicano in tempo reale con i medici. Anche gli esami clinici, almeno quelli di base, saranno fatti in casa, con dispositivi economici da usare in combinazione con lo smartphone. Per una sanità più efficiente e meno invasiva.