caccia

  • Il lupo non un pericolo ma è in pericolo

    Spesso in questi ultimi tempi sono aumentate le richieste di aprire la caccia al lupo, di togliere il lupo dalle specie protette perché il loro numero è in aumento.

    Sommessamente ma a ragion veduta e con caparbia costanza continuiamo a sostenere che l’aumento del numero dei lupi è gran parte dovuto alla fantasia, alla voglia dei cacciatori di sparare a qualcosa di più impegnativo della lepre e di meno pericoloso del cinghiale, e che se si vede qualche lupo sceso più a valle questo è dovuto a ben note ragioni.

    Sappiamo infatti che i lupi inseguono caprioli e cinghiali e che questi animali sono ormai arrivati ai bordi dei paesi e delle città a cause delle molte immondizie abbandonate o dei cassonetti non chiusi ermeticamente, così come sappiamo che molti allevatori invece di smaltire correttamente le carcasse di animali morti e le placente attraverso i canali che la legge prevede per evitare anche un piccolo esborso di denaro le buttano sui letamai attirando così i lupi vicino agli allevamenti.

    Qualunque, anche superficiale, studioso della nature sa bene che delle nuove cucciolate della coppia alfa, l’unica che può riprodursi, pochi arrivano all’anno di età perché molti soccombono per tutti i pericoli e le malattie che esistono in natura, non ultima la rogna che corrodendo il pelo dei cuccioli li condanna a morte per ipotermia.

    Se a tutto questo aggiungiamo i lupi uccisi sulle strade, quelli vittima del bracconaggio, delle trappole e delle sevizie di alcuni sciagurati è facile capire che il problema lupi è un problema minimale anche per gli allevatori, se hanno l’intelligenza e la volontà di dotarsi di quei presidi di sicurezza che per altro sono loro offerti gratuitamente come i cani da guardiania.

  • I giudici sospendono la caccia al cervo autorizzata dalla Regione Abruzzo

    Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso degli animalisti e sospeso la caccia ai 469 cervi in Abruzzo fino al 7 novembre 2024, riservandosi di prendere quel giorno una decisione definitiva, in Camera di consiglio, sulla possibilità della Regione Abruzzo di autorizzare abbattimenti selettivi in due comprensori regionali nell’Aquilano.

    In attesa della decisione dei magistrati amministrativi sul fatto che la Regione possa decidere l’abbattimento degli animali (con tanto di tariffario che i cacciatori devono pagare, da 50 a 250 euro a seconda di età, sesso e dimensioni del cervo abbattuto), il comune di Rosello (Chieti) l’11 ottobre ha presentato una richiesta ufficiale all’Assessorato regionale Agricoltura e Foreste per ospitare e liberare nel proprio territorio quaranta dei 469 esemplari destinati all’abbattimento, attraverso  il sindaco e capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra della Regione, Alessio Monaco. Una richiesta basata su diversi fattori: la presenza della Riserva Naturale “Abetina di Rosello”, istituita nel 1997 e parte del sito protetto Natura 2000, dove già in passato sono stati ospitati caprioli e cervi; la bassa densità di cervi nella zona del Medio Sangro, con soli 15-20 esemplari su un’area di 200 chilometri quadrati; l’espansione del bosco dovuta all’abbandono delle aree coltivate, che ha danneggiato le specie avifaunistiche legate agli spazi aperti. «Ho presentato la richiesta per responsabilizzare i colleghi commissari e rendere evidente a tutti gli abruzzesi la posizione delle forze politiche: invito gli altri Comuni che possono a seguire questo esempio per limitare una sciagurata strage di animali indifesi», ha spiegato Monaco.

    La sospensione decretata dai magistrati è stata accolta con viva soddisfazione da tutto il mondo ambientalista. «La caccia ai cervi rappresenta una soluzione di comodo che ignora le possibili alternative non violente, a favore della lobby venatoria», hanno dichiarato Lav, Lndc Animal protection e Wwf Italia, autori del ricorso alla giustizia amministrativa contro la delibera regionale abruzzese. «Il Consiglio di Stato ha riconosciuto il carattere di urgenza ed estrema gravità della vicenda. Sono molto soddisfatta di questo primo risultato: stiamo seguendo questa vicenda dall’inizio di agosto, con il sostegno di decine di migliaia di cittadini che hanno inviato mail di protesta, e confidiamo che il Consiglio di Stato faccia la cosa giusta e fermi questa mattanza insensata», ha dichiarato al Corriere della Sera Piera Rosati, presidente nazionale di Lndc Animal protection.

  • Caccia al cervo

    Si è riaperta, in alcune aree, la stagione della caccia e dall’8 agosto l’Abruzzo, regione che abbiamo spesso citato ad esempio per la convivenza tra orsi ed umani e per la gestione dei parchi e della fauna selvatica, ha emanato una delibera  autorizzando il prelievo, e cioè l’uccisione, di quasi 500 cervi.

    La cosa che più sconcerta è che nella delibera è predisposto un tariffario, i cacciatori cioè per uccidere i cervi dovranno pagare, a seconda dell’animale abbattuto, un tanto alla regione. Secondo quanto riportato, anche da organi nazionali d’informazione, cinquanta euro per un cucciolo, 100 per le femmine giovani, 150 per i maschi giovani e 250 per i maschi con più di cinque anni, non è ancora chiaro quanto costeranno i trofei dei maschi adulti, cioè i palchi, e quanto sarà la differenza di costi  tra i cacciatori abruzzesi e quelli che proverranno da altre regioni.
    Due cose particolarmente stupiscono e diciamo pure ci indignano, la prima, ovviamente, è che si autorizza, addirittura si invita, a sparare ai cuccioli, bersagli fin troppo facili, l’altra è che risulta che la densità di cervi nelle aree individuate per gli abbattimenti è solo di poco superiore alla soglia che, per legge, permette la caccia di selezione fissata quando vi sono più di due capi per chilometro quadrato. Ovviamente e giustamente le associazioni a protezione degli animali stanno protestando e una petizione del WWF ha già raccolto circa 80.000 firme contro gli abbattimenti.
    Che sia un errore di valutazione  da parte della regione od una marchetta ai cacciatori il provvedimento, specie per l’abbattimento dei cuccioli, sarebbe da ritirare subito con tanto di scuse alla popolazione civile.

    Visto che la caccia sta riprendendo in più parti vogliamo ricordare alcuni dati ai nostri lettori e a quei politici che pensano ai voti che i cacciatori possono dare, le armi ad uso venatorio in Italia sono solo 571.000 e considerando che spesso un cacciatore ha più armi rimane evidente come il numero degli amanti della caccia sia ormai poco rilevante ai fini elettorali rispetto al numero di coloro che credono nel rispetto di una convivenza pacifica con gli animali, fonte di equilibrio per l’ecosistema e per gli interessi turistici.

    Siamo consapevoli che un numero eccessivo di ungulati e di cinghiali sono un danno ma siamo anche certi che vi sono sistemi più corretti per eliminare i problemi connessi al sovrannumero, problemi che non si vogliono affrontare con decisione e competenza tant’è che non si è riusciti ad arginare neppure la peste suina e che perciò continuano a dover essere eliminati centinaia di maiali d’allevamento con un grave danno economico per tutti

    Troppa improvvisazione, troppa superficialità anche in questi campi.

  • Brevemente, intensamente

    L’orso M90 è stato giustiziato dalle guardie forestali per ordine del Presidente della Provincia di Trento.

    Non sappiamo se M90 avrebbe potuto diventare pericoloso, di fatto non aveva mai minacciato nessuno nei suoi pochi anni di vita, era certamente un orso confidente, che cioè si fidava e che da cinque mesi aveva il radiocollare per poter essere sempre monitorato e dare così informazioni utili.

    Forse se fosse nato in Abruzzo avrebbe vissuto tranquillamente come Juan Carrrito, salvo poi magari morire travolto da una macchina, proprio come il povero Juan, in effetti anche M90 era stato vittima di un incidente ma era sopravvissuto per essere poi ucciso per ordine di chi ancora macina la frustrazione di non aver potuto uccidere anche gli altri orsi che in questi anni aveva più volte condannato a morte.

    Sappiamo invece per certo che la sua morte si ascrive alle decisioni di Fugatti, da tempo noto per il suo irrefrenabile desiderio di abbattere orsi, lupi e a quanto altro aspirino le assatanate carabine di coloro che nella caccia, a differenza di altri, hanno bisogno di sfogare i loro istinti violenti.

    Gli uomini non vanno d’accordo tra di loro, le violenze, di ogni genere, sono notizia di tutti i giorni, i social ci abituano ancor di più a queste manifestazioni e non ci si stupisce, più di tanto, di fronte ad una tredicenne violentata, ad un ragazzo sparato, ad un insegnate accoltellato, ad un femminicidio od alla solita denuncia di quartieri invivibili per la droga o di appalti truccati e strade e case lesionate grazie all’uso di materiale scadente.

    Perché allora dovremmo stupirci se un orso in più o in meno è stato ucciso?

    Infatti non ci stupiamo, dice un vecchio detto “ogni botte dà il vino che ha” e il vino di Fugatti e dei suoi amici è acido, molto acido.

    Comunque se oltre alla guerra tra umani vogliamo continuare la guerra contro la natura, senza cercare regole di convivenza che garantiscono la sopravvivenza del pianeta e cioè di tutti, le conseguenze saranno serie anche per i “buoni” che non reagiscono.

  • In memoria di Bambotto e non solo

    Bambotto era un bellissimo cervo di cinque anni che, come sua madre, amava, ricambiato, gli umani, mangiava dalle loro mani quando andava a trovarli facendo sorridere grandi e piccoli in quella che non era una favola ma la realtà.

    Bambotto è stato ucciso da un giovane cacciatore, la madre di Bambotto era da tempo, misteriosamente, scomparsa, forse aveva fatto la sua stessa fine.

    Perché occuparci di un cervo mentre i miliziani di Hamas hanno decapitato, bruciato tanti bambini israeliani e tanti bambini palestinesi muoiono sotto le bombe necessarie per tentare di distruggere il terrore e la perfidia che gli jihadisti rappresentano non solo per Israele?

    Perché parlare di un cervo assassinato mentre Putin da quasi due anni sta facendo assassinare tanti ucraini?

    Perché un assassinio è sempre un assassinio e quando la morte è procurata da una persona giovane, come il cacciatore che ha ucciso Bambotto, non possiamo che chiederci da cosa nasce tanta voglia di uccidere, tanta crudeltà e mancanza di rispetto verso il miracolo della natura, tanta indifferenza per le molte persone che amavano Bambotto e dividevano con lui momenti di vita e serenità.

    Siamo convinti che le atrocità alle quali assistiamo, in questi tempi di guerre sempre più efferate, nascano propria dalla cultura della violenza, dalla mancanza di rispetto per la vita, dall’ incapacità di provare empatia, da una povertà d’animo che ci porta, ancora una volta, a dire che l’essere più feroce sulla terra è l’essere umano perciò non chiamiamo lupi solitari gli assassini terroristi, chiamiamoli con il loro nome: mostri umani.

    Mettiamo giù, qualche volta, i nostri strumenti informatici e proviamo a guardare quello che ci circonda, persone, animali, natura, proviamo a risvegliare quei sentimenti che abbiamo perduto e forse anche questo nostro nuovo modo di essere darà una mano a sconfiggere l’odio e il terrorismo.

  • Ogni anno milioni di uccelli muoiono ogni anno per avvelenamento da piombo

    L’inquinamento da piombo legato alla caccia è un problema serio e poco conosciuto, che minaccia silenziosamente e gravemente la biodiversità e la nostra salute. Ogni anno le munizioni disperdono nell’ambiente miliardi di pallini di piombo che causano la morte indiretta di milioni di uccelli in tutto il mondo (un milione solo nelle zone umide Europee), inquinando gli ecosistemi e minacciando la salute umana.
    Il WWF lancia l’allarme nel suo report “Cartucce avvelenate” nel quale si ribadisce come il piombo sia un metallo altamente tossico, tanto da essere stato bandito da tutti i prodotti di consumo come benzina, vernici, tubature. Eppure ancora oggi tra le 1.400 e le 7.800 tonnellate di piombo vengono rilasciate ogni anno solo nelle Zone Umide d’Europa. In Europa è stato calcolato anche il danno economico provocato da questa forma di inquinamento dell’ambiente naturale: 105 milioni di euro l’anno per la mortalità indiretta provocata dalla caccia sulla fauna europea. Bastano infatti 2-3 pallini ingeriti per uccidere un uccello di media taglia. Il piombo causa anche intossicazioni di tipo cronico, con pericolose disfunzioni del sistema immunitario e riproduttivo.
    Il piombo uccide o avvelena non solo animali e altri organismi, ma ha il potere di bioaccumularsi, di entrare nelle catene alimentari e nel ciclo dell’acqua. I danni sono spesso irreversibili: si accumula negli organi (cervello, fegato, reni) e può persistere fino oltre 30 anni, ha degli effetti irreversibili sul cervello e può passare dalla madre al feto. I bambini sono i soggetti più vulnerabili: su di loro il piombo provoca danni irreparabili al sistema nervoso e in particolare al cervello, con conseguente perdita di udito e riduzione del deficit di apprendimento e del quoziente d’intelligenza (IQ). Il piombo che contamina le falde acquifere entra nella catena alimentare, così come la carne di animali contaminati da piombo (perchè contenenti pallini, frammenti di munizioni o perché si sono cibati di alimenti contaminati): dalla cartuccia al piatto il passo è breve! Questa drammatica catena del veleno potrebbe essere spezzata se solo venissero sostituite le munizioni in piombo con altri materiali o leghe incapaci di permeare i cicli vitali, già ampiamente disponibili sul mercato.

    L’Italia ha ratificato nel 2006 un Accordo internazionale (Agreement on the Conservation of African-Eurasian Migratory Waterbirds – AEWA) nel quale si prevedeva che le parti contraenti sopprimessero l’uso del piombo per la caccia nelle zone umide entro il 2000. Nel 2014 la Convenzione di Bonn aveva deciso di bandire il piombo dalle munizioni per scopi venatori. Anche la comunità scientifica si è schierata in occasione della COP11: un ampio panel di ricercatori raccomandava di eliminare gradualmente da tutti gli habitat l’uso di munizioni di piombo t con alternative non tossiche entro il 2017.

    Il WWF Italia chiede all’Italia di andare oltre e vietare l’utilizzo e il possesso delle munizioni da caccia contenenti piombo in tutte le aree dove si svolge l’attività venatoria, in tutte le forme, a partire dalla stagione venatoria  2021/22.

  • I lupi non possono essere catturati o soppressi, come prevede la direttiva ‘Habitat’. Lo stabilisce la Corte europea

    Come i nostri lettori ricorderanno diverse volte, nel passato, abbiamo avuto modo di scrivere per segnalare le tante false notizie circolate sui lupi, le uccisioni crudeli di alcuni questi animali che vivono con una organizzazione  sociale di reciproco sostegno. Abbiamo anche parlato, e aspramente  criticato, i tentativi di alcune regioni, specie del nord est, di violare la direttiva europea Habitat. Fortunatamente il Ministro italiano dell’Ambiente ha sempre difeso la normativa e la vita delle specie protette.

    Nei giorni scorsi la Corte europea, con buona pace di certi cacciatori, veri o presunti agricoltori e di certi amministratori si è pronunciarsi stabilendo in modo inequivocabile che la direttiva Habitat va sempre applicata. Secondo questa direttiva anche i lupi che lasciano il loro territorio d’origine e vanno in territori abitati dall’uomo non possono essere catturati o soppressi. Gli Stati membri dell’Unione Europea devono adottare  tutti i provvedimenti necessari alla tutela delle specie animali protette. Per i lupi e per le specie protette non vi devono essere confini o barriere, un esemplare selvatico deve essere protetto anche all’interno di zone abitate dagli uomini infatti, dice la Corte, l’area di ripartizione naturale è più ampia dello spazio geografico nel quale l’animale vive e poi si sposta secondo il suo orientamento naturale. La pronuncia della Corte mette un punto fermo e sarà inutile che nel futuro si cerchi di infrangere la direttiva chiedendo ingiustificabili deroghe.

    Certo i bracconieri continueranno a mietere vittime e purtroppo troveremo ancora lupi impallinati o impiccati ma spetterà a ciascuno di noi vigilare e alle forze dell’ordine impedire queste uccisioni o consegnare alla giustizia chi le ha commesse.

    Per quanto riguarda il problema degli allevatori ripetiamo, per l’ennesima volta, che gli armenti vanno tenuti recintati e sorvegliati da cani che, come il pastore abruzzese e maremmano, sono il miglior deterrente per proteggere le povere bestie non solo dai lupi. Proprio per venire incontro agli allevatori ci sono associazioni che allevano e regalano i cani da guardia per gli armenti e nell’eventualità che un lupo uccida un animale  dall’allevamento, se è effettivamente provato  visto che i lupi di prendono  anche colpe di altri, vi sono risarcimenti specifici.

  • Il 90% degli italiani e la maggioranza degli europei è contraria all’uccisione dei lupi

    La maggioranza dei cittadini europei è contraria all’uccisione dei lupi. Lo rileva un sondaggio d’opinione condotto da Savanta ComRes, per Eurogroup for Animals, in sei Stati membri dell’Ue (Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia e Finlandia). L’indagine, che mirava a comprendere meglio la percezione e gli atteggiamenti dell’opinione pubblica nei confronti della protezione dei lupi in tutta Europa, ha coinvolto 6.137 cittadini dell’Unione europea che hanno mostrato un elevato sostegno alla protezione dei lupi, in particolare in Polonia, Spagna e Italia, e un grande livello di consapevolezza dell’importanza della presenza dei lupi negli ecosistemi dei rispettivi Paesi.

    Sensibilità diffusa anche in Italia: il 90% degli italiani intervistati concorda sul fatto che il governo e l’Ue dovrebbero finanziare e dotare gli agricoltori degli strumenti per proteggere dai lupi gli animali negli allevamenti, e il 97% ritiene che i lupi abbiano il diritto di vivere nei loro contesti naturali. Il 92% sostiene che gli agricoltori e le persone che vivono nelle zone rurali dovrebbero utilizzare esclusivamente metodi non letali per dissuadere i lupi dall’avvicinarsi. Però, mentre un 40% pensa che i lupi rappresentino un rischio per le persone, solo il 23% afferma di sapere come comportarsi se dovesse incontrare un lupo, dimostrando che occorre fare molto di più in termini di formazione e di educazione nei confronti dei cittadini che oggi si trovano a condividere i territori abitati dai lupi.

    “Questa ricerca dimostra chiaramente che i cittadini italiani sostengono con forza la protezione dei lupi e si oppongono alla loro uccisione in qualsiasi circostanza”, afferma Massimo Vitturi, responsabile Lav Area Animali Selvatici. “Ci auguriamo – aggiunge – che il nostro Paese possa diventare un esempio per gli altri Stati dell’Ue, garantendo che gli attuali livelli di protezione del lupo siano mantenuti, mentre continuino ad essere garantiti i finanziamenti per lo sviluppo e la diffusione degli strumenti innovativi di protezione dalle predazioni, così da aumentare la tolleranza e l’accettabilità sociale, come previsto dalla strategia dell’UE per la biodiversità al 2030, pubblicata di recente, che invita gli Stati membri a impegnarsi attivamente con l’obiettivo di non deteriorare la conservazione delle specie protette, come il lupo”.

  • L’Emilia Romagna autorizza la caccia indiscriminata alla volpe

    La Regione Emilia Romagna tenta nuovamente di sterminare le volpi con un piano regionale che prevede l’abbattimento di 6.150 animali per quest’anno. L’aspetto ancora più tragico del provvedimento è il sistema di caccia che prevede che gli abbattimenti possano essere effettuati con interventi individuali col fucile, sparando da un automezzo oppure utilizzando le gabbie trappola. La motivazione sarebbe quella dei danni causati dalla volpe, anche se questi danni sono veramente minimali, basta pensare che nella provincia di Piacenza sono stati quantificati in 300 euro nel 2010 e 393 euro nel 2015. Sempre in questa provincia, dal 2011 al 2017, sono state abbattute 487 volpi e 4,725 in tutta l’Emilia Romagna nel normale periodo di caccia. Ma l’abbattimento delle volpi si svolge anche fuori dal periodo di caccia, tanto è vero che in Emilia Romagna in 10 anni, in periodo non di caccia, sono state abbattute ben 34.859 volpi.

    Alla decisione si è giustamente opposta Legambiente, specie per quanto riguarda la caccia di notte con ausilio di fonti luminose (che notoriamente abbagliano gli animali). Aumenta anche il pericolo del bracconaggio, visto che i controlli non potranno utilizzare quella polizia provinciale che non fa più vigilanza. I bracconieri potrebbero incrementare ulteriormente la loro attività, specie catturando ed uccidendo animali più giovani la cui pelliccia può essere utilizzabile. Abbattere le volpi, utili anche per contenere l’espansione di specie dannose quali le nutrie, i topi, le bisce ed altri animali dannosi, turberà nuovamente l’ecosistema che a fatica si cerca di ripristinare. Negli anni scorsi sono state moltissime ad esempio le lamentele per l’eccessiva espansione dei cinghiali e degli ungulati in genere che hanno portato a diversi danni in agricoltura. Oggi in molte aree la situazione è nettamente migliorata grazie all’arrivo di piccoli branchi di lupi. Per i lupi sono state fatte molte inutili polemiche ma la realtà è che la loro presenza ha migliorato la situazione facendo diminuire nettamente il numero degli ungulati.

    Troppe volte, con pretesti o motivazioni irricevibili, politici non a conoscenza dei fatti e purtroppo non interessati a conoscerli hanno creato e continuano a creare problemi alla fauna e alla flora.

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