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  • Appello di Susanna Tamaro: no alla caccia libera 7 giorni su 7

    Figlia di cacciatori, Susanna Tamaro contesta l’idea di consentire la caccia 7 giorni su 7, abolendo i 2 giorni di silenzio venatorio. «Non dobbiamo dimenticarci che il cambiamento ambientale degli ultimi trent’anni ha creato non pochi problemi alla maggior parte delle specie selvatiche – afferma -. La diminuzione di un gran numero di insetti, che sono la base della nutrizione di tutto il vivente, dovuta a decenni di nuove molecole chimiche sparse nell’ambiente, ha innescato un processo di crollo delle popolazione dei volatili».

    La scrittrice cita dati che riferiscono «per il 2023, di un crollo del 51% delle rondini, del 54% delle allodole del 72% delle averle piccole e del 64% delle passere d’Italia, varietà endemica esistente soltanto nel nostro Paese» e sottolinea che «lo slittamento dell’inverno ai mesi primaverili rende difficile la sopravvivenza delle specie che hanno compiuto una lunga migrazione e che giunte qui sfinite non trovano cibo che le renda capaci di sostentarsi».

    Sulla base di queste premesse arringa: «Non ci si può non domandare come sia possibile che una minoranza di appassionati, che si aggira intorno ai cinquecentomila su una popolazione di 60 milioni di italiani, possa gestire a suo piacere un bene che è di tutti. L’articolo 9 della Costituzione non tutela forse l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche per le nuove generazioni? E le specie viventi non sono forse un bene indisponibile? Una cosa è sparare a un fagiano precedentemente rimesso in natura a fini venatori, un altro è sparare a una povera allodola che si libra sui campi riempiendo l’aria con il suo meraviglioso canto. La situazione del mondo degli uccelli è in qualche modo lo specchio della nostra società. Sopravvivono i più forti come le cornacchie, grandi divoratori di piccoli nidiacei di altre specie: gli specialisti, i delicati uccelli canori sono destinati a sparire, così come, nel nostro mondo sempre più sotto il dominio della tecnica e dell’efficienza, spariscono la gentilezza, la compassione e la dolcezza della poesia».

  • Caccia al cervo

    Si è riaperta, in alcune aree, la stagione della caccia e dall’8 agosto l’Abruzzo, regione che abbiamo spesso citato ad esempio per la convivenza tra orsi ed umani e per la gestione dei parchi e della fauna selvatica, ha emanato una delibera  autorizzando il prelievo, e cioè l’uccisione, di quasi 500 cervi.

    La cosa che più sconcerta è che nella delibera è predisposto un tariffario, i cacciatori cioè per uccidere i cervi dovranno pagare, a seconda dell’animale abbattuto, un tanto alla regione. Secondo quanto riportato, anche da organi nazionali d’informazione, cinquanta euro per un cucciolo, 100 per le femmine giovani, 150 per i maschi giovani e 250 per i maschi con più di cinque anni, non è ancora chiaro quanto costeranno i trofei dei maschi adulti, cioè i palchi, e quanto sarà la differenza di costi  tra i cacciatori abruzzesi e quelli che proverranno da altre regioni.
    Due cose particolarmente stupiscono e diciamo pure ci indignano, la prima, ovviamente, è che si autorizza, addirittura si invita, a sparare ai cuccioli, bersagli fin troppo facili, l’altra è che risulta che la densità di cervi nelle aree individuate per gli abbattimenti è solo di poco superiore alla soglia che, per legge, permette la caccia di selezione fissata quando vi sono più di due capi per chilometro quadrato. Ovviamente e giustamente le associazioni a protezione degli animali stanno protestando e una petizione del WWF ha già raccolto circa 80.000 firme contro gli abbattimenti.
    Che sia un errore di valutazione  da parte della regione od una marchetta ai cacciatori il provvedimento, specie per l’abbattimento dei cuccioli, sarebbe da ritirare subito con tanto di scuse alla popolazione civile.

    Visto che la caccia sta riprendendo in più parti vogliamo ricordare alcuni dati ai nostri lettori e a quei politici che pensano ai voti che i cacciatori possono dare, le armi ad uso venatorio in Italia sono solo 571.000 e considerando che spesso un cacciatore ha più armi rimane evidente come il numero degli amanti della caccia sia ormai poco rilevante ai fini elettorali rispetto al numero di coloro che credono nel rispetto di una convivenza pacifica con gli animali, fonte di equilibrio per l’ecosistema e per gli interessi turistici.

    Siamo consapevoli che un numero eccessivo di ungulati e di cinghiali sono un danno ma siamo anche certi che vi sono sistemi più corretti per eliminare i problemi connessi al sovrannumero, problemi che non si vogliono affrontare con decisione e competenza tant’è che non si è riusciti ad arginare neppure la peste suina e che perciò continuano a dover essere eliminati centinaia di maiali d’allevamento con un grave danno economico per tutti

    Troppa improvvisazione, troppa superficialità anche in questi campi.

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