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  • Stretta di Bruxelles sul mercato immobiliare: case vendibili solo se ecosostenibili

    Dal 2030 in poi, prima di poter vendere un immobile, il proprietario potrebbe essere chiamato a interventi di riqualificazione energetica, proporzionati allo stato di partenza dell’abitazione e alla classe di efficienza energetica che può raggiungere. E’ una delle proposte allo studio della Commissione europea che, il 14 dicembre prossimo, presenterà un nuovo pacchetto di misure per ridurre le emissioni. Nel pacchetto ci saranno anche provvedimenti sul metano, sulla ‘decarbonizzazione’ del settore del gas e per promuovere tecnologie e pratiche per aumentare l’assorbimento della CO2 da parte dei suoli agricoli e dell’industria. Il pacchetto potrebbe subire modifiche anche sostanziali prima dell’adozione da parte del collegio dei commissari. Sugli edifici, secondo quanto è stato confermato da fonti di Bruxelles dopo le anticipazioni de Il Messaggero, la Commissione vuole aggiornare la direttiva Ue del 2018 con obiettivi più ambiziosi per le case nuove, che dal 2030 dovrebbero essere a zero emissioni. Per gli edifici vecchi la portata del rinnovo obbligatorio della classe energetica dovrà essere proporzionata e fattibile rispetto alla classe di partenza dell’immobile. I costi dell’intervento dovrebbero poi entrare nel contratto di vendita. Dal campo di applicazione della nuova norma saranno esclusi gli edifici storici.

    L’introduzione graduale di standard minimi obbligatori di prestazione energetica per i diversi tipi di edifici sarà un elemento centrale della nuova direttiva. Ma l’intervento sull’edilizia va oltre, in quanto una priorità del Green Deal. Non solo perché gli edifici sono responsabili del 40% del consumo energetico totale e del 36% delle emissioni di gas serra legate all’energia nell’Ue, ma anche perché le riqualificazioni creano lavoro. Centosessantamila posti in 10 anni nel solo settore dell’edilizia green, secondo le stime della Commissione. L’intervento sugli immobili è quindi già previsto in altre proposte in discussione, come l’Ets sul riscaldamento o le norme sull’efficienza energetica, con l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di rinnovare ogni anno almeno il 3% della superficie totale degli edifici di proprietà. Oltre alle regole, la nuova direttiva sull’efficienza energetica punterà a rimuovere gli ostacoli più comuni alla riqualificazione e indicherà nuovi strumenti per facilitare le ristrutturazioni da parte dei proprietari. In questo contesto si sta pensando di utilizzare la leva del credito e si sta valutando anche la possibilità di incentivare gli interventi delle società elettriche ed energetiche in quanto capaci di assumersi il rischio del finanziamento iniziale e di ripagare gli investimenti con i risparmi sull’energia.

    Decisamente contraria all’iniziativa della Commissione Ue la Confedilizia, dalla quale è giunto un seco ‘no’ all’ipotesi di legare la vendita degli immobili a determinati standard energetici, una misura che lederebbe i diritti dei proprietari” sottolinea in una nota il presidente dell’organizzazione Giorgio Spaziani Testa. Altrettanto netta l’opposizione giunta dall’Unione nazionale consumatori Unc. “Al di là del fatto che non si capisce e non sappiamo quello che vuole fare la Commissione Ue, sia chiaro fin da ora che faremo le barricate contro qualunque norma che impedisca la libera vendita di una casa solo perché ha una bassa classe energetica”, ha detto Massimiliano Dona, presidente dell’Unione.

  • Dopo la pandemia sul mercato immobiliare tira la casa indipendente con esterni

    La pandemia cambia anche la scelta della casa in cui vivere. Aumenta la richiesta di abitazioni indipendenti e con spazi esterni. E di pari passo, l’andamento della domanda nel mercato immobiliare mostra un miglioramento sul versante delle aree non urbane, mentre si conferma sfavorevole per le città. Un trend dovuto in buona parte anche all’opportunità dello smart working.

    Sono alcune delle peculiarità che emergono dall’indagine congiunturale di Bankitalia condotta tra 1.323 agenti immobiliari dal 29 marzo al 30 aprile 2021. “Nelle percezioni degli agenti – viene spiegato – su un orizzonte di tre anni le caratteristiche delle abitazioni ricercate dai potenziali acquirenti saranno molto diverse da quelle prevalenti prima della pandemia, con una maggiore richiesta di unità abitative indipendenti e con spazi esterni”.

    L’indagine mostra che la domanda di unità abitative indipendenti aumenterà per il 75% degli operatori e la ricerca di spazi esterni crescerà per il 90,3%. Il 43,3% degli operatori si attende una maggiore richiesta di abitazioni in aree periferiche o non urbane, che rimarrà invece stabile per il 48,8%. Per i due terzi degli intervistati, a questo fenomeno “contribuirebbe in misura molto o abbastanza rilevante la possibilità di ricorrere al lavoro a distanza”.

    Ma l’effetto pandemia coinvolge anche le aspettative sul trend della domanda. “La quota di agenti che si attende un impatto positivo dell’epidemia sulla domanda di abitazioni è notevolmente aumentata, divenendo prevalente su quella di chi si attende effetti negativi (per 14 punti percentuali da -17,4)”. Il saldo è più ampio nelle aree non urbane (20,2 punti) e “l’impatto della pandemia sulla domanda di abitazioni si estenderebbe almeno fino alla metà del 2022 per poco più del 40% degli agenti che si attende effetti positivi e per quasi il 50 per cento di chi prefigura un impatto negativo”.  Restano più bilanciate le opinioni riguardo agli effetti sull’offerta di abitazioni: il 34,4% degli operatori ritiene che l’epidemia ne stia determinando una riduzione a fronte del 38,3 che esprime un giudizio di incremento. È diminuita la quota delle agenzie che prefigura riflessi negativi sui prezzi di vendita (a 45,1 da 58,7), ma resta superiore a chi prevede effetti positivi (a 18,6 da 9,7). Tra chi si aspetta un impatto negativo, poco più del 50 per cento ritiene che si esaurirebbe alla fine del 2021, a fronte del 34,6 che si aspetta si protrarrà fino alla metà del 2022.

    Più in generale, il rapporto evidenzia per il primo trimestre 2021 una “sostanziale stabilità dei prezzi” delle case per il 61,5% degli agenti intervistati. Ma restano ancora negative le attese sull’andamento del mercato immobiliare nel trimestre in corso (seppure in modo più contenuto passando a -6,0 punti percentuali da -26,6 precedente), mentre sono più favorevoli su un orizzonte biennale con un saldo fra attese di miglioramento e peggioramento pari a 23,6 punti percentuali (da 9,6).

  • L’illusione immobiliare

    In un periodo di così profonda difficoltà soprattutto all’interno di una visione prospettica è decisamente imbarazzante ed al tempo stesso evidente come molte analisi economiche presenti all’interno dei principali media nazionali risultino prive di qualsiasi base oggettiva.

    Ultimamente si continua a leggere della necessità o meglio della volontà di conferire una nuova centralità al settore edilizio per favorire la creazione di nuovo valore aggiunto e quindi crescita del PIL. Un auspicio  sicuramente condivisibile ma che, al di là del semplice desiderio, è espressione della mancanza di una qualsiasi analisi economica precedente. Il settore immobiliare ripartirà solo ed esclusivamente se le condizioni generali economiche miglioreranno in maniera significativa in modo da creare una nuova domanda legata alla disponibilità di maggiori risorse personali, quindi ad una crescita dell’economia nazionale. E questo non perché il settore edilizio non meriti l’attenzione necessaria ma semplicemente perché già ora siamo in presenza  di un eccesso di offerta con  oltre sette (7) milioni di case vuote. Alle quali vanno aggiunte ogni anno tutte le abitazioni  pignorate dalle banche  che vengono messe all’asta e che determinano una ulteriore riduzione  del valore del settore immobiliare complessivo.

    Una crisi immobiliare talmente complessiva da coinvolgere, forse per la prima volta, persino le strutture turistiche e ricettive. Basti pensare che solo nel comune di Venezia risultano in vendita 103 alberghi, il 10% del totale.

    Solo una accresciuta domanda verso beni immobili legata ad una ripresa economica potrà successivamente offrire una opportunità di rilancio e di rivalutazione dell’intero settore immobiliare.

    Quindi l’articolata e complessa economia legata all’edilizia seguirà caso mai la ripresa e non di certo trainarla (fatta esclusione per le ristrutturazioni nei centri storici) visto che l’impatto sul Pil è minimale.

    Ancora una volta l’analisi economica proposta dai vari media lascia lo spazio al desiderio e all’improvvisazione.

  • Tutto tace

    Un’affermazione ricorrente, specie detta da coloro che governano, è che la crisi legata al mondo delle costruzioni ed ai settori collegati impedisce sviluppo e posti di lavoro. Ma nonostante le molte promesse e dichiarazioni del governo ad oggi non solo non sono partite le grandi opere ma nemmeno si è proceduto a dare avvio a quelle più piccole, a partire dalla messa in sicurezza delle scuole. Tutto tace per quanto riguarda la bonifica di troppe aree inquinate, la messa in sicurezza dai rischi idrogeologici, la ricostruzione delle aree terremotate, un piano acqua potabile per rifare il nostro sistema idrico infatti è più l’acqua che è sprecata disperdendosi nel terreno di quella che arriva nelle nostre case.

    L’edilizia non può ripartire in assenza di programmi e rapide designazioni di quelle opere che servono, a livello nazionale o regionale, a ridare sviluppo e sicurezza al paese, incredibilmente ancora oggi gran parte di ponti e viadotti non sono ancora stati controllati. Ma è anche difficile immaginare che l’edilizia si risollevi quando nel settore privato non vi sono più nuove costruzioni per le eccessive imposizioni fiscali che portano molti a rinunciare a comperarsi la casa ed altri a disfarsi di quella che hanno.

    La crisi ha colpito tutti ma uno dei fatti più allarmanti, specie in un paese come il nostro nel quale da sempre tutti mirano ad acquistarsi la casa, è l’aumento del 25%, rispetto all’anno scorso, delle case messe all’asta. Le responsabilità specifiche delle banche e dei soggetti che erogano i mutui portano decine di migliaia di cittadini a dover sottostare alla perdita della loro abitazione venduta a prezzi molto inferiori al valore reale, mentre tantissimi altri cittadini mettono in vendita, anche sottocosto, i loro beni perché non sono più in grado di mantenerli. Da un lato troppe case in vendita dall’altro quasi nulle le opzioni d’affitto e mentre tasse e balzelli vari aumentano come pensare che l’edilizia possa riprendersi e con lei tutti gli altri, molti, settori collegati? Ma il governo tace e dorme e non certo il sonno del giusto.

  • La Corte di giustizia Ue impone all’Italia di recuperare l’Ici sugli immobili della Chiesa cattolica

    L’Italia dovrà recuperare il mancato gettito Ici dovuto dalla Chiesa. La Corte di Giustizia Ue ha annullato la decisione con cui la Commissione europea ha rinunciato a ordinare il recupero di aiuti illegali concessi dall’Italia sotto forma di esenzione dall’imposta comunale sugli immobili, Ici, per gli enti ecclesiastici e religiosi.

    Il caso fa seguito al ricorso presentato al Tribunale Ue dall’istituto d’insegnamento privato Scuola Elementare Maria Montessori (‘Scuola Montessori’) e da Pietro Ferracci, proprietario di un ‘bed & breakfast’, per chiedere di annullare la decisione della Commissione del 19 dicembre 2012 che stabiliva che l’esenzione Ici alla Chiesa era un aiuto di stato ma non ne ordinava il recupero, ritenendolo assolutamente impossibile. Inoltre in quell’occasione Bruxelles stabilì che l’esenzione Imu introdotta nel 2012 non costituiva un aiuto di Stato. Ma la Scuola Montessori e Ferracci hanno lamentato, in particolare, che tale decisione li ha posti in una situazione di svantaggio concorrenziale rispetto agli enti ecclesiastici o religiosi situati nelle immediate vicinanze che esercitavano attività simili alle loro e potevano beneficiare delle esenzioni fiscali in questione. Il Tribunale ha dichiarato i ricorsi ricevibili, ma li ha respinti in quanto infondati.

    La Scuola Montessori e la Commissione hanno dunque proposto impugnazioni contro tali sentenze. E con la sentenza di oggi la Corte di giustizia esamina per la prima volta la questione della ricevibilità dei ricorsi diretti proposti dai concorrenti di beneficiari di un regime di aiuti di Stato contro una decisione della Commissione la quale dichiari che il regime nazionale considerato non costituisce un aiuto di Stato e che gli aiuti concessi in base a un regime illegale non possono essere recuperati. Nel rilevare che una decisione del genere è un “atto regolamentare”, ossia un atto non legislativo di portata generale, che riguarda direttamente la Scuola Montessori e il sig. Ferracci e che non comporta alcuna misura d’esecuzione nei loro confronti, la Corte conclude che i ricorsi della Scuola Montessori e di Ferracci contro la decisione della Commissione sono ricevibili. Quanto al merito della causa, la Corte ricorda che l’adozione dell’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità.

  • Boom di affitti brevi: Italia seconda in Europa

    Non ci sono ancora dati certi, dato che AirBnb si rifiuta di pubblicarne vista l’impossibilità di distinguere annunci privati e annunci di “affari”. Ciò che è certo è che il mercato degli affitti brevi ha avuto un fortissimo impatto sulle città italiane. Gli affitti brevi turistici sono proliferati negli ultimi anni, e soprattutto le grandi città sono state invase da turisti “fai da te”. Si va dall’8% a Roma al 18% a Firenze, secondo uno studio recente dell’Università di Siena.

    L’impatto di Airbnb sul mercato residenziale è dato dall’alto numero di host commerciali che affittano più alloggi per lunghi periodi, togliendo case al mercato residenziale. Così utilizzata la piattaforma è uno strumento di concentrazione dei profitti – circa due terzi del totale, secondo lo studio dell’Università di Siena – nelle mani di pochi che gestiscono molti annunci, perlopiù per interi appartamenti.

    In Italia, l’intervento del governo nei confronti di Airbnb si è finora limitato all’introduzione di una flat-tax, la cedolare secca sugli affitti brevi non imprenditoriali inferiori a 30 giorni. Misura che rischia di favorire ulteriormente la concentrazione di profitti nelle mani degli host commerciali.

    Diverse città europee hanno regolamentato gli affitti brevi non commerciali con un tetto massimo di giorni di attività e di numero di alloggi per host, limitando l’affitto di case intere a quelle dove l’host è residente.

    Anche se è una piattaforma fondata da giovani e fatta per far viaggiare i giovani, in Italia Airbnb è sempre più frequentato da over 60: sono proprio i senior – host o guest – ovvero persone tra i 60 e i 90 anni, che affittano le loro case o viaggiano con Airbnb, a mostrare la maggior crescita. Oggi sono oltre 400mila gli host senior su Airbnb in tutto il mondo e il numero di over 60 che hanno viaggiato scegliendo la piattaforma è cresciuto del 66% nell’ultimo anno.

    Nel 2017, i senior hanno accolto 13,5 milioni di ospiti da oltre 150 paesi, con ricavi a 2 miliardi di dollari (i ricavi totali degli host si stima attorno ai 30 miliardi, il che equivale a ricavi poco sotto i 4 miliardi per Airbnb). Secondo i dati di Airbnb aggiornati all’1 settembre 2018, in Italia si contano 36.000 host over 60 (su un totale di 200mila), con una crescita del 26% rispetto all’anno precedente: è il segmento demografico di maggior crescita. Quota che ci rende il secondo paese europeo per numero, dietro alla sola Francia (che ne conta oltre 79.000), ma ben sopra Regno Unito (22.500), Spagna (19.000) e Germania (11.000).

    Nel nostro Paese, i padroni di casa senior garantiscono anche un’offerta qualitativamente alta, secondo i dati del portale Usa: più dell’80%, infatti, ha recensioni a 5 stelle, il che fa di loro il gruppo con la percentuale più alta di feedback positivi. Nel 2017, i senior host italiani hanno ospitato complessivamente 800.000 viaggiatori, condividendo la loro casa (o una stanza) per 29 notti l’anno.

    I padroni di casa più anziani sono attivi anche nel campo delle esperienze, soprattutto in alcune categorie: quasi il 12% delle proposte nella categoria “Natura” sono offerte da over 60; percentuale che scende intorno al 10 nella categoria “Storia” e si attesta intorno all’8 nella categoria “Arte”.

    L’host più anziana a Torino, Ivana abita a Torino ed è host su Airbnb dalla scorsa primavera. In pochi mesi, ha già raccolto numerose recensioni, 100% positive. E stabilito un record: a 88 anni (è del 1930), è l’host più anziana d’Italia.

    Quello di Ivana, come detto, non è però un caso isolato: gli over 60 non solo sono il segmento di maggior crescita sulla piattaforma californiana, ma sono anche quello che riscontra il maggior successo in termini di qualità. Probabilmente molti over 60 in pensione o comunque con difficoltà lavorative si sono “riciclati” come padroni di casa per arrotondare la pensione.

  • Continua lo scandalo sulla mancata assegnazione degli alloggi popolari

    L’assessore ai Lavori pubblici e Casa del Comune di Milano, Gabriele Rabaiotti, in un’intervista al Corriere della Sera, affronta il problema delle case popolari sostenendo che Milano è meglio di altre città in quanto vi è un alloggio pubblico ogni dieci alloggi e che i problemi principali sono le domande irregolari e l’occupazione di case di edilizia pubblica da parte di persone che non avrebbero più i titoli. In verità vi sono moltissime case del Comune o della Regione non utilizzate sia perché ancora fatiscenti sia perché non assegnabili a persone non autosufficienti in quanto con barriere architettoniche, sia perché, ed è noto da anni, vi è un farraginoso sistema di assegnazione, sia perché di fatto non si riescono neppure a fare i cambi di alloggio anche quando gli inquilini lo richiedono. Senza dilungarci sulle pesanti problematiche passate dell’ALER sta di fatto che una città come Milano, che ha indubbiamente avuto negli ultimi anni una grande svolta in meglio per quanto riguarda il turismo, le offerte culturali e lo sviluppo di attività in tutti i settori, una città che è ai primissimi posti a livello europeo per attrattività, non può continuare a lasciare inevase le richieste legittime di migliaia di cittadini, specie in una situazione che vede aumentare il disagio delle famiglie sia per le nuove povertà sia per gli alti costi che la vita  a Milano comporta.

    Se ci sono problemi da risolvere per snellire, migliorare i sistemi di controllo, di ristrutturazione  e di assegnazione si passi finalmente ad azioni concrete, quelle azioni che fino ad ora sono mancate, come dimostrano le tante persone in regola con i titoli di assegnazione e che da anni inutilmente, anche quando posizionate all’inizio della graduatoria nei bandi, attendono ancora la casa promessa. Persone che in molti casi sono anziane o portatrici di gravi impedimenti fisici e vivono in appartamenti a locazione privata o pubblica privi di ascensore e perciò praticamente recluse. Milano è una città tradizionalmente generosa ma il problema dell’edilizia pubblica si trascina da decenni diventando ogni giorno sempre più drammatico e come le amministrazioni di centrodestra non hanno saputo risolvere il problema così le amministrazioni di centrosinistra lo hanno ancor più aggravato.

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