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  • Restituita ai carabinieri la caserma della vergogna a Piacenza

    La caserma dei carabinieri Levante di Piacenza, dove a luglio sono stati arrestati i militari che ne facevano parte perché accusati di spacciare droga e di torturare le persone che fermavano, potrà presto tornare a svolgere il ruolo che le è assegnato.

    Dopo che la procura di Piacenza ne aveva disposto il sequestro, misura inedita per la giustizia italiana, ma necessaria, secondo i pm, per la gravità degli episodi di cui è stata teatro, con la notifica della guardia di finanza al custode del provvedimento di dissequestro, va finalmente verso la riapertura. Non si tratta però di una conseguenza immediata: ancora per alcuni giorni, infatti, continuerà a essere operativa la stazione mobile, allestita dall’Arma con due mezzi proprio davanti all’ingresso della stazione, per non far venire meno il ruolo di presidio del territorio e per reagire alle risultanze dell’inchiesta.
    Non sarebbe dunque stata accolta la richiesta di un difensore di uno degli indagati che aveva proposto di svolgere l’incidente probatorio, per poter fare cioè accertamenti nella caserma alla presenza dei consulenti delle parti. Evidentemente si è ritenuto che fossero sufficienti le verifiche documentali che erano state fatte subito dopo gli arresti. Inoltre non sembrano esserci particolari incertezze sulle violenze commesse, il che renderebbe superfluo l’utilizzo del luminol, la sostanza utilizzata per rilevare tracce invisibili di sangue. Se nella caserma Levante, fra pochi giorni, comincerà una  nuova era, non si ferma però l’inchiesta della procura piacentina, guidata da Grazia Pradella, per fare la massima chiarezza su quanto successo alla Levante nei mesi scorsi: comportamenti illeciti, secondo l’accusa, che si sono manifestati in maniera particolare durante il lockdown, quando la città, una delle più colpite dall’emergenza coronavirus, era in una situazione sanitaria gravissima. Nelle ultime settimane gli inquirenti hanno sentito decine di testimoni per acquisire ulteriori riscontri alle accuse sui militari, che rispondono tra l’altro di spaccio, tortura e estorsione, e in modo da verificare le denunce arrivate dopo l’esecuzione delle misure cautelari di fine luglio, quando la vicenda è diventata nota. Uno degli obiettivi delle indagini è quello di chiarire se, oltre ai carabinieri arrestati, ci sono altri profili di responsabilità nella vicenda di una caserma dove, come ha detto la procuratrice Pradella all’indomani degli arresti, “niente di quello che avveniva era lecito”.

  • Lo Stato gioca a monopoli e perde immobili veri

    La «caserma Miale» di Foggia, costruita nel 1870 nel centro di Foggia ed estesa su 16mila metri quadri coperti (più un cortile interno di altri 6500) era stata dismessa nel 2005: il Fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso «Patrimonio Uno» gestito da Bnp-Paribas Rei Sgr l’aveva acquistata dal demani per 11 milioni di euro (624 euro al metro quadro). Il Viminale però vi aveva mantenuto la sede della Scuola Allievi Agenti di Polizia di Stato, la mensa e altri uffici occupati dal ministero, prendendo l’immobile in affitto, fino al 2023, in cambio di 1,160 milioni l’anno (ridotti poi a 540.000 euro). Oggi però l’edificio non ospita più la scuola, che il ministero ha intanto deciso di trasferire altrove, e lo Stato continua a pagare un canone di 45.000 euro mensili solo per la mensa della Questura, una foresteria di poche stanze, un po’ di spazi vari e le esercitazioni del poligono di tiro. Adesso il complesso potrebbe essere preso in affitto dall’Asl di Foggia che vorrebbe trasferirci gli uffici amministrativi e altre funzioni, per il tempo necessario a ristrutturare gli spazi che occupa oggi.

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