Cina

  • L’apocalisse

    L’apocalisse economica, industriale e sociale è già alle porte. Alcuni dati macroeconomici stanno definendo i contorni della prossima apocalisse economica ed industriale che investirà tutti i paesi europei, azzerando in poco tempo il progresso industriale espresso dalla cultura europea nell’ultimo secolo e mezzo.

    Il dato relativo alla diminuzione dell’export di automobili verso la Cina (-23%) abbinato ad un aumento dell’import di auto dalla Cina (+28%) delinea già ora il quadro di quanto anticipatamente previsto.

    La contemporanea flessione della produzione industriale tedesca (-3,4%) certifica l’andamento economico che diventa europeo e soprattutto italiano in rapporto alle filiere produttive complesse che coinvolgono le imprese del nostro Paese (https://www.ilpattosociale.it/europa/il-suprematismo-europeo/).

    Il “socio di minoranza” di questa esplosione dell’industria cinese, la quale si giova dell’attività di distruzione operata dai vertici europei, può essere tranquillamente individuato nella Commissione Europea e la sua presidente Ursula von der Laien con la sottomessa complicità del Parlamento Europeo.

    Va ricordato, infatti, come queste tre figure istituzionali cardine dell’Unione Europea abbiano inserito, caso unico al mondo, il divieto di vendita e produzione di automobili a combustione interna a partire dal 2035, regalando così le chiavi del mercato a chi come la Cina detiene il monopolio mondiale della raffinazione delle ” terre rare” necessarie nella produzione di automobili elettriche.

    La motivazione politica e ideologica di tali comportamenti e scelte strategiche, economiche e politiche andrebbe attribuita ad una ipotetica lotta all’inquinamento atmosferico da combattere attraverso una semplicistica transizione ecologica ed energetica adottata all’interno di una visione ideologica in grado di annullare  così in un colpo solo tutti i risultati ottenuti dal sistema Industriale Europeo (https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-transizione-energetica-di-quinto-orazio-flacco/).

    Esiste, poi, un aspetto paradossale che delinea l’assoluta distanza tra la realtà e l’ideologia espressa dalle principali cariche istituzionali europee. Nell’ultimo trimestre l’andamento delle emissioni del colosso cinese hanno registrato una crescita (+4%). Un dato enorme in quanto calcolato sulle emissioni totali del primo paese al mondo per inquinamento. Si pensi che degli otto (8) miliardi di tonnellate di carbone utilizzati nel mondo la sola Cina ne brucia  quattro (4) miliardi (la metà) e con il resto delle economie asiatiche arrivano a sei (6) miliardi di tonnellate.

    Dati che da soli di fatto annullano e mettono in ridicolo ogni ipotetico beneficio derivante dalla applicazione del talebano pensiero ecologista europeo (https://www.carbonbrief.org/analysis-chinas-co2-emissions-hit-q1-record-high-after-4-rise-in-early-2023/).

    L’ideologica strategia europea applicata all’economia reale, con la conseguente politica adottata, rappresenta il primo alleato dell’economia cinese e del proprio sistema industriale, ma contemporaneamente si conferma ancora una volta come il più grande nemico del sistema economico ed industriale europeo.

  • Prevenire è meglio che curare

    Al momento sembra che le allarmanti dichiarazioni di Pechino sull’esponenziale aumento del covid non abbiano destato particolari preoccupazione o piani di prevenzione.

    Le cifre preannunciate sono decisamente allarmanti: la variante XBB di omicron sta causando, in Cina, 40 milioni di contagi a settimana e la previsione, per fine giugno, è di 65 milioni di casi a settimana mentre l’industria farmaceutica cinese sembra aver individuato due nuovi tipi di vaccini.

    Dall’Oms l’epidemiologia Kerkhove ha avvertito che la minaccia del covid, anche se nessuno ne vuole più parlare, non è svanita e per questo i governi devono tenersi pronti ad una ripresa dei contagi.

    In Italia il periodo, che porta a vivere di più all’aria aperta, non ha però azzerato la diffusione del virus, se anche nessuno pubblica più i dati ed è stato dato il via libera a vivere senza le mascherine anche in ospedali e luoghi chiusi ed affollati, il 19 maggio i dati della settimana precedente sono di 14.346 nuovi casi con 162 morti.

    In Italia, al momento, ci sono 121.816 persone in isolamento domiciliare, 83 in terapia intensiva con 2.251 ricoverati.

    Senza allarmismi sono dati che vanno tenuti in considerazione e la situazione in Cina deve essere monitorata specialmente per quanto riguarda gli spostamenti che cittadini cinesi fanno e faranno in altre parti del mondo, l’esperienza infatti ci deve ricordare quante tragedie sono derivate dal non avere avuto, nel 2020, notizie più certe e tempestive e precauzioni più immediate.

    Certo oggi conosciamo la malattia, abbiamo i vaccini ma sappiamo anche che il covid ha molte varianti e mutazioni.

    Secondo un vecchio detto “meglio prevenire che curare“, questo ci attendiamo dal governo: una specifica vigilanza sulla situazione cinese, eventuali decisioni per controlli, non solo negli aeroporti, e l’invito, chiaro e non fumoso, a usare quelle regole di prevenzione necessarie, dalla mascherina nei luoghi affollati, come i mezzi di trasporto pubblico, alla disinfezione delle mani.

    Le persone non vanno spaventate od assillate ma devono essere tenute informate della realtà e di come evolve, solo così ciascuno sarà consapevole delle proprie scelte.

  • Taiwan aprirà un ufficio anche a Milano, dopo quello di Roma

    Taiwan punta al raddoppio in Italia ed aprirà un altro ufficio di rappresentanza a Milano dopo quello di Roma. L’iniziativa, ufficializzata dal ministero degli Esteri, ha lo scopo di “continuare ad approfondire gli scambi e la cooperazione” bilaterali “nei settori dell’economia, del commercio, della cultura, dell’istruzione, della scienza, della tecnologia e del turismo”, ma cade in un momento molto delicato dei rapporti tra Roma e Pechino. Il governo italiano deve infatti decidere entro fine anno se rinnovare o meno il memorandum con la Cina siglato nel 2019 sull’adesione alla Belt and Road, la Nuova Via della Seta; e se accettare l’invito a recarsi a Pechino esteso dal presidente Xi Jinping alla premier Giorgia Meloni nel bilaterale di novembre al G20 di Bali. Milano è una “grande città del nord Italia” dove “la maggior parte dei principali Paesi del mondo ha stabilito consolati”, si legge nella nota di Taipei, a ricordare che i suoi uffici negli Stati che non riconoscono formalmente Taiwan fungono da ambasciate o consolati de facto. C’è un volo Taipei-Milano di Eva Air da ottobre 2022, mentre l’altra compagnia taiwanese China Air ha ripristinato di recente il Taipei-Roma, dopo la fine della crisi del Covid-19, a sostegno di un interscambio commerciale vivace che nel 2021 ha sfiorato i 6 miliardi di dollari.

    I media dell’isola hanno ricordato l’intervista dello scorso settembre alla Cna, l’agenzia ufficiale taiwanese, con la quale la premier Meloni disse di “pensare a una nuova e più intensa stagione di cooperazione: scambi culturali, turismo, prevenzione e gestione delle crisi sanitarie, ricerca scientifica e progetti nel settore chiave dei microchip, dove Taiwan è leader mondiale”, criticando le azioni assertive di Pechino e le loro implicazioni per l’Italia e l’Ue. Lo scorso novembre i parlamentari taiwanesi hanno lanciato l’Associazione di amicizia Taiwan-Italia per rafforzare i legami bilaterali. Mentre questo mese era attesa una visita a Taipei di una delegazione di parlamentari italiani, poi annullata.

    La Cina comunista non ha mai governato Taiwan, ma la considera una parte “inalienabile” del suo territorio da riunificare anche con la forza, se necessario. Dopo le maxi manovre dell’8-10 aprile delle forze armate cinesi a testare un blocco aeronavale intorno all’isola capace di strozzare la sua economia, gli Usa hanno inviato domenica il cacciatorpediniere Uss Milius in “un transito di routine nello Stretto di Taiwan, in acque in cui si applicano le libertà di navigazione e il sorvolo in alto mare in conformità con il diritto internazionale”, a ribadire il proprio impegno “per un Indo-Pacifico libero e aperto”. Il Comando del teatro orientale dell’Esercito popolare di liberazione cinese ha detto di aver “monitorato le operazioni di passaggio della nave”, mantenendo “sempre un alto livello di allerta ad ogni momento”.

    La questione Taiwan è stata al centro della ministeriale G7degli Esteri svoltosi a metà aprile in Giappone, che ha sottolineato l’importanza di pace e stabilità nello Stretto e l’opposizione all’uso della forza per cambiare lo status quo, ribadendo la consapevolezza di dover lavorare a relazioni costruttive con Pechino. Dura la risposta cinese. Taipei “è un affare interno della Cina” che esclude “interferenze esterne: malgrado non siano ancora unificate, le due sponde dello Stretto di Taiwan appartengono alla stessa Cina”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin. Ma a Pechino sono i documenti del Pentagono finiti su internet a catturare di più l’attenzione. Due valutazioni degli esperti Usa su tutti: l’ammissione, in caso di guerra, della superiorità aerea dell’Esercito popolare di liberazione e i timori verso i missili ipersonici DF-27, che avrebbero “un’alta probabilità” di perforare i sistemi di difesa americani.

  • Sempre più debiti intorno alla Via della Seta

    La via della seta, “il progetto del secolo” secondo Xi Jinping, si regge su prestiti d’emergenza concessi dalla Cina pari a 240 miliardi di dollari nei soli anni più recenti. Dal 2019 al 2021, la Cina ha dato quasi la metà del Fondo monetario internazionale, ma a tassi del 5% quando contro il 2% del Fai, in modo da far crescere il peso del renminbi come alternativa al dollaro. “In ultima analisi, Pechino sta cercando di salvare le proprie banche. Ecco perché è entrata nel business rischioso dei prestiti di ultima istanza», ha spiegato a La Stampa Carmen Reinhart, professoressa della Harvard Kennedy School ed ex capo economista della Banca Mondiale.

    I prestiti di salvataggio hanno toccato 22 Stati, tra cui Argentina, Bielorussia, Ecuador, Egitto, Laos, Mongolia, Pakistan, Suriname, Sri Lanka, Turchia, Ucraina e Venezuela. Ma alcuni progetti sono diventati casi di scuola di tutto ciò che non va fatto quando si concedono prestiti. In Montenegro, c’è la “strada verso il nulla”, 1 miliardo di dollari polverizzati in corruzione, problemi ambientali e ritardi; in Ecuador, più di 7mila crepe sono state trovate in una diga ecuadoregna costruita nei pressi di un vulcano attivo.

    La “Belt and road initiative”, in italiano Le vie della seta, ha totalizzato 838 miliardi di dollari dal 2013 al 2021, e nei piani di Xi Jinping dovrebbe contribuire all’ascesa globale della Cina, scalfendo l’egemonia americana. La Cina ha però cominciato a ridurre l’impegno in costose infrastrutture e a orientarsi su progetti più mirati, accordi per l’accesso a risorse strategiche, petrolio e gas in Medio Oriente, Africa e America Latina, e i metalli necessari all’energia pulita. Il ruolo di prestatore di ultima istanza di Pechino serve invece a proteggere da perdite le banche statali cinesi, tenendo a galla i Paesi in difficoltà in modo che continuino a pagare i debiti.

  • Geoeconomia delle terre rare

    Le «terre rare» sono un gruppo di 17 elementi chimici fondamentali per la produzione dei microchip. La Cina – scriveva il giornalista del Corriere della Sera Danilo Taino già nel 2021 – possiede le maggiori riserve, pari a 44 milioni di tonnellate cubiche, ed è di gran lunga il primo produttore, con il 57,6% del mercato mondiale nel 2020 (secondo lo Us Geological Survey). Gli Usa sono il secondo produttore con il 15,5% del totale globale, e hanno provato a incrementare la loro quota con la proposta di Donald Trump di comprare la Groenlandia dal Regno di Danimarca: sotto i ghiacci groenlandesi vi è infatti un milione e mezzo di tonnellate cubiche di terre rare.

    Terre e metalli rari, riferiva ancora Taino, sono necessari in almeno 200 prodotti: microchip, cellulari, computer, televisori, schermi, veicoli elettrici e ibridi, turbine, magneti per pale eoliche, pannelli fotovoltaici, materiali composti avanzati. E sono indispensabili nell’industria della Difesa, per sistemi di guida, laser, sistemi radar e sonar, video elettronici. Nel 2020, l’Unione europea ha portato da 27 a 30 le materie prime, comprese le terre rare, dichiarate “vitali”. E si è ripromessa di aumentare la ricerca e la produzione. Ma le terre rare sono uno degli elementi che rende Taiwan particolarmente importante e appetita: sull’isola viene infatti forgiato il 60% dei semiconduttori usati nel mondo.

  • Der Spiegel: India anger over ‘racist’ German magazine cartoon on population

    Many Indians, including a minister, have been criticising a cartoon in German magazine Der Spiegel that they say was racist and in bad taste.

    The cartoon shows a dilapidated Indian train – overflowing with passengers both inside and atop coaches – overtaking a swanky Chinese train on a parallel track.

    It is being seen as mocking India as the country overtakes China to become the world’s most populous nation.

    Der Spiegel is a weekly news magazine.

    Many Indians have tweeted, saying that that the magazine was stuck with an outdated idea of India and hadn’t recognised the progress made by the country in recent decades.

    Federal minister Rajeev Chandrasekhar tweeted: “Notwithstanding your attempt at mocking India, it’s not smart to bet against India under PM @narendramodi ji. In a few years, India’s economy will be bigger than Germany’s.”

    Kanchan Gupta, senior adviser in the ministry of information and broadcasting, tweeted that the cartoon was “outrageously racist”. Another Twitter user said the cartoon showed the magazine’s “elite mindset”.

    The magazine has not reacted to the criticism.

    While overcrowded trains can still be seen in many parts of India, significant investments have been made to improve the country’s railway network and its trains.

    Cartoons published by Western media have caused outrage in the country earlier as well. The New York Times newspaper had apologised in 2014 for a cartoon on India’s Mars Mission following readers’ complaints that it mocked India.

    The cartoon showed a farmer with a cow knocking at the door of a room marked Elite Space Club where two men sit reading a newspaper. It was published after India successfully put the Mangalyaan robotic probe into orbit around Mars.

  • In Usa scatta l’allarme per le gru-spia cinesi

    Non solo satelliti, palloni aerostatici e TikTok: a preoccupare le autorità americane delle presunte o possibili attività di spionaggio cinesi ci sono adesso anche le gigantesche gru ‘Made in China’ presenti nei porti del Paese, inclusi quelli usati dal Pentagono, per movimentare i container. Secondo il Wall Street Journal, i funzionari statunitensi sono sempre più preoccupati del fatto che queste gru – prodotte dalla multinazionale statale cinese Zpmc – possano fornire a Pechino uno strumento di spionaggio.

    Alcuni funzionari della sicurezza nazionale e del Pentagono hanno paragonato le gru a un cavallo di Troia. Le strutture sono infatti equipaggiate con sofisticati sensori in grado di registrare e tracciare la provenienza e la destinazione dei container, suscitando così il timore che la Cina possa acquisire dati e informazioni sui materiali movimentati all’interno o verso l’esterno del Paese per supportare le operazioni militari statunitensi in tutto il mondo.

    Secondo un ex alto funzionario del controspionaggio americano, Bill Evanina, le gru potrebbero anche fornire un accesso remoto a chi cerca di interrompere il flusso di merci. «Possono essere la nuova Huawei», ha detto Evanina, riferendosi al gigante cinese delle telecomunicazioni, le cui apparecchiature sono state vietate ai funzionari statunitensi dopo aver avvertito che potevano essere usate per spiare gli americani. «È la combinazione perfetta di un’attività commerciale legittima che può mascherare una raccolta clandestina di informazioni», ha aggiunto l’ex funzionario del controspionaggio.

    Un rappresentante dell’ambasciata cinese a Washington ha rinviato al mittente le preoccupazioni degli Stati Uniti per le gru porta container, parlando di un tentativo «paranoico» di ostacolare il commercio e la cooperazione economica. «Far circolare la teoria della ‘minaccia cinese’ è irresponsabile e danneggia gli interessi degli Stati Uniti stessi», ha dichiarato.

    I timori sulle gru cinesi seguono le recenti tensioni sui palloni aerostatici come presunto mezzo di sorveglianza cinese, che hanno puntato i riflettori sulla natura mutevole dello spionaggio. E si aggiungono alle preoccupazioni di Washington sulla app cinese TikTok, vietata il mese scorso sui cellulari governativi non solo americani ma anche canadesi per tenere le informazioni dei cittadini lontane da possibili occhi indiscreti.

  • La Cina riparte: manifattura ai massimi livelli dal 2012

    L’attività manifatturiera cinese è rimbalzata a febbraio, mettendo a segno la più rapida espansione da aprile 2012 in scia alla ripartenza della produzione grazie alla revoca delle restrizioni draconiane anti-Covid decisa lo scorso dicembre. In questo modo, l’indice dei responsabili degli acquisti manifatturieri (Pmi) è salito a 52,6 da 50,1 di gennaio, secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica, posizionandosi oltre le stime degli analisti di 50,5 e alimentando l’euforia sui listini azionari globali, con la Borsa di Hong Kong in evidenza per il rally superiore al 4%.

    L’economia cinese ha chiuso il 2022 come uno dei suoi peggiori anni in quasi mezzo secolo a causa della rigida applicazione della politica della ‘tolleranza zero’ al Covid che ha stroncato produzione e consumi, creando gravi problemi sul fronte occupazione e della stabilità delle catene di approvvigionamento. Più in generale, per il 2023, l’outlook resta contrastante tra i principali partner commerciali alle prese con l’aumento dei tassi di interesse e le pressioni sui costi, mentre sul fronte interno pesano soprattutto la crisi del settore immobiliare e la fiducia dei consumatori tutta da ricostruire.

    Il settore manifatturiero cinese è rimasto sotto pressione quest’anno con i prezzi alla produzione in calo a gennaio, come hanno mostrato i relativi dati, a causa dei consumi interni deboli e di una domanda estera incerta. Moody’s ha comunque rialzato le proiezioni di crescita del Dragone, portandole al 5% per il 2023 e il 2024, contro il 4% precedente. «Prevediamo che la domanda repressa sosterrà un rimbalzo dei consumi a partire da questa primavera», hanno scritto gli analisti dell’agenzia di rating, pur rilevando che la crescita diminuirà probabilmente nel medio termine. Le imprese hanno comunque accelerato la ripresa di lavoro e produzione, poiché l’effetto delle politiche di stabilizzazione economica è stato avvertito dal settore mentre l’impatto del Covid-19 si è attenuato, ha rilevato l’Ufficio nazionale di statistica. La Banca centrale cinese (Pboc) ha osservato venerdì che l’economia domestica dovrebbe «generalmente riprendersi» nel 2023, pur in presenza di un contesto esterno «severo e complesso».

    A completare gli scenari, c’è da annotare anche l’indice dei responsabili degli acquisti non manifatturieri (Pmi), salito a febbraio a 56,3 da 54,4 di gennaio, indicando il passo di espansione più rapido da marzo 2021, in parte a causa della conseguente spinta alla spesa per infrastrutture e all’aumento dei finanziamenti per aiutare gli sviluppatori immobiliari a completare i progetti in stallo.

  • L’oro e la nuova moneta internazionale

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi apparso su notiziegeopolitche.net il 17 febbraio 2023

    I media occidentali sono talmente impegnati ad analizzare gli andamenti dello scontro militare in Ucraina da sottovalutare quanto sta avvenendo in altri settori strategici, ad esempio quello monetario.
    Qualche settimana fa si era evidenziato come, in alternativa al dollaro, la Russia, la Cina e altri Paesi stessero discutendo di una nuova moneta internazionale per regolare i propri scambi commerciali e altre operazioni finanziarie. In particolare, si segnalava la proposta del noto economista russo Sergey Glazyev che prefigurerebbe una moneta basata su un paniere di valute, tra cui il rublo e lo yuan, ancorata al valore di alcune materie prime strategiche, incluso l’oro.
    Durante il 2022 l’inasprimento delle sanzioni occidentali nei confronti della Russia ha indotto Mosca a preferire altri partner economici come la Cina, l’India, l’Iran, la Turchia, l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, ecc. Con ciascuno di loro, la Federazione Russa ha un surplus commerciale. Secondo le stime della Banca centrale russa, nel periodo gennaio-settembre 2022 esso sarebbe di 198,4 miliardi di dollari, cioè 123,1 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
    L’ammontare indubbiamente non compensa quanto si è perso nei commerci con l’Europa e con l’intero occidente, ma rappresenta uno sviluppo alternativo. Detto ciò il cambiamento ha spinto molti economisti russi e dei Paesi non ostili alla Russia a promuovere delle nuove proposte in materia monetaria.
    Lo rivela un recente articolo pubblicato sulla rivista russa Vedomosti da Sergey Glazyev, insieme a Dmitri Mityaev, segretario esecutivo del Consiglio scientifico e tecnico della Commissione economica eurasiatica. Vi si afferma che a settembre la Russia è diventata il terzo Paese al mondo nell’utilizzo dello yuan per i pagamenti internazionali. Lo yuan oggi rappresenta il 26% delle transazioni in valuta estera della Federazione Russa. Glazyev afferma che con tutti i partner commerciali c’è stato un grande utilizzo delle monete locali e, a seguito dei surplus, Mosca ha accumulato grandi quantità di tali monete nelle banche dei partner.
    Poiché si stima che l’accumulo di fondi in queste valute aumenterà in futuro e che esse potrebbero essere soggette a rischi di cambio e di possibili sanzioni, gli economisti russi propongono di cambiare questa massa di monete locali in oro. In parte sarebbe tenuto nelle riserve dei Paesi coinvolti e utilizzato per regolamenti transnazionali, scambi di valute e operazioni di compensazione, e in parte rimpatriato in Russia.

    L‘analisi afferma inoltre che anche in occidente si pensa che, a causa dei rischi finanziari, nel 2023 l’oro potrebbe diventare un importante strumento d’investimento, accrescendone il suo valore. Il che andrebbe a beneficio dei Paesi detentori del metallo prezioso. Le grandi riserve auree consentirebbero loro di perseguire una politica finanziaria sovrana e di ridurre la dipendenza dai creditori esterni.
    Glazyev afferma che la Russia ha già grandi riserve auree e valutarie. E’ la quinta al mondo, dopo Cina, Giappone, Svizzera e India, e davanti agli Stati Uniti. A livello mondiale il volume dell’oro accumulato sarebbe pari a 7mila miliardi di dollari, di cui le banche centrali non avrebbero più di un quinto. Sarebbe in atto, secondo gli economisti russi, una vera e proprio corsa all’oro, tanto che nel terzo trimestre del 2022 le banche centrali avrebbero acquistato una quantità record di 400 tonnellate d’oro.
    La People’s Bank of China ha annunciato per la prima volta in molti anni che sta aumentando le sue riserve auree. La Cina è al primo posto nella produzione di oro e ne vieta l’esportazione. L’India è considerata il campione mondiale nell’accumulo di oro: più di 50mila tonnellate in gran parte in mani private e molto meno nella Reserve Bank of India. Negli ultimi 20 anni il volume dell’estrazione dell’oro in Russia è raddoppiato, mentre negli Stati Uniti si è quasi dimezzato.
    A Mosca però tale politica non avrebbe un completo sostegno, tanto che Glazyev attacca la Banca centrale perché per essa l’acquisto di oro provocherebbe un’eccessiva monetizzazione dell’economia.
    Si potrebbe, quindi, dire che non è tutto oro ciò che luccica, ma sarebbe miope non analizzare quanto scritto in Vedomosti e quanto accade in molti Paesi. Nel mondo delle monete, il ruolo dell’oro sta ritornando al centro delle discussioni. E’ un fatto!

    *Mario Lettieri, già deputato e sottosegretario all’Economia;  **Paolo Raimondi, economista

  • La Commissione europea pubblica un invito a manifestare interesse per il programma di borse di studio sulla Cina

    La Commissione europea ha pubblicato un invito a manifestare interesse per il programma di borse di studio sulla Cina, con l’obiettivo di attingere alle ampie conoscenze disponibili all’interno e al di fuori dell’Europa e ampliare ulteriormente la sua base di conoscenze sul Paese asiatico.

    Il programma raccoglierà accademici provenienti da gruppi di riflessione e università di livello mondiale, il cui compito principale sarà di fornire consulenza orientata alle politiche in uno dei seguenti settori: 1. politica, geopolitica, sicurezza e/o storia; 2. scienze umane e/o sociali, 3. economia e/o finanza; 4. digitale e/o innovazione; 5. ambiente, clima e/o scienze della vita.

    I candidati possono partecipare al programma in uno di questi settori facendo domanda online e seguendo le istruzioni sulla piattaforma EU CV online. Il numero massimo di beneficiari che possono ricevere simultaneamente una borsa dalla Commissione è limitato a 15. I borsisti saranno assunti, per un periodo che va dai 6 ai 12 mesi, come personale statutario della Commissione europea, con i relativi diritti e obblighi.

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