Città

  • Topi a New York, è boom di tour su luoghi infestati

    New York, città dalle mille attrazioni, tuttavia di recente una del tutto insolita sta diventando sempre più popolare: il ‘rat tour’, ossia il tour dei luoghi infestati da topi. Il roditore sta infatti alla Grande Mela come probabilmente la statua della Libertà o l’Empire State Building. Sono quindi un dato di fatto e anche una battaglia persa. A poco valgono gli sforzi da parte delle diverse amministrazioni comunali per risolvere il problema. L’ultima crociata, quella del sindaco Eric Adams che ha persino nominato uno ‘zar dei ratti’ per far fronte all’emergenza.

    Alcune guide turistiche hanno invece deciso di ‘capitalizzare’ su questa emergenza e, come riferisce il New York Post, hanno cominciato a lanciare dei tour personalizzati per introdurre i visitatori ad una specie ormai diventata autoctona. “Sono come le nuove celebrità a New York vista tutta l’attenzione della stampa” – ha commentato  Luke Miller, proprietario di ‘Real New York Tours’. Non a caso alcuni anni fa divenne virale un video in cui un topo trascinava una fetta di pizza lungo una scalinata della metropolitana di New York. La sequenza ebbe oltre 12 milioni di visualizzazioni e il roditore fu soprannominato ‘Pizza Rat’.

    “I topi sono come una mascot per New York – sottolinea la guida Kenny Bollwerk -. Le persone vogliono vedere con i loro occhi”. Bollwerk offre tour a piedi gratuiti sui luoghi più infestati e ogni suo live stream su Tik Tok attira migliaia di persone. Secondo i dati dell’assessorato alla Sanità, nel 2022 ci sono state oltre 60mila denunce per avvistamento da topi, pari al 102% in più rispetto al 2021.

    I topi sono diventati un problema anche a Roma questa estate. Alcuni turisti hanno pubblicato dei video che mostrano la presenza di roditori proprio vicino al Colosseo. Nonostante il Comune abbia comunicato un piano per derattizzare la zona, la notizia ha fatto il giro del mondo tanto che anche la Bbc ha scritto un articolo a riguardo.

  • Piano Fanfani

    Da più parti e da molto tempo si sottolinea come sia impossibile, non solo per gli studenti, trovare una casa in affitto, nelle grandi città, e trovarla a prezzi accessibili rispetto agli stipendi.

    Come Il Patto Sociale ha già ricordato in altre occasioni da decenni nelle grandi città, ma non solo, non esiste un piano di edificazione di edilizia popolare o convenzionata. I precedenti governi si sono inventati il bonus 110% per far ripartire l’edilizia con i seguenti brillanti risultati:

    1. truffe di ogni genere;
    2. aumento spropositato dei costi delle materie prime;
    3. danno per coloro che sono stati truffati dalle imprese;
    4. spaventoso buco per lo Stato che oggi non ha più le risorse per fare quel che sarebbe necessario almeno per la sanità.

    Se, per crearsi facili consensi elettorali, invece di occuparsi dei cappotti e delle ristrutturazioni, vere o fasulle, di case, casette o condomini si fosse provveduto a mettere in sicurezza le scuole, che stanno più o meno crollando, e ponti e cavalcavia, che sono ormai quasi tutti ad una corsia per evitare che l’eccessivo peso li faccia ulteriore peggiorare, l’edilizia sarebbe ripartita in modo più utile ed onesto e lo Stato avrebbe infrastrutture ed edifici pubblici idonei e non pericolosi.

    Se si fosse dato il via a un piano per la costruzione di edifici di edilizia popolare e convenzionata, oggi non avremmo il problema di studenti accampati con le tende, di speculazioni di privati che, in città come Milano, fanno pagare oltre 1000 euro al mese per 30 metri quadri e non avremmo tante persone del Sud costrette a rifiutare lavoro al Nord perché non in grado, con lo stipendio, di pagarsi l’affitto.

    Vale forse ricordare ai governanti di ieri e come suggerimento a quelli di oggi quel famoso piano Fanfani che diede lavoro a 50mila operai e perciò all’edilizia e realizzò case per chi non le aveva.

  • Alberi in città? Non prendiamoci in giro

    Mentre il cambiamento climatico aumenta e rende a volte insopportabile il calore, specie in città, da più parti si propone di tornare al verde anche rimuovendo l’asfalto in aree nelle quali non è necessario. Piaccia o non piaccia a quegli amministratori locali che gli alberi li tagliano o li portano a morte rimuovendo le loro radici per consentire lavori nel sottosuolo, ogni viale alberato porta a due gradi in meno di calore e fa percepire una sensazione di ancor maggior fresco. E’ inoltre noto che sono gli alberi ad assorbire una gran parte dell’inquinamento.

    Per questo, molti sostengono la necessità di procedere, là dove si può, al ‘depaving’, anche perché là dove non c’è asfalto il suolo torna ad assorbire l’acqua ed impedisce una parte di quegli allagamenti che le ormai periodiche piogge torrenziali portano nelle città.

    D’altra parte anche i fondi europei avevano previsto oltre 300 milioni di euro per piantare nuovi alberi, nello stesso tempo a Milano la ‘Milano ForestaMI’, che coinvolge 133 Comuni, ha visto quest’estate morire il 25% degli alberi piantati: la siccità e la calura hanno le loro responsabilità ma non possono essere ignorate quelle di coloro che hanno piantato, e Milano non è l’unico caso, alberi inadatti, spesso anche troppo piccoli, e che comunque non hanno provveduto ad innaffiare il verde pubblico. Se pensiamo che l’alberatura di una strada mitiga l’effetto del calore a decine di metri di distanza si comprende bene quanto sarebbe utile, come fecero le amministrazioni di molti decenni fa, rimettere gli alberi nelle strade delle città. Parliamo ovviamente di alberi compatibili col nostro clima, non certo di betulle o abeti adatti a climi freddi.

    Il verde urbano è ormai una vera risorsa per il benessere delle persone, specie di quelle che sono costrette, per esigenze economiche o anagrafiche, a non abbandonare mai la città, neppure per le vacanze estive. Le piante in città producono ossigeno e in molti casi ripuliscono l’aria dalle polveri sottili. Oltre al lavoro che dovrebbe essere svolto dagli amministratori pubblici, anche i cittadini possono contribuire perché anche le piante di terrazzi e balconi possono dare una mano. Né va dimenticata la pulizia, che dovrebbe essere effettuata nelle aiuole del centro come nelle aree periferiche spesso trasformate a mini-discariche invece che essere luoghi dove possono crescere le piante e riprendere vita quelle piccole biodiversità che comunque contribuiscono al benessere comune.

  • Non c’è fine all’improvvisazione

    Da qualche tempo vari esponenti politici fanno a gara per vedere chi è più verde, più green, più ambientalista, in testa a tutti molti sindaci che, scatenati nella guerra contro le macchine, aboliscono parcheggi, creano sempre più cari balzelli per entrare in città e costruiscono sempre più pericolose corsie ciclabili.

    Tutti questi illustri paladini del verde, responsabili come e più degli altri del dissesto ambientale del Pianeta, non per altro hanno tutti abbondantemente governato, tacciano però sui fondi Pnrr che l’Europa ha stanziato per creare ampi polmoni verdi nelle aree urbane e che loro, in gran parte, non hanno voluto o saputo usurare, in sintesi li hanno persi.

    Migliaia di alberi avrebbero dovuto essere piantati mentre invece molte città, a partire da Milano, non hanno fatto nulla e così sono stati lasciati i fondi europei e si è invece proseguito nella strada del cemento e dell’inquinamento, alla faccia dei tanti proclami ecologici.

    Sono mancate le idee, la progettazione, la capacità, la volontà politica ma di questo ben pochi media hanno parlato.

    Alla propaganda green non è corrisposta l’azione politica, per altro non è una novità, da anni assistiamo all’abbattimento di alberi, più facile abbatterli che curarli, a piccole sporadiche piantumazioni con fuscelli che presto muoiono, e alla cementificazione selvaggia di ogni oasi verde, comprese molte aree agricole.

    Da Messina a Milano progetti presentati e poi irrealizzati o neppure fatti, solo Milano, al momento, ha già perso 12 milioni di euro destinati dall’Europa alla piantumazione di nuovo verde mentre la città ha la ZTL tra le più grandi d’Europa e alla fine di ottobre entrare nel grande ed allargato centro città, oltre all’obbligo di guidare macchine Diesel euro 6, costerà al giorno ben 7 euro, più ovviamente le salatissime ore di parcheggio.

    Non contento il sindaco Sala fa pagare l’ingresso in città anche ai residenti, un po’ meno, certo, ma non si è mai visto che una persona debba pagare per entrare a casa propria!

    Siamo ormai all’assurdo, parliamo di macchine elettriche, che spesso vanno a fuoco, importiamo dalla Cina quanto serve, penalizzando l’industria automobilistica europea, e non sappiamo ancora dove, e quanto costerà, smaltire le batterie.

    Intanto si abbattono alberi invece di piantarne, si perdono i milioni dati dall’Europa, chissà se, come in passato, questi fondi andranno ad altri paesi con amministratori locali più avveduti, si distruggono sempre più le aree verdi, necessarie per abbattere l’inquinamento, e si fa propaganda green mentre si procede con una politica che è tutto il contrario.

    Ogni commento diventa inutile, non c’è fine alla malafede, all’improvvisazione ed alla falsità.

  • Il nuovo film: “2023: fuga da …”

    Negli ultimi trent’anni, all’unisono, ceto politico e mediatico hanno sostenuto la presunta sostenibilità del turismo opposta ad ogni altra forma di economia bollata come “old economy”. Questa competenza strategica ha trovato espressione sia nelle classi politiche nazionali quanto regionali e nel complesso sistema mediatico, i cui effetti hanno raggiunto un nuovo terribile traguardo individuabile nello spopolamento di due tra le più importanti mete turistiche venete ed italiane come Venezia e Cortina d’Ampezzo.

    Proprio l’altro giorno, infatti, la città lagunare ha raggiunto il triste traguardo di offrire maggiori residenzialità turistiche rispetto agli stessi abitanti ormai al di sotto della soglia di sopravvivenza con 49.998 abitanti (nel 1981 erano 108.000).

    Da anni lo spopolamento di Venezia rappresenta l’inevitabile conseguenza della ponderata desertificazione industriale che ha coinvolto anche Porto Marghera. Uno smantellamento ideologico che ha distrutto una realtà complessa che aveva portato negli anni Settanta alla creazione di decine di migliaia di posti di lavoro.

    Da questa realtà si moltiplicarono le famiglie che si trasferirono in zona sostenendo una rinnovata domanda residenziale anche nell’entroterra della terraferma.

    Con le opportune proporzioni il medesimo processo sta interessando anche Cortina d’Ampezzo la quale ha perso negli ultimi vent’anni il 9% della popolazione. Un fenomeno molto preoccupante ma che va comunque inserito all’interno di un fenomeno più complesso relativo allo spopolamento di molte comunità montane.

    La mancanza, quindi, di una politica industriale e le scellerate opzioni di una economia basata solo ed esclusivamente sul turismo risulta la principale responsabile di questo spopolamento.

    In altre parole si sono invertiti i fattori di crescita demografica e sostegno alle città.

    Quasi nessuno aveva capito, ed ancora oggi esprime una certa difficoltà anche solo ad ammetterlo, come la sola economia industriale sia in grado di assicurare uno sviluppo economico ed occupazionale e quindi demografico e sociale di una città anche se meta di una forte domanda turistica.

    Nella attuale situazione, invece, esistono ed emergono tutte le responsabilità soprattutto dei sindaci degli ultimi trent’anni anni che hanno gestito, in particolar modo a Venezia, ma vale molto spesso per tantissime località turistiche italiane, le politiche economiche guidandone la desertificazione industriale e facendola diventare un luna park che alla sera spegne le luci e diventa un deserto (https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-presunta-sostenibilita-del-turismo/).

    Invertire ora questo trend rappresenta la vera ciclopica sfida con l’importante obiettivo di assicurare un futuro economico e sociale a queste splendide località, le quali meritano, proprio per la loro storia, una crescita demografica sostenuta da strategie economiche molto differenti dalla sola e semplice mercificazione turistica.

    Nel frattempo a giorni nelle sale cinematografiche il nuovo film “2023: fuga da Venezia e Cortina d’Ampezzo”.

  • Chi è responsabile del degrado di Milano?

    Apprendiamo con piacere la decisione del comune di provvedere direttamente alla riqualificazione e ristrutturazione della Palazzina Liberty in Largo Marinai d’Italia a Milano.

    Quello che però ci chiediamo e chiediamo all’amministrazione del sindaco Sala, sapendo già che non avremo risposta, è quali giustificazioni dà il Comune di Milano, l’amministrazione, per aver lasciato cadere la Palazzina Liberty in tale spaventoso stato di degrado.

    La palazzina era già stata restaurata anni fa, vi si tenevano incontri culturali e politici, anche dal Consiglio di Zona, per alcuni anni era tornata agli antichi splendori e poi? Chi ha deciso di abbandonarla al degrado?

    Quanto era costata la precedente ristrutturazione?

    Come mai ora il Comune parla di un intervento del valore di circa 5 milioni di euro quando nell’ottobre del 2021 l’allora assessore del sindaco Sala aveva pensato di darla in concessione a privati in cambio di una manutenzione stimata intorno a un milione e duecentomila euro!

    Nell’arco di un anno e mezzo il costo è lievitato portando un aumento di tre milioni e ottocentomila euro?

    Chi è responsabile del degrado se non la stessa amministrazione? Ma a pagare ovviamente saranno i milanesi non certo gli amministratori trasandati e indifferenti.

    L’assessore alla Cultura, Tommaso Sacchi, ha definito la palazzina “un bene culturale così importante e identitario per la nostra comunità”, non osiamo pensare che fine avrebbe fatto la Palazzina Liberty se non fosse stato così, probabilmente l’avrebbero abbattuta disperdendone i pezzi ad uno ad uno.

    Egregio Sindaco, è un po’ di anni che ti occupi di Milano, prima con la Moratti e ora per conto tuo per la seconda legislatura, fare ogni tanto un giro per vedere i monumenti cittadini forse ti aiuterebbe a salvaguardare meglio la città e se provi a fare a piedi qualche marciapiede e strada poi ci dici come li hai trovati tra crepe e rattoppi pericolosi.

  • La Commissione lancia il premio “Access City Award” 2023 per le città più accessibili dell’UE

    È stato lanciato il concorso “Access City Award 2023″ riservato alle città che hanno profuso i maggiori sforzi per diventare più accessibili alle persone con disabilità e hanno messo in cantiere ulteriori miglioramenti. La città vincitrice riceverà un premio finanziario di 150.000 €, mentre la seconda e la terza classificata riceveranno rispettivamente 120.000 € e 80.000 €. Il concorso, organizzato dalla Commissione europea in collaborazione con il Forum europeo sulla disabilità, è aperto alle città dell’UE con più di 50.000 abitanti. Le città premiate quest’anno saranno annunciate durante una conferenza che si terrà il 25 novembre in occasione della Giornata europea delle persone con disabilità. Le candidature per il premio di quest’anno sono aperte fino all’8 settembre sulla pagina web dell’ Access City Award 2023.

    Fonte: Commissione europea

  • Milano, Bologna, Torino ed altri capoluoghi tra le 100 città che parteciperanno alla missione dell’UE per creare città intelligenti e a impatto climatico zero entro il 2030

    La Commissione ha annunciato le 100 città dell’UE che parteciperanno alla missione “100 città intelligenti e a impatto climatico zero entro il 2030”, la cosiddetta “missione per le città”. Sono state selezionate 100 città dei 27 Stati membri, e altre 12 di paesi associati o che potrebbero associarsi a Orizzonte Europa, il programma di ricerca e innovazione dell’UE per il periodo 2021-2027.

    Milano, insieme a Bergamo, Bologna, Firenze, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino, è stata selezionata per partecipare alla missione dell’UE.

    Le nostre aree urbane ospitano il 75% della popolazione dell’Unione. A livello globale le città consumano oltre il 65% dell’energia mondiale, causando oltre il 70% delle emissioni di CO2. Perciò è importante che fungano da ecosistemi di sperimentazione e innovazione e aiutino tutte le altre a diventare climaticamente neutre entro il 2050.

    La missione per le città riceverà 360 milioni di euro di finanziamenti da Orizzonte Europa per il periodo 2022-2023, destinati ad avviare i percorsi di innovazione verso la neutralità climatica entro il 2030. Le azioni di ricerca e innovazione riguarderanno la mobilità pulita, l’efficienza energetica e l’urbanistica verde e offriranno la possibilità di realizzare iniziative comuni e potenziare le collaborazioni in sinergia con altri programmi dell’UE.

    Tra i vantaggi per le città vi sono la possibilità di ricevere consulenza e assistenza su misura da parte di un’apposita piattaforma della missione gestita da NetZeroCities, nuove opportunità di ottenere sovvenzioni e finanziamenti e la possibilità di aderire a grandi azioni di innovazione e progetti pilota. La missione offre inoltre opportunità di creare reti, consente lo scambio di buone pratiche tra le città e sostiene la partecipazione dei cittadini.

    La Commissione inviterà le 100 città selezionate a redigere “contratti cittadini per il clima”, che comprenderanno un piano globale per la neutralità climatica in tutti i settori, per esempio l’energia, l’edilizia, la gestione dei rifiuti e i trasporti, completo di piani di investimento. Il processo coinvolgerà i cittadini, gli organismi di ricerca e il settore privato. Gli impegni chiari e tangibili assunti dalle città nei contratti cittadini per il clima consentiranno loro di dialogare con le autorità europee, nazionali e regionali, e soprattutto con la popolazione, per conseguire questo ambizioso obiettivo.

    Inoltre, visto che ben 377 città hanno mostrato interesse ad aderire alla missione, la Commissione sta predisponendo anche un sostegno per quelle che non sono state selezionate, compreso un sostegno erogato tramite la piattaforma della missione e opportunità di finanziamento nell’ambito del programma di lavoro di Orizzonte Europa sulla missione per le città.

    Le città sono state invitate a manifestare il proprio interesse a partecipare alla missione a novembre 2021. Il termine ultimo per la presentazione delle domande era il 31 gennaio 2022. In una prima fase, ciascuna manifestazione di interesse è stata valutata da esperti indipendenti. Successivamente la Commissione ha applicato ulteriori criteri per garantire l’equa distribuzione geografica e selezionare un gruppo di città eterogeneo in termini di dimensioni, impatto e idee innovative. In totale 377 città hanno chiesto di partecipare alla missione. Le 100 selezionate oggi rappresentano il 12 % della popolazione dell’UE.

    La Commissione ha avviato la missione per 100 città intelligenti e a impatto climatico zero entro il 2030 a settembre 2021, con l’adozione di una comunicazione sulle missioni europee, dopo l’approvazione dei singoli piani di attuazione delle missioni nell’estate 2021. Oltre alla missione per le città ci sono altre quattro missioni dell’UE incentrate su sfide mondiali nei settori dell’adattamento ai cambiamenti climatici, del ripristino degli oceani e delle acque, della salute dei suoli e della lotta contro il cancro. Il 15 dicembre 2021 è stato pubblicato uno specifico programma di lavoro per le missioni di Orizzonte Europa.

    Le missioni sono un aspetto nuovo di Orizzonte Europa e sostengono le priorità della Commissione, come il Green Deal europeoUn’Europa pronta per l’era digitale, la Lotta contro il cancroUn’economia al servizio delle persone e il Nuovo Bauhaus europeo. Ad esempio, la missione concernente il clima è già un elemento concreto della nuova Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, la missione relativa al cancro rientra nel piano di lotta contro il cancro e la missione “Suoli” è un’iniziativa faro della Visione a lungo termine per le zone rurali dell’UE.

    Fonte: Commissione europea

  • Regioni europee in prima linea per l’emergenza profughi dall’Ucraina

    Le Regioni e le città europee passano come testimone al dibattito sul Futuro dell’Europa un Manifesto, approvato all’unanimità al Summit di Marsiglia: vuole sottolineare come per un miglior funzionamento democratico dell’Europa serva un maggior coinvolgimento delle regioni stesse, delle città e dei piccoli comuni. Più coesione, più sussidiarietà, si chiede, puntando anche a raggiungere così una maggior partecipazione dei cittadini. Tra le possibili riforme, anche maggiori poteri del Comitato europeo delle Regioni, che potrebbe venir dotato di un ruolo vincolante – e non solo consultivo – negli ambiti strategici con una chiara dimensione territoriale.

    Alla due giorni del Summit di Marsiglia, organizzato a inizio mese dal Comitato nella città francese nell’ambito della presidenza di turno Ue, si è imposta però l’attualità, con l’attacco della Russia all’Ucraina. E dalla sussidiarietà si è passati in un attimo alla solidarietà, stravolgendo l’agenda dell’evento, sia nel dibattito e sia per dar spazio ai collegamenti con gli esponenti dei territori ucraini, dal presidente del consiglio regionale di Kharkiv Serhiy Chernov, al vicesindaco di Mariupol’ Sergii Orlov, fino al sindaco di Kiev Vitali Klitschko, nominato membro onorario del Comitato europeo delle regioni dal presidente Apostolos Tzitzikostas. Tzitzikostas ha chiesto di “usare i fondi di coesione per l’accoglienza dei rifugiati ucraini”. A più riprese, del resto, è stato ricordato che saranno i rappresentanti degli enti sul territorio a dover gestire la crisi. “Non mi sarei mai aspettato tanta unità”, ha sintetizzato un esponente polacco del Comitato, il consigliere di Varsavia Mariusz Rafal Frankowski, con lo sguardo di chi è già in prima linea per i rifugiati ucraini (“Seicentomila sono già a Varsavia”). “Sento la solidarietà nel mio Paese e sono felice di vederla in tutta l’Unione”, ha detto Marius Ursaciuc, sindaco della città rumena di Gura Humorului, aggiungendo che gli arrivi più recenti di rifugiati sono di persone intenzionate a restare vicine al confine “perché si aspettano di poter tornare nelle loro case in Ucraina”. “Non scenderemo a compromessi, perché diamo per scontata la democrazia”, ha detto dell’attacco all’Ucraina la presidente del Parlamento europea Roberta Metsola. “Continueremo a lavorare insieme per garantire l’accoglienza dei profughi ucraini insieme, fedeli ai nostri valori”, ha fatto sapere in una dichiarazione per il Summit il presidente francese Emmanuel Macorn: “L’ideale umanistico europeo trova oggi un nuovo slancio. Insieme mostriamo il volto migliore dell’Europa, un’Europa solidale, vicina, giusta, democratica”.

    Nello choc per l’aggressione russa i vertici del Comitato hanno diffuso una dichiarazione di condanna: “Siamo pronti a presentare ai nostri rispettivi governi e al Consiglio dell’Unione europea la richiesta di imporre al governo della Federazione russa le sanzioni più dure possibili”, afferma tra l’altro, chiedendo poi “assistenza immediata ai cittadini dell’Ucraina attraverso la rapida attivazione del meccanismo di protezione civile dell’Ue per l’assistenza umanitaria”. Come presidente di Eurocities (200 le città europee aderenti), il sindaco di Firenze Dario Nardella, ha annunciato a Marsiglia che il 12 marzo ci sarà una manifestazione delle città europee. Hanno già aderito Milano, Roma, Bologna, Napoli, Braga, Marsiglia, Nizza e Rotterdam, Cluj-Napoca.

  • Studio della Ue: il rilancio della città produttive è la chiave per futuro

    Un catalizzatore di crescita, ricerca e innovazione, ma anche un elemento cruciale per garantire una maggiore resilienza di fronte a varie crisi. Negli ultimi anni i centri urbani europei hanno riscoperto l’importanza dell’industria per le economie locali, promuovendo iniziative volte ad attrarre talenti, investimenti e imprese o a preservarne la presenza in città. È quanto emerge dal progetto di ricerca Mista, realizzato dal programma di cooperazione europeo Espon, specializzato in analisi regionali.

    In questo contesto favorevole, spiegano i ricercatori, alcune attività industriali sono tornate negli agglomerati urbani e, sebbene la natura di tale ritorno differisca sostanzialmente da quanto avvenuto nei decenni precedenti, si può comunque riconoscere in esso un importante rilancio. In quest’ottica, le città metropolitane giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo di strategie industriali adeguate, sia costruendo visioni e scenari, sia mettendo a disposizione incentivi e strumenti per stringere un nuovo dialogo tra città e manifattura.

    Nello studio si riportano diversi esempi: dai programmi di Bruxelles che promuovono l’economia circolare, ai progetti che mixano industria, residenza, funzioni culturali, come a Rotterdam, ai piani per la costruzione di modelli urbani nuovi, come osservato a Parigi e Londra. Tra i casi presi in esame anche quello di Torino dove sono stati realizzati progetti che mirano a riusare aree dismesse in città per riportarvi funzioni produttive avanzate.

    “L’Ue è particolarmente attenta a questa sfida, come sottolinea la nuova Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili, approvata nel novembre 2020 – spiega Valeria Fedeli, docente di pianificazione e politiche urbane al Politecnico di Milano -. Nel documento si propongono tre chiavi per la città del futuro, tra cui proprio la ‘città della produzione’, e si chiede alle città di andare in questa direzione, superando l’idea che la manifattura non sia compatibile” con gli agglomerati urbani.

    Il progetto si conclude con una serie di raccomandazioni rivolte agli enti locali perché diventino protagonisti di questo rilevante processo di pianificazione strategica, suggerendo da un lato la necessità di osservatori più attenti sui processi in atto, e fornendo dall’altro strumenti che permettano di mantenere e rilanciare il ruolo dell’industria nelle città, di costruire spazi integrati, di rendere le aree urbane dei luoghi accoglienti.

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