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  • Follia ambientalista in Colombia: non contrastare la coca per non alterare l’Amazzonia

    L’ambientalismo metterà fuori gioco il contrasto delle coltivazioni di cocaina? Apparentemente assurda, la domanda ha assunto concretezza quando il presidente della Colombia, Gustavo Petro, all’annuale assise dall’Onu nel settembre scorso ha invocato l’alt alle operazioni di disboscamento delle piantagioni di cocaina dichiarando che tali operazioni minacciano di alterare l’habitat dell’Amazzonia. «Là nelle giungle viene rilasciato ossigeno e assorbita la CO2 atmosferica. Una di quelle piante che assorbe anidride carbonica, tra milioni di specie, è una delle più perseguitate sulla terra. A ogni costo si cerca la distruzione di una pianta amazzonica, la pianta della coca, la pianta sacra degli Incas. Paradossale che la foresta che cerca di essere salvata venga così allo stesso tempo distrutta. Per eliminare la pianta della coca si rilasciano veleni, glifosato, in modo massiccio, che poi finiscono nelle nostre acque. Arrestano i coltivatori e li imprigionano per aver posseduto un po’ di foglie di coca».

    Al di là di ogni considerazione sui danni che i prodotti che se ne ricavano possono provocare all’uomo, il fatto è che la coca presente nella foresta non è poi tutta così naturale. Nei dipartimenti di Putumayo e Caquetà, riferisce Panorama sono presenti coltivazioni di coca su 22.045 ettari per realizzare le quali sono stati abbattuti le specie vegetali che madre natura aveva fatto crescere su quelle stesse aree. E, nota ancora il settimanale, su 13 milioni di litri di glifosato utilizzate nel 2021 in Colombia, solo il 3,7% – pari a 480mila litri – è stato destinato ad estirpare la coca, il resto è stato impiegato per coltivazioni legali.

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