contratti

  • Non trascuriamo chi lavora in modo flessibile

    Uno dei temi centrali, soprattutto per l’Italia, è la questione lavoro: retribuzioni a volte troppo basse, costo della vita eccessivo in alcune aree, disparità retributiva tra uomini e donne sono temi noti a tutti. Quello che invece sembra non essere abbastanza noto né al governo né ai sindacati e alle parti sociali in genere, è il problema legato al lavoro ed alla retribuzione di chi opera con alcune agenzie.

    Vi sono decine di migliaia di persone in Italia che lavorano per vere o presunte cooperative, associazioni con scopo di lucro, specie per quanto riguarda il lavoro nell’ambito sanitario o domestico, lavorativi che ricevono molto meno di quanto il richiedente la prestazione paga alla cooperativa o ad altro soggetto analogo.

    Il problema più grave riguarda le molte migliaia di persone che lavorano, su incarico di agenzie, per svolgere diverse attività: controllo qualità nei negozi, acquisti per campionature, verifica degli standard operativi di strutture e infrastrutture (dai servizi pubblici alla vendita retail), interviste e sondaggi per misurare la soddisfazione dell’utenza, exit poll e proiezioni dai seggi in occasione di elezioni, ricerche di mercato e data collection in generale, sono solo alcuni esempi di attività svolte da una platea di lavoratori che non sono inquadrati in alcun modo.

    Questi lavoratori, oltre a non essere inquadrati, sono retribuiti, per il loro specifico lavoro, di volta in volta e cioè dopo tre mesi dallo svolgimento del lavoro stesso. E sempre dopo tre mesi sono pagati per le spese sostenute nello svolgimento di tale lavoro, compreso l’eventuale acquisto che è stato commissionato per la campionatura dei prodotti o le spese di spostamento.

    In diverse occasioni questi lavoratori, che, ripetiamo, sono pagati dopo tre mesi sia per le spese sostenute che per il loro lavoro, si vedono rinviato ulteriormente il pagamento e, in alcuni casi, anche per cifre modeste, non sono pagati affatto.

    Ovviamente trattandosi di cifre non elevate non vi è la possibilità per il lavoratore, per l’esborso economico che ne conseguirebbe, di rivolgersi a un avvocato per ottenere interamente quanto dovuto.

    Lavorano in questi settori più persone di quanto si creda e anche agenzie estere, che peraltro sembrano più corrette nei pagamenti, si rivolgono ad italiani che, per motivi vari e ben intuibili a tutti, non hanno trovato un contratto a tempo indeterminato e neppure a termine.

    Una giungla che ovviamente rende sempre più precaria la vita di questi lavoratori, dando sempre più margine di guadagno ai committenti. Sotto l’aspetto economico e anche sociale, queste persone si trovano alle prese con vari problemi come quello di non poter accedere a un mutuo e, in generale, non avere la sicurezza il mese dopo di mantenere se stessi e la propria famiglia.

    La questione non può continuare ad essere ignorata da governo e forze sociali e in questa sede non si vuole tanto fare una denuncia quanto rivolgere un appello proprio al governo e alle parti sociali perché in questo settore ci siano un minimo di garanzie per i lavoratori. Ci potrebbe essere ad esempio uno sportello regionale o nazionale al quale gli stessi potrebbero rivolgersi, nel caso di inadempienza del loro committente, per avere un’assistenza legale gratuita, già questo sarebbe un deterrente che inviterebbe le agenzie che affidano questi lavori ad essere più puntuali e rispettose degli obblighi presi nell’assegnazione dell’incarico. Inoltre bisogna ottenere che le agenzie paghino il lavoro svolto, e le eventuali spese sostenute, entro 30 giorni.

  • Aumentano i contratti a termine e brevi, solo l’1% supera l’anno

    Più contratti a termine e sempre più spesso brevi. Soltanto uno su 100 supera l’anno. Uno su tre, invece, arriva fino ad un mese. E’ il quadro sulla durata dell’occupazione precaria che emerge dagli ultimi dati delle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro: nel primo trimestre dell’anno aumentano i contratti di pochi giorni (in particolare quelli fino ad una settimana), diminuiscono quelli più lunghi, quelli oltre l’anno non decollano e restano stabili. Mentre continuano a crescere le posizioni lavorative a tempo determinato: nei primi tre mesi, rispetto ad un anno prima, sono +403mila sul totale di +671mila.

    La durata dei contratti a tempo determinato varia molto a seconda dei settori, della stagionalità del lavoro e delle motivazioni del loro utilizzo. Ma in generale, come indica la Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione pubblicata da Istat, ministero del Lavoro, Inps, Inail e Anpal, nel primo trimestre 2022 risulta che il 33,3% delle posizioni lavorative attivate prevede una durata fino a 30 giorni (il 9,2% un solo giorno), il 27,5% da due a sei mesi e soltanto l’1% superiore all’anno. Nel complesso c’è un aumento dell’incidenza sul totale delle attivazioni dei contratti di brevissima durata (19,7% fino a una settimana, +2,9 punti in confronto allo stesso trimestre dell’anno precedente).

    Un fronte, quello del contrasto alla precarietà, che resta aperto. Con il confronto da portare avanti tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e le parti sociali sul tema dei salari, con il tavolo atteso entro luglio, ma anche delle tipologie contrattuali. “Guardo soprattutto al modello tedesco dove c’è un utilizzo molto più esteso del contratto dell’apprendistato”, che “siamo disponibili a rendere più semplice e più flessibile. Però togliamo di mezzo un po’ di forme di precariato”, rimarca il ministro. I dati del resto evidenziano che è spesso il lavoro a termine a trainare la crescita dell’occupazione, come ripetono i sindacati. Nel primo trimestre dell’anno, infatti, si rileva un nuovo aumento delle posizioni lavorative (+183mila rispetto al quarto trimestre del 2021), con una crescita sia delle posizioni a tempo indeterminato (+85mila) sia a tempo determinato (+98mila), sempre in base alle comunicazioni obbligatorie. Nel confronto annuo, la crescita risulta più decisa: +671mila posizioni lavorative. Quelle a tempo indeterminato segnano +268mila ma, a ritmi più sostenuti e per il quarto trimestre consecutivo, prosegue la crescita delle posizioni a tempo determinato: +403mila in un anno.

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