A causa dell’orografia italiana piuttosto irregolare, il patrimonio di ponti e viadotti stradali è piuttosto rilevante. La loro realizzazione, spesso durante gli anni del boom economico, è avvenuta in assenza di norme specifiche sulla durabilità, qualità dei materiali, manutenzione programmata.
Il nostro sistema di infrastrutture stradali ha bisogno di attenzione e azioni di manutenzione efficaci e mirate, perché la maggior parte dei ponti e viadotti italiani è stato costruito tra il 1955 e il 1980. Lo dice il rapporto dell’istituto di tecnologia delle costruzioni del Cnr, che risale al giugno del 2018 (mancava poco più di un mese al crollo del Ponte Morandi a Genova). Rimediare “a posteriori” è oggettivamente complesso, oltre che molto costoso.
Spiega Fabio Biondini, professore presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano: “Il problema della durabilità delle strutture e dei ponti in particolare, è emerso nella sua effettiva importanza solo negli ultimi decenni e ha richiesto anni di studi e ricerche per una migliore comprensione del ruolo dei fenomeni di fatica e degrado dei materiali.
Gli effetti di questi fenomeni risultano esacerbati anche dalla continua crescita dei volumi di traffico. Oggi i criteri di progettazione, manutenzione e gestione dei ponti si stanno modificando profondamente attraverso un approccio a ciclo di vita, nel quale si valutano le prestazioni strutturali nel tempo durante le fasi di esercizio dell’opera fino alla sua dismissione, in modo da garantire un adeguato livello di sicurezza durante l’intera vita di servizio attesa”.
Secondo i dati di uno studio condotto da Carlo Castiglioni e Alessandro Menghini del Politecnico di Milano presentato nel 2021, ci sono almeno 1.900 ponti in Italia, sui 61mila osservati, che presentano “altissimi rischi strutturali”. Inoltre più di 18mila viadotti presentano alcune criticità e necessitano interventi di manutenzione. Più del 50% dei ponti ha un’età superiore ai 50 anni contro una media nei Paesi del G7 che si attesta fra i 20 e i 30 anni.
Da più di 50 anni in Italia si cerca di normare la vigilanza sulle opere d’arte stradali. Dopo il crollo, il 18 gennaio del ’67, delle campate centrali del ponte di Ariccia, una costruzione dell’800 sulla via Appia ricostruita in maniera approssimativa dopo la seconda guerra mondiale (già due anni prima del crollo si erano individuate crepe nel ponte, come scrissero i giornali dell’epoca), venne emanata la Circolare LL. PP. n° 6736/61/AI del 19.07.1967 che stabilisce l’importanza della vigilanza assidua del patrimonio delle opere d’arte stradali e delle operazioni di manutenzione e ripristino. Tutto ciò si doveva realizzare attraverso l’esecuzione di una ispezione trimestrale, eseguita da tecnici, e da un’ispezione annuale eseguita da ingegneri il tutto corredato da rapporti d’ispezione. Con il decreto del 1° luglio 2022 il Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili ha diffuso le Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti.
Con il Decreto 5 maggio 2022 (in GU n.164 del 15-7-2022) il Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili ha ripartito il Fondo per la messa in sicurezza dei ponti e viadotti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti. Si tratta di un programma di 6 anni dal 2024 al 2029. Sono previsti 100 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e 300 milioni per ciascuno degli anni dal 2026 al 2029. Le risorse sono ripartite tra le province e le città metropolitane.
Secondo Antonio Occhiuzzi, Direttore dell’Istituto di Tecnologia delle Costruzioni del Car, “Il problema ha dimensioni grandissime: il costo di un ponte è pari a circa 2.000 euro/mq; pertanto, ipotizzando una dimensione “media” di 800 mq e un numero di ponti pari a 10.000, le cifre necessarie per l’ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in decine di miliardi di euro”.