divieto

  • In attesa di Giustizia: buon anno

    Buon 2025 a voi lettori e buon anno, soprattutto, ai cittadini milanesi che – grazie alla ennesima iniziativa green – del sindaco Sala potranno disporre di un presidio in più a tutela della loro salute: il divieto di fumo all’aperto se tra il vizioso di turno e l’astante più vicino intercorre uno spazio inferiore ai dieci metri.

    Cosa c’entra tutto ciò con la giustizia? C’entra, c’entra perché avverso le contravvenzioni amministrative è possibile, a seconda dei casi, fare ricorso al Giudice di Pace o al T.A.R.  e c’è da prevedere un intasamento senza precedenza dei ruoli di udienza da parte di fumatori colti in flagrante accensione di sigaretta in un contesto in cui evitare la sanzione sarà per un verso pressochè impossibile e per altro diabolico da dimostrare il mancato rispetto della distanza.

    A prescindere dalla considerazione che in alcuni luoghi il divieto dovrebbe ritenersi sostanzialmente assoluto per le caratteristiche di pedonabilità ed affollamento in determinati giorni ed orari, in particolare nelle grandi arterie commerciali come Corso Vittorio Emanuele piuttosto oppure nelle zone della movida sul genere dei Navigli, proviamo ad immaginare cosa potrebbe accadere, per esempio, ad un residente in Corso Buenos Aires che rientra a casa dal lavoro, sotto sera in una condizione di maggiore tranquillità…

    …I negozi sono chiusi o prossimi alla chiusura ed anche i bar si stanno spopolando degli appassionati di quella tradizione tipicamente milanese che è l’aperitivo, persino il traffico veicolare si va riducendo ed il nostro immaginario cittadino dopo una giornata in ufficio decide di godersi una fumatina, appena uscito dalla metropolitana o disceso da un tram, lungo l’ultimo tratto a piedi: dovrà, tuttavia, procedere a zig zag per schivare, mantenendo la distanza, i pedoni che gli vengono incontro, forse dotandosi di un paio di smart glasses muniti di telemetro. La mancanza di specchietti retrovisori montati sul cappotto volti ad  adocchiare  quelli provenienti alle spalle comporta il rischio di esporli  a micidiali esalazioni durante l’avvicinamento e l’eventuale sorpasso. Permane, tuttavia, la difficoltà di tutelare da una mezza boccata di Marlboro quelle specie protette che sono i ciclisti o centauri in monopattino che sfrecciano e sbucano da ogni dove, incuranti di semafori, senso di marcia, attraversamenti pedonali e rischiano di terminare la giornata spiattellandosi contro una Tesla (sia pure munita di benedizione da Palazzo Marino dell’autista cultore dell’elettrico) che silenziosamente impegna un incrocio o una fiancata del tram 9.

    Che ne sarà di costui? Ci saranno ronde di cittadini salutisti pronti a chiamare le Forze dell’Ordine dopo aver immortalato l’inquinatore con il telefono, posti di blocco della Polizia Locale dotati di apposita strumentazione laser per calcolare le distanze oppure si andrà a occhio?  E che dire del momento della contestazione?

    “Concilia?”  “No, guardi, signor Vigile, secondo i miei Ray Ban Meta erano dieci metri e otto centimetri e non nove e novanta come dice lei”…e, come osserverebbero i giuristi più raffinati: quid juris se le  potenziali “vittime” fossero fumatori a loro volta, che magari avevano appena spento la lor sigaretta? il divieto vale anche nei loro confronti? Bisognerebbe, forse interpellare come testimoni tutti i presenti prima di redigere il verbale e sentire anche la loro versione circa la distanza? Sono solo alcuni esempi di ciò che potrebbe accadere.

    Delle due l’una: o nessuno verrà mai multato vanificando la rigorosa scelta del Primo Cittadino oppure – anche nel malcelato intento di fare cassa – vi saranno raffiche di sanzioni che saranno puntualmente impugnate soffocando definitivamente di ricorsi gli uffici giudiziari deputati ad esaminarli.

    E il Sindaco come reagirà? A Dio piacendo non potrà candidarsi per un ulteriore mandato, e siccome manca ancora un po’ di tempo alla fine di questo, qualcuno potrebbe dargli un suggerimento: perché, in luogo di queste iperboliche idiozie non dispone un censimento degli impianti di riscaldamento delle Case ALER e spende un po’ di soldi per sostituirli, posto che ancora funzionano quasi tutti a gasolio (qualcuno, non è da escludere, persino a carbone) ognuno dei quali in un’ora inquina più del Titanic con le macchine a tutta forza per tentare di evitare l’iceberg?

    Nel frattempo, Buon Anno di cuore a tutti voi: fumatori e non, ciclisti virtuosi e possessori di diesel Euro 6 che dovreste vergognarvi di avere.

  • La Commissione accoglie con favore la raccomandazione del Consiglio su misure rafforzate per ambienti senza fumo

    La Commissione accoglie con favore l’adozione da parte del Consiglio della revisione della raccomandazione del Consiglio relativa agli ambienti senza fumo. La raccomandazione riveduta è volta a proteggere meglio le persone, in particolare i bambini, dal fumo passivo e dagli aerosol. È inoltre mirata a denormalizzare e scoraggiare l’uso del tabacco e dei prodotti emergenti, in particolare tra i giovani, e a combattere la dipendenza dalla nicotina.

    Il consumo di tabacco e nicotina è il maggiore rischio evitabile per la salute e la principale causa di morte prematura nell’UE. La raccomandazione riveduta invita gli Stati membri a estendere le politiche in materia di ambienti senza fumo alle principali aree all’aperto, quali i parchi giochi pubblici, al di fuori dei locali adibiti all’assistenza sanitaria e all’istruzione e degli edifici pubblici e alle fermate dei trasporti. La raccomandazione si concentra in particolare su una migliore protezione dei bambini e dei giovani dagli effetti negativi del fumo passivo.

    La raccomandazione fa seguito e si basa sulle azioni già intraprese a livello nazionale da alcuni Stati membri. La Commissione sosterrà gli Stati membri nell’attuazione della raccomandazione, anche con i finanziamenti dell’UE a titolo del programma EU4Health. Spetta a ciascuno Stato membro valutare e attuare la raccomandazione in base al rispettivo contesto nazionale.

    Ogni anno nell’UE si perdono quasi 700.000 vite a causa del consumo di tabacco. L’obiettivo del piano europeo di lotta contro il cancro è ottenere entro il 2040 una generazione libera dal tabacco, in cui meno del 5% della popolazione dell’UE utilizzi prodotti del tabacco.

  • Gli Usa aggiungono 29 aziende cinesi all’elenco della legge sul lavoro forzato

    II dipartimento per la Sicurezza interna degli Stati Uniti, per conto della Task Force per il contrasto del lavoro forzato (Fletf), ha aggiunto 29 aziende cinesi all’elenco delle entità oggetto della Legge sulla prevenzione del lavoro forzato uiguro (Uflpa). È quanto annunciato in una nota dal dipartimento per la Sicurezza interna. Ciò porta il numero totale di entità incluse nell’elenco a 107, come parte degli sforzi del governo degli Stati Uniti per combattere il lavoro forzato nelle catene di fornitura globali, in particolare nella regione autonoma uigura dello Xinjiang.

    L’Uflpa, entrato in vigore nel 2022, mira a impedire l’importazione di beni prodotti utilizzando il lavoro forzato, in particolare da regioni legate ad abusi dei diritti umani, come lo Xinjiang. Il segretario per la Sicurezza interna, Alejandro Mayorkas, ha sottolineato che gli Stati Uniti continueranno a far rispettare la legge in modo aggressivo, perseguendo le aziende che si impegnano in pratiche di lavoro forzato e salvaguardando i mercati statunitensi dallo sfruttamento delle popolazioni vulnerabili, in particolare gli uiguri e altre minoranze etniche.

    La lotta alla droga è stato invece l’argomento che Donald Trump ha sfoderato per ribadire l’intenzione di applicare dazi alle importazioni dal Paese del Dragone. Donald Trump ha dichiarato che, una volta tornato presidente degli Stati Uniti, firmerà un ordine esecutivo che impone dazi del 25% su tutti i prodotti provenienti da Messico e Canada che arrivano negli Stati Uniti, e dazi aggiuntivi sulla Cina. “Il 20 gennaio, come uno dei miei primi ordini esecutivi, firmerò tutti i documenti necessari per imporre a Messico e Canada una tariffa del 25% su TUTTI i prodotti in arrivo negli Stati Uniti, e le sue ridicole frontiere aperte”, ha detto Trump in un post su Truth Social, affermando che i dazi rimarranno in vigore finché i due Paesi non porranno un freno alla droga, in particolare al fentanyl, e ai migranti che attraversano illegalmente il confine. Trump ha annunciato che gli Stati Uniti “addebiteranno alla Cina un dazio aggiuntivo del 10%, oltre a qualsiasi dazio aggiuntivo, su tutti i loro numerosi prodotti in arrivo negli Stati Uniti d’America”. E ha affermato che il motivo della tariffa aggiuntiva era l’incapacità della Cina di frenare il numero di farmaci che entravano negli Stati Uniti. La Cina è un importante produttore di precursori chimici che vengono acquisiti dai cartelli della droga, incluso il Messico, per produrre il fentanyl, un oppioide sintetico altamente potente. “Ho avuto molti colloqui con la Cina sulle enormi quantità di farmaci, in particolare Fentanyl, che vengono inviati negli Stati Uniti, ma senza alcun risultato… Finché non smetteranno, addebiteremo alla Cina un dazio aggiuntivo del 10%, oltre a qualsiasi dazio aggiuntivo, su tutti i loro numerosi prodotti che entrano negli Stati Uniti d’America”.

    In risposta, la Cina ha avvertito che “nessuno vincerà una guerra commerciale”. Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese, ha affermato che la Cina ha adottato misure per combattere il traffico di droga dopo l’accordo raggiunto lo scorso anno tra Joe Biden e Xi Jinping. “La parte cinese ha notificato alla parte statunitense i progressi compiuti nelle operazioni di polizia contro gli stupefacenti legate agli Stati Uniti”, ha affermato in una dichiarazione. “Tutto ciò dimostra che l’idea che la Cina consenta consapevolmente ai precursori del fentanyl di fluire negli Stati Uniti è completamente contraria ai fatti e alla realtà”.

  • Child marriage ban welcomed in Sierra Leone

    Sierra Leone has brought in a new law banning child marriage with much fanfare at a ceremony organised by First Lady Fatima Bio in the capital, Freetown.

    Invited guests, including first ladies from Cape Verde and Namibia, watched as her husband President Julius Maada Bio signed the Prohibition of Child Marriage Act into law.

    Anybody now involved in the marriage of a girl aged under the age of 18 will be jailed for at least 15 years or fined around $4,000 (£3,200), or both.

    University student Khadijatu Barrie, whose sister was married off at 14, told the BBC she welcomed the ban but wished it had come in to save her younger sibling.

    “I really wish it had happened earlier. I could have at least saved my sister and my friends and other neighbours,” the 26-year-old gender studies undergraduate said.

    Sierra Leone is a patriarchal society and it is common for a father to give his daughter’s hand in marriage forcibly.

    Ms Barrie faced this prospect aged 10. She resisted it and fled the family home after her father disowned her.

    She was lucky enough to find teachers who paid for her school fees and a sympathetic worker from the UN children’s agency who helped her out with accommodation.

    But she says it is difficult for those who live in rural areas to buck tradition and every community will need to be informed about the new law for it to be effective.

    “If everyone understands what’s there waiting for you in case you do it I’m sure this country will be a better one,” Ms Barrie said.

    The ministry of health estimates that a third of girls are married off before they turn 18, accounting for the country’s high number of maternal deaths – among the highest in the world.

    Those who face punishment under the new rules include the groom, the parents or guardians of the child bride, and even those who attend the wedding.

    Mrs Bio, who has been at the forefront in campaigning against sexual abuse since her husband became president six years ago, wanted the signing of the bill to be a big occasion.

    The first lady told the BBC World Service Newshour programme the bill was a “personal battle” as she was almost a victim of child marriage.

    The marriage didn’t go through because the civil war broke out but the experience has remained with her.

    She said that child marriage was like “taking away a child’s dream and destroy them even before they knew who they are”.

    “Even when I am at the position I am now, I still feel that pain. I still hate my immediate family for trying to do that,” she said.

    The first lady said Sierra Leone suffers from a high birth mortality rate because many of those having children are still teenagers.

    “Most of these girls, their body is not ready,” she said.

    Since MPs passed the legislation a few weeks ago, it has not received much coverage locally.

    At the ceremony, President Bio said that his “motivation and commitment to empowering women and girls is firmly rooted in my personal life journey”.

    His eight-year-old daughter was amongst those who watched him sign the bill.

    The 60-year-old president explained how he had lost his father at an early age and had been brought up by his mother and later his elder sister who “supported and encouraged me to pursue my dreams to the best of my ability”.

    He acknowledged his wife’s commitment to championing women’s rights: “Together, we want to build an empowered Sierra Leone where women are given an even platform to reach their full potential. I have always believed that the future of Sierra Leone is female.”

    Mrs Bio told the BBC she hoped this law would end the cycle of “children who will not be educated, who will not be empowered, who cannot contribute to nation-building”.

    She added that there was no excuse for religious or traditional leaders saying they didn’t know the law as she had campaigned across every inch of Sierra Leone for the past six years.

    Rights activists reacted favourably to the law, calling it a watershed moment.

    On their X page, the US Bureau of African Affairs welcomed the passage of the bill saying the “significant milestone not only protects girls but promotes robust human rights protections”.

  • FGM in The Gambia: Lawmaker tables bill in parliament to lift ban

    A bill aimed at lifting the ban on female genital mutilation (FGM) has been tabled in The Gambia’s parliament by an independent lawmaker.

    It was outlawed in the mainly Muslim nation in 2015 when Yahya Jammeh was president.

    He said it was not required in Islam.

    But influential Muslim clerics have been pushing for the ban to be repealed, while women’s rights activists have vowed to campaign for it to remain in place.

    Mr Jammeh’s 22-year authoritarian rule came to an end in 2016.

    More than three-quarters of Gambian females aged between 15 and 49 have undergone FGM, according to the UN.

    In the procedure’s most severe form, after removing the sensitive clitoris, the genitals are cut and stitched closed so that the woman cannot have or enjoy sex.

    Followers of an outspoken Muslim cleric, Abdoulie Fatty, rallied in support of the bill shortly before it was introduced in parliament on Monday.

    They chanted: “Female circumcision is my religious belief, Gambia is not for sale.”

    Last year, the cleric helped pay the fines of three women who were convicted of carrying out FGM on young girls.

    At the time, The Gambia Supreme Islamic Council, the main body of Muslim clerics in the country, called for the ban to be scrapped.

    There are different views in Islam over the practice, with some leading scholars, like those in Egypt, opposing it.

    The Gambian lawmaker who is championing the bill, Almammeh Gibba, said it sought to “uphold religious purity and safeguard cultural norms and values”, the privately owned Point newspaper reported.

    He said the practice could not be described as mutilation if done properly.

    The head of The Gambia’s Female Lawyers Association, Anna Njie, said that repealing the ban would be a backward step.

    “We have no authority to tell the National Assembly what to do, but we have rights reserved in the constitution to take legal action when certain fundamental rights are violated,” she was quoted by the local Standard newspaper as saying.

    The leader of the majority party in parliament, Billay Tunkara, said it had not yet taken a decision on whether to support the bill.

    “We are taking our time because it is a very sensitive area that doesn’t only have to do with religion or cultural aspect but also human rights and health issues,” he said.

  • La Corea del Sud pensa di bandire la carne di cane dalla tavola

    In Corea del Sud potrebbe presto essere vietato il consumo della carne di cane. Yu Eui Dong, capo politico del Partito del potere popolare (Ppp), prima forza di governo, ha preannunciato la presentazione entro la fine dell’anno di un disegno di legge che metterebbe al bando una delle pratiche più controverse nel Paese asiatico, oggetto di crescenti critiche soprattutto da parte delle fasce più giovani della popolazione. “È tempo di porre fine ai conflitti sociali e alle controversie in merito al consumo di carne di cane attraverso l’attuazione di una legge speciale”, ha spiegato Yu nel corso di un incontro con dirigenti dell’esecutivo e attivisti per i diritti degli animali. L’esponente del Ppp ha precisato di attendersi un ampio consenso intorno al disegno di legge al momento del suo approdo in parlamento. Alla riunione ha partecipato anche il ministro dell’Agricoltura Chung Huang Keun, che ha promesso un’attuazione rapida del divieto e “il massimo impegno” affinché le imprese che si occupano di produzione e commercializzazione di carne di cane chiudano i battenti.

    Il tema è stato sollevato in più circostanze dalla first lady Kim Keon Hee, moglie del presidente Yoon Suk Yeol. I due hanno anche adottato cani randagi. In passato sono già state proposte diverse iniziative legislative per la messa al bando della carne di cane, ma l’iter è sempre stato bloccato dalle proteste di allevatori e proprietari di ristoranti. Il disegno di legge che sarà presentato dal Ppp dovrebbe prevedere un periodo di grazia di tre anni e misure di sostegno alle imprese attive nel settore.

    In Corea del Sud il consumo di carne di cane è meno consueto che in passato. Nel Paese, secondo i dati del governo, sono rimasti 1.600 ristoranti che servono carne di cane, e dell’industria fanno parte anche 1.150 allevamenti, 34 macelli e 219 società di distribuzione. Secondo un sondaggio condotto lo scorso anno da Gallup Korea, il 64 per cento dei cittadini è contrario al consumo di carne di cane e solo l’8% afferma di averne mangiata nel corso dell’ultimo anno, quota in netto calo rispetto al 27% del 2015.

    Il bando della carne di cane dalla tavola dei sudcoreani, peraltro, potrebbe essere solo una parziale buona notizia per i cani. I quali potrebbero essere ancora allevati per essere destinati all’esportazione in Paesi dove non sia vietato mangiarli.

  • L’università e la banda dei quattromila

    Risulta sempre molto difficile individuare la corretta definizione di cultura, in quanto molto spesso questa si può più agevolmente identificare  attraverso l’individuazione di  “comportamenti elevanti” dei singoli più che  da generiche  figure retoriche.

    La cultura, per propria natura, rappresenta un valore aggiunto e fornisce gli strumenti idonei per adottare  comportamenti i quali trascendano dai banali interessi di schieramenti politici ed ideologici. La sua acquisizione, quindi, dovrebbe sempre assicurare il conseguimento dell’obiettivo principale di questo valore, rappresentato dalla possibilità di un confronto umano e dialettico anche tra esponenti con posizione  opposte ed anche estreme.

    Al tempo stesso risulta assai facile accorgersi della sua assenza, basti ricordare la recente follia massimalista  espressa con il  divieto opposto all’esibizione di concertisti ed artisti in quanto nel DNA presentavano una  “russa” colpa,  cioè di rappresentare il paese  di Putin.

    Una scelta anticulturale e contemporaneamente un esempio classico di come in quei momenti la politica si sia dimostrata assolutamente incapace di assicurare anche il minimo flusso culturale garantito dalla stessa performance dell’artista.

    Tuttavia, la peggiore versione dell’anticultura (la negazione di tutti i valori che la cultura invece dovrebbe assicurare) viene ora rappresentata da quel mondo universitario impregnato di ideologia e massimalismo politico il quale chiede di interrompere ogni rapporto culturale e di confronto con le università israeliane.

    In questo contesto andrebbe ricordato ai quattromila (4.000) eruditi docenti universitari come un qualsiasi mondo accademico nazionale non possa venire identificato con l’indirizzo politico dello Stato, sia esso  dislocato tanto in Corea del Nord, Cina.  Israele o Stati Uniti.

    Al contrario, l’università, se veramente democratica, può talvolta venire definita come la rappresentazione,  anche se  parziale, di una variegata cultura contemporanea, ma non certo l’espressione di una realtà politica e governativa  nazionale.

    Questa degradante richiesta si rivela come la classica affermazione di quella anticultura, per di più in ambito accademico, e si conferma come l’antitesi di quel “comportamento elevante”  a cui si faceva riferimento prima. Un comportamento che, proprio grazie alla disponibilità di strumenti culturali, dovrebbe permettere alle persone di elevarsi a latitudini ben superiori rispetto alle terrene contrapposizioni politiche ed ideologiche espresse dalla “banda dei quattromila”.

    Mai come ora questa porzione del mondo accademico si rivela come una  mediocre espressione di quella anticultura nella sua forma più mediocre in quanto questa dimostra di non possedere il livello minimo di strumenti culturali i quali permetterebbero il mantenimento di un canale aperto e praticabile all’interno del quale valorizzare la possibilità di un confronto dialettico rispetto al contesto politico ed  ideologico.

    Il declino di un paese trova le proprie conferme proprio là dove dovrebbe regnare la cultura come valore aggiunto, ed invece si rivela il terreno di conquista di una qualsiasi “banda dei quattromila”.

  • Handguns: Canada proposes complete freeze on ownership

    Canada should introduce a total ban on the buying and selling of all handguns, Prime Minister Justin Trudeau has said.

    His government is proposing a new law that would freeze private ownership of all short-barrelled firearms.

    The legislation would not ban the ownership of handguns outright – but would make it illegal to buy them.

    Mr Trudeau’s proposal comes days after a deadly shooting at a Texas primary school, in the neighbouring US, killed 21 people.

    The bill, which was presented to Canada’s parliament on Monday, makes it impossible to buy, sell, transfer or import handguns anywhere in the country.

    “Other than using firearms for sport shooting and hunting, there is no reason anyone in Canada should need guns in their everyday lives,” Mr Trudeau told reporters.

    “As we see gun violence continue to rise, it is our duty to keep taking action,” he said.

    It marks the most ambitious attempt yet by his government to restrict access to firearms.

    The bill would also require rifle magazines to be reconfigured so they can hold no more than five rounds at a time.

    And it would take away firearms licences from gun owners involved in domestic violence or criminal harassment.

    Unlike in the US, gun ownership is not enshrined in Canada’s constitution, but firearms are still popular, especially in rural parts of the country.

    Canada already has stricter rules on gun ownership than its southern neighbour and records fewer firearm incidents every year.

    For example, all guns must be kept locked and unloaded and anyone wishing to buy a firearm must undergo extensive background checks.

    But there have been calls in recent years to tighten gun legislation there even further, especially following a number of deadly shootings.

    In April 2020, a gunman posing as a police officer killed 22 people during a shooting spree in Nova Scotia – the deadliest in Canada’s history.

    Within days, Mr Trudeau announced an immediate ban on 1,500 different kinds of military-grade and assault-style weapons.

    The new bill would effectively limit the number of legally-owned handguns in Canada to present levels.

  • Covid-19 trasforma la frazione di Quarto in una nuova Berlino

    Nel Piacentino c’è un paesello di 1.400 abitanti, Quarto, che è diviso in tre Comuni. C’è infatti una strada che divide a metà il piccolo centro abitato, da una parte è Comune di Piacenza, dall’altra rientra amministrativamente sotto Gossolengo. Inoltre ci sono alcune cascine a ridosso del paese che fanno parte del Comune di Podenzano. Una situazione certo anomala, che non è mai stata vissuta come un grosso problema, ma che, per il decreto del governo sulle festività, come ha raccontato il quotidiano Libertà, dividerà numerose famiglie.

    “Io – racconta una donna al giornale – vivo nella parte di Gossolengo, i miei fratelli in quella di Piacenza, tra le nostre case, la distanza in linea d’aria è di una cinquantina di metri. Ma essendo in due comuni diversi, quest’anno, non ci troveremo a pranzo per festeggiare insieme il giorno di Natale. Il decreto anti-Coronavirus non lo permette”.

    Di casi come questo, in paese, ce ne sono moltissimi. “Io – racconta un altro residente al giornale piacentino vivo nel comune di Piacenza, mia suocera, invece, abita nella zona di Gossolengo. Nonostante ci divida un solo minuto d’auto, teoricamente il 25 dicembre io e mia moglie non potremmo spostarci per pranzare allo stesso tavolo”. Il sindaco di Gossolengo Andrea Balestrieri ha spiegato che “Stando alle misure del governo, il 25 e 26 dicembre e l’1 gennaio chi vive nella zona piacentina di Quarto non potrà attraversare la strada per ritirare il cibo d’asporto nei bar e nei ristoranti sul lato di Gossolengo. Si rischia una multa”.

    A Quarto c’è una sola parrocchia, che si trova nel comune di Gossolengo. Quindi chi abita nel territorio di Piacenza o di Podenzano non potrà percorrere pochi metri a piedi per andare a messa. “Forse – dice don Francisco Bezerra, parroco del paese – è un piccolo sacrificio per liberarci dalla pandemia”. Il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ha invitato il governo a trovare soluzioni “di buon senso”, che senza smantellare il decreto e rispettando le limitazioni, possano permettere di risolvere questi inconvenienti che si verificano nei piccoli Comuni

  • In attesa di Giustizia: istruzioni per l’uso

    In tempi di epidemia e di legislazione emergenziale all’intempestivo e confuso susseguirsi di interventi normativi hanno fatto il paio altrettanto abborracciate spiegazioni, provenienti anche da addetti ai lavori o presunti tali, su quali comportamenti siano penalmente rilevanti e quali no in termini di spostamento dal proprio luogo di abitazione, sull’impiego della autocertificazione, sulle conseguenze della inosservanza degli obblighi imposti.

    La rete ha, sfortunatamente, amplificato la diffusione di informazioni false, parziali, incomplete sulla scorta di non meno incomplete informazioni offerte dai media o – perlomeno – da gran parte di essi.

    Per i lettori de Il Patto Sociale, se avranno la pazienza di scorrere queste righe, vi è da augurarsi che problemi interpretativi non ve ne saranno.

    E’ opportuno, innanzitutto, considerare che il provvedimento governativo limita la libera circolazione dei cittadini sul territorio, la sconsiglia ma non la vieta totalmente soprattutto se ricorrono determinate condizioni.

    E per essere più chiari: non è proibito e non è tantomeno un reato andare a farsi una passeggiata, da soli o con il proprio cane per fargli espletare i suoi bisogni purchè si rispetti la distanza di un metro con altre persone (poche) che si dovessero incontrare: è solo fermamente sconsigliato.

    E’, viceversa, consentito senza limitazioni recarsi a fare la spesa di alimenti o medicinali, alla posta o in banca per operazioni non diversamente eseguibili e si può approfittare di queste occasioni per limitare la permanenza in casa alleggerendone la comprensibile pressione. In caso di controllo non dovrebbero esservi problemi ad affermare senza autocertificare la natura dello spostamento.

    Altrettanto è consentito recarsi al lavoro utilizzando qualsiasi mezzo: a piedi, in auto, con i trasporti pubblici (se fosse vietato qualsiasi movimento non circolerebbero neppure) evitando di farlo se vi è l’alternativa del cosiddetto smart working. A maggior ragione è giustificata l’uscita da casa per motivi di sottoposizione a terapie, attività diagnostica di qualsiasi tipo, sostegno a parenti prossimi anziani o comunque bisognosi di assistenza.

    Le visite di cortesia, no, le cene organizzate con gli amici nemmeno, la serata con la fidanzata neppure: queste, a mo’ di esempio, sono elusioni della permanenza in casa non giustificabili attraverso l’autocertificazione per la quale i moduli sono disponibili e facilmente scaricabili da internet.

    Ma, direte voi, allora in cosa consiste il reato previsto dall’art. 650 del codice penale di cui si minaccia la contestazione a viandanti, viaggiatori, automobilisti sprovvisti di un motivo valido? E’ il fatto di chi contravviene ad un ordine legittimo dell’Autorità per ragioni – tra l’altro – di pubblica sicurezza o igiene. Tralasciando il cittadino che richiesto cosa faccia fuori casa risponda “due passi e rientro”, al quale non verrebbe contestato nulla, negli altri casi è necessario avere con sé o compilare al momento l’autocertificazione. Si badi bene: qualora quest’ultima non rispondesse a realtà il rischio è – invece – l’imputazione per un reato di falso, molto più grave di quello previsto dall’art. 650.

    In conclusione, se dovete uscire per fare il giro dell’isolato non preoccupatevi di nulla in tutti gli altri casi portate con voi l’autocertificazione già compilata in maniera veritiera e non vi succederà nulla. Le Forze dell’Ordine, peraltro, sembra che stiano operando con rigoroso equilibrio “attenzionando”, come si dice in gergo, soprattutto chi si sposta in auto su direttrici che conducono dentro e fuori i confini cittadini. Detta tutta: con negozi, bar, ristoranti chiusi chi uscirebbe se non per una delle ipotesi – tutte giustificabili – che si sono indicate?

    Ciò detto evitate di ascoltare messaggi vocali e videomessaggi privi di qualità che in questi giorni stanno circolando a cura di taluni co-iscritti al mio medesimo Albo professionale (mi rifiuto di considerarli colleghi) che hanno il solo scopo di provare ad accaparrarsi un po’ di clientela in tempi di magra: di costoro si stanno già interessando i Consigli di Disciplina.

    E se in televisione dovesse ricomparire Davigo e vi dicesse che non esistono immuni al virus ma solo malati che l’hanno fatta franca, non date retta nemmeno a lui (meglio non dargliela mai) perché l’epidemia è una cosa molto seria e va affrontata con la forza di volontà, lo scrupolo e lo spirito di sacrificio che il Popolo Italiano sa mettere in campo in ogni momento di difficoltà.

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