Le Ferrovie russe sono ufficialmente in default, la prima vera insolvenza ‘a tavolino’ cui minacciano di seguire altre società e, fra poche settimane, l’intera Russia. Un precedente importante per capire come si comporteranno i mercati – il default più che da mancanza di fondi è causato dall’esclusione dal ‘sistema circolatorio’ della finanza globale – e che ha ramificazioni anche in Italia, visto che fra i creditori di Russian Railways c’è anche Unicredit, con una linea di credito legata alla sostenibilità da 545 milioni di euro.
Il default, il primo dopo quello, in realtà circoscritto, di fine anni ’90, è ormai quasi dato per certo dopo che alcuni giorni fa l’agenzia S&P Global Rating aveva ufficialmente tagliato il rating a ‘SD’, default selettivo. Anton Siluanov, il ministro delle Finanze di Putin, stamani ha promesso che contro l’insolvenza dello Stato russo “andremo in tribunale, perché abbiamo preso tutte le misure necessarie per garantire che gli investitori ricevano i loro pagamenti”, e ha anticipato che Mosca, dati i tassi ormai proibitivi, rinuncia ad emettere nuovi bond quest’anno. L’insolvenza, più che dalla mancanza di fondi, è causata dall’esclusione di Mosca dalle transazioni in dollari attraverso le banche internazionali, che già nei giorni scorsi aveva intralciato i pagamenti di obbligazioni da parte di Severstal, Chelyabinsk ed EuroChem.
Le sanzioni occidentali, stavolta, hanno bloccato il pagamento di cedole su un bond in franchi svizzeri di Russian Raiways, che sarebbero dovute arrivare ai creditori il 14 marzo: essendo passati i 10 giorni del ‘periodo di grazia’ il Credit Derivatives Determinations Committee ha fatto scattare i contratti di assicurazione dal rischio insolvenza, con la conseguenza che i creditori dovranno mettersi in coda. I credit-default swap, se misurati sul rischio default della Russia, danno ormai il 99% di probabilità. Un alto funzionario europeo conferma che, dato l’inasprimento delle sanzioni occidentali, “l’effetto sarà quasi sicuramente il default: Mosca non sarà in grado di movimentare i suoi fondi”. La procedura vuole che sia trascorso il periodo di grazia (di un mese) dall’insolvenza, il cui innesco sarebbe il pagamento in rubli di 2 miliardi di dollari su eurobond dovuti mercoledì scorso.
Un capitolo della guerra scatenata in Ucraina che finora è stato preso con una punta di scetticismo dai mercati: la Borsa di Mosca chiude in calo (-1,37%) in linea con petrolio (3.5%), gas (-3,6% a 100 euro) e acciaio, ma è già tanto che sia aperta. Il rublo cede a 83,25 sul dollaro, ma è lontano dal crollo di marzo, la Borsa di Milano segna -0,28% in un clima di debolezza delle Borse europee. Unicredit (+1,8%) quasi non si accorge delle notizie da Mosca. Ma la probabile sequenza di default aziendali, con sullo sfondo un default sovrano, senza una svolta avrà un impatto. Lo sta già avendo sul piano economico per un Paese che, secondo la Banca mondiale, quest’anno vedrà una recessione dell’ordine di oltre -11%. La Governatrice della Banca centrale, Elvira Nabiullina, oggi si è affrettata a rassicurare che la Russia ha “sufficienti” riserve in oro e yuan (quelle in dollari ed euro sono in gran parte ‘congelate’ dalla sanzioni) e sarà in grado di tornare a crescere. L’obiettivo è staccarsi progressivamente dalla finanza e dalle riserve in valute occidentali guardando a Est, ma navigare fra le acque di un default, anche se ‘pilotato’ dalle sanzioni, non sarà una passeggiata.