Gastronomia

  • Il turismo italiano riparte dall’enogastronomia

    Il turismo in Italia cammina di pari passo con il cibo, questo è fuori discussione. Qualsiasi turista del mondo viene nel nostro Paese non solo per le bellezze paesaggistiche ma anche per i prodotti enogastronomici di primissima qualità. Basti pensare ad un dato recente: nel 2017 in tutto il mondo sono stati spesi ben 223 milioni di euro nel settore enogastronomico italiano. Un incremento del 70% rispetto a 4 anni fa, dato importantissimo se si pensa che l’aumento della spesa totale per turismo nello stesso periodo è stato sensibilmente inferiore (+18,4%). Riassumendo, un turista su quattro, in Italia, è mosso da interessi enogastronomici (22,3% dei turisti italiani e il 29,9% degli stranieri).

    Questo è il report dell’Osservatorio nazionale del turismo a cura dell’Ufficio studi Enit – Agenzia nazionale del turismo – che ha elaborato un’analisi sul turismo enogastronomico in concomitanza con la terza edizione della settimana della cucina nel Mondo, evento ideato e coordinato dalla direzione generale per la promozione del Sistema paese del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

    Enit ritiene che sono due i fattori dell’offerta enogastronomica italiana che danno valore aggiunto al settore: da una parte il legame radicato con i territori e la valorizzazione delle produzioni locali, dall’altra la capacità di estendere la stagionalità dei flussi turistici durante tutto l’arco dell’anno, anche verso i mercati più distanti.

    In termini di spesa pro-capite, un viaggiatore straniero che nel 2017 ha scelto le destinazioni italiane per una vacanza motivata dalle eccellenze enogastronomiche ha speso, in media, 149,9 euro al giorno. Inferiore il budget medio per le altre tipologie di vacanza: vacanza culturale 128,7 euro, vacanza sportiva 122,9 euro, vacanza in montagna 109,3 euro, vacanza verde/agriturismo 103,9 euro, vacanza al mare 90,2 euro, vacanza al lago 85,2 euro.

    I primi mercati di origine che generano i maggiori introiti per vacanza enogastronomica in Italia sono: Stati Uniti (45,5 milioni di euro), Uk (25,4 milioni), Austria (18,7), Svizzera (17), Francia (16,5), Canada (11,6), Brasile (11,5), Germania (10), Danimarca (8,1), Belgio (7,2).

    In termini di quota percentuale, l’incidenza di ognuno dei primi dieci Paesi è la seguente: Usa 20,4% (un quinto), Regno Unito 11,4%, Austria 8,4%, Svizzera 7,6%, Francia 7,4%, Canada 5,2%, Brasile 5,1%, Germania 4,5%, Danimarca 3,6%, Belgio 3,2%.

    A trarne beneficio è anche tutto il settore degli hotel e delle case vacanza. I pernottamenti generati nel 2017 dalle vacanze enogastronomiche sono stati 1,5 milioni, cresciuti del 50% nell’ultimo quinquennio.

    Il report di Enit prende anche in esame l’offerta enogastronomica italiana, mettendo in evidenza che l’Italia è il Paese dell’Unione europea con più riconoscimenti di prodotti alimentari Dop (Denominazione d’origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta) nel settore food. Con 293 riconoscimenti (la crescita dal 2007 al 2010 è del 35 per cento) l’Italia si posiziona prima della Francia (245) e della Spagna (190). Insieme, i tre Paesi concentrano il 54% di prodotti Dop e Igp registrati dall’Unione europea.

    L’ultima parte del Rapporto dell’Osservatorio nazionale del turismo si concentra sull’agriturismo, che risulta un settore in sensibile sviluppo. Le aziende che operano nel comparto, infatti, sono oltre 23mila (2017), con un incremento del 3,3% in un solo anno.

    Le imprese autorizzate nell’esercizio di altre attività agrituristiche (equitazione, escursionismo, osservazioni naturalistiche, trekking, mountain bike, fattorie didattiche, corsi, sport) hanno fatto registrare un incremento del 4,3% nel 2017 rispetto all’anno precedente.

    Mentre in 1.547 agriturismi (+3,3% sul 2016, 12% del totale) viene svolta l’attività di fattoria didattica, nell’ottica di aiutare i turisti a scoprire le dinamiche della vita quotidiana delle fattorie, contribuendo alla preservazione del territorio e alla diffusione delle proprie eccellenze.

  • Toghe&Teglie: i cantucci

    Ben trovati, lettori de Il Patto Sociale! Sono Simone Valenti, avvocato fiorentino del Gruppo ‘Toghe & Teglie’ al suo esordio, con una certa emozione, su queste colonne: nei giorni scorsi ho festeggiato il mio compleanno e per l’occasione ho preparato – tra l’altro –  i cantucci, un classico fine pasto toscano da accompagnare al vin santo, apprezzato un po’ dappertutto.

    I miei amici del Gruppo si sono incuriositi, ingolositi, e mi hanno chiesto come li preparo: l’ho fatto ed ho pensato di condividere la ricetta anche con gli appassionati di cucina che seguono questa rubrica.

    Preparazione più facile di quanto si immagini, come vedrete: le dosi che indico sono quelle per realizzare più teglie di cantucci come mostra la foto…tranquilli anche se sembrano tanti, se non prendono umidità che li faccia rammollire possono essere conservati abbastanza a lungo.

    Dunque, servono: 690 gr. di zucchero +150 gr di zucchero cristallino (se non lo avete usate pure lo zucchero normale), 45 gr. di latte in polvere (quello che si usa per i bambini va benissimo), 75 gr. di burro, 6 uova intere e 4 tuorli, 450 gr. di mandorle, 450 gr. di cioccolato fondente, 1,5 kg di farina “0”, 6 gr. di bicarbonato di ammonio, un pizzico di sale.

    Il procedimento, poi, come detto è semplice: nella planetaria impastate prima il burro con lo zucchero e il latte in polvere, poi aggiungete, le uova intere e i tuorli.

    Quando questi primi ingredienti saranno ben amalgamati nell’impasto, aggiungete mandorle e cioccolato tagliato a pezzi grossolani ma di dimensioni contenute e mescolate ancora un po’ per dare omogeneità.

    In ultimo aggiungete il bicarbonato di ammonio e la farina e mescolate nuovamente. L’impasto così ottenuto si divide in pezzi da circa 250 grammi con cui si andranno a formare dei rotolini: questi ultimi richiedono di essere spennellati con l’uovo (tenetene da parte un po’ alla bisogna) e messi in forno per circa 20 minuti a 190 gradi.

    Una volta cotti i rotolini si tagliano per obliquo in modo da dare ai biscotti la classica forma dei cantucci: lasciateli raffreddare, procuratevi un eccellente vin santo – tipo il Baciamano – ma anche un passito come il Picolit o il Recioto possono andar bene, per quanto non siano toscani…e godetevi il tutto, sorseggiando, imbevendo i cantucci e assaporandoli come meritano.

    Buon fine cena, con i cantucci home made e alla prossima!

  • Toghe&Teglie: gamberi presidenziali

    Buongiorno a tutti i lettori de Il Patto Sociale, sono Roberto Trinchero, avvocato penalista torinese detto “Il Presidente” per la mia carica alla Camera Penale del Piemonte e Valle d’Aosta.

    Specializzato, da buon sabaudo, in risotti esordisco su queste colonne con una preparazione decisamente più estiva, non mia originale nonostante il titolo assegnato dalla redazione, ma che potrà essere apprezzata anche per la facilità di preparazione: una di quelle che siamo – magari – abituati a gustare al ristorante pensando che siano complesse e invece no…come sempre il segreto risiede nella qualità degli ingredienti.

    Parliamo dei gamberi al sale che possono essere proposti come antipasto o in accompagnamento a una frittura di calamari.

    A seconda delle dimensioni e dell’utilizzo, procuratevene quattro/sei a porzione lavateli, asciugateli e posateli su una teglia ricoperta da uno strato di sale grosso alto circa un dito in cui avrete mescolato del prezzemolo tritato, scorza di limone grattugiato e – se piace – anche dell’erba cipollina.

    Prestate attenzione a che i gamberi siano adagiati uno di fianco all’altro e non vadano a sovrapporsi il che comprometterebbe la uniformità della cottura.

    Ricoprite il tutto totalmente di altro sale grosso e pressatelo, anche in questo caso badando a che si distribuisca uniformemente sui gamberi così da assicurare la formazione di una crosticina che, a cottura ultimata, andrà ovviamente rimossa prima dell’impiattamento.

    A questo punto siete pronti per una agevole cottura in forno preriscaldato a 180/200 gradi per una ventina di minuti. Occhio al tempo perché il pesce troppo cotto diventa stopposo.

    Se previsti come entreè possono essere accompagnati da un’insalatina verde e, ovviamente, un bianco fermo e ghiacciato. Il servizio non è completo se non verrà prevista una ciotola con della salsina a base di  olio evo, limone, prezzemolo e uno spicchio di aglio.

    Bon appetit!

  • Toghe&Teglie: gli spaghetti alla crema

    Buongiorno a tutti i lettori, sono Maurizio Condipodero, avvocato reggino soprannominato “L’Unitario” per la mia pregressa appartenenza ad una disciolta associazione di categoria e tuttora orgogliosamente membro di Toghe&Teglie. Al mio esordio in questa rubrica voglio proporvi un piatto rustico, molto saporito, non leggerissimo come quasi nessuna delle preparazioni della mia terra di origine: quando parliamo di crema, infatti, il riferimento è a quella di cozze…

    Procuratevi, regolandovi un po’ a occhio sulla quantità in ragione delle porzioni, questi saporiti frutti di mare e cucinateli  in una padella  con aglio, olio, prezzemolo e mezzo bicchiere di vino bianco, aggiungendo un po’ d’acqua.

    A parte soffriggete, sempre in aglio e olio, una patata, tagliata a piccoli pezzi, aggiungendo un po’ dell’acqua delle cozze.

    In una padella di dimensioni maggiori che servirà per “risottare” la pasta preparate un terzo soffritto sempre impiegando olio, aglio, prezzemolo ed anche un pizzico di peperoncino.

    Dopo aver completato tutte queste operazioni mettete a bollire l’acqua della pasta (possono utilizzarsi degli spaghetti ma anche linguine o scialatielli vanno benissimo) e nel frattempo frullate le cozze insieme alla patata e la loro acqua facendo attenzione a non impiegarne troppa anche perché una parte vi servirà in seguito; si formerà, così una crema.

    Scolate la pasta molto al dente  e completate cottura nel soffritto di aglio olio e peperoncino aggiungendo l’acqua residua delle cozze e – qualora serva – un po’ di quella in cui l’avete bollita.

    Poco prima del termine della cottura spegnete il fuoco, aggiungete la crema e mantecate il tutto completando la preparazione.

    Al servizio, se gradita, potete aggiungere anche un po’di bottarga.

    Fatemi sapere se vi è piaciuta…e quanti giorni siete dovuti restare in quarantena a causa dell’aglio anche se potrete ridurne l’impiego secondo la preferenza personale: questa è pur sempre una ricetta per palati forti!

    Un caro saluto dall’“Unitario”.

  • Toghe&Teglie: sua maestà la cassoela

    Oh, Signur, Signur…questo esordio non me lo aspettavo proprio! Sono Fabio Belloni, detto “Il Belùn”, avvocato penalista milanese del Gruppo Toghe&Teglie: mi presento a voi con una ricetta tipica del mio territorio che – visto il meteo e le temperature – può ancora andar bene: la cassoela. Diversamente, tenete da parte la ricetta per la prossima stagione fredda.

    La parte più complessa di questo piatto, paradossalmente, è la spesa: di base occorrono alcune costine, salamini da verze e cotenne; nella preparazione si possono inserire con gran vantaggio anche piedini, orecchie, pezzi di musetto, oltre – naturalmente – delle verze.  Avrete già capito che la scelta del fornitore non è banale.

    Una volta procuratisi l’occorrente, raschiare e nettare bene la carne, e tagliare a strisce e pezzi ove occorrente. Sbollentare le parti più grasse per alcuni minuti (presso alcuni macellai l’operazione è fatta a monte), onde diminuire l’unto che potrebbe essere poi eccessivo.

    Preparare indi un soffritto di sedano, cipolla e carota, cui aggiungere le carni. Dopo una prima rosolatura, bagnare con un goccio di vino (o gocce di grappa) e con fiamma al minimo cuocere per un 45 minuti. Aggiungere durante la cottura delle foglie di verza a strisce (togliere le coste e, se si preferisce sbollentare prima, ma non è strettamente necessario).

    Per ultimi aggiungere i salamini. Nella cottura finale bagnare il tutto con brodo di carne, mantenendo ben umido il composto e, quindi, regolandosi “a occhio”.

    Ovviamente qualche aroma aiuta: si spazia tra un paio di foglie di salvia, una di alloro e magari un paio di bacche di ginepro, ma ci sta anche un pizzico di cumino. Qualcuno usa anche zafferano. L’essenziale è comunque una lunga ed amorevole cottura. I risultati migliori si ottengono con verze che hanno preso il gelo.

    Se nella cottura dovesse affiorare grasso in eccesso, già che il piatto non è leggerissimo, deve essere eliminato con una schiumarola.

    Quando la carne tende a staccarsi dalle ossa e le cotenne e le altre parti grasse acquisiscono una loro scioglievolezza voluttuosa, il piatto è pronto.

    A lato ci starebbe un cucchiaiata di polenta (magari di Storo) e non dimenticatevi di accompagnare la cassoela con una bonarda Oltrepò Pavese o, ancor meglio sebbene possa sembrare strano, con un ottimo champagne con adeguata frazione di pinot noir.

    Per favore, non fate il mio nome al vostro dietologo e…buon appetito!

  • Toghe&Teglie: pennette della Girgentana

    Ohh!!! Che emozione, cari lettori: sono Rossella Perricone, avvocato agrigentino (perciò soprannominata La Girgentana) del Gruppo T&T al suo esordio nella rubrica settimanale che “Il Patto Sociale” ospita.

    La preparazione che vi suggerisco è una mia specialità ed è un primo piatto semplicissimo da realizzare.

    Queste le dosi per il  condimento e porzioni per quattro persone di buon appetito (la quantità della pasta la lascio a voi):

    1) mezza cipolla di Tropea

    2) 500 gr. di fave

    3) 250 gr. di pancetta affumicata

    4) 200 gr. di ricotta

    5) uno spicchio d’aglio

    Mettete le fave con l’aglio in una pentola e fatele cuocere in acqua a fuoco lentissimo. Appena cotte passatele a setaccio realizzando una purea.

    In padella, nel frattempo, fate soffriggere in poco olio di extravergine di oliva della cipolla finemente tritata, e appena imbiondita aggiungere la pancetta affumicata facendola rosolare; potete aggiungere, se piace, una spolverata leggera di noce moscata e cannella.

    Scolate la pasta bene al dente, passatela in padella a fiamma bassa con la pancetta e aggiungete la crema di fave mantecando con del parmigiano; se necessario allungate con  un poco di acqua di cottura che avrete tenuto da parte. A fuoco spento l’ultimo “trattamento” è con una macinata di pepe profumato e della ricotta di pecora grattugiata.

    Se si preferisce un sapore più forte basta raddoppiare la dose d’aglio e la quantità di pancetta.

    Anche se Pasqua sarà passata quando mi leggerete, auguri e…buon appetito!

  • Toghe&Teglie: baccalà in crema

    Buongiorno a tutti i lettori, sono Giuseppe Campanelli, avvocato penalista romano soprannominato, nel Gruppo Toghe & Teglie “Il Supremo”: non per le mie competenze culinarie, quanto per la frequenza assidua in Corte di Cassazione.

    Riconoscendomi limiti di capacità nell’impiattamento, come si può notare dalla foto, esordisco – con una certa emozione – in questa rubrica con un piatto di facile e veloce preparazione che coniuga il gusto con una relativa leggerezza…certo, la besciamella non è raccomandatissima nelle diete ipocaloriche ma un po’ di condimento ci vuole e, soprattutto, questa preparazione è “in crema”.

    Procuratevi degli spinaci e sbollentateli  in poca acqua leggermente salata.  Nel frattempo avrete preparato  una besciamella un po’ liquida: alla peggio procuratevi quella già pronta e – nel caso – diluitela con poco latte.

    A parte avrete tagliato dei filetti di baccalà a pezzetti non troppo grandi e non troppo alti e sbollentate leggermente anche questi.

    Predisposti tutti gli ingredienti, mettete in una pirofila una base di besciamella ed alternare baccalà e foglie di spinaci tagliate grossolanamente, ricoprendo poi il tutto con altra besciamella ed, infine, spolverate con pan grattato e parmigiano.

    Infornate a 160 gradi per 25/30 minuti in rapporto a potenza del forno e quantità e sarete pronti per andare a tavola con una preparazione che può fungere da piatto unico o da secondo perché, come dice l’Accademico Giuseppe Barreca: “Il baccalà è come il grigio, sta bene con tutto”.

    Buon appetito e a presto!

  • Toghe&Teglie: la toma “home made”

    Uh, che emozione cari lettori de Il Patto Sociale! Questo è il mio esordio nella rubrica settimanale di ricette che – mi dicono – è molto seguita; sono Barbara Lettieri “Savoiarda”, avvocato penalista di Cuneo del Gruppo Toghe&Teglie: i miei amici sono rimasti molto colpiti dalla preparazione che oggi propongo perché, è vero, farsi il formaggio in casa non è proprio esperienza comune ma – si sa – noi piemontesi con vino e formaggi abbiamo una certa familiarità…altro che i  francesi!

    Bene, si tratta di un’operazione molto semplice, come vedrete: è tutta questione di ingredienti. Il meno facile da trovare (ma è preferibile perché caglia meglio) è il latte intero proveniente direttamente dalle fattorie e che si trova più facilmente in appositi distributori nei loro punti vendita. Magari, in una grande città l’acquisto diventa più complicato e, allora, accontentatevi di un latte intero di alta qualità.

    Procuratevene, dunque, un paio di litri, 2 litri di latte intero e scaldatelo portandolo a 37 gradi – servirà, quindi, un termometro da cucina – e, tolto dal fuoco, versate due cucchiaini di caglio direttamente nel contenitore usato mescolando con un cucchiaio di legno per rendere omogeno il preparato.

    Lasciate riposare il tutto per una ventina di minuti con un coperchio.

    Trascorso il tempo, senza togliere dal contenitore, aggiungete del sale, tagliate il composto a fette e lasciate riposare per altri 20 minuti circa.  Dopodiché con una frusta rompete la cagliata e traferitela  in uno stampo o in più stampini.

    Lasciate scolare, poi trasferite in frigo per qualche ora ed è fatta! Il vostro formaggio fatto in casa è pronto per essere gustato, magari accompagnandolo con una apposita mamellatina e un calice di buon vino.

    A presto!

  • Toghe&Teglie: tagliolini alle lenticchie, fiammiferi di arancia e speck

    Cari lettori,

    sono Massimo Schirò, mi conoscete già come il “Serial Griller” di Toghe & Teglie: su questo numero vi propongo una ricetta che parte da un’idea dello chef Giancarlo Morelli (una stella Michelin…. provatelo se vi capita) che, in una domenica di gennaio, con esercizio di cambusa (cioè con quel che il frigo offriva) ho rielaborato.

    È una preparazione un po’ lunga che gioca sui contrasti di colore, di profumo e di sapore.

    Questi gli ingredienti per la pasta:

    200 gr. di lenticchie piccole (meglio se di Norcia), 350 gr. di farina 00, 6 uova, un pizzico di sale e un cucchiaio di olio.

    Frullate le lenticchie fino a polverizzarle, inserite la farina e mixate il tutto.

    Mettete, poi,  il composto ottenuto  “a fontana” su una spianatoia, aggiungete le uova, il sale e l’olio ed impastate.

    Quanto avrete ottenuto un prodotto omogeneo avvolgetelo in una pellicola e lasciatelo riposare almeno un’ora in frigo.

    Tirate la pasta con un mattarello e passatela alla apposita macchina con la trafila dei tagliolini.

    Se l’impasto risultasse duro bagnatevi le mani e trattatelo prima di trafilarlo: vedrete che si ammorbidirà.

    Per la preparazione del condimento:

    parmigiano (o grana padano) giovane, grattuggiato in abbondanza , latte intero q.b.

    Ponete il formaggio in una casseruola e bagnatelo con il latte (deve essere appena bagnato non annegato), dopodichè fatelo andare a fuoco lentissimo sino a 80 gradi e non oltre mescolando con una frusta fino ad ottenere una crema omogena. Tenete in caldo.

    Terminiamo con la guarnizione per cui servono:

    un’arancia, un pizzico di zucchero, del culatello (o anche speck) tagliato a striscioline.

    Tagliate la buccia dell’arancia avendo cura di eliminare la parte interna bianca e mettetela in acqua bollente e poi mettetela in un pentolino con altra acqua e il succo dell’arancia medesima, facendo ridurre lo sciroppo così ottenuto del 50% (non di più se no seccano).

    Gran finale con l’impiattamento:

    su piatto scuro mettere in centro un cucchiaio abbondante della crema di formaggio tiepida e, con qualche colpo del cucchiaio, fatelo spandere.

    Fate un nido con le tagliatelle (che nel frattempo  avrete cotto e scolato al dente) e guarnite con la buccia dell’arancia (2/3 “fiammiferi” a porzione, non di più, perché l’aroma è importante) e il culatello.

    Ok…lo ammetto…. ci avrete messo un po’ ma vedrete che figurone!

    A presto!

  • Toghe&Teglie: pollo all’arancia “Princesse Grace”

    Ciao a tutti, amici del Patto Sociale, sono Roberta Succi, avvocato milanese nota come “Princess Grace”, nomignolo che quei bricconi del Gruppo ‘Toghe e Teglie’ mi hanno attribuito.

    Questa settimana, in corrispondenza con il mio esordio nella rubrica, vi propongo una ricetta gustosa e particolare, frutto di una mia rielaborazione: il pollo all’arancia e mais che può risultare più appetibile dell’anatra all’arancia il cui sapore più intenso non è a tutti gradito.

    Le dosi indicate nella preparazione sono per 4 persone.

    Iniziate facendo sciogliere 80 grammi di burro in una casseruola insieme a mezza cipolla bianca tagliata molto fine e aggiungetevi delle sovracosce di pollo oppure dei petti (2 o 3 a persona) e fatele dorare a fuoco moderato.

    Intanto, emulsionate una confezione di pomodori pelati con il succo di tre arance, il contenuto di una scatola piccola di mais, sale e pepe q.b.

    Quando, il pollo sarà sufficientemente dorato, aggiungete l’intingolo di pomodoro così preparato e fate proseguire la cottura sempre a fuoco lento per circa un’ora ma non di più, badando che non asciughi troppo: se necessario, diluite usando brodo di pollo.

    Trascorso il tempo indicato, mettete tre quarti di sugo in una pirofila precedentemente imburrata, poi il pollo e coprite con il sugo rimasto; infornate quindi a 180 gradi per 30 minuti circa… et voilà, pronti per andare a tavola.

    Buon appetito a tutti!

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