ghiaccio

  • Groenlandia mai così calda negli ultimi mille anni

    Il riscaldamento globale sta facendo sentire i suoi effetti sulla Groenlandia, dove da un millennio non si rilevavano temperature elevate come quelle registrate recentemente, e costituisce una seria minaccia per il 40% dei vertebrati che vivono sulla terraferma. Lo indicano due ricerche indipendenti pubblicate nello stesso numero della rivista Nature.

    A seguire l’andamento della temperatura in Groenlandia negli ultimi mille anni è la ricerca condotta dall’Istituto tedesco Alfred-Wegener, dalla quale emerge che nell’ultimo periodo considerato, che va dal 2001 al 2011, la temperatura media è stata più alta di 1,5 gradi rispetto a quella degli ultimi mille anni.

    Guidati da Maria Hörhold, i ricercatori hanno analizzato le carote di ghiaccio prelevate nelle regioni più interne della Groenlandia, senza precedenti per lunghezza e qualità.  Hanno raccolto così dati preziosi, che hanno permesso di ricostruire la storia climatica dell’isola dall’anno 1000 fino al 2011 e che hanno dimostrato come il riscaldamento globale abbia ormai raggiunto anche il cuore dell’isola: “Questi dati – ha detto Hörhold – mostrano che il riscaldamento dal 2001 al 2011 differisce nettamente dalle variazioni naturali degli ultimi mille anni”. Risultati che hanno sorpreso i ricercatori, che non si aspettavano una differenza di temperatura così evidente rispetto al passato anche nelle zone più interne della Groenlandia.  La seconda ricerca, condotta dall’Università dell’Arizona a Tucson, mette l’accento su un altro aspetto del riscaldamento globale, ossia sulle ondate di calore: questi fenomeni, che consistono in periodi di almeno sei giorni consecutivi con temperature molto superiori alla media locale del periodo, stanno diventando sempre più frequenti. Guidati da Gopal Murali, i ricercatori stimano che questi fenomeni estremi, potranno avere gravi ripercussioni sui vertebrati che vivono sulla terraferma, fino a mettere a rischio la sopravvivenza del 40% di essi entro il 2099.

    Sperimentate in Italia, soprattutto nel 2022 così come in India e Pakistan con temperature sopra i 50 gradi o in Gran Bretagna dove si sono superati i 40 gradi a luglio, le ondate di calore sono fenomeni strettamente connessi alla crisi climatica e i loro effetti sul mondo animale sono stati finora poco studiati. La ricerca dell’Università dell’Arizona è fra le prime a misurare il livello di stress indotto nella fauna selvatica dai periodi di caldo eccezionale, rilevano che uno degli effetti principali porta a un calo della riproduzione, e di conseguenza delle popolazioni.

    Prendendo a riferimento tre possibili scenari climatici (uno in cui il riscaldamento globale si attesterà nel 2099 a 4,4 gradi rispetto ai livelli preindustriali, uno a 3,6 e infine l’ultimo a 1,8 gradi) i ricercatori hanno stimato che nel primo scenario a soffrire di forte stress sarà il 41% dei vertebrati, il 29% nel secondo scenario e il 6% nell’ultimo. Ad essere a maggior rischio, considerando il primo scenario, saranno anfibi (il 55%) e rettili (51%) mentre a soffrire meno saranno mammiferi (31%) e uccelli (26%).

  • Il ghiaccio più antico delle Alpi sarà messo al sicuro in Antartide

    Sarà l’Antartide la ‘cassaforte’ dove verrà messo al sicuro il ghiaccio più antico delle Alpi, il cui studio aiuterà a prevedere il futuro del clima. E’ l’obiettivo finale della missione ‘Ice Memory’, condotta con successo sul Monte Rosa, dove un team italo-svizzero di scienziati, lavorando per 5 giorni, a 4.500 metri di quota sul ghiacciaio Gorner – il secondo più esteso dell’arco alpino, 40 chilometri quadrati – ha prelevato due carote di ghiaccio superficiali, e due profonde oltre 82 metri. Nel segmento più vicino alla roccia, il campione potrebbe contenere informazioni sul clima fino a 10mila anni fa. Il campo di ricerca è stato il Colle Gnifetti. Se le analisi lo confermeranno, significherebbe che in Antartide sarà conservato il ghiaccio più antico dell’arco alpino. Si tratta di un progetto congiunto tra CNR, Università Ca’ Foscari Venezia, Università Grenoble Alpes, Università, Istituto nazionale francese per le ricerche sullo sviluppo sostenibile (Ird), Istituto polare francese (Ipev) e Programma nazionale per le ricerche in Antartide (Pnra) per quanto riguarda le attività alla stazione Concordia in Antartide  Lo scopo è quello di creare in Antartide una ‘biblioteca’ dei ghiacci: un archivio di campioni provenienti dai ghiacciai attualmente in pericolo di ridursi o scomparire.

    “La spedizione è stata un successo: il team ha estratto due carote di ghiaccio profonde oltre 80 metri da un sito importantissimo perché mantiene le informazioni del clima e dell’ambiente degli ultimi 10mila anni. – afferma Carlo Barbante, direttore Cnr-Isp e professore a Ca’ Foscari -. Il team ha lavorato bene nonostante le condizioni molto dure, con giorni di vento forte e neve. Ora questo prezioso archivio della storia climatica delle Alpi potrà essere conservato per il futuro”.  E’ questa la terza missione di Ice Memory, dopo quella del 2016 sul Monte Bianco e del 2020 sul Grand Combin. Altre spedizioni internazionali hanno permesso di mettere al sicuro gli archivi dei ghiacciai Illimani (Bolivia), Belukha e Elbrus (Russia).

    Per tutta la durata della missione, gli scienziati hanno alloggiato a Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa, edificato su una vetta rocciosa 128 anni fa proprio per contribuire alla ricerca scientifica, nella fisiologia prima, e poi della climatologia e delle scienze ambientali. Grazie al supporto di Rifugi Monterosa al progetto, Capanna Margherita è stata aperta appositamente per ospitare gli scienziati. Riaprirà dalla seconda metà di giugno per accogliere gli alpinisti.

  • 600 miliardi di tonnellate di ghiaccio sciolti in Groenlandia alzano gli oceani di 2,2 millimetri

    La Groenlandia ha perso 600 miliardi di tonnellate di ghiaccio, provocando un innalzamento del livello del mare di circa 2,2 millimetri. Lo sostiene una ricerca, pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters,  condotta dagli scienziati responsabili della missione spaziale nota come Grace-FO, cha ha visto la collaborazione di Stati Uniti e Germania. “La missione Grace-FO si avvale di due satelliti in orbita attorno alla Terra, che hanno lo scopo di rilevare i segnali di una variazione nella massa del pianeta”, spiega Isabella Velicogna dell’Università della California a Irvine. “FO sta per ‘follow on’, dato che il progetto nasce come seguito di una missione che ha interessato il periodo dal 2002 al 2017”, prosegue la ricercatrice, spiegando che la difficoltà nell’analisi dei dati è dipesa in parte dal vuoto di informazioni relativo ai sette mesi antecedenti la messa in funzione di Grace-FO, e in parte allo strumento integrato nei satelliti, poco performante rispetto alle aspettative. “Stiamo però lavorando bene. Grace ci offre un modo unico per osservare i cambiamenti delle calotte glaciali”, dichiara ancora Velicogna, aggiungendo che nel periodo coperto dalle due missioni la Groenlandia ha perso circa 4.550 miliardi di tonnellate di ghiaccio, con una media di 268 miliardi di tonnellate ogni anno. “In Antartide, invece, stiamo assistendo a una perdita annuale di circa 100 tonnellate, ma i dati riguardanti la calotta sud sono meno precisi e sarà necessario lavorare per migliorarne l’accuratezza”, aggiunge Andrew Shepherd dell’Università di Leeds, nel Regno Unito. “Grace è il primo progetto che mira a integrare i dati provenienti da diverse missioni, e anche se le misurazioni non sono perfette, c’è margine di miglioramento, ed è proprio ciò di cui abbiamo bisogno per monitorare i cambiamenti del nostro pianeta”, commenta il ricercatore.

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