Censura e libertà di stampa saranno sempre in lotta fra loro. La censura
la esige ed esercita il potente, la libertà di stampa la reclama l’inferiore.
Johann Wolfgang Goethe, Massime e riflessioni, 1833 (postumo)
Due settimane fa l’autore di queste righe informava il nostro lettore di quello che prevedevano sia la Costituzione che il famigerato articolo 55 del Codice penale durante la spietata dittatura comunista in Albania (1945 – 1991). In quel articolo si sanciva che “L’agitazione e la propaganda fascista, antidemocratica, religiosa, guerrafondaia, antisocialista, così come la distribuzione, oppure la conservazione per la distribuzione della letteratura con un contenuto tale [capace] d’indebolire oppure di minare lo Stato della dittatura del proletariato, si condanna con la privazione della libertà da 3 a 10 anni. Le stesse opere, nel caso siano state attuate in tempo di guerra, oppure abbiano causato delle conseguenze estremamente pesanti, si condannano con la privazione della libertà con non meno di 10 anni, o con la morte”.
Il nostro lettore, due settimane fa, è stato altresì informato che il 25 luglio scorso è stata presentata la bozza del nuovo Codice penale. L’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore: “…Tra i tanti emendamenti presentati, alcuni meritano veramente tutta l’attenzione dell’opinione pubblica, delle cancellerie europee e delle istituzioni internazionali, comprese quelle dell’Unione europea, visto che l’Albania è un Paese candidato all’adesione […]. Si tratta di una “copia” camuffata del sopracitato articolo 55. La nuova proposta prevede condanne fino a 3 anni per la “profanazione” del Presidente, del Parlamento, del Consiglio dei ministri ecc…[…]. Ma tutti sono concordi sul fatto che con questo articolo si cerca di difendere il primo ministro dalle tante, innumerevoli, continue e ben meritate accuse, critiche, ridicolizzazioni e ben altro”. (Ritorno ai metodi censoriali del regime comunista; 5 agosto 2025).
Solo quindici giorni dopo la sopracitata presentazione della bozza del nuovo Codice penale, un atto abusivo ha attirato l’attenzione pubblica in Albania. Alle ore 7:36 di sabato, 9 agosto scorso, è stato bloccato il segnale di un’importante televisione informativa. Parte integrante di un noto gruppo mediatico, la televisione, costituita nel 2002, è stata la prima rete televisiva in Albania che trasmette ininterrottamente le notizie, sia quelle locali che internazionali. Si tratta, fatti accaduti e documentati alla mano, di un atto abusivo e vendicativo del regime del primo ministro contro un media che non “ubbidiva” più ai suoi ordini.
Bisogna sottolineare, sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente noti alla mano, che alcuni proprietari dei più influenti e diffusi gruppi mediatici in Albania sono anche degli “amici” del primo ministro. E lui, in cambio, valuta questa “amicizia”. Lo ha fatto anche come il presidente del Comitato degli Investimenti Strategici. L’ultima sua “beneficenza” è stata fatta alla dirigente di un noto e potente gruppo mediatico, il 10 aprile scorso. Durante una seduta del Comitato degli Investimenti Strategici lei è stata dichiarata “Investitore strategico” ed ha ottenuto una licenza per costruire in una ambita area della capitale. E come lei, in precedenza, hanno “beneficiato” anche altri proprietari di noti gruppi mediatici.
Ma simili “amicizie” non durano a lungo, soprattutto se non ci sono più degli “interessi reciproci” da condividere. Lo conferma il caso del proprietario del gruppo mediatico attaccato il 9 agosto scorso. Ovviamente, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, lui non è uno stinco di santo, anzi! Ragion per cui lui è stato anche “amico” del primo ministro. Lo dicevano i saggi latini: Similes cum similibus congregantur. Ma il proprietario del gruppo mediatico malauguratamente è stato “amico” anche del sindaco della capitale, in carcere ormai dal 10 febbraio scorso. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di quell’incarcerazione e delle ragioni per cui è stata voluta, ordinata ed eseguita. Il primo ministro, come ha fatto ormai anche con altri suoi “collaboratori”, lo ha usato e poi lo buttato via come scorza di limone spremuto. L’ingannatrice messinscena del primo ministro è durata solo alcuni giorni dopo l’arresto del sindaco.
Sembrerebbe però che il proprietario del gruppo mediatico sopracitato avesse continuato l’amicizia ed il supporto, anche mediatico, con il sindaco della capitale, ormai in prigione. Chissà perché?! Le cattive lingue parlano però di interessi comuni legati ad investimenti nel campo dell’edilizia e non solo. Nel frattempo la televisione chiusa abusivamente il 9 agosto scorso, stava trasmettendo delle notizie non gradite al primo ministro. Alcuni giornalisti del gruppo mediatico stavano pubblicando dei fatti e dati che coinvolgevano direttamente il primo ministro e/o alcuni suoi stretti famigliari in alcuni scandali corruttivi ed abusivi milionari. Scandali sui quali le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia hanno steso un velo pietoso, nonostante presso quelle istituzioni siano state depositate, da anni ormai, delle denunce molto dettagliate.
Dalle prime ore di sabato, 9 agosto scorso, decine di poliziotti hanno circondato i due edifici della televisione, parte del gruppo mediatico abusivamente aggredito. Nel frattempo era stato interrotto anche la fornitura di energia elettrica. Alle ore 7:36 del 9 agosto la televisione non trasmetteva più. Secondo le autorità si tratta di un contenzioso tra il ministero dell’Economia, Cultura ed Innovazione ed il gruppo mediatico, che riguarda i contratti d’affitto e altri atti procedurali. Ma, documenti alla mano, i rappresentanti dei gruppo mediatico dimostrano che il contenzioso riguarda solo uno dei due edifici bloccati da decine di poliziotti armati. I rappresentanti della polizia di Stato non hanno però dimostrato i necessari documenti sui quali si basava quell’operazione. In più sono stati violati anche i limiti di tempo, previsti dalla legge, supponendo che esisteva la pretesa base legale. Ragion per cui diventa normale e naturale pregiudicare la chiusura del segnale della ben nota televisione che trasmetteva, 24 ore su 24, notizie sia dall’Albania che da tutto il mondo.
Nei giorni succesivi in quegli edifici sequestrati sono entrati, in palese violazione delle procedure legali, anche forze della polizia militare, nonché dei camion che hanno caricato e portato via tutti i documenti, i computer ed altri materiali dei giornalisti della televisione e del gruppo mediatico. Bisogna sottolineare che alcuni di quei giornalisti stavano indagando sugli abusi e gli scandali che coinvolgevano personalmente il primo ministro e alcuni suoi stretti collaboratori e famigliari. Le cattive lingue dicono che questa è anche la ragione del “sequestro” dei due edifici.
La scorsa settimana è stato reso noto un rapporto del Dipartimento di Stato statunitense in cui si trattava anche la libertà d’espressione. Il capitolo sull’Albania del rapporto era realistico e molto critico. “I giornalisti si sono spesso autocensurati per evitare la violenza…e per mantenere il posto di lavoro ….. Il governo, i partiti politici e i gruppi criminali hanno usato i loro diretti legami con i proprietari dei media e i capi redattori per influenzare i contenuti dei rapporti” affermava il rapporto. In più, subito dopo la chiusura della televisione, hanno subito reagito le associazioni dei giornalisti locali ed internazionali, nonché i media europei. Ragion per cui oggi, 18 agosto è stato ripristinato il segnale televisivo. Chissà perché questo dietrofront del primo ministro?! Si perché nessuno poteva chiudere abusivamente una televisione ‘non gradita” senza il suo ordine.
Chi scrive queste righe è convinto che quanto è accaduto il 9 agosto scorso con la chiusura del segnale di una nota televisione è un’ulteriore testimonianza del regime in azione. Non dobbiamo dimenticare quanto affermava Goethe: “Censura e libertà di stampa saranno sempre in lotta fra loro. La censura la esige ed esercita il potente, la libertà di stampa la reclama l’inferiore”.