Giorno della Memoria

  • Una protesta e alcune dovute riflessioni

    Non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra
    della legge e sotto il calore della giustizia.

    Montesquieu

    Il 27 gennaio scorso è stato celebrato il Giorno della Memoria. Data scelta simbolicamente dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare quel 27 gennaio del 1945, quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono il famigerato campo di Auschwitz. Una ricorrenza molto significativa per ricordare le vittime dell’Olocausto. Milioni di vittime, soprattutto ebrei, ma anche di tante altre nazionalità, sterminate nei campi di concentramento e altrove. Vittime di crudeltà concepite e attuate da uomini contro altri uomini. Un Giorno della Memoria, per ricordare tante, tantissime inconcepibili e ineffabili sofferenze umane. Ma anche per raccontare le crudeltà dei carnefici, ideatori ed esecutori. Bisogna però ricordare sempre, non soltanto ogni 27 gennaio, quanto è successo in quell’orribile decennio prima e durante la Seconda guerra mondiale nella parte più evoluta dell’Europa. Bisogna ricordare per non dimenticare e, soprattutto, per non permettere mai più che si possano ripetere oscenità del genere. E bisogna tenere presente anche quanto ammoniva saggiamente Primo Levi, riferendosi a quel nefasto periodo “…Dopo quello che è successo, ci sarà qualcuno che negherà anche quanto è [veramente] successo”.
    Lo stesso 27 gennaio scorso, a Tirana decine di migliaia di persone hanno riempito la piazza per protestare contro il malgoverno e molte altre cose che, da tempo ormai, stanno preoccupando e allarmando tutti coloro che hanno la capacità di intendere e capiscono quando sta succedendo realmente in Albania. Era una protesta chiamata e organizzata dall’opposizione politica albanese. Una protesta svolta pacificamente, smentendo così alcune “previsioni drammatiche” diffuse dalla propaganda governativa, per farla fallire. Era però una protesta, alla fine della quale diventa obbligatorio fare anche alcune riflessioni.

    Qual è stato il risultato della protesta? Che messaggi ha trasmesso e come sono stati concepiti dai cittadini? Quali sono stati gli obiettivi da raggiungere posti dai partiti organizzatori a se stessi e ai cittadini? Come proseguirà questa protesta, visto che è stata proclamata soltanto come l’inizio di un’azione politica, appoggiata dai cittadini, per ripristinare la normalità e l’ordine nel Paese? Domande che non hanno avuto una chiara risposta. Poi, altre riflessioni. Quant’è credibile l’opposizione, dopo non poche problematiche interne e il deludente risultato elettorale dell’anno scorso e qual è ormai, realmente, l’appoggio cittadino a questa opposizione? Ha realmente trasmesso speranza e ha motivato i cittadini questa protesta? Ma soprattutto, quel è la garanzia, questa volta, che le cause e gli obiettivi della protesta (non ancora chiaramente e definitivamente evidenziati e proclamati) non vengano più “dimenticati per strada”, o peggio ancora, non vengano traditi? Come successe nella primavera scorsa, quando l’accordo occulto del 18 maggio tra il primo ministro, lo stesso di oggi, con il capo dell’opposizione, lo stesso di oggi, annientò tutto.

    Quell’accordo del 18 maggio 2017 ancora suscita tanti ragionevoli dubbi, genera giustificate diffidenze e perplessità e lascia amari dissapori. L’abbandono della giusta e sacrosanta causa, sostenuta con successo crescente per tre mesi nella primavera scorsa dall’opposizione e tanti cittadini, durante la massiccia e pacifica protesta ad oltranza a Tirana, ha giustamente causato delusioni e tanto altro, che ancora bruciano e tengono attiva e viva la memoria e la vigilanza dei cittadini (Patto Sociale n. 255; 262; 268; 277 ecc.). Anche perché, dopo quell’accordo per il primo ministro la strada delle elezioni politiche del 25 giugno scorso era tutta in discesa. Stranamente l’opposizione, allora presente in un “governo tecnico” con alcuni ministri, non ha contestato il risultato delle elezioni. Soltanto dopo, alcune settimane dopo, quando cominciò un inevitabile e acceso processo di scontri interni nell’opposizione, il suo capo, che aveva firmato e presentato come un successo quell’accordo con il primo ministro, cominciò ad articolare le parole “brogli elettorali” e “manipolazione delle elezioni, da parte del primo ministro, con i miliardi della cannabis”. Ma non ha mai spiegato pubblicamente, neanche adesso, perché lui ha abbandonato la giusta causa della protesta pacifica ad oltranza dell’opposizione. Causa che aveva come obiettivo anche di controllare il processo delle elezioni dal suo condizionamento dai miliardi della cannabis. Parlare dopo, a fatti compiuti e danni subiti, diventa inutile, non essendo, allo stesso tempo, moralmente valido e accettabile. È troppo presto per dimenticare tutto ciò. Anche perché niente è successo con l’opposizione nel frattempo, per far cambiare idea, convincere e motivare. Anzi!

    In quanto ai partecipanti alla protesta, sono state tante le persone in piazza. Decine di migliaia. Ma, comunque, non più di quelle radunate durante le ultime proteste, organizzate da febbraio a maggio dell’anno appena passato, sempre a Tirana e sempre dall’opposizione. Con una differenza però. Che adesso parte dell’opposizione è anche un partito, che nella scorsa primavera era al governo. Un partito che, bene o male, ha i suoi sostenitori che erano presenti in piazza sabato scorso. Perciò, lasciando da parte la moralità, almeno i numeri non possono accontentare l’opposizione del centro destra, quella cioè anche dell’anno scorso. Poi da sottolineare che erano, nella maggior parte, dei militanti dei partiti e non dei semplici e indignati cittadini. E questo è un fatto importante e da non sottovalutare. Perché senza una protesta, senza una crescente rivolta dei semplici cittadini, non si può rovesciare il regime instaurato in Albania.

    Nel frattempo, il primo ministro controlla adesso molto di più di quello che istituzionalmente ne ha diritto. Controlla quasi tutto. Compresi anche i tre poteri, i veri pilastri di una democrazia. Oltre all’esecutivo e al legislativo, adesso lui sta prendendo realmente possesso anche del potere giudiziario. Mentre, da tempo ormai, il primo ministro gestisce direttamente il potere dei media, distribuendo favori milionari ai loro proprietari condiscendenti e compiacenti. Le male lingue, dal 18 maggio 2017 in poi, dicono che il primo ministro controlla anche la stessa opposizione! In queste condizioni diventa difficile non pensare all’instaurazione di una dittatura [sui generis] in Albania. Ed è proprio contro questa reale minaccia che i cittadini albanesi, quelli consapevoli e responsabili, debbano reagire.

    Chi scrive queste righe è convinto che gli albanesi hanno il sacrosanto diritto di ribellarsi, senza perdere tempo, contro questo male, perché se no, ogni giorno che passa lo farà diventare sempre più forte, arrogante, prepotente, e nessuno di essi sarà risparmiato. A mali estremi, estremi rimedi! Anche perché lui è, altresì, convinto che il Giorno della Memoria debba servire anche a questo.

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