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  • In attesa di Giustizia: separazione delle carriere

    Il Sindaco di Milano è solo l’ultimo ad essersi sorpreso e indignato dopo aver appreso dai giornali di essere iscritto nel registro degli indagati per l’affaire che sta mettendo sottosopra il mondo dell’edilizia privata sebbene non abbia mostrato altrettanto stupore e disgusto quando analoga esperienza è toccata ad altri e appartenenti a diverso schieramento politico.

    L’argomento è di stretta attualità e la separazione delle carriere auspicata con la riflessione sulla giustizia di questa settimana non è quella tra magistrati giudicati e pubblici ministeri, bensì quella tra giornalisti e Procuratori della Repubblica.

    C’è una legge del 2021 che prevede espressamente che un Procuratore può diffondere comunicati stampa solo quando è strettamente necessario per le investigazioni o quando ricorrono specifiche ragioni di interesse pubblico: il che costituisce un apprezzabile punto di equilibrio tra la segretezza delle indagini, la libertà di stampa ed il diritto dei cittadini di essere informati su determinati argomenti anche perché hanno, costituzionalmente sancito, il potere di verificare l’andamento della giurisdizione ed in qualche modo ciò dovrà essere pur possibile…per quanto la modalità immaginata dai Padri Costituenti fosse quella della partecipazione ad udienze pubbliche sia pure senza escludere che l’informazione possa, entro certi limiti, precedere il momento del processo nel rispetto sia della riservatezza che della dignità delle persone coinvolte che sono a tutti gli effetti presunte innocenti.

    Orbene, non sempre la fonte diretta (destinata a rimanere confidenziale per il giornalista beneficiato che non è obbligato a rivelarla) è il Pubblico Ministero ma se non lo è lo è certamente un soggetto a lui vicino e sottoposto alla di lui vigilanza: segretario piuttosto che appartenente alla Polizia Giudiziaria, facilmente identificabile e – per prassi – quasi mai neppure cercato di individuare sebbene – con buona pace della obbligatorietà dell’azione penale tanto cara in altri casi all’ANM – la propalazione di determinate informazioni costituisca un reato.

    La deriva del fenomeno fino a diventare malcostume metabolizzato dal sistema è tale che l’Associazione Stampa Toscana (che non è l’Ordine professionale, sia chiaro) ha addirittura conferito un riconoscimento al Procuratore di Prato, Luca Tescaroli: la Pergamena al merito laddove il merito è quello di aver sempre puntualmente fornito le notizie sulle inchieste in corso, a qualsiasi ora nel rispetto della legge che sarebbe poi quella citata all’inizio del 2021.

    Guardando ai numeri Tescaroli, da quando è diventato Procuratore, ha sfornato mediamente un comunicato ogni tre giorni, tutti di taglio apertamente inquisitorio: si direbbe, allora, che a Prato tutte le indagini sono di interesse pubblico (in particolar modo quelle sputtananti gli indagati) ovvero che tutte si avvantaggino della verve comunicativa dell’Ufficio del Pubblico Ministero.

    O, forse, più semplicemente siamo al cospetto dell’emblema di un cortocircuito cui nessuno sembra interessato a porre rimedio a Prato come altrove.

  • In attesa di Giustizia: tic toc…tic toc…

    Saranno senz’altro tutte coincidenze, ma se qualcuno, in piena bagarre per il corso che ha preso la riforma sulla separazione delle carriere, pensa a giustizia ad orologeria magari farà peccato ma può essere che non si sbagli.

    Ecco servita l’informazione di garanzia collettiva alla Premier, al sottosegretario alla Presidenza Mantovano ed ai ministri Nordio e Piantedosi e la domanda delle domande è: atto dovuto o voluto? Cerchiamo di fare chiarezza con i lettori evitando di commentare le parole dei diretti interessati ma andando a spiegare ricordando che una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 2009 ha individuato l’obbligo del Pubblico Ministero di iscrivere una notizia di reato e il nome dell’indagato nel relativo registro solo a fronte di una notizia “qualificata” e non in presenza di qualunque esposto, denuncia o querela. Il che vuol dire dopo avere svolto un minimo di accertamento sui presupposti: tanto più accorto quanto più delicata sia la materia.

    Questo principio è stato recepito dal legislatore che nel 2022 ha modificato l’articolo 335 del codice di procedura penale, prevedendo che si debba trattare “di un fatto, determinato e non inverosimile riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice e per il quale risultino indizi a carico della persona alla quale il reato è attribuito”. Per, appunto, indagarla formalmente previa iscrizione.

    Tra la decisione della Cassazione e la modifica normativa, proprio a Roma, vi era stata anche una circolare del Procuratore Capo di allora del 2 ottobre 2017 che escludeva “iscrizioni automatiche basate su una lettura meccanica della normativa che poterebbero ad attribuire impropriamente alla polizia giudiziaria – o addirittura al privato denunciante – il potere di disporre in ordine alle iscrizioni”.

    Dunque il pubblico ministero è onerato di verificare se le condotte descritte nell’eventuale esposto possano essere ritenute, anche solo astrattamente, penalmente rilevanti, e ove questo giudizio dia esito negativo, non deve procedere ad alcuna iscrizione.

    La legge costituzionale numero 1 del 1989 prevede poi, per i reati che si ipotizza siano stati commessi dal Presidente del Consiglio o dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni, l’obbligo di avviso alle persone interessate e la trasmissione al Tribunale dei Ministri ma deve essere letta alla luce della regola generale.

    Ne discende che non esistono automatismi.

    A nessuno può sfuggire che, ogni interpretazione contraria ad una disciplina molto chiara darebbe luogo ad esiti paradossali e la più insensata, infondata e fantasiosa denuncia verrebbe destinata al Tribunale dei Ministri determinando l’avvio delle indagini.

    Sorprende (ma non troppo…), dunque, la lettura data dall’ANM secondo la quale la scelta del Procuratore Lo Voi di iscrivere nel registro delle notizie di reato la Presidente del Consiglio, il Ministro della Giustizia, il Ministro dell’Interno e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sarebbe un “atto dovuto” perché non è affatto dovuta l’iscrizione di una notizia che non abbia un minimo di fondamento e tale valutazione spetta, appunto, al Pubblico Ministero che non può recepire acriticamente una denuncia.

    L’8 agosto dell’anno scorso, per fare un altro esempio, l’On. Roberto Giachetti ha presentato un esposto-denuncia contro il Ministro Nordio e i sottosegretari Andrea Delmastro e Andrea Ostellari, ritenuti responsabili di condotte omissive in relazione ai 65 suicidi di detenuti all’interno degli istituti di pena.

    Si ha notizia che il Procuratore di Roma li abbia iscritti nel registro degli indagati e abbia trasmesso gli atti al Tribunale dei Ministri previo avviso agli interessati? Trovate le differenze e sarebbe istruttivo conoscere il pensiero dell’ANM a riguardo.

    Insegnava Platone: “Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusta senza esserlo”.

    Almeno per questa volta il capolavoro però, per quanto ci si sforzi, non pare sia riuscito.

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