Isis

  • Tutto continuerà come prima?

    La follia, la spregiudicatezza, l’ignoranza, l’avidità di un uomo hanno procurato la tragica morte di tre vigili del fuoco, hanno spezzato la vita delle loro famiglie creando voragini di disperazione e dolore. Li abbiamo ricordati dicendoci ancora una volta di quanto coraggio ci voglia a domare incendi, a scavare sotto le macerie, a mettere a repentaglio vita e sicurezza per salvare altre vite.

    Ma dopo le cerimonie, le parole, gli articoli, per noi tutto tornerà come prima mentre nelle loro case resterà il buio della loro assenza.

    La follia, l’odio, la crudeltà e la vigliaccheria hanno ferito in modo gravissimo i nostri soldati a Kirkuk, in Iraq. Ancora una volta uomini coraggiosi sono stati colpiti dall’Isis e da quel terrorismo che da anni miete vittime. Il dolore e la rabbia sono forti mentre pensiamo a quei militari che, dopo anni di addestramento e di pericoli affrontati e vinti, si trovano ora invalidi, pensiamo alle loro famiglie che si sono trovate sbattute con i nomi in prima pagina senza che alcuno pensasse ai rischi che ne possono derivare. Ma per noi tutto tornerà come prima.

    O forse no? Forse ci possono essere modi diversi con i quali la politica e l’informazione possono affrontare queste tragedie? Forse c’è un modo anche per noi cittadini di provare a non dimenticare, di provare a dare una solidarietà che non si esaurisca in una lacrima o in un fiore? Forse possiamo chiedere di più alle istituzioni e chiedere di più a noi stessi, forse possiamo anche semplicemente, quando incontriamo una persona in divisa, dirgli grazie perché sta servendo il suo, il nostro Paese, la comunità civile nel mondo, la nostra vita messa troppo a rischio sia dalle calamità naturali che dalla scelleratezza di altri uomini.

    Noi possiamo fare che non sia più come prima, possiamo provare a migliorare noi e le cose intorno, basta volerlo e poi farlo.

  • L’UNICEF esorta i governi a rimpatriare i bambini stranieri bloccati in Siria

    Henrietta Fore, capo del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia – UNICEF, ha lanciato un appello lo scorso 4 novembre affinché i Paesi rimpatrino i bambini stranieri bloccati nel nord-est della Siria, in seguito dell’offensiva lanciata dalla Turchia il mese scorso. Secondo l’agenzia, quasi 28.000 bambini provenienti da oltre 60 paesi sono intrappolati nei campi di sfollamento nella regione, 20.000 dei quali provengono dall’Iraq. Molti di loro sono nati da estremisti dell’ISIS e oltre l’80% di loro ha meno di 12 anni. Circa 17 Paesi hanno rimpatriato più di 650 bambini, con un procedimento sostenuto dall’UNICEF. Tuttavia, l’agenzia è ancora molto preoccupata poiché circa 40.000 bambini siriani sono stati recentemente sfollati in tutta la regione e vivono in rifugi a causa della violenza. In questo contesto, le Nazioni Unite hanno nuovamente esortato tutte le parti in conflitto a garantire che gli operatori umanitari possano accedere in modo sicuro per aiutare i più bisognosi nella già disastrosa situazione umanitaria della regione.

  • La lezione di Conan all’uomo

    Ancora una volta i cani sono stati protagonisti, con  sprezzo  del pericolo, di azioni contro il terrorismo. Conan, così è stato chiamato dai mezzi d informazione visto che sul suo nome c’è riserbo per ragioni di sicurezza, è il cane soldato rimasto ferito nell’azione che ha portato a stanare il capo dell’Isis  al Baghdadi, il quale si è poi fatto saltare in ara insieme a suoi famigliari. Conan non era solo, altri cani soldato hanno partecipato all’azione ed anche nella cattura e uccisione di Bid Laden un altro cane soldato aveva dato il suo contributo. Conad ha lavorato in aiuto alla Delta Force e lo stesso presidente americano Trump ha scritto “abbiamo desecretato la foto di un meraviglioso cane che ha fatto un gran lavoro nel catturare il leader dell’Isis”. Conan è un cane malinois, una razza belga molto usata sia dalle forze di sicurezza che dagli addestratori cinofili per dimostrazioni sui modi di addestramento. Conan, ha detto il Capo di Stato maggiore congiunto degli Stati Uniti, è stato riportato a casa e curato e ha già ripreso servizio. In premio del suo eccezionale lavoro sarà ricevuto alla Casa Bianca, è la prima volta che un cane entra alla Casa Bianca durante la presidenza Trump che non ha mai voluto animali, a differenza dai suoi predecessori.

    L’impresa di Conan e degli altri cani soldato, così come quelle dei tanti cani, spesso non di razza, che hanno salvato i loro padroni e amici umani, ripropone, ancora una volta, il tema del corretto rapporto uomo-animale in una società che spesso lascia correre su tante crudeltà o non comprende che il corretto addestramento del cane è utile, necessario, ad una serena convivenza, specie  nelle aree più urbanizzate. Inoltre vi è anche il problema legato a norme che contrastano con il buon senso, come quella che vorrebbe imporre la pettorina a tutti i tipi di cane. Spesso purtroppo chi prepara le leggi, e non solo in questo campo, è lontano dalla realtà per questo, in ogni settore, il legislatore dovrebbe avere l’umiltà di confrontarsi con le varie categorie che si occupano dello specifico problema e contestualmente tenere conto della variegata realtà che le persone vivono ogni giorno.

  • Le memorie di Palmira

    Sarà inaugurata mercoledì 2 ottobre, alle ore 18, alla ‘Fabbrica del Vapore’ di Milano (Via Procaccini, 4), dopo essere stata ospitata alla ‘Sconci Art Gallery’ di Dubai, la mostra Dal deserto alla tela – Memorie di Palmira di Michela Zasio. Prodotta da ‘Vento&Associati’, allestita dall’architetto Giuliana Zanella e visitabile fino al 24 novembre, dal lunedì al venerdì, dalle ore 10 alle 19, la personale dell’artista romana rappresenta l’urgenza di fermare il ricordo prima che scompaia del tutto. La città siriana di Palamira, tra i più importanti siti archeologici del mondo, tra il 2015 e il 2017 infatti è stata distrutta e depredata dai miliziani dell’Isis. Allo scempio è stato posto fine solo quando unità militari russe e siriane hanno definitivamente debellato le truppe dello Stato Islamico. La terribile violenza che Palmira aveva subito era stata testimoniata dalle immagini satellitari dell’Onu che confermavano la notizia, diffusa il 30 agosto del 2015, della distruzione del tempio di Bel alla quale era seguita quella del  Tempio di Baalshamin.

    Non una scelta casuale quella della Fabbrica del Vapore perché i quattordici grandi gli oli su tela della Zasio, che ricordano la storia millenaria e la bellezza della città siriana prima di cadere sotto i colpi della furia iconoclasta dell’Isis, ben si sposano con gli ampi ambienti di archeologia industriale di un luogo che un tempo era sede di fiorente attività e produttività meneghina. E così i resti del Teatro, il Tempio di Bel, l’Arco monumentale del Grande Colonnato, il Temenos, visitati anni prima dall’artista e impressi nei suoi ricordi, sopravvivono in queste tele sconfiggendo la follia di chi ha cercato di cancellarli dalla memoria dell’umanità. Fermati per sempre sulla tela con mano sapiente, rivivono oggi davanti allo spettatore forti del loro carattere eterno. “Quando ho potuto ammirare i recenti lavori di Michela Zasio dedicati ai templi palmireni distrutti dall’ISIS – scrive Andrea Vento nella prefazione al catalogo – non ho avuto dubbi sulla necessità di produrre ed ospitare questa bella mostra presso lo Spazio V&A alla Fabbrica di Vapore di Milano. Una mostra che potremmo dedicare a Khaled Al-Asaad, archeologo e custode del Parco Archeologico di Palmira che fu ucciso dai sicari dell’ISIS per non aver voluto rivelare dove aveva nascosto importanti cimeli. Forse non a caso – conclude Vento – il volto di Al-Asaad è ritratto in un bel murale del perimetro della Fabbrica del Vapore”.

  • Il Belgio rimpatria i figli dei propri foreign fighters

    Il Belgio rimpatrierà 6 bambini orfani di jihadisti del Califfato islamico. «Ci sono dei bambini nati nel nostro Paese (il Belgio, ndr) che ora non hanno più i genitori e si trovano nei campi rifugiati della Siria nord orientale sotto supervisione dei curdi siriani. Quattro dei sei bambini hanno più di dieci anni ma nessuno di questi è sospettato di aver compiuto atti di guerriglia o essere radicalizzato», ha dichiarato il Ministro belga delle finanze Alexander De Croo alla radio pubblica belga VRT. «Le scelte dei genitori non possono essere dimenticate o perdonate ma queste sono state le loro decisioni, non dei bambini», ha aggiunto.

    L’accordo di rimpatrio tra il Belgio e i curdi siriani prevede che i bambini passino dalla Siria al territorio del Kurdistan iracheno e da lì arrivino in Europa ed è stato in parte già attuato. Non sono mancate polemiche da parte del N-VA, il movimento nazionalista fiammingo, ma il Consiglio di sicurezza nazionale del Belgio ha stabilito che rimpatrierà tutti i bambini con meno di 10 anni e che per tutti gli altri minorenni si deciderà caso per caso. Oltre 400 cittadini con passaporto belga hanno raggiunto l’Isis negli anni passati e si stima che 140 siano morti, 130 siano già tornati in Belgio o in Europa e 150 siano ancora in Medio oriente. Le autorità curdo siriane già da tempo hanno chiesto agli Stati europei di riprendersi i combattenti islamici con passaporto europeo, le loro donne e i bambini. Ma soltanto Norvegia, Svezia, Francia e Olanda, cui ora si aggiunge il Belgio, hanno riportato in patria i bambini con passaporto nazionale. Per i foreign fighters, invece, la comunità internazionale sta discutendo la possibilità di una Norimberga dell’Isis attraverso l’istituzione di un Tribunale internazionale su suolo iracheno.

  • La Svezia è restia a rimpatriare i bambini dell’ISIS

    Le autorità svedesi non possono portare a casa i figli dei membri svedesi dell’ISIS che si trovano nei campi profughi in Siria e che per tanto sono rimasti bloccati. E’ quanto ha stabilito il ministro degli Interni, Mikael Damberg, il 12 marzo. Si pensa che ci siano 30-40 bambini nati da genitori svedesi che si sono uniti all’ISIS e che attualmente vivono in campi profughi in aree controllate da forze governative fedeli al dittatore siriano Bashar al-Assad.

    La Svezia diventa così il secondo paese dell’UE a prendere una posizione dura contro il ritiro dei figli degli ex militanti dell’ISIS. Già il ministro degli Interni del Regno Unito, Sajid Javid, ha rifiutato di assumersi la responsabilità di rimpatriare Shamima Bagum, una ragazza di 19 anni che ha lasciato il Regno Unito a 15 anni per la Siria unendosi allo Stato islamico. Rispondendo a una domanda del ministro degli Interni ombra, Diane Abbott, Javid ha specificato che il Regno Unito non ha una presenza consolare in Siria e non è stato quindi in grado di aiutare Bagum.

    Un tribunale belga ha ordinato al governo di rimpatriare sei bambini i cui genitori si sono uniti all’ISIS, mentre allo stesso tempo il governo francese sta affrontando la questione del rimpatrio dei minori ISIS caso per caso.

  • Sono “genocidio” i crimini commessi dagli islamici contro i cristiani e gli Yazidi in Iraq e Siria

    Quando i fatti sono accaduti la stampa internazionale vi ha prestato poca attenzione. Le violenze sono state atroci contro le persone, donne e ragazze in particolare, e contro i luoghi di culto e le case dei cristiani e degli yazidi. Volevano far scomparire la memoria di una presenza in quei luoghi che durava da secoli. I loro capi, vescovi e pastori, non furono ascoltati. Le loro denunce e le richieste d’aiuto furono come le grida nel deserto ricordate nel vangelo. Il mondo non prestava attenzione a quanto accadeva. E’ una storia che si è ripetuta tante volte. Non si ascoltano mai le suppliche di chi sta per essere cancellato dalla storia. Successe con gli armeni ad opera dei turchi. Successe con diverse nazionalità con Stalin e la rivoluzione sovietica. Il nazionalsocialismo liquidò sei milioni di ebrei in pochissimo tempo, nel silenzio generale. La tragedia si ripeté con Mao, con la rivoluzione cinese chiamata culturale perché liquidò milioni di intellettuali. Accadde anche in Cambogia con Pol Pot che trasferì con la violenza gli abitanti delle città nelle campagne facendo due milioni di vittime. Quando queste tragedie criminali iniziano i governi e le forze politiche di un certo orientamento minimizzano e non diffondono le notizie che le riguardano. Per di più, i cristiani e gli yazidi erano minoranze religiose in Iraq. Potevano tranquillamente sparire senza creare troppi problemi ai perseguitori. L’Onu poi, in cui la presenza islamica è maggioritaria, non si dette mai pena per questi perseguitati. Le reazioni si ebbero da organizzazioni private, senza peso alcuno nello svolgersi degli avvenimenti, se non per denunciare e rendere testimonianza. L’ironia della sorte volle che un presidente degli Stati Uniti, dopo anni di silenzio da parte di un suo predecessore, prendesse l’iniziativa e dichiarasse al mondo, attraverso una specifica legge, che le persecuzione dei cristiani e degli Yazidi in Iraq e in Siria è stata un “genocidio”. La legge impegna il governo a prestare assistenza alle vittime delle violenze e a perseguirne i responsabili e gli esecutori. In concreto, autorizza il Dipartimento di Stato Usa a svolgere indagini penali, arrestare presunti membri di gruppi Jihadisti, prevenire atti di violenza nei confronti delle minoranze religiose. La legge, inoltre, consente di aumentare la copertura finanziaria per progetti umanitari, di stabilizzazione e di ricostruzione, a favore delle minoranze religiose, direttamente dal governo federale e tramite organizzazioni, anche religiose. Questo modo nuovo di erogare aiuti finanziari direttamente a organismi religiosi, modifica la politica seguita fino ad ora dal Dipartimento di Stato e dall’Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale, che si sono sempre serviti di canale ritenuti “neutrali” come le Nazioni Unite. Già un anno fa il vicepresidente Mike Pence aveva annunciato che gli Usa non si sarebbero più affidati solo alle Nazioni Unite per aiutare i cristiani perseguitati e le minoranze, ma che “le agenzie federali USA avrebbero lavorato fianco a fianco con gruppi di fede e organizzazioni private per aiutare coloro che sono perseguitati per la loro fede”. La dichiarazione è stata fatta in occasione della cena di solidarietà annuale per i cristiani in Medio Oriente promossa a Washington dall’organizzazione Usa in difesa dei cristiani. La Commissione Usa sulla libertà religiosa internazionale (USCIRF), un organismo federale indipendente e bipartisan istituito dal Congresso, ha elogiato il Presidente Trump per aver firmato il disegno di legge: “in questo disegno di legge riconosciamo anche il messaggio che i responsabili di questi crimini, compreso il genocidio, non sfuggiranno alla giustizia”, ​​ha detto il vicepresidente della USCIRF Kristina Arriaga.

    Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana del 13/12/2018

  • Ancora troppe lacune sul ruolo di donne e bambini nello stato islamico

    “Donne e minori sono pronti a svolgere un ruolo significativo nel portare avanti l’ideologia e l’eredità dell’IS dopo la caduta fisica del suo califfato verso la fine del 2017”. E’ quanto emerge dal rapporto del dipartimento di studi di guerra del King’s College di Londra del 23 luglio, secondo il quale  il numero di donne e minori che ritornano in Europa dallo Stato islamico in Iraq e in Siria è molto più alto di quanto si pensasse. Sembra infatti che un quarto dei circa 41.490 cittadini di tutto il mondo che hanno aderito allo Stato islamico tra aprile 2013 e giugno 2018 siano donne e minori e, sempre  secondo il rapporto,  per minori bisogna intendere neonati (0-4 anni), bambini (5-14 anni) e adolescenti (15-17 anni). L’Europa occidentale, rispetto a tutte le altre regioni del mondo, ha visto la seconda percentuale più alta di rimpatriati femminili e di minorenni fino al 55%, mentre l’Europa dell’Est ha registrato il 18%. La maggior parte dei rimpatriati dello stato islamico dell’Europa occidentale è finita nel Regno Unito, seguito da Francia e Germania. Delle 1.765 persone che sono note per essere tornate nell’Europa occidentale, circa il 47%, è costituito da minori e un altro 8% da donne. Le cifre però sono sottostimate perché mancano dati ufficiali dei governi. Si parla infatti anche di ‘affiliati’, non solo di ‘rimpatriati’, intendendo così tutte quelle persone che in un modo o nell’altro hanno avuto viaggiato, volontariamente o perché costretti, nelle aree occupate dallo stato islamico. Si ritiene che tali affiliati siano circa 5.904 nell’Europa occidentale, di cui circa il 25% minorenni e il 17% donne. Di questi, la maggior parte arriva dalla Francia (1.910), seguita dalla Germania al (960) e dal Regno Unito, 850. Se alcuni sono tornati, di altri non si sa nulla di certo, mentre altri ancora sono morti.  Il Regno Unito stima, per esempio, che circa il 20% dei suoi cittadini sia stato ucciso, mentre oltre il 50% è tornato. Per la Francia, si stima che il numero di minori nell’IS superi o addirittura sia il doppio di quello delle donne, con un massimo di 700 minori (compresi i bambini nati nei teatri di guerra) che dovrebbero rientrare dalla zona di conflitto. Il rapporto afferma inoltre che i paesi con la più alta percentuale di minori sono Kazakistan (65-78 per cento), Paesi Bassi (58%), Francia (24-37%); Cina (35%) e Finlandia (34%). E stima che circa 730 bambini sono nati nel califfato da cittadini stranieri di cui 566 nati solo da europei occidentali. In alcuni casi, come il Belgio, il numero di bambini nati sotto l’IS (105) è più del doppio di quello dei bambini e adolescenti (45), sottolineando così la necessità per gli Stati di prepararsi a un numero ancora maggiore di minori rimpatriati e in particolare di neonati. Se la situazione europea fornisce una serie di dati parziali, tante invece sono le lacune circa i paesi del nord Africa, così come delle zone direttamente coinvolte nel conflitto, rendendo difficile perciò avere un quadro generale della situazione.

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