IVA

  • La Commissione accoglie con favore l’orientamento generale sull’IVA nell’era digitale

    La Commissione ha accolto con favore l’orientamento generale annunciato dal Consiglio in merito alle proposte della Commissione sull’IVA nell’era digitale. Con l’adozione e la promozione della digitalizzazione, il pacchetto rende il sistema dell’IVA dell’UE più propizio alle imprese e più resiliente alle frodi. Le nuove norme segnano inoltre il primo passo per affrontare le sfide derivanti dall’economia delle piattaforme e contribuisce a creare la parità di condizioni tra i servizi ricettivi a breve termine e i servizi di trasporto online e tradizionali.

    Il pacchetto introduce tre misure:

    1. Il nuovo sistema introduce la comunicazione digitale uniforme in tempo reale ai fini dell’IVA basata sulla fatturazione elettronica per le operazioni transfrontaliere, che fornirà tempestivamente agli Stati membri le informazioni preziose di cui hanno bisogno per intensificare la lotta contro le frodi dell’IVA. La fatturazione elettronica accelererà ulteriormente la trasformazione delle imprese nell’era digitale attraverso la semplificazione delle operazioni, garantendo la conformità e la sicurezza, consentendo un processo decisionale basato sui dati e sostenendo la scalabilità per la crescita e l’innovazione future.
    2. Gli operatori dell’economia delle piattaforme nel settore dei servizi di trasporto di passeggeri e dei servizi ricettivi a breve termine diventeranno inoltre responsabili della riscossione dell’IVA e del versamento dell’imposta alle autorità fiscali, se il fornitore indiretto non applica l’IVA. La misura contribuirà a migliorare la parità di condizioni fra i servizi online e tradizionali e agevolerà le attività per gli operatori indiretti che non saranno responsabili dell’IVA.
    3. L’iniziativa ridurrà infine l’esigenza di registrarsi più volte nei diversi Stati membri, attraverso l’espansione del modello già esistente di “sportello unico per l’IVA” già in essere per le imprese commerciali.

    I ministri delle Finanze dell’UE dovrebbero adottare la proposta a seguito di una nuova consultazione con il Parlamento europeo.

     

  • La deriva etica fiscale

    Non è un segreto per nessuno che il 50% della popolazione italiana sia rappresentata da single e che le famiglie esprimano una bassa natalità. Delle analisi, nel passato, avevano indicato nella natura “bambocciona” degli italiani le cause di questa preoccupante deriva demografica. Per fortuna la crescita culturale ci ha permesso di dimostrare come la sola qualità dei servizi a disposizione delle nuove famiglie permetta un maggiore incremento del tasso di crescita demografica, come la provincia di Bolzano ampiamente dimostra.

    Tornando al quadro nazionale, questa importante metà della complessa società italiana, esattamente come le famiglie, dovrebbe venire considerata degna di rispetto e di ogni tutela, anche fiscale, in quanto cittadini dello Stato italiano.

    Come spesso si è detto in passato ad una singola persona, quindi ad ogni cittadino italiano, dovrebbero venire assicurati dallo Stato le medesime tutele, indipendentemente dal proprio stato civile, sociale, estrazione politica o situazione economica.

    Questo principio risponde alla sublimazione del pensiero liberale, il quale non utilizza  alcun principio etico come fattore distintivo, e quindi discriminante, nell’individuazione delle persone a cui assicurare le  tutele previste.

    Una possibile diminuzione del carico fiscale e quindi l’introduzione di una tutela aggiuntiva da assicurare alle famiglie dimostra, invece, ancora una volta, come il pensiero socialista, e quindi promotore ed utilizzatore di fattori e parametri di natura etica e politica nell’individuazione dei fruitori di determinati diritti, sia ancora presente anche tra quelle compagini governative che si considerano liberali in ragione solo di una opinabile e soggettiva impreparazione politica..

    La famiglia rappresenta, certamente, il nucleo fondamentale di ogni  società e solo attraverso questa la stessa civiltà può pensare di progredire e quindi di assicurarsi un futuro.

    La sua tutela, tuttavia, e soprattutto una politica che voglia supportare le problematiche specialmente per i giovani nuclei familiari, non può assolutamente ridursi ad una risibile esenzione fiscale il cui costo andrà a danno di un 50% restante della  popolazione single.

    Viceversa, il sostegno alla famiglia, e quindi al progredire della stessa società, va individuato nella rimodulazione della spesa pubblica, la quale deve essere indirizzata ed utilizzata per la creazione di asili nido e di servizi alle nuove famiglie, piuttosto che alla continua ricerca di escamotage normativi per nuovi pensionati.

    Questa discriminazione fiscale e la conseguente individuazione delle categorie meritevoli di una maggiore tutela nasconde in buona sostanza un ancora ben radicato pensiero etico e politico (quindi di natura socialista) che anima anche questo governo come quelli precedenti (1).

    Negli ultimi trent’anni ogni governo ha sostanzialmente negato il principio di uguaglianza anche di fronte al fisco e privilegiato, esclusivamente per una propria convenienza politica o peggio ideologica, determinate categorie e con loro solo alcune classi di cittadini come meritevoli di agevolazioni di qualsiasi tipo, anche fiscali.

    Mai come ora l’uguaglianza anche di fronte al fisco viene messa in discussione a favore della solita applicazione di un pensiero politico ed ideologico assolutamente discriminante i cui risultati economici sono ormai evidenti a tutti.

    La scarsa crescita economica del nostro Paese nasce anche da una deriva ideologica ed etica nella stessa gestione e nella scelta dei privilegiati fruitori della spesa pubblica. Di fatto si entra all’interno di un sistema normativa basato sulla applicazione di un’etica fiscale molto lontana da un sempre perfettibile quadro normativo basato sul principio liberale di uguaglianza.

    (1) La stessa Iva maggiorata per i beni di “lusso” risultava discriminante nei confronti delle professionalità e dei lavoratori che intervenivano all’interno della complessa filiera produttiva.

  • Basta con la politica dell’annuncio

    Comprensibile l’entusiasmo che alcuni ministri o esponenti di partito possono avere nell’annunciare questa o quella nuova norma che il governo intende varare, meno comprensibile che poi, puntualmente, la norma debba essere rivista e modificata a fronte di ragionamenti più approfonditi.

    La fretta non è mai una buona consigliera specie quando si tratta di argomenti delicati che riguardano tutti i cittadini, con riflessi in vari settori.

    Il limite del contante a 10.000 poi, giustamente, riproposto a 5,000, tema che avrebbe dovuto dividere il problema tra quanto si può prelevare dal proprio conto, senza incorrere in controlli che comunque suonano un po’ vessatori visto che ognuno dovrebbe essere padrone dei propri soldi, e quanto si può pagare in contanti.

    Alle considerazioni di chi teme che pagare in contanti porti ad un aumento del “nero” il governo dovrebbe rispondere dando, finalmente, nuove indicazioni in materia fiscale utili a contrastare tanta parte di evasione. Basterebbe consentire anche ai privati, come avviene per partite iva e imprese, di poter detrarre almeno l’iva di alcune spese quali quelle per idraulico, elettricista, imbianchino, o giardiniere.

    Anche i privati fanno girare l’economia dando lavoro e non si comprende per quale motivo debbano essere penalizzati: tasse le pagano già sul loro reddito e su tutto quello che acquistano, servizi compresi, per quale motivo devono ulteriormente pagare l’iva sulle spese di manutenzione della casa o del verde? Se ci fosse una norma che consentisse la detrazione dell’iva, per le voci sopra indicate, eviteremmo l’evasione in molti settori.

    Si è parlato di togliere l’obbligo del pos per cifre inferiori a 60 euro e già ci si corregge pensando di diminuire l’importo, un’altra inutile confusione che crea sconcerto ed incertezza nei singoli e in diverse categorie.

    Basta con la politica dell’annuncio che ci ha ammorbato per troppi anni, grazie a troppi governi, si passi, in questo che vorremmo fosse il nuovo corso della politica, a dare notizia di un nuovo provvedimento solo dopo che si sono valutate tutti i pro ed i contro, sempre ovviamente disponibili ad ascoltare il Parlamento per eventuali modifiche ma non correggendosi da soli in continuazione.

  • Accise ed Iva

    La guerra seguita a due anni di pandemia sta mettendo a rischio il tessuto economico ed industriale italiano e la stessa sopravvivenza di interi ceti sociali.

    Dal dopoguerra ad oggi mai si erano create le condizioni per questa “tempesta perfetta” (conseguenze pandemiche-inflazione- evento bellico) con la conseguente impennata dei costi energetici la quale ha di fatto messo in crisi un sistema industriale basato sull’economia di scala rendendo antieconomiche le produzioni indipendentemente dal livello produttivo.

    Una situazione talmente insostenibile da obbligare, solo due settimane addietro, circa 360 aziende della Lombardia alla sospensione della propria attività produttiva e la messa in cassa integrazione dei dipendenti.

    La problematica energetica, peraltro, era già conosciuta nel 2021 e contemporaneamente sottostimata nelle sue drammatiche conseguenze dal governo in carica il quale si è mosso solo parzialmente e con forte ritardo, aggravando le conseguenze economiche amplificate dalla sottovalutazione governativa.

    Una tempistica infelice, molto più dolosa che colposa, e comunque viziata da un approccio ideologico, immutato anche in tempi di guerra, individuabile nella priorità dimostrata ancora oggi ad altri settori (*).

    Una scala di priorità che tuttavia non ha impedito l’approvazione immediata della direttiva europea votata in commissione e relativa alla eliminazione completa dell’Iva e delle accise applicate alla sola vendita delle armi.

    Mentre il 70% delle imprese manifatturiere è in difficoltà nel mantenimento dell’attività produttiva per l’esplosione dei costi energetici e quasi un terzo dell’utenza domestica ha chiesto la rateizzazione delle bollette elettriche, in quanto impossibilitata nel pagarle, ecco che l’Unione Europea ed il governo Draghi assieme alla maggioranza che lo appoggia, eccezion fatta per i 5 Stelle, dimostrano le proprie priorità approvando l’esenzione da accise ed IVA per il commercio d’armi.

    A nessun ministro del governo è mai venuto in mente di proporre anche solo una riduzione dell’IVA e delle accise permanente applicabile ai prezzi dei carburanti oppure per i generi di largo consumo che potesse, anche solo parzialmente, compensare l’aumento dei prezzi legati all’inflazione e agli effetti devastanti della guerra. Invece, ci si è affrettati all’approvazione parlamentare della totale esenzione da accise ed Iva per il solo commercio delle armi.

    Questa conversione di una Direttiva europea dimostra, ancora una volta, come l’Unione Europea rappresenti ormai un’istituzione burocratica in pieno stallo politico e valoriale privo di ogni collegamento con la realtà oggettiva dei cittadini europei. Contemporaneamente la maggioranza governativa parlamentare italiana a sostegno del governo Draghi che ha votato questa esenzione per le armi dimostra di essere semplicemente una mediocre rappresentanza umana in vendita per interessi personali o di lobby, ma comunque lontana dalle drammatiche aspettative dei cittadini.

    Mai come ora tutte le rappresentanze istituzionali e politiche sia nazionali che europee dimostrano la propria vergognosa disonestà e non soltanto intellettuale.

    (*) Transizione energetica, moto e monopattini elettrici, bonus terme, digitalizzazione, valutazione sismica di teatri e cinema, rigenerazione urbana

  • Dai ministri delle Finanze dell’Unione ok all’Iva ridotta sugli assorbenti (e non solo su quelli)

    Al Consiglio Ecofin tenutosi il 7 dicembre a Bruxelles, i ministri delle Finanze dell’Unione hanno raggiunto un accordo unanime per modificare le regole sull’Iva e consentire agli Stati membri di applicare con maggiore flessibilità agevolazioni e aliquote ridotte, con particolare attenzione alla
    salute pubblica, ai beni ambientali e alla transizione digitale.

    Dal 2030, inoltre, è previsto che non sia più possibile concedere aliquote ridotte a beni e servizi quando questo avvenga “a detrimento dell’ambiente e degli obiettivi europei sul cambiamento
    climatico”, spiega la Commissione europea in una nota. Un altro aspetto dell’accordo è che le esenzioni e le deroghe su alcune tipologie di beni, attualmente esistenti per ragioni storiche solo in alcuni paesi, saranno possibili ora in tutti gli Stati membri, per garantire equità di trattamento evitare distorsioni alla concorrenza.

    La nuova direttiva, che modifica la normativa del 2006 oggi in vigore (2006/112/Ce), dovrà essere recepita dagli Stati membri entro la fine del 2024 ed entrerà in vigore il primo gennaio del
    2025. Il suo allegato III prevede una lunga serie di nuovi prodotti, servizi o settori a cui si potrà applicare l’aliquota Iva ridotta. Innanzitutto, l’allegato include l’accesso a Internet, alla diretta streaming di eventi culturali, ricezione di servizi radiotelevisivi e webcasting; poi ingresso a spettacoli, teatri, circhi, fiere, parchi di divertimento, concerti, musei, zoo, cinema, mostre ed altre manifestazioni o istituti culturali simili; ingresso a manifestazioni sportive o accesso alla diretta
    streaming di tali manifestazioni; diritto di uso di impianti sportivi ed erogazione di corsi di attività fisica o sportiva; fornitura di libri, giornali e periodici, su supporto cartaceo o per via elettronica, compresi gli album da disegno per bambini, ma escluse le pubblicazioni interamente o essenzialmente destinate alla pubblicità o prodotti consistenti interamente o essenzialmente in contenuti video o audio musicali. Incluse anche le cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato.

    Nel settore sanitario, sono inclusi prodotti e misure di protezione medica, comprese le mascherine, prodotti farmaceutici e veterinari, compresi contraccettivi e prodotti d’igiene femminile e assorbenti, apparecchiature e dispositivi per disabili). Nel settore edilizio e immobiliare, la lista menziona la cessione e costruzione di abitazioni fornite nell’ambito della politica sociale, ristrutturazione e trasformazione, comprese la demolizione e la ricostruzione, e riparazione di abitazioni e
    abitazioni private; locazione di beni immobili a uso residenziale; costruzione e ristrutturazione di edifici pubblici e di altri edifici utilizzati per attività di interesse pubblico. Ci sono poi i sistemi di riscaldamento verdi e lavori di ristrutturazione edile per l’efficienza energetica: cessione e installazione di pannelli solari su abitazioni private, abitazioni ed edifici pubblici e di altro tipo utilizzati per attività di interesse pubblico o nello loro vicinanze; fornitura di energia elettrica, teleriscaldamento e aria condizionata, cessione e installazione di sistemi di riscaldamento a basse
    emissioni altamente efficienti, in base all’etichetta energetica dell’Ue. Sempre in campo ambientale, sono incluse le prestazioni di servizi fornite nell’ambito dello smaltimento delle acque reflue,
    della pulizia delle strade pubbliche, della rimozione dei rifiuti domestici e del trattamento o riciclaggio dei residui. Non mancano le prestazioni di servizi di riparazione di apparecchi domestici, di calzature e articoli in pelle nonché di indumenti e biancheria per la casa (compresi lavori di raccomodatura e di modifica) e abbigliamento e calzature per bambini.

    In campo agricolo, sono elencate le cessioni di beni e prestazioni di servizi utilizzati per la produzione, esclusi beni di investimento quali macchinari o edifici; e, fino all’1 gennaio 2032, cessioni di pesticidi e fertilizzanti chimici, e di piante vive ed altri prodotti della floricoltura. Sono compresi anche il trasporto di passeggeri e di beni al seguito, la cessione di seggiolini per bambini installati negli autoveicoli, le cessioni e i servizi di noleggio e riparazione di biciclette, comprese le biciclette elettriche ​
    L’allegato III prevede poi la possibilità di imporre l’aliquota Iva ridotta a strumenti e attrezzature per i servizi di salvataggio o di primo soccorso, quando forniti a enti pubblici o a organizzazioni senza scopo di lucro operanti nel settore della protezione civile; e alle prestazioni di servizi connessi al
    funzionamento di navi faro, fari o altri ausili per la navigazione e servizi di salvataggio, compresa l’organizzazione e la manutenzione del servizio delle imbarcazioni di salvataggio.

    La lunga lista comprende, infine, i servizi giuridici prestati a persone con contratto di lavoro e a disoccupati nell’ambito di procedimenti giudiziari in materia di lavoro, e i servizi giuridici prestati nell’ambito del regime di patrocinio a spese dello Stato.

  • L’Unione europea pronta a esentare dall’Iva gli aiuti forniti agli Stati contro la crisi da pandemia

    La Commissione europea propone di esentare dall’Iva i beni e i servizi che insieme agli organi e alle agenzie dell’Unione mette a disposizione di Stati membri e cittadini in tempi di crisi. La proposta, spiega l’esecutivo Ue, è in linea con l’esperienza maturata nel corso della pandemia di Covid-19, che ha insegnato tra altre cose che l’Iva applicata ad alcune transazioni finisce per costituire un fattore di costo negli appalti, mettendo a dura prova i bilanci più limitati. La proposta mira a ottimizzare l’efficienza dei fondi dell’Ue utilizzati nell’interesse pubblico per far fronte a crisi come le calamità naturali e le emergenze sanitarie, rafforzando per giunta gli organi di gestione delle catastrofi e delle crisi che operano a livello dell’Ue. Una volta effettive, le nuove misure permetteranno alla Commissione e alle agenzie e organi dell’Ue di importare e acquistare in esenzione dall’Iva i beni e i servizi da distribuirsi in risposta a un’emergenza nell’Unione.

    I destinatari possono essere Stati membri o terzi, come autorità o istituzioni nazionali (ad es. ospedali, un’autorità sanitaria o altra autorità nazionale di risposta alle catastrofi). Tra i beni e i servizi che rientrano nell’esenzione proposta rientrano test diagnostici, materiali diagnostici e attrezzature di laboratorio; dispositivi di protezione individuale (Dpi) come guanti, respiratori, maschere, camici, prodotti e attrezzature per la disinfezione; tende, letti da campo, abbigliamento e alimenti; attrezzature di ricerca e salvataggio, sacchi di sabbia, giubbotti di salvataggio e gommoni.

    Saranno esentati anche antimicrobici e antibiotici, antidoti contro le minacce chimiche, cure per lesioni da radiazioni, antitossine, compresse di iodio; prodotti del sangue o anticorpi; dispositivi di misurazione delle radiazioni; sviluppo, produzione e approvvigionamento dei prodotti necessari, attività di ricerca e innovazione, costituzione di scorte strategiche di prodotti; licenze al settore farmaceutico, strutture di quarantena, sperimentazioni cliniche, disinfezione dei locali e altro.

    Paolo Gentiloni, commissario responsabile per l’Economia, ha sottolineato che “la pandemia di Covid-19 ci ha insegnato che questo tipo di crisi è assai complesso e ha un impatto ad ampio raggio sulle nostre società. E’ essenziale reagire subito e efficacemente e trovare oggi la migliore risposta possibile per prepararci al domani. Questa proposta va nel senso dell’obiettivo Ue di reagire alle crisi e alle emergenze nell’Unione e farà in modo di ottimizzare l’impatto finanziario degli sforzi di soccorso a livello dell’Ue per combattere la pandemia e sostenere la ripresa”.

  • Effetto annuncio: la relazione causa effetto

    Persino ad una mente infantile non dovrebbe sfuggire l’effetto che determinati annunci possano causare all’economia in generale e ai consumi particolare.

    L’incertezza legata alla possibile estensione degli Ecobonus anche alle autovetture Euro 6 benzina, Diesel gpl e metano di fatto sta bloccando il mercato dell’auto in attesa di chiarimenti ed opportunità. Una situazione che secondo le ultime rilevazioni statistiche potrebbe portare alla chiusura del 50% dei concessionari automobilistici entro la fine dell’anno.

    Viceversa la scellerata affermazione del primo ministro su una possibile diminuzione dell’IVA, anche se temporanea,  ha un effetto negativo se non devastante per tutti quei consumi non di prima necessità. La loro stessa natura (non di prima necessità) permette infatti ai consumatori di poter procrastinare un acquisto in attesa degli effetti della diminuzione dell’IVA “promessa”. Ad una già difficile situazione economica legata alla diffusione del Covid-19 si aggiunge quindi l’infantile incapacità del Presidente del Consiglio e di tutti i Ministri economici di questo scellerato governo i quali, con le loro “grida manzoniane”, contribuiscono ad aumentare l’incertezza in relazione alle  dinamiche economiche immediate.

    Questo nuovo fattore determinato dalla incapacità di valutare strategicamente le proprie affermazioni  si trasforma inevitabilmente in maggiori costi economici in aggiunta ad un già difficile quadro economico nazionale.

    Sembra incredibile ma gli unici che ancora oggi danno ulteriore dimostrazione di non aver compreso  il valore fortemente depressivo di tali dichiarazioni sembra proprio la compagine governativa come i partiti che la sostengono.

    Non conoscere la relazione causa-effetto in relazione alle proprie affermazioni ma ancora peggio ignorarne le conseguenze dimostra l’assoluta inadeguatezza dell’intera compagine governativa.

  • Iva: il fallimento progettuale ed operativo della fatturazione elettronica

    Il semplice incrocio di due dati, come quelli espressi dal grafico, con quello disastroso della chiusura di oltre seimilacinquecento (6.500) aziende artigiane nei primi sei mesi del 2019 incrociati con la diminuzione del gettito d’Iva legato alla fatturazione elettronica dimostrano essenzialmente il fallimento dell’ennesima gogna fiscale ideata dal PD ma posta in essere dalla Lega e dai 5 Stelle quando appartenevano alla medesima maggioranza del governo Conte 1.

    Questa nuova normativa fiscale, espressione della “professionalità” governativa risulta per di più inserita ed applicata nella sua complessità totalitaria come l’ideologia che ha determinato la scelta.  Nel resto dell’Europa, infatti,  è applicata ed alternativamente “indicata o suggerita” esclusivamente per i rapporti B2g (quindi tra operatori del mercato e pubblica amministrazione) come in Finlandia, Norvegia e Svezia o in una versione parziale come in Francia, Belgio fino alla volontaria Germania la quale, per altro,  non fissa alcun limite ai pagamenti in contanti (ogni riferimento a decisioni governative risulta intenzionale).

    In Italia viceversa si è scelto di  applicare la versione complessiva ed articolata, quindi sia la  B2g che la B2b (tra tutti gli operatori economici). Gli ideatori della fatturazione elettronica assicuravano che questa innovazione digitale avrebbe aumentato le risorse finanziarie a disposizione della comunità diminuendo da una parte l’evasione fiscale dall’altra le differenze reddituali attraverso la distribuzione dei servizi in carico e scopo della spesa pubblica.

    Ancora il semplice incrocio di questi due dati  dimostra invece l’assoluta inconsistenza ed incapacità dei vari ministri economici che si sono succeduti alla guida del Paese, candida espressione delle competenze dei partiti di appartenenza. Basti ricordare come l’Iva risulti ad oggi ancora la tassa più evasa (37 miliardi) e come questo  avvenga non certo per la mancata o parziale applicazione della fatturazione elettronica ma come sempre attraverso le società cartiere (truffa carosello). In questo contesto, poi, risulta legittimo, ripeto legittimo, ma quantomeno insultante per le aziende che hanno chiuso a causa di questa oppressione fiscale la continua emigrazione fiscale ottenuta attraverso il  trasferimento di sedi legali e fiscali non in paradisi fiscali ma in semplici realtà nazionali della stessa Unione Europea.

    Non esiste limite al declino culturale ed economico del nostro Paese neppure di fronte alle 6500 imprese che hanno chiuso con il relativo bagaglio culturale ed occupazionale che queste assicuravano. Non ancora soddisfatti di questo disastro economico e culturale elaborano un documento di programmazione economica e finanziaria privo di ogni riferimento con il contesto drammatico che questi dati dimostrano. In più anche l’innovazione tecnologica può risultare uno strumento devastante se inserito in un contesto normativo non tanto come fattore innovativo, e quindi sostitutivo, ma semplicemente aggiuntivo al già impossibile labirinto normativo fiscale italiano.

  • Risultati dubbi per la mini-flat tax introdotta da quest’anno

    La mini flat tax al 15% in vigore dall’1 gennaio ha portato a un incremento limitato di partite Iva individuali: 18.538 in più nel primo trimestre del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018 (per un totale di 150.934 contro 132.396). Di contro, ha prodotto una diminuzione del 17% delle partite Iva di società di persone e associazioni professionali (il dubbio, che i dati del Mef non chiariscano, è che molti abbiano convertito una partita Iva non individuale in una individuale, mentre la misura era volta a far mettere in regola, con partita Iva, chi prima svolgeva attività in nero). Ad aprire partite Iva individuali sono soprattutto gli over 65: 39,2% dei casi contro l’8,51% degli under 35 e anche questo suona sospetto: si teme che persone con attività da cui ricava oltre 65mila euro passi  (fittiziamente) parte dell’attività stessa ad anziani, così da poter godere in 2 della mini flat tax.

  • Politica fiscale ed Iva: il paradosso democratico

    L’incertezza relativa alle dinamiche economiche di un mercato globale sempre più articolato e  complesso investono anche la Cina. L’esito stesso delle trattative relative ad un accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina rappresentano di per sé un fattore di incertezza non indifferente.

    Il colosso asiatico, infatti, a fronte di una riduzione delle previsioni di crescita per il 2019 che passano da un +7.5% ad un “modesto” +6/6.5% (l’Italia invece da un +1,2% ad un disastroso -0,2%!), ha avviato una sostanziale modifica della strategia economica ma soprattutto della politica  fiscale. A  conferma di questo cambiamento strategico l’IVA nel settore manifatturiero passa dal 16% al 13% (nove [9] punti in meno della attuale aliquota italiana) mentre quella applicata al settore trasporti e costruzioni dal 10% al 9%. Nel settore dei servizi rimane invece invariata al 6% ma vengono aumentate alle deduzioni. Quindi, uno stato come quello cinese, che certamente non rappresenta un esempio classico di “applicazione del principio democratico” e che per tale propria strutturazione non è vincolato dalla ricerca di un consenso elettorale, vara una politica che tende a privilegiare i consumi ed incrementa gli stessi come volano della ripresa della corsa economica che ha subito un minimo rallentamento attraverso una riduzione della pressione fiscale.

    Viceversa nella ‘democratica’ Italia l’IVA rappresenta una spada di Damocle introdotta dal governo Berlusconi ed applicata da tutti i governi successivi come elemento di “finanza creativa” sostenuta  da Tremonti e successivamente utilizzata da tutti i titolari del dicastero economico. Al di là dell’aspetto funzionale di “clausola di salvaguardia” va infatti ricordato come l’aumento dell’Iva fosse tutto sommato appoggiato anche dai ministro Padoan e vice ministro Calenda. Questo infatti confidavano attraverso l’aumento dell’IVA in una spirale inflattiva che avrebbe ridotto il peso del debito pubblico (secondo la loro visione monetaristica ormai ridicola all’interno di una valuta come l’euro). Il fatto poi che questo ulteriore aumento della pressione fiscale avrebbe diminuito ancora di più i consumi riducendo la capacità di acquisto dei cittadini italiani non era un problema preso in alcuna considerazione dai dotti esponenti del governo Renzi. La vicenda dell’ IVA italiana, in altre parole, dimostra ancora una volta come l’intera compagine politica dell’intero arco costituzionale utilizzi la leva fiscale solo ed esclusivamente al fine di incrementare la spesa pubblica corrente ed improduttiva in modo da ottenere strumenti finanziari per il proprio giardino elettorale (https://www.ilpattosociale.it/2018/11/26/la-vera-diarchia/).

    Il paradosso dell’IVA dimostra in modo brutale ma inequivocabile come uno stato democratico che dovrebbe perseguire il raggiungimento del massimo benessere per i propri cittadini, dai quali  è democraticamente eletto, come propri rappresentanti si dimostri invece, attraverso una gestione della leva fiscale, assolutamente autoreferenziale (anche a confronto di uno Stato autoritario come la Cina) finalizzata solo al mantenimento del potere attraverso la gestione della spesa pubblica.

    Viceversa uno stato certamente molto meno democratico come la Repubblica cinese per perseguire gli obiettivi di crescita economica che sono fondamentali per mantenere il potere all’interno delle diverse espressioni dell’unico partito al potere attraverso delle politiche fiscali espansive determina  l’aumento del potere d’acquisto dei propri cittadini che ne risultano i primi beneficiari.

    Un paradosso talmente stridente che dovrebbe finalmente aprire una seria riflessione relativamente al peso dello Stato ma soprattutto della propria classe politica e dirigente all’interno della democrazia italiana. Se non per rivedere la sempre maggiore ingerenza dello stato nell’economia quantomeno nella individuazione degli obiettivi da conseguire attraverso le politiche fiscali i cui risultati ed effetti ormai si dimostrano paradossali.

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