Juncker

  • Crescita ed occupazione nell’UE grazie agli effetti del Piano Juncker

    E’ tempo di bilanci per la Commissione europea e per il suo Presidente uscente Jean-Claude Junker che lascerà la poltrona alla tedesca Ursula von der Leyen che si insedierà, con i 27 Commissari, il prossimo 1° novembre. Come dichiarato in una nota il piano di investimenti per l’Europa, il cosiddetto piano Juncker, ha avuto un ruolo chiave nel promuovere la crescita e l’occupazione nell’UE. Gli investimenti del Gruppo Banca europea per gli investimenti (BEI), con il sostegno del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) del piano Juncker, hanno aumentato dello 0,9 % il prodotto interno lordo (PIL) dell’UE e creato 1,1 milioni di nuovi posti di lavoro rispetto allo scenario di riferimento. Grazie al piano Juncker, entro il 2022 il PIL dell’UE sarà aumentato dell’1,8 %, con 1,7 milioni di posti di lavoro in più. Sono questi gli ultimi calcoli del Centro comune di ricerca (JRC) e del dipartimento di economia del Gruppo BEI, basati sugli accordi di finanziamento che risultavano approvati a fine giugno 2019. “Abbiamo raggiunto l’obiettivo che ci eravamo prefissi: riportare l’Europa su un percorso di crescita solida e stimolare l’occupazione”, il commento di Juncker. Oltre all’incidenza diretta che ha avuto sull’occupazione e sulla crescita del PIL, il piano avrà anche un impatto macroeconomico a lungo termine sull’UE. Guardando al 2037, saranno ancora evidenti i benefici delle sue operazioni: un milione di nuovi posti di lavoro e un aumento del PIL dell’UE dell’1,2 %. La migliore connettività e la maggiore produttività derivanti dai progetti sostenuti dal piano Juncker stanno contribuendo a rafforzare la competitività e la crescita dell’Europa nel lungo periodo. A partire da ottobre 2019 il piano dovrebbe mobilitare 439,4 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi in tutta l’UE. Più di un milione di start-up e piccole imprese dovrebbero ora beneficiare di un migliore accesso ai finanziamenti. Il 70% circa degli investimenti previsti provengono da risorse private, il che significa che il piano Juncker ha conseguito anche l’obiettivo di mobilitare gli investimenti privati.

    Grazie al sostegno del piano Juncker, la BEI e la sua controllata per il finanziamento delle piccole imprese, il Fondo europeo per gli investimenti (FEI), hanno approvato il finanziamento di quasi 1200 operazioni e stanno mettendo capitale di rischio a disposizione di più di un milione di start-up e di PMI in un’ampia gamma di settori in tutti i 28 Stati membri. In ordine di investimenti generati dal FEIS in rapporto al PIL, a ottobre 2019 i primi paesi sono la Grecia, l’Estonia, il Portogallo, la Bulgaria e la Polonia. I progetti del piano Juncker spaziano da un’infrastruttura paneuropea per la ricarica ad alta velocità dei veicoli elettrici a una società di gestione dei rifiuti alimentari in Romania, al reinserimento nel mondo del lavoro di ex militari nei Paesi Bassi.

    Oltre al finanziamento di progetti innovativi e delle nuove tecnologie, il piano Juncker ha sostenuto altri obiettivi dell’UE, ad esempio per quanto riguarda le politiche nel settore sociale, del clima e dei trasporti: più di 10 milioni di famiglie hanno accesso alle energie rinnovabili; 20 milioni di europei beneficiano di migliori servizi sanitari; 182 milioni di viaggiatori all’anno usufruiscono di migliori infrastrutture urbane e ferroviarie.

    Il Fondo europeo per gli investimenti strategici del piano Juncker sostiene idee innovative per proteggere il pianeta. I progetti finanziati dal Gruppo BEI nell’ambito del piano Juncker dovrebbero mobilitare 90,7 miliardi di € di investimenti a favore dell’azione per il clima: edifici a energia zero, parchi eolici, progetti nel settore dell’energia solare, docce a risparmio idrico, autobus ecologici e illuminazione a LED.

    Un altro importante obiettivo è contribuire a far decollare i progetti. Il polo europeo di consulenza sugli investimenti fornisce assistenza tecnica e consulenza ai progetti in fase iniziale. Dal suo avvio nel 2015, il polo ha gestito più di 1400 richieste da parte di promotori di progetti in tutti i paesi dell’UE; di questi, più di 400 hanno beneficiato di servizi di consulenza personalizzata e più di 50 progetti sono già stati inseriti nel portafoglio prestiti della BEI, come l’ammodernamento del sistema di illuminazione stradale di Vilnius, al fine di renderlo più efficiente sotto il profilo energetico. Inoltre, a settembre 2019, 890 progetti figuravano nel portale dei progetti di investimento europei, un luogo di incontro online tra i promotori di progetti e gli investitori. I progetti coprono tutti i principali settori dell’economia dell’UE, con proposte di investimento per un importo complessivo di 65 miliardi di euro. Da quando sono stati pubblicati sul portale, più di 60 progetti hanno ottenuto finanziamenti. Il portale offre anche servizi aggiuntivi, come l’organizzazione di occasioni di incontro tra i soggetti interessati.

  • I candidati dei partiti europei per la successione a Juncker

    La presidenza della Commissione europea viene assegnata al candidato principale del partito politico europeo che ha ottenuto il maggior numero di seggi al Parlamento Ue per il quale si voterà il 26 maggio (il presidente uscente Jean Claude Juncker era lo Spitzenkandidat del Partito popolare europeo, Ppe, nel 2014). Il sistema degli Spitzenkandidaten è stato il frutto di un accordo tra i capi di Stato e di governo dell’Ue, l’Europarlamento e i gruppi politici (il Trattato di Lisbona infatti prevede solo che il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, proponga un presidente della Commissione che l’Europarlamento deve poi confermare a maggioranza dei suoi membri). Anche alla luce di una risoluzione adottata nel febbraio del 2018, con cui il Parlamento europeo ha avvertito che respingerà i candidati alla presidenza della Commissione che non siano Spitzenkandidaten, le maggiori forze politiche europee hanno già individuato i loro candidati alla presidenza dell’esecutivo europeo: il tedesco Manfred Weber per il Ppe, l’olandese Frans Timmermans per il Pse, il ceco Jan Zahradil per l’Ecr, il tandem Violeta Tomič e Nico Cué per la Sinistra europea.  L’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa (Alde), Europa della libertà e della democrazia diretta (Efdd) ed Europa delle nazioni e delle libertà (Enf) non hanno ancora scelto i loro Spitzenkandidaten.

    Durante il Congresso di Helsinki dell’8 novembre 2018, il Partito Popolare Europeo (Ppe) ha eletto Manfred Weber suo “candidato di punta” per le elezioni europee. Nato nel 1972 a Niederhatzkofen, Weber ha iniziato la sua militanza politica a sedici anni nell’associazione giovanile nell’Unione Cristiano-Sociale in Baviera (CSU), partito di cui è ancora membro. Dopo aver ottenuto una laurea in ingegneria nel 1996, Weber continua la sua attività politica arrivando a guidare l’associazione giovanile della CSU tra il 2003 e il 2007. Nel 2002, a soli ventinove anni, diventa il membro più giovane del parlamento del land della Baviera, posizione da cui si dimette nel 2004 dopo la sua elezione al Parlamento Ue. Dopo la sua conferma all’Eurocamera nel 2009, Weber è nominato vicepresidente del Partito popolare europeo (Ppe). La sua notorietà aumenta a partire dal 2014, quando il bavarese diviene capogruppo del Ppe in seno all’Eurocamera. Sposato dal 2002, Weber è un cattolico praticante: oltre a essere membro del comitato regionale dei cattolici della Baviera, da novembre 2016 è membro del comitato centrale dei cattolici tedeschi. Weber rappresenta l’ala più a destra del Ppe e in passato si è schierato contro l’espulsione di Fidesz (il partito di Orban) dal gruppo. A livello di politica interna è per un controllo più stretto dei flussi migratori, in economia difende le regole del Patto di stabilità e i vincoli di bilancio, mentre in politica estera sostiene le sanzioni alla Russia, con una presa di posizione molto forte contro il progetto di gasdotto Nord Stream 2 che dovrebbe collegare la Russia alla Germania.

    Durante il Congresso del 7-8 dicembre 2018 a Lisbona, il Partito socialista europeo (Pse) ha nominato l’attuale primo vicepresidente della Commissione Ue, l’olandese Frans Timmermans suo “candidato principale” per le elezioni europee. Nato nel 1961 a Maastricht, Timmermans conosce molto bene l’Italia. Suo padre era archivista presso l’Ambasciata olandese a Roma e Timmermans ha trascorso gli anni dell’adolescenza nella capitale, dove ha imparato a parlare perfettamente l’italiano. Timmermans è sempre rimasto legato all’Italia, torna nel Paese molto spesso e non ha mai nascosto il suo tifo per l’As Roma. Prima di entrare in politica, Timmermans ha lavorato per anni presso il Ministero degli Esteri a L’Aia e all’Ambasciata olandese a Mosca. Parla fluentemente diverse lingue (oltre all’olandese e all’italiano, anche francese, inglese, russo e tedesco) ed è laureato in Lingua e letteratura francese. Eletto per la prima volta nella Camera del Parlamento olandese nel 1998, Timmermans ha ricoperto la carica di ministro degli Esteri tra il 2012 e il 2014 sotto il governo Rutte. Timmermans è membro Partito del Lavoro olandese e, in qualità di primo vicepresidente della Commissione Ue responsabile dello stato di diritto, ha seguito dossier difficili, come quello della difesa dei valori fondamentali dell’Unione nel braccio di ferro di Bruxelles con il governo polacco e con quello ungherese. Timmermans ha dichiarato che baserà la sua campagna elettorale sui temi dell’equità e del lavoro.

    I Conservatori e riformisti europei (Ecr) hanno designato come “candidato di punta” l’eurodeputato Jan Zahradil. Nato a Praga nel 1963, Zahradil ha iniziato ad appassionarsi alla politica durante la cosiddetta “rivoluzione di velluto”, che portò al crollo del regime comunista cecoslovacco in modo pacifico. Dopo la laurea all’Università di Chimica e tecnologia di Praga, Zahradil ha fatto per anni il ricercatore scientifico. Eletto nel 1992 all’Assemblea federale della Repubblica Cecoslovacca nelle file del Partito Democratico Civico (Ods), formazione politica conservatrice e nazionalista di cui è ancora membro, Zahradil è stato tra il 1995 e 1997 consigliere politico dell’ex primo ministro della Repubblica Ceca, Václav Klaus. Eletto al Parlamento Ue per la prima volta nel 2004, Zahradil presiede l’Alleanza dei Conservatori e dei Riformisti Europei (Acre) dal 2009. Pur essendo “candidato di punta” dell’Ecr, l’eurodeputato ceco ha affermato di essere contrario al sistema degli Spitzenkandidaten. Zahradil sostiene la necessità di controllare meglio i flussi migratori e si batte per dare maggiore potere ai Parlamenti nazionali.

    Durante il Congresso del 23-25 novembre 2018 a Berlino, il Partito europeo dei Verdi ha scelto Ska Keller e Bas Eickhout come candidati di punta per le europee. Nata nel 1981 a Guben, Keller ha studiato Studi Islamici, turcologia ed ebraica presso la Libera Università di Berlino e la Sabanci Üniversitesi di Istanbul. Nel 2009, a soli ventinove anni, è stata eletta al Parlamento europeo. Già candidata come Spitzenkandidat dei Verdi nel 2014 (insieme al francese José Bové), Keller si è battuta nella commissione per le Libertà civili dell’Eurocamera per rafforzare i diritti dei rifugiati e dei migranti. È la portavoce per le politiche femminili del partito tedesco Alleanza 90/I Verdi. 

    Bas Eickhout, nato a Groesbeek in Olanda nel 1976, è membro della Commissione Ambiente del Parlamento europeo. Dopo aver studiato chimica e scienze ambientali alla Radboud Universiteit di Nimega, Eickhout ha lavorato come ricercatore presso Agenzia per la protezione dell’ambiente olandese. È tra gli autori del rapporto del Comitato Intergovernativo sui cambiamenti climatici dell’Onu, che nel 2007 ha ricevuto un premio Nobel.

    Il Partito della sinistra europea ha eletto Violeta Tomič e Nico Cué come “candidati di punta” alle europee. Nata a Sarajevo nel 1963, Tomič è membro del Parlamento sloveno dal 2014 ed è vice-coordinatore del partito nazionale di sinistra Levica. Nico Cué (1956) è stato uno dei volti noti del movimento sindacale vallone e ha ricoperto per dodici anni la carica di Segretario Generale dei lavoratori siderurgici nel sindacato FGBT (Fédération Générale du Travail de Belgique).

  • EU leaders continue to pressure on UK deal amid rumours of earlier Brexit summit

    An evening meeting on Wednesday of EU leaders could be a critical moment in both Brussels and the UK’s efforts to end the deadlock in the ongoing Brexit negotiations as, according to a French official privy to the agenda of the meeting, a Brexit Summit could be announced earlier than the rumoured November 17-18 date that was first floated during a September summit in Salzburg, Austria.

    The November dates remain on the table but have not been finalised. An earlier summit would likely tilt in favour of UK Prime Minister Theresa May and give her more time to work a deal through Britain’s parliamentary procedures, which require a significant amount of time to finalise the ratification of any agreement that may be signed.

    According to the current assessment, the next milestone for the British administration would be the budget vote on October 29. A summit could, theoretically, be held immediately after that date provided constructive negotiations resume just after Wednesday’s meeting, but not before.

    The lack of progress at the weekend despite a last-minute visit by UK Brexit Secretary Dominic Raab’swith his European counterpart, Michel Barnier, did not allow the EU’s diplomatic chiefs to discuss the basis of a potential political declaration. The agenda and tone of Wednesday’s meeting will remain the same, though there was hope that European Parliament President Antonio Tajani and May would have more to discuss if a divorce agreement was already on the table.

    Talks will not collapse

    Thus far, according to sources with knowledge of the talks, there is no indication that the Brexit talks will collapse.

    European Commission President Jean-Claude Junckeris expected to brief the EU-27 on the EU executive’s preparations for a so-called ‘no-deal’ scenario. in the event that Brussels and London fail to agree on a post-Brexit framework. According to a senior EU official, the European Commission had extra proposals ready to be released but opted to hold them back due to the positive progress of the talks ahead of last weekend’s anticipated breakthrough.

  • Il Presidente Juncker e una delegazione di alto livello dell’UE alla 73a assemblea generale delle Nazioni Unite

    La settimana prossima il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker sarà a New York con una delegazione di alto livello dell’Unione europea per la 73a assemblea generale delle Nazioni Unite.

    I rappresentanti dell’UE ospiteranno e parteciperanno a numerosi eventi e incontreranno i leader mondiali, per sottolineare l’impegno costante dell’Unione europea a favore di un’istituzione, le Nazioni Unite, forte ed efficace, e per rafforzare il sostegno al multilateralismo e a un ordine mondiale fondato su regole. Come ha dichiarato il Presidente Juncker nel discorso sullo stato dell’Unione 2018, pronunciato il 12 settembre, “L’Europa non sarà mai una fortezza che volta le spalle al mondo, soprattutto al mondo che soffre. L’Europa non sarà mai un’isola. L’Europa deve restare e resterà multilaterale. Il pianeta appartiene a tutti e non solamente ad alcuni.”

    Domenica 23 settembre il Presidente Juncker e l’Alta rappresentante e Vicepresidente Federica Mogherini inaugureranno la settimana con una riunione bilaterale con il Segretario generale dell’ONU António Guterres, riconfermando il partenariato strategico UE-ONU. Incontreranno inoltre il presidente della Commissione dell’Unione africana (UA) Moussa Faki Mahamat per discutere di come proseguire il lavoro dell’innovativa cooperazione trilaterale UE-ONU-UA.

    Lunedì 24 settembre Juncker parlerà al Nelson Mandela Peace Summit, una riunione di alto livello sulla pace mondiale in onore del centenario della nascita di Nelson Mandela. Martedì 25 settembre Juncker, il Primo Vicepresidente della Commissione Frans Timmermans e l’Alta rappresentante e Vicepresidente Federica Mogherini, insieme al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, parteciperanno all’apertura della 73° assemblea generale.

    Il Presidente Juncker parteciperà anche a una serie di riunioni bilaterali: con il Presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, con il Presidente del Ruanda e dell’Unione africana, Paul Kagame, e con il Primo Ministro della Georgia Mamuka Bakhtadze. L’UE ospiterà una serie di eventi faro a margine dell’assemblea generale e i suoi rappresentanti saranno impegnati in dibattiti di alto livello, eventi a margine e numerose riunioni bilaterali.

    Fonte: Comunicato stampa della Commissione europea del 21/09/2018

  • Dal discorso sullo Stato dell’Unione di Juncker al contrasto al mobbing sul luogo di lavoro. Fitta l’agenda del Parlamento europeo in plenaria a Strasburgo

    Il momento più atteso sarà il discorso sullo Stato dell’Unione che terrà mercoledì 12 settembre il Presidente delle Commissione europea Jean-Claude Juncker ma non da meno saranno gli interventi del Presidente libanese Michel Aolun, di Alexis Tzipras, primo ministro greco, entrambi nella mattinata di lunedì 11 settembre, e Zoran Zaev, primo ministro dell’ex repubblica jugoslava di Macedonia, giovedì 13. Questi alcuni degli appuntamenti previsti durante la Sessione plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo dall’11 al 13 settembre in cui, vista la presenza di così tante figure di primo piano dello scenario geopolitico europeo e non solo, saranno affrontati tanti argomenti caldi, a partire dal corpo europeo di solidarietà agli accordi finanziari e di cooperazione con i Paesi terzi. Non mancheranno votazioni e discussioni sul riciclaggio di denaro, sul diritto d’autore nell’era digitale, sulla sanità e sul contrasto al mobbing e alle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Per tutti i dettagli consultare il sito http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+AGENDA+20180910+SYN+DOC+XML+V0//IT

  • Il Parlamento europeo apre una verifica sulla promozione di Selmayr a segretario generale

    Con voto unanime, il Parlamento europeo ha deciso di lanciare un’indagine su una presa di potere segnalata all’interno della Commissione europea. Il comitato per il controllo del bilancio del parlamento, presieduto dal deputato tedesco di centro-destra Ingeborg Graessle, verificherà come si è arrivata alla nomina del 47enne tedesco Martin Selmayr, capo dello staff del presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker, a massimo amministratore della Commissione, nei panni di segretario generale, il mese scorso. La decisione è stata presa prima di un acceso dibattito durante la sessione plenaria del parlamento a Strasburgo tra la Commissione europea e i membri del Parlamento europeo.

    La nomina di Selmayr è stata annunciata personalmente da Juncker in una conferenza stampa a Bruxelles ma il servizio di comunicazione della Commissione Europea aveva pubblicato una foto di Selmayr intitolata “segretario generale” una settimana prima dell’annuncio di Juncker. In seguito la didascalia è stata eliminata, ma non prima che un giornalista avesse visto e segnalato l’errore.

    Il collocamento di un cittadino tedesco nella principale carica civile della Commissione europea ha sollevato le tensioni dato che simili posti di lavoro amministrativo di livello elevato presso le istituzioni dell’Ue sono già occupati da tedeschi.

    Il commissario per il bilancio, Guenther Oettinger, anch’egli tedesco, non ha fatto altro che irritare gli eurodeputati affermando che Selmayr aveva tutte le qualifiche per assumere i compiti del segretario generale e ripetendo più volte che Selmayr era «al 100% adatto» per il posto, che era un europeo impegnato e un buon avvocato. «Tutte le decisioni, inclusa la decisione del nuovo segretario generale, sono state approvate all’unanimità dal collegio dei commissari», ha affermato, mentre dai verbali della riunione del collegio dei commissari risulta che la promozione di Selmayr è stata affrettata.

    Il Parlamento europeo voterà una risoluzione sulla questione in aprile dopo la sonda della commissione per il controllo di bilancio. Anche la difensore civica dell’Ue, Emily O’Reilly, sta esaminando la questione.

  • Europa sì, ma quale?

    L’Europa ritrova speranza nella solidarietà,
    che è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi.

    Papa Francesco (Vaticano, 24 marzo 2017)

    Sul Patto Sociale della scorsa settimana è stato pubblicato un articolo di Cristiana Muscardini intitolato “Le dichiarazioni di Juncker: una marchetta o qualche libagione di troppo?”. Una responsabile e doverosa reazione dopo le dichiarazioni del Presidente della Commissione europea fatte durante una conferenza a Bruxelles, il 22 febbraio scorso. Riferendosi alle elezioni del 4 marzo in Italia, Juncker aveva dichiarato, tra l’altro, che “dobbiamo prepararci per lo scenario peggiore e il peggior scenario potrebbe essere nessun governo operativo”. Cristiana Muscardini considerava, giustamente, simili dichiarazioni come una ”grave interferenza del Presidente della Commissione europea Juncker sulle elezioni italiane, interferenza indebita per le implicazioni sulla campagna elettorale e sull’economia nonché sul prestigio e peso dell’Italia rispetto alle altre nazioni europee e nel contesto internazionale”. E poi proseguiva, scrivendo che “qualcuno definirà la dichiarazione di Juncker la solita gaffe dovuta a qualche libagione di troppo, qualcuno penserà ad una marchetta fatta per ottenere riconoscenza da parte di coloro ai quali Juncker deve la sua presidenza alla Commissione. Entrambe le tesi non solo sono plausibili ma compatibili tra di loro!” E concludeva, convinta “…questa è una nuova dimostrazione di quanto Juncker sia inadatto al ruolo che ricopre o per incapacità politica o perchè asservito ad interessi di parte”.

    Chi scrive queste righe condivide la preoccupazione di Cristiana Muscardini, riferendosi a simili dichiarazioni e atteggiamenti di parte del presidente della Commissione europea. Anche perché dichiarazioni non basate e prive di verità Jean-Claude Juncker le ha fatto il 5 dicembre 2017 a Bruxelles, riferendosi alla realtà albanese. Durante una conferenza stampa con il primo ministro albanese lui dichiarava che “…noi, come Commissione Europea siamo molto impressionati dal progresso che ha fatto l’Albania. Elogiamo gli sforzi del primo ministro per combattere la corruzione nella migliore maniera possibile: avete fatto un progresso significativo. Siamo molto felici con questo che stia succedendo in Albania” (Patto Sociale n.292). In quell’articolo, l’autore si domandava “…Come mai questi elogi da parte di Juncker, “impressionato” ormai dalla lotta contro la corruzione in Albania?! Mentre, in realtà, la corruzione sta corrodendo in maniera diffusa, capillare e allarmante le strutture dello Stato e dell’amministrazione pubblica in Albania”.

    Purtroppo il presidente della Commissione europea continua con le sue dichiarazioni non basate, che urtano con la realtà vissuta in Albania. Il 25 febbraio scorso Juncker dichiarava, a Tirana questa volta e sempre durante una conferenza stampa con il primo ministro albanese, che  “l’Albania ha fatto molte riforme in molti campi, le quali sono impressionanti. Se si continua con le riforme questo permetterà alla Commissione europea di raccomandare [l’apertura] dei negoziati”. Ma di quali riforme impressionanti parla il presidente della Commissione europea?! Conosce lui quanto sta accadendo realmente in Albania?! Gli hanno mai riferito dei tanti gravi scandali in atto in Albania?! Ha mai sentito parlare il presidente della Commissione europea della cannabis albanese che sta invadendo tutta l’Europa? Ha mai letto lui qualche rapporto delle istituzioni internazionali specializzate, comprese anche quelle della stessa Unione europea, sulla galoppante corruzione che sta divorando tutto e tutti in Albania, partendo dai massimi livelli del potere politico?! È stato mai a conoscenza, il presidente della Commissione europea, della pericolosissima connivenza tra la criminalità organizzata e il potere politico in Albania?! Si è mai chiesto il presidente della Commissione europea, prima di fare simili dichiarazioni, perché gli albanesi scappano dal loro Paese e sono ormai tra i primi richiedenti asilo in Europa, superando spesso anche gli afgani e i siriani, che fuggono da dove si combatte da anni e dove si muore ovunque e a qualsiasi ora?! Sono dati ufficiali e il presidente della Commissione europea ha il dovere e l’obbligo, almeno istituzionale, di leggerli e di conoscerli.

    In più, è stata considerata come inopportuna e come interferenza forzata la dichiarazione di Juncker riguardante le trattative in corso tra l’Albania e la Grecia per le frontiere. Trattative che sono diventate un tema scottante nelle ultime settimane. Almeno in Albania, quanto stia accadendo con le trattative con la Grecia e coperte da un’inquietante mancanza di trasparenza, sa di scandalo (Patto Sociale n.297; 5 febbraio 2018). Anche perché si tratta di enormi interessi nazionali ed economici in gioco. E sembra che il primo ministro albanese sia pronto a cedere sovranità territoriale alla Grecia, in cambio del voto positivo di quest’ultima per l’apertura dei negoziati dell’Albania con l’Unione europea. Voto che gli serve soltanto per motivi propagandistici. Da sottolineare che, nel frattempo, la Grecia ha minacciato l’Albania a più riprese e tramite le sue massime rappresentanze istituzionali, Presidente della Repubblica compreso, con il suo veto contro l’apertura dei negoziati se non verranno soddisfatte le sue richieste. E proprio in questo momento interviene Juncker, dichiarando che “i problemi tra l’Albania e la Grecia si devono risolvere quanto prima…Incoraggio sia l’Albania che la Grecia, perché questo è un elemento in più per accettare l’apertura dei negoziati”. La Grecia è ormai da tempo membro dell’Unione europea, perciò non aspetta nessuna “apertura di negoziati”. Questo messaggio del presidente della Commissione europea è chiaro e riguarda soltanto l’Albania, compresa anche la minaccia. Non è ancora chiaro, però, il perché di questo messaggio.

    Visto tutto ciò, chi scrive queste righe non può non pensare anche a quanto scriveva Cristiana Muscardini la scorsa settimana, nel suo sopracitato articolo. Per tante e valide ragioni. Ma anche perché fonti mediatiche riferiscono che, volendo chiudere con le domande dei giornalisti durante la conferenza stampa del 25 febbraio scorso con il primo ministro albanese, il presidente della Commissione europea sembrerebbe abbia detto in inglese “Sorry, I am hungry” (scusatemi, sono affamato)!

    Chi scrive queste righe è convinto che l’Unione europa, voluta e costituita dai Padri Fondatori il 25 marzo 1957 a Roma, certamente non è questa attuale. Ma quei Padri Fondatori “non hanno mancato d’audacia e non hanno agito troppo tardi” ha detto Papa Francesco. Non come determinate persone, che hanno guidato e guidano le istituzioni dell’Unione europea e che, con il loro comportamento, hanno causato, tra l’altro, anche il disamoramento dei cittadini. Disamoramento che stanno cavalcando, non senza successo, diversi movimenti populisti in Europa. Ragion per cui suonano attuali le parole di Papa Francesco: “L’Europa ritrova speranza nella solidarietà, che è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi”.

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