nascita

  • La famiglia dimenticata

    I dati allarmanti relativi alla decrescita demografica dell’Italia, se da una parte confermano la totale inadempienza di tutti i governi che da trent’anni si sono susseguiti alla guida del Paese nella elaborazione di politiche di sostegno alle famiglie, dall’altra certificano la totale incompetenza dei vertici dirigenziali sulle grottesche analisi proposte anche nel passato relative allo stesso fenomeno. La decrescita demografica può venire interpretata come una sostanziale mancanza di fiducia nel futuro tanto rispetto allo sviluppo economico quanto a quello sociale espressa dalle famiglie e delle singole persone.

    In passato, invece, era stata definita quasi come la degenerazione di un infantile individualismo legato e causato anche da un senso di benessere diffuso. In questo contesto venne coniato ed attribuito in modo molto semplicistico ad una generazione il termine di “bamboccioni”, incapaci cioè di dimostrare di possedere una visione di vita che andasse oltre l’immediatezza nella ricerca del piacere.

    Un’espressione semplicistica che trasudava arroganza e che al tempo stesso si presentava come un cristallino esempio di una presunzione intellettuale poi ovviamente smentita, allora come oggi, da una valutazione più analitica dei dati demografici.

    Dall’analisi dell’ultima indagine demografica risulta infatti che il Trentino Alto Adige, ancora una volta, si dimostra come l’unica zona geografica italiana che possa esprimere un quoziente demografico positivo (*). In queste due province autonome, esattamente come in passato, le giovani famiglie, proprio in ragione della sicurezza di poter contare nel territorio di servizi adeguati alle proprie esigenze, invece di scegliere una vita da “bamboccioni” decidono di aumentare il numero dei componenti familiari. Ovviamente questo è possibile anche in virtù del particolare regime fiscale di cui godono le due province autonome, le quali sono finanziariamente in grado di assicurare questi servizi ai nuclei familiari grazie alle maggiori risorse garantite dal loro status di autonomia.

    Viceversa, nel resto del paese, partendo dalla semplice considerazione di un numero dei posti negli asili nido da sempre inferiore alla richiesta delle giovani famiglie, viene certificata la motivazione di questo continuo calo demografico come espressione di una mancanza di fiducia soprattutto nei confronti dei servizi assicurati dallo Stato il quale, paradossalmente, continua a diminuirne in qualità e capacità a fronte di un continuo aumento della spesa pubblica.

    (*) Il quoziente demografico è un indicatore statistico che permette di misurare diversi aspetti di una popolazione, come il tasso di natalità, il tasso di mortalità, il saldo migratorio, il tasso di crescita totale.

  • Il calo demografico colpisce anche Asia e Africa

    Uno studio dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme), apparso sulla rivista The Lancet, stima che, seppur meno che nella misura drammatica dell’Occidente, anche in Asia e, in misura minore, in Africa si registrerà un calo delle nascite. Entro il 2050 – afferma la ricerca –  “oltre tre quarti (155 su 204) dei Paesi non avranno tassi di fertilità sufficientemente elevati per sostenere la dimensione della popolazione nel tempo; questa percentuale aumenterà fino al 97% (198 su 204) entro il 2100”. La dimensione globale del fenomeno è “catturata” da due dati. Il tasso di fertilità globale – il numero medio di nascite per donna – è sceso da circa 5 figli nel 1950 a 2,2 nel 2021. Oltre la metà di tutti i Paesi e territori (110 su 204) è “al di sotto del livello di sostituzione della popolazione pari a 2,1 nascite per donna”.
    Nei prossimi decenni, secondo lo studio, “si prevede che la fertilità globale diminuirà ulteriormente, raggiungendo un tasso di circa 1,8 nel 2050 e 1,6 nel 2100, ben al di sotto del livello di sostituzione. Si prevede che entro il 2100 solo sei dei 204 Paesi e territori (Samoa, Somalia, Tonga, Niger, Ciad e Tagikistan) avranno tassi di fertilità superiori a 2,1 nascite per donna”. In 13 Paesi, tra cui Bhutan, Bangladesh, Nepal e Arabia Saudita, si prevede che i tassi scenderanno addirittura al di sotto di un figlio per donna.

    «Stiamo affrontando un cambiamento sociale sconcertante», ha affermato l’autore senior dello studio, il professor Stein Emil Vollset dell’Ihme, evidenziando che tra i problemi da mettere in conto vi sono «la forza lavoro in diminuzione e la crescente pressione sui sistemi sanitari e di sicurezza sociale dovuto all’invecchiamento della popolazione». La forbice tra Paesi si allargherà drammaticamente. Già oggi il mondo cresce a velocità diverse. Nel 2021, il 29% dei bambini del mondo è nato nell’Africa sub-sahariana. E il disequilibrio crescerà: entro il 2100, si prevede che la percentuale aumenterà fino a oltre la metà (54%) di tutti i bambini. Secondo i ricercatori, il doppio binario avrà inevitabili ricadute “politiche”, perché «la popolazione più giovane e in più rapida crescita del pianeta» si addenserà «in alcuni dei luoghi politicamente ed economicamente più instabili». «Una volta che la popolazione di quasi tutti i Paesi diminuirà, il ricorso all’immigrazione aperta diventerà necessario per sostenere la crescita economica“, è la conclusione di Natalia Bhattacharjee dell’Ihme, coautrice del rapporto.

  • In Italia è emergenza denatalità ma gli italiani vogliono fare figli

    Politiche sociali concertate che tengano conto non solo di una spinta alla genitorialità ma anche una serie di misure concrete che arginino la denatalità per evitare di permanere nell’inverno demografico. E’ quanto è emerso a Firenze, in occasione del XXXVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps).

    Gli italiani vogliono ancora i figli, come rivela l’Istat che ha intervistato non solo adulti in età feconda, ma anche ragazzi più giovani, di 11-19 anni, che nei loro piani hanno anche quello di fare famiglia.

    “L’Italia è un Paese vecchio, è un Paese per i vecchi, dove le nascite continuano a calare”, afferma la dottoressa Chiara Ferrari (Ipsos). “Questo ha un risvolto su tanti aspetti del vivere quotidiano, ma soprattutto sulla società. Andiamo – sottolinea – verso un sistema non più sostenibile, dove ci saranno tre persone anziane per un adulto, quindi un sistema pensionistico che non si sostiene, un sistema scolastico che non si sostiene”.

  • Meno 59: l’emergenza demografica non percepita dalla cecità istituzionale

    Mentre il mondo politico si divide tra riforme istituzionali i cui stessi promotori non si dimostrano in grado di comprenderne gli effetti (*) ed una opposizione che insorge a favore di un ipotetico salario unico dopo essere stata per oltre dieci anni maggioranza di governo, il nostro Paese piano piano si dirige verso l’annullamento demografico scendendo sotto i cinquantanove (59) milioni di abitanti.

    Contemporaneamente la manovre finanziarie di ogni governo, ma in particolare dal 2011, governo Monti e riforma Fornero, continuano ad avere come problematiche centrali la gestione della spesa pensionistica. Di certo non esprimono alcuna politica a favore della crescita della occupazione stabile e di conseguenza della famiglia.

    In questo contesto le uniche due realtà che abbiano una natalità positiva sono rappresentate dalla province autonome di Trento e Bolzano le quali possono contare sulle risorse che l’autonomia fiscale garantisce alle famiglie.

    Sembra incredibile come ancora adesso non si comprenda che le famiglie nascano e crescano all’interno di contesti di sviluppo economico in grado di creare lavori a tempo indeterminato garantiti e servizi alla famiglia finanziati attraverso il prelievo fiscale che viene speso dove viene generato.

    In altre parole, sarebbe opportuno cominciare ad ammettere come la spesa pubblica abbia sostanzialmente fallito la propria funzione in quanto non solo non è in grado di fornire quei servizi essenziali indipendentemente dal livello di retribuzione ma ancora meno è stata in grado di assicurare gli strumenti necessari soprattutto di supporto alle famiglie.

    Una spesa pubblica che ha comunque reso il nostro Paese l’unico in Europa ad avere negli ultimi trent’anni una riduzione del -2,7% del reddito disponibile mentre in Germania nello stesso periodo è cresciuto del +34,7%.

    La marginalità demografica, in ultima analisi, e di conseguenza economica, alla quale il nostro Paese viene destinato rappresenta la più grande responsabilità di una classe politica che da sempre vede nella gestione della spesa pubblica la massima espressione del proprio potere che viene gestito non certo a favore della popolazione ma solo per salvaguardare i propri interessi (**).

    In più questa crisi demografica, paradossalmente, non interessa a questa classe politica, in quanto la riduzione del bacino elettorale all’interno del quale le persone decedute non vengono sostituite da nuovi elettori permette di abbassare le soglie elettorali di elezione e, di conseguenza, aumentare il peso specifico del partito e dei suoi sostenitori.

    Solo una politica economica di sviluppo all’interno di un contesto di aspettative positive assicurate dalla certezza di servizi a favore della famiglia può invertire questo trend come il Trentino Alto Adige da anni insegna.

    Evidentemente le priorità di spesa e, di conseguenza, di ricaduta per la popolazione sono altre, basti pensare al delirio del ponte sullo Stretto di Messina oppure all’aumento dell’Iva sul latte in polvere.

    Il nostro Paese, in ultima analisi, si avvia ad un declino espresso dall’inadeguatezza dell’intera classe politica italiana.

    (*) La Russa che parla di un ridimensionamento della figura del Presidente della Repubblica quando ad essere ridimensionato risulta il Parlamento https://www.ilpattosociale.it/politica/le-riforme-istituzionali-dalla-funzione-di-governo-a-quella-del-comando/

    (**) 2018 https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-vera-diarchia/

  • Aperte le iscrizioni per il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie

    Sono aperte le iscrizioni per il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie. È infatti online il sito del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie, (http://wcfverona.it) che quest’anno si terrà in Italia, nella città di Verona, dal 29 al 31 marzo 2019. E’ possibile iscriversi al grande evento, co-organizzato dall’Organizzazione Internazionale per la Famiglia (IOF), da Pro Vita Onlus, da Generazione Famiglia, da CitizenGo, dalla National Organization for Marriage e dal Comitato Difendiamo i Nostri Figli.

    Sono previste migliaia di persone per la tre giorni di Verona, città modello a favore della vita, come è stata recentemente indicata per la sua mozione a favore dei bambini nel grembo materno.

    Tra i temi del Congresso ci sono la bellezza del matrimonio, i diritti dei bambini, la donna nella storia, la crescita e il calo demografico, la dignità e la salute delle donne, il divorzio: cause ed effetti. E’ prevista la partecipazione di leader mondiali, organizzazioni, esperti e famiglie per affermare, celebrare e sostenere la famiglia naturale come la sola unità stabile e fondamentale della società.

    Tra i relatori che hanno già confermato la propria presenza ci sono Matteo Salvini, Vicepresidente del Consiglio; Igor Dodon, Presidente della Repubblica Moldava; Lorenzo Fontana, Ministro per la Famiglia e le Disabilità; Katalin Novak, Segretario di Stato e Ministro per la famiglia ungherese; Attila Beneda, Vice Ministro per la famiglia ungherese; Federico Sboarina, Sindaco di Verona; Massimo Gandolfini, Presidente del Family Day; Dr. Allan Carlson, autore e co-fondatore dell’Howard Center; S.E. Ignazio Giuseppe III, Patriarca della Chiesa cattolica sira; S.E. Konrad Glebocki, Ambasciatore Polacco in Italia.

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