Natura

  • Combimais presenta i dati del 2022

    INNOVAGRI e l’Azienda Agricola di Andrea e Mario Vigo giovedì 22 settembre, alle ore 14.30 presentano i dati produttivi 2022 del progetto COMBI MAIS HYDROTECHNOLOGIES 9.0 SMART.

    L’evento, dal titolo Il Protocollo di produzione sostenibile dal campo alla tavola, si svolgerà presso la Società Agricola Folli, V. A. Grandi 1, Robbiano di Mediglia (MI)

  • Conservare in buona salute la biodiversità per salvaguardare la nostra vita

    Sappiamo, ormai, più o meno tutti come sia importante conservare in buona salute la biodiversità per salvaguardare la vita della terra e cioè la nostra vita e noi italiani abbiamo la fortuna di vivere nel primo paese europeo per biodiversità, l’Italia ha, infatti, il maggior numero di specie vegetali e animali di tutta Europa.

    Con criteri scientifici a livello mondiale si sono selezionate aree protette e predisposte linee guida note come liste rosse. In queste liste sono registrate le specie gravemente minacciate, quelle in pericolo e quelle ritenute al momento solo vulnerabili. Nella lista sono considerate anche  le specie quasi minacciate e quelle che destano minor preoccupazione, in questo modo si possono monitorare tutti gli eventuali nuovi problemi che si potrebbero incontrare e i miglioramenti che in alcune aree e per alcune specie  cominciano a vedersi.

    Per individuare i livelli di rischio si utilizzano le liste predisposte dalla IUCN, l’Unione mondiale per la conservazione della natura. A questa organizzazione sono associati 221 tra Stati e agenzie governative, 1200 Ong e varie associazioni anche di popoli indigeni. L’organizzazione è presente in 160 paesi  ed ha più di 18.000 esperti che lavorano in sei commissioni mondiali le quali operano su varie aree geografiche a seconda del settore del quale si occupano.

    Per tutti coloro che vogliano saperne di più e magari si sentano di voler contribuire, anche solo tenendo comportamenti che aiutino a preservare le specie a rischio, come le api o gli  insetti impollinatori, la scomparsa dei quali sarebbe una tragedia per tutta l’umanità, il sito del comitato italiano della IUCN è facilmente consultabile alla pagina www.lunch.it/liste-rosse-italian.php

  • La Commissione europea percorre le regioni italiane con il CAI

    Mercoledì 16 febbraio alle 11:00 la Rappresentanza della Commissione europea in Italia parteciperà alla conferenza stampa del “Progetto Sentiero Italia CAI” dell’associazione sportiva dilettantistica SearchGo, come partner istituzionale del progetto, presso la Sala Eden del Comune di Ortona.

    Un progetto per riunire le regioni italiane, isole comprese, “in un grande abbraccio” – usando le parole del presidente generale CAI Vincenzo Torti – attraverso un cammino di 7.000 chilometri che valorizza le vie sentieristiche del nostro territorio lungo tutte le catene montuose del nostro Paese.

    Da Santa Teresa di Gallura (SS) a Muggia (TS), il percorso è marcato dall’impronta verde del Green Deal europeo. A diretto contatto con la natura, la Commissione europea porta sul cammino gli obiettivi, gli impegni e le risposte dell’Unione per la transizione verde in termini di tutela dell’ambiente, lotta al cambiamento climatico e crescita socio-economica sostenibile.

    L’ambizioso traguardo di ridurre a zero le emissioni di CO2 entro il 2050 è supportato da una riflessione attenta su nuovi modelli economici che coniughino ricerca, innovazione, investimenti e occupazione. Proteggendo l’ambiente e il clima, infatti, l’Unione europea tutela la salute e il benessere dei cittadini dei Paesi membri anche attraverso la creazione di nuove opportunità di sostenibilità sociale.

    Anche sul Sentiero Italia CAI, la Commissione procede con tenacia e dedizione verso una transizione storica che faccia sentire i cittadini pienamente protagonisti di una rivoluzione green, mettendo al centro i territori, le loro ricchezze naturali e le loro potenzialità sociali.

    Oltre a Laura Ambrosino, responsabile media della Rappresentanza a Milano della Commissione europea, interverranno Francesco Bernabeo, Michela D’Annibale e Tommaso Bernabeo, rispettivamente presidente, vicepresidente e tesoriere dell’A.S.D. SearchGo, Francesco Sulpizio, presidente CAI Abruzzo, e Antonio Montani, vicepresidente CAI.

    Sarà possibile seguire l’evento sia in presenza, previa esibizione del Green Pass rafforzato come da normativa vigente, sia in diretta streaming sulla pagina Facebook.

    Seguite i profili social della Rappresentanza della Commissione europea in Italia (@europainitalia) per scoprire alcuni dei progetti #EUFunded lungo il percorso e le azioni a sostegno dell’ambiente #EUGreenDeal.

    Fonte: Commissione europea

  • Pronti e in vendita i calendari 2022 del Cheetah Conservation Fund

    Anche quest’anno torna il calendario del Cheetah Conservetion Fund che propone il passato e il presente, ghepardi in natura, del CCF, e il grande amico della dr. Laurie Marker, Chewbaaka, inserito in memoria di un grande Ambasciatore che è stato ritratto sul National Geographic e in tante altre riviste.

    Nuove foto di fotografi amici del CCF che hanno donate le loro opere al Centro che terranno compagnia nel corso dei 12 mesi.

    Il lavoro nei due Centri del Cheetah Conservation Fund in Namibia e in Somaliland, non si è mai arrestato in questi difficili mesi, anzi, è aumentato. Chi ci segue sui social e sul sito ccf-italia.org saprà infatti che grazie alla generosità di tanti amici del CCF sono stati inviati donazioni, farmaci, apparecchiature chirurgiche e mangimi introvabili sia in Somaliland che in Namibia.

    I cuccioli confiscati sono tanti e il lavoro di contrasto al commercio illegale da parte del governo del Somaliland ha dato buoni frutti. Un capo di tali traffici è stato arrestato e condannato a quattro anni di reclusione, mentre i veterinari ed il personale sul posto si è occupato con grande dedizione dei cuccioli salvati. Purtroppo molti non ce l’hanno fatta, ma altri stanno bene, e sono protetti nelle tre Safe House di Hargeisa.
    Innumerevoli sono stati i viaggi della dr. Marker in Somaliland, mentre in Namibia il lavoro di educazione e sensibilizzazione oltre che con i Cani da Guardia continua a dare buoni frutti: tutto

    Chi vuole acquistare il calendario può fare un bonifico di 15€ e riceverlo a casa. Si può pagare con PayPal e con carta di credito: https://ccf-italia.org/aiuta-i-ghepardi/fai-una-donazione/ oppure sul conto bancario IBAN IT42T06090 22301000001000514.

    Dal giorno 8 novembre, l’IBAN del CCF sarà il seguente:
    Cheetah Conservation Fund Italia
    IT68E0608522301000001000514

     

  • Non chiamatemi assassina

    La condizione degli animali che vivono negli zoo, nei parchi di divertimento (divertimento solo umano) o comunque costretti a vivere al di fuori dei loro habitat naturali, viene denominata “cattività” (dal latino captivitas) ovvero la condizione di chi vive da captivus “prigioniero”.

    Detto ciò, che una vita da prigioniero (senza alcuna colpa e innocente!) possa portare alla follia e ad azioni impulsive o “cattive”, il passo è davvero molto breve, persino nel mondo animale dove anche l’azione apparentemente (per noi) più violenta e crudele (del leone come di un’orca) rientra nell’ordine degli avvenimenti di questo mondo, al pari di un’eruzione vulcanica o di una tempesta di fulmini. Per cui la storia degli animali bollati come “assassini” perché ribellandosi ai loro carnefici lo sono divenuti essi stessi non può essere ignorata o archiviata sempre come un fatale incidente ma, al contrario, deve diventare anch’essa oggetto di un nuovo modo di raccontare alle future generazioni che ogni azione porta a delle reazioni e che anche nei confronti del mondo animale abbiamo fatto troppi sbagli. Infatti, la narrazione che dietro a tanti spettacoli di animali (così come per tanti alimenti di origine animale) vi è molta violenza e sfruttamento (e torture in molti casi) deve rientrare rapidamente in quel processo di transizione culturale (di cui si parla tanto) verso un mondo più sostenibile. Perché se sugli adulti ricade la responsabile decisione di boicottare certi spettacoli di animali come certi prodotti o alimenti è anche vero che peluche (sintetici), figurine, cartoni animati o film (con animali antropomorfi spesso anche piuttosto isterici) non potranno generare (come è stato già dimostrato nel caso della mia generazione) alcuna empatia o amore per gli animali e la natura in genere. Certamente più positivi quei documentari che raccontano le meraviglie della natura e, al contempo, i problemi a loro causati dalle nostre azioni. Sempre e comunque meno positivi rispetto alla possibilità di poter condividere con i nostri figli il contatto diretto con animali e spazi aperti ricchi di vegetazione. Un bambino che vede delle orche saltare in un parco acquatico non può che esserne stupito e meravigliato. È normale. La natura desta stupore e meraviglia. Quello che non è normale è che ci siano ancora milioni di persone che continuano a portare i loro figli a questi spettacoli. A chi piacerebbe essere rapito da bambino e costretto a vivere rinchiuso in una piccola stanza per imparare a fare (con continue violenze fisiche e psicologiche) ogni giorno, per decine di anni, pochi stupidi e inutili gesti per soddisfare la curiosità di tante persone rumorose e indifferenti alle nostre sofferenze? A nessuno. Stiamo parlando di sequestro di persona (Art. 605 bis c.p.), sfruttamento del lavoro minorile (Art. 602 bis c.p.) tortura (Art. 613 bis c.p.) ed almeno altri dieci reati gravi. Ma stiamo parlando di reati previsti in un codice penale fatto dagli uomini per gli uomini. Troppo poco si è fatto in questa direzione quando si parla del rapporto fra uomini e animali (figuriamoci con i vegetali!).

    Era il 1983 quando un’orca maschio di soli due anni (denominata Tilikum) viene catturata nelle acque del fiordo Berufjörður, non lontano da Reykjavík (Islanda). Tenendo conto che mediamente passano dai quattro agli otto anni tra un parto e l’altro (per via di un lungo periodo di accudimento per i cuccioli di orca), Tilikum è stato, di fatto, strappato alla madre ancora molto piccolo. Il primo anno da prigioniero lo trascorre nuotando da solo e in tondo in una piccola vasca dell’Hafnarfjördur Marine Zoo, in Islanda, prima di essere trasferito, in una vasca poco più grande, presso il parco acquatico Sealand of the Pacific, in Canada. E tenendo conto che le orche sono mammiferi che vivono in gruppi familiari affiatati e capaci di nuotare per 150 km al giorno (ad una velocità che può raggiungere i 55 Km/h) e di immergersi dai 30 a 150 metri per più volte al giorno, tutti i giorni per procurarsi il cibo, vivere anche fosse solo per poche ore da soli e in una piccolissima vasca con acqua alla stessa temperatura, nutriti in orari e in quantità stabiliti, è per loro una tortura indescrivibile. Immaginatevi cosa possa significare per la loro condizione fisica e mentale essere costrette a farlo per anni! Non c’è da meravigliarsi, infatti, se delle 166 orche catturate in natura a partire dal 1960 (dati dell’associazione britannica Whale and Dolphin Conservation) in molte hanno cercato di ribellarsi quando ne hanno avuto l’occasione. L’arma utilizzata (ancora oggi nella maggior parte degli spettacoli con animali) per limitarne la ribellione è quella della minaccia della privazione del cibo. “Ti do da mangiare se ti esibisci, altrimenti rimani digiuno”. I molti incidenti con gli addestratori sono stati spesso insabbiati o minimizzati da quasi tutti i direttori dei parchi marini. Se questo non è stato più possibile è solo grazie al proliferare di telecamere e telefonini che ne hanno documentati moltissimi in questi anni. Il piccolo Tilikum, divenuto nel tempo l’esemplare di orca vivente più grande (lungo quasi sette metri e con un peso di oltre cinque tonnellate) è anche divenuto il più famoso esemplare per la sua “cattiveria”. Nel 1991, nel 1999 e nel 2010 ha infatti ucciso l’istruttore del momento.

    Perché dopo il primo “incidente” non sono terminati questi “spettacoli”?

    Tilikum ha finito di soffrire nel gennaio del 2017 a soli 34 anni (mediamente le orche maschio possono vivere fino a 50, 60 anni) dopo una lunga e mortificante prigionia durata più di tre decenni. Ancora oggi le orche vengono spesso definite “orche assassine” rifacendoci alla traduzione del loro nome comune inglese che è killer whales (balene assassine). Ma in questa storia, come nella lunga storia di tutte le torture verso gli animali, chi è il vero assassino? Chi è il vero orco? (in latino il nome delle orche deriva dal nome del dio Orcus, il dio degli inferi). Ci sono storie che non possiamo più evitare di raccontare ai nostri figli, come ci sono domande a cui non possiamo più evitare di rispondere. Nel contempo, non chiamiamole più assassine.

  • Una corsa per i ghepardi

    Dal 7 al 20 giugno il CCF UK organizza la seconda CORSA DEI GHEPARDI e invita tutti a partecipare con amici, da soli, con i propri bambini, singolarmente o a gruppi. Il CCF Italia sarà presente con il Regno Unito.

    Per battere il record dell’anno scorso occorre fare più corse, camminate o maratone possibili, creando così maggiore consapevolezza e raccogliendo fondi al tempo stesso.

    Tutti possono partecipare, ovunque nel mondo, iscrivendosi al seguente link: https://bit.ly/RfC2021

    Basta pagare 15 Sterline a persona, o 30 per un gruppo, e si riceverà una maglietta CCF UK fino ad esaurimento scorte. E’ semplicissimo!

    #RaceforCheetahs

    #CorriPerIGhepardi

  • Impariamo dagli animali a preservare la natura per i figli dei nostri figli

    Sempre di più sono le specie di animali in via di estinzione e non per cause naturali ma per l’intervento dell’uomo che dopo avere, con la caccia per motivi di lucro, decimato grandi mammiferi come elefanti, rinoceronti, balene e bisonti oggi distrugge tanta parte dell’ecosistema sia appiccando incendi, come quelli che hanno distrutto migliaia di ettari in Amazzonia, incendi per i quali  il governo del paese non fa praticamente nulla  per punire severamente i responsabili né per dare vita ad una seria politica di prevenzione, sia costruendo muri come quello tra gli Stati Uniti ed il Messico. Nonostante ad oggi il muro sia ancora in parte a maglie larghe si conta che già si vedano effetti nefasti per la fauna e per la flora con 93 specie a rischio. Le travi d acciaio sono posizionate troppo vicine per consentire il passaggio di animali e per alcuni, come i giaguari, le barriere impediscono quella libertà di movimento essenziale perché questo animale possa riprodursi. Il giaguaro infatti ha bisogno di spazi molto ampi. Scoiattoli grigi, più grandi di dimensione rispetto ai nostri europei, coyote, procioni, lepri, solo per fare alcuni esempi, rimangono spesso feriti e muoiono impigliati nei fili spinati del muro. Certo molti animali determinano il territorio che ritengono loro, del loro gruppo e lo difendono da esemplari uguali ma convivono con altre specie, rimangono cioè in sintonia con tutte le diverse realtà che compongono quel territorio da prima e che resteranno anche dopo la loro morte o il loro spostarsi in altri territori. Il rispetto di quanto ci circonda come fonte della stessa sopravvivenza dei singoli individui, come delle altre specie, è ben chiaro negli animali ma sembra quasi completamente sconosciuto a gran parte degli umani che considerano il territorio come una proprietà assoluta e che perciò può essere stravolto, modificato, distrutto a loro piacimento. L’animale preserva per i figli dei figli, la vita oggi è la vita di domani, l’uomo modifica, cementifica, divide, distrugge senza pensare alla sopravvivenza della natura e perciò si condanna a nuove sofferenze e a probabile estinzione. La libertà, il libero arbitrio, la conoscenza non ci sono stati dati per commettere soprusi ma per vivere in sintonia con tutte le varie forme di vita che esistono, solo se capiamo questo, se troviamo la capacità, la volontà, la forza morale di non cementificare quando non è necessario, di rispettare l’acqua non costruendo dove può espandersi, di non violare continuamente lo spazio con esperimenti che producono effetti nefasti nel tempo, forse riusciremo a salvare l’ecosistema altrimenti, come ha ricordato Papa Francesco, rischiamo e il covid è già un forte segnale di quanto siamo a rischio.

  • Natura docet

    Fondatore dei progetti Asilo nel Bosco, Asilo del Mare e del primo network di professionisti dell’educazione all’aperto denominato Scuole Naturali. Presidente dell’Associazione Manes. Formatore, scrittore, divulgatore e padre di cinque figli. Insomma, Danilo, tante esperienze. Da dove sei partito? E perché hai dato tanto interesse ad un modello educativo basato su una maggiore interazione bambini-comunità-ambiente?

    Mi sono formato sul modello pedagogico di Waldorf e di Steiner. Ho insegnato per anni in asili e in classi elementari e medie dove ho seguito bambini e ragazzi con difficoltà di apprendimento, comportamentali e in abbandono scolastico. Da loro ho imparato tantissimo e soprattutto cosa non dovrebbe essere una scuola. Così, con colleghi e amici ho fondato nel 2009 l’Associazione Manes per aprirci al confronto e per raccogliere e promuovere nuove esperienze per una libera scuola pubblica.  Libera nell’insegnamento e nella ricerca pedagogica, aperta a tutti dove la responsabilità educativa risieda finalmente nelle persone e non nelle istituzioni. È fondamentale oggi rinnovare il paradigma educativo attraverso piattaforme di esperienze di apprendimento, fare formazione all’outdoor education, narrare il cambiamento, supportare studenti, famiglie e scuole, connettere persone e contenuti sviluppando la rete territoriale della comunità educante, stabilire partnership tra cultura, terzo settore, imprese e scuola.

    Che cos’è una Scuola Naturale?

    Una Scuola Naturale è un contesto in cui l’educazione è benessere, dove i bambini possono fiorire e dove lo stare bene (fisicamente, emotivamente, relazionalmente) è centrale e premessa di tutto il resto. L’accompagnamento e l’inclusione delle fragilità sono quindi aspetti prioritari di una scuola che vuole abbracciare il bambino a tutto tondo. In una Scuola Naturale si pone particolare cura nella relazione con i bambini e le bambine e attenzione ai loro bisogni di gioco e di attività strutturate dotate di senso e valore artistico e artigianale. È una scuola in cui si lavora sulle soft skills, sui talenti e sulle intelligenze multiple tenendo presenti i tre livelli di corpo, cuore e mente e salvaguardando i momenti dell’esperienza, della narrazione e del concetto come tasselli necessari per la vita. Insomma, un luogo in cui rispettare i tempi del bambino nella sua quotidianità e nel suo percorso di crescita e di sviluppo di talenti e competenze. In una Scuola Naturale si pone attenzione all’ambiente che educa, con un dentro caratterizzato da semplicità e qualità dei materiali, delle esperienze e delle proposte educative che sia congruente alla ricerca di un ritmo che alterna indoor ed outdoor e di un equilibrio tra online e offline. Una scuola in cui si ricerca l’artisticità e la bellezza come qualità da portare nei vari aspetti. Una scuola che si interroga sulla sostenibilità e sul rapporto con la natura, andando a costruire un sentimento di legame profondo/appartenenza con essa.

    Tutto ciò prevede un modo differente di concepire le nostre realtà urbane e sociali. Non sei d’accordo?

    Certamente. La piazza, il bosco, il parco, la biblioteca, il mercato e la comunità tutta devono essere riconosciuti come luoghi dell’educare. Gli educatori stessi devono formarsi per offrire una proposta sempre più integrata con il territorio per far sì che i bambini possano sviluppare la loro identità incontrando la comunità educante di cui hanno bisogno.

    In tutto ciò il gioco deve essere affiancato all’attività didattica e i materiali utilizzati devono essere tutti naturali ed eco-compatibili.

    Il mondo cambia e noi adulti dobbiamo dare ai bambini l’esempio e gli strumenti per affrontare questo cambiamento.

    Cosa intendi quanto parli di comunità educante?

    La risposta al fenomeno della povertà educativa minorile è la comunità educante; ovvero l’insieme dei soggetti coinvolti nella crescita e nell’educazione dei minori. In primis scuola e famiglia, ma anche organizzazioni del Terzo Settore, privato, sociale, istituzioni, società civile, parrocchie, università e i ragazzi stessi. Comunità educante è l’intera collettività che ruota intorno ai più giovani. Una comunità che cresce “con” loro, e non solo per loro; che educa gli adulti del domani, ma che si fa anche educare e cambiare da loro. Per far nascere una comunità educante è necessario coinvolgere tutti i soggetti del territorio nei progetti per riportare i ragazzi e le loro famiglie al centro dell’interesse pubblico. Condividendo strumenti, idee e buone pratiche è possibile raggiungere l’obiettivo comune di migliorare le condizioni di vita di bambini e ragazzi, che diventano non solo destinatari dei servizi, ma soprattutto protagonisti e soggetti attivi delle iniziative programmate e attivate.

    La scuola naturale all’interno di una comunità educante

    Esattamente. L’educazione all’aperto è l’anello di congiunzione che porta la scuola ad uscire dall’aula ed incontrarsi con il mondo, per imparare dal mondo stesso. La Scuola Naturale si relaziona con la Comunità Educante divenendo occasione di convergenza e di incontro delle diverse figure e dei diversi soggetti che mettono a disposizione i loro talenti in un’ottica di collegamento permeabile fra “dentro” e “fuori”.

    Puoi fare degli esempi?

    Il comune mette a disposizione dei luoghi all’aperto e riqualifica il giardino della scuola, il parroco sostiene il rinnovamento degli spazi, le insegnanti stringono accordi con l’oasi prossimale alla scuola, la biblioteca pubblica, la libreria di zona. La scuola stringe relazioni con le persone che abitano il territorio e le competenze delle diverse figure vengono messe a disposizione dei bambini come occasione d’apprendimento, sia entrando negli spazi scolastici sia introducendoli nel territorio. L’educatore diventa così l’accompagnatore del bambino nella realtà, selezionando occasioni d’incontro, percorsi ed esperienze educative e di apprendimento, affiancandolo nel momento in cui costruisce la sua interpretazione del contesto che lo circonda. Far uscire i bambini dal contesto tradizionale della scuola per farli interagire con la società è la premessa per fornire loro gli strumenti per affrontare la vita attraverso l’incontro con la vita stessa.

    La Comunità Educante si presta a ciò predisponendosi per accogliere i bambini ponendosi l’obiettivo di diventare un mondo alla loro altezza in quello che diventa un dialogo virtuoso tra i vari soggetti dell’educazione.

    Abitare il mondo è un atteggiamento attivo che si costruisce fin dall’infanzia valorizzando i bambini come i cittadini dell’oggi oltre che del domani, abituandoli sin da subito a dialogare in modo innovativo con gli spazi di natura e cultura.

    Insomma, un vantaggio per tutta la comunità, non solo per i bambini. Come si può interagire con voi?

    Semplice. Basta contattarci sul nostro sito (www.scuolaneturali.it). Scuole Naturali è una piattaforma per permettere a chiunque sia coinvolto nel mondo educativo di cercare i professionisti outdoor nella propria zona attraverso un motore di ricerca. Noi ci occupiamo di formazione al modello educativo delle Scuole Naturali, attraverso corsi online e in presenza sull’Outdoor Education, sulla Sostenibilità, sul rapporto tra Natura e Tecnologia e per una Pedagogia di Arte e Cura. Accompagniamo la transizione verso nuove modalità di fare scuola per offrire alle generazioni presenti e future un’educazione che sia al passo con i tempi. Il tutto attraverso corsi pratici con esperienze dirette per scoprire nuove opportunità per la realtà a cui appartiene chi ci contatta e sperimentare tutte le funzionalità seguendo i consigli dei più esperti in Italia, che da oltre 10 anni hanno formato in presenza e online più di 7000 persone. I percorsi di diversi livelli sono rivolti a gruppi, scuole ed enti e si declinano in base alla preparazione e agli obiettivi da raggiungere rilasciando un attestato di partecipazione. Sul nostro sito è possibile consultare il catalogo formativo per conoscere la proposta e le modalità di iscrizione e organizzazione dei percorsi formativi.

    Dove possiamo trovare queste scuole?

    Al momento in Italia ce ne sono una cinquantina. Sul sito  www.asilonelbosco.com potete trovare i contatti degli asili e delle scuole elementari. Per quanto riguarda le altre scuole c’è il sito della rete delle scuole all’aperto (www.scuoleallaperto.com) ma non recensisce anche le tante altre esperienze attive in Italia, perché a volte ci sono singole sezioni o singoli insegnanti che portano avanti progetti di questo tipo. In ogni caso tramite il portale delle scuole naturali possiamo aiutare chiunque a implementare progetti di outdoor education nel proprio territorio perché il mondo è pieno di tesori che dentro un’aula non c’entrano proprio.

    Grazie Danilo

    Perché la società dovrebbe sentirsi responsabile solo per l’educazione dei figli, e non per l’educazione di tutti gli adulti di ogni età?  – Erich Fromm (1900-1980)

  • La difesa degli habitat naturali è anche difesa contro nuovi virus e patologie

    Qualche giorno fa alcuni bambini e ragazzi portoghesi si sono appellati alla Corte Europea denunciando 33 Stati che non hanno ancora applicato l’accordo di Parigi mentre in tutto il mondo gli effetti della crisi ambientale e climatica si fanno sempre più evidenti e preoccupanti. Anche la segretaria esecutiva di Ipbes (il panel intergovernativo creato nel 2012 sotto l’egida dell’ONU per incentivare la politica ad agire con migliori conoscenze scientifiche), in una intervista al Corriere della Sera, ha rilanciato l’allarme estinzione per decine di migliaia di specie vegetali ed animali, con le ovvie conseguenze anche per la vita umana.

    La difesa degli habitat naturali è anche difesa contro nuovi virus e patologie, il rispetto dell’ambiente, l’agricoltura e l’allevamento sostenibili, la preservazione del territorio e la bonifica di tanti siti messi in pericolo sia dall’incuria che da edificazioni illegali o sbagliate sono alcuni dei tanti temi che la politica dovrebbe affrontare e invece ignora di fatto, basta pensare al continuo consumo di suolo, all’allargamento smisurato delle città mentre, proprio ora, il covid ci insegna che più vi è urbanizzazione  più il rischio aumenta. I dati forniti da Ipbes parlano di un’enorme quantità di virus sconosciuti, più di 540.000 virus sconosciuti in natura potrebbero infettare le persone e portare a nuove pandemie. Anne Larigauderie ricorda che i microbi in natura vivono in equilibrio con i loro ospiti animali e si propagano negli umani solo quando il loro habitat è disturbato tramutandosi in virus.

    Le ragioni commerciali fino ad oggi hanno sempre prevalso ed impedito che la politica, sempre miope e in ritardo, avesse la forza, meglio ancora la volontà, di intervenire. Così in un mondo globalizzato, dove continuano a circolare sempre di più umani ed animali, anche i virus girano. Come abbiamo più volte ricordato con il Patto Sociale la necessità di salvaguardare l’ecosistema è una necessità globale perché la distruzione delle foreste amazzoniche, o brasiliane, per incrementare l’allevamento e l’agricoltura o la deforestazione in Romania, per fornire legname per i componenti d’arredo della grande distribuzione, sono altrettanto pericolosi per ogni luogo del mondo. Quello che avviene a decine di migliaia di km di distanza in breve influirà anche sulla nostra vita, modificando i venti e le piogge, causando quelle catastrofi naturali che tanto naturali non sono perché, a monte, c’è stata l’incosciente mano di uomini che hanno preferito un profitto immediato alla conservazione della vita di tutti. Queste sono responsabilità che ogni governo, in ogni parte del mondo, si deve assumere rendendosi finalmente conto che sia il sistema capitalista autoreferenziale che quello comunista hanno fallito.

  • Il Wwf paventa cemento su un’area 2,5 volte più grande di Roma

    Avanza la cementificazione in Italia e, secondo le stime più ottimistiche, il rischio è che, nei soli prossimi 30 anni, al 2050, le aree urbanizzate, dove già vive più di un terzo della popolazione, divorino altri 800 chilometri quadrati di aree libere, pari a un’area due volte e mezzo Roma. Questo quanto emerge nel rapporto ‘Natura urbana 2020’ del Wwf pubblicato alla vigilia della ‘Festa della Natura in Città’.

    Le previsioni (elaborate su dati Ispra dal gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila che da anni lavora col Wwf) parlano anche di assedio dei Siti Natura 2000 (quelli tutelati dall’Ue) con il rischio di cancellare quasi altri 10.000 ettari di pregio, considerando che sono già 140mila gli ettari delle aree buffer dei siti comunitari già urbanizzate in tutte le aree del Paese.

    “Durante il lockdown – scrive il Wwf nel rapporto dal titolo ‘Safe Cities in armonia con la Natura: per città più verdi, più sane e più sicure’ – paradossalmente abbiamo apprezzato l’importanza della natura che ha bussato alle porte delle nostre città e con cui conviviamo nei nostri centri urbani e abbiamo capito l’importanza di fare scelte per vivere in Safe Cities, in aree urbane che siano sane, sicure e in armonia con la natura”.

    Ma le previsioni, appunto, “dimostrano che c’è ancora molto da fare”. Il Wwf chiede dunque, dati alla mano, azioni urgenti e non più rinviabili per “riprogettare le nostre città, realizzando piani e progetti di trasformazione e rigenerazione urbana che diano più spazio alla natura, garantendo, già da ora, la resilienza dei sistemi naturali e, nelle città attraversate dai corsi d’acqua, interventi realizzati con ‘nature based solutions'”. In tal senso il gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila coordinato dal professor Bernardino Romano, oltre a fornire le stime sull’espansione urbana, ricorda anche che negli ultimi 50 anni negli ambiti fluviali si è consumato suolo per circa 2mila Kmq, l’equivalente di 310mila campi di calcio.

    “Ora – dice il Wwf – è il momento delle scelte”. E nel rapporto ‘Natura urbana’ l’associazione avanza proposte concrete ad amministratori pubblici e ai cittadini, fornendo esempi virtuosi già realizzati e soluzioni di frontiera da tutto il mondo e dalle varie parti d’Italia, e che sono illustrati da 18 esperti che hanno risposto alla chiamata del Wwf. Nel mondo, storia di successo è la sfida lanciata dal Wwf internazionale “One Planet City Challange” che ha raccolto l’adesione di 600 città che stanno già facendo scelte sostenibili per contenere i cambiamenti climatici. Guardando all’Italia, a Milano si sta intervenendo per la realizzazione del nuovo parco urbano del Giambellino 129, nell’ambito del piano di rigenerazione del quartiere Lorenteggio; per il rinverdimento della fermata ferroviaria Tibaldi nella zona sud della città; e con un diffuso progetto di pareti e tetti verdi in tutta l’area urbana. Altro punto qualificante sono le ‘città agricole’. Lo segnala Davide Marino, professore associato di Economia ed Estimo Rurale all’Università del Molise, che richiama, tra l’altro, l’esempio del Parco di Casal del Marmo a Roma. Nel Rapporto del Wwf anche la tutela e la riqualificazione del lago naturale dell’area ex Snia Viscosa nel quartiere Pigneto-Prenestino di Roma dove sono state censite 80 diverse specie di uccelli, il Parco della Salute nei pressi di Porta Felice a Palermo e la realizzazione del Parco Alex Langer a Rovigo con la riqualificazione di un’area boschiva di 7 ettari.

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