Olimpiadi

  • La visione futura europea che emerge da Parigi 2024

    Al di là delle performance degli atleti olimpici che rappresentano i veri e  unici protagonisti delle giochi olimpici, risulta evidente come “Parigi 2024” possa  rappresentare perfettamente quello che potrebbe essere il mondo solo europeo nei prossimi decenni.

    La cerimonia di inaugurazione, Indipendentemente dalle interpretazioni di esperti vaticanisti o di satanisti (termini assolutamente ironici) ha suscitato numerose polemiche, tanto da indurre una delle principali aziende statunitensi ad abbandonare il contratto di sponsorizzazione. Di conseguenza l’intero impianto comunicativo ha fallito l’obiettivo di rappresentare l’essenza dello spirito olimpico il quale dovrebbe essere di fraternità piuttosto che divisivo e, visto che siamo in terra francese, di uguaglianza.

    L’esposizione di identità sessuali come elemento distintivo e caratterizzante, infatti, rappresenta una regressione culturale senza precedenti dell’epoca moderna in quanto l’intimità sessuale non può essere indicativa di alcuna specificità intellettuale.

    In questo contesto, poi, lo stesso abbandono della delegazione della Gran Bretagna del villaggio turistico a causa di un menù con poche proteine per scarsa presenza di carne dimostra quale ormai già ora sia il modello alimentare da adottare, ed espressione di una chiara e precisa ideologia da imporre in Europa nel prossimo futuro.

    Lo stesso allestimento del villaggio turistico con materassi scomodi ma di materiale riciclato e con letti di cartone sempre riciclato, i quali rendono molto difficile il riposo e soprattutto il recupero dalle fatiche olimpiche degli atleti, indica l’attenzione ideologica nei confronti dell’allestimento delle dimore private mentre contemporaneamente la realtà empirica emette già ora i primi verdetti sulle ammissioni.

    Si rileva, Infatti, come i Data Center inquinino più delle abitazioni private e, di conseguenza, diventa espressione di una pura ideologia oscurantista la  ridicola imposizione ideologica della transizione Green applicata alle case ed assolutamente ingiustificabili i costi ad essa collegati.

    Come ampiamente anticipato, poi, in Norvegia, il vero ed unico modello di riferimento per tutti i sostenitori di una transizione elettrica nella mobilità privata, si scopre come le emissioni di CO2 ,nonostante la più grande percentuale di auto elettriche, risultino assolutamente stabili. A dimostrazione della irrilevanza del settore Automotive e del trasporto sul totale delle emissioni complessive (*).

    Arrivando al paradosso nel quale il primo esportatore di gas e petrolio europeo, i cui proventi vengono investiti nella mobilità elettrica, mantiene invece inalterate le proprie emissioni .

    Nel frattempo, tra il 2023-2024, la Cina attraverso l’apertura mensile di centrali a carbone ha aumentato di 43.700 GW la propria capacità e potenza elettrica diventando il primo paese inquinatore nel mondo e con quote superiori  a tutto l’occidente.

    Tornando quindi alle Olimpiadi, questa manifestazione di Parigi rappresenta il punto di partenza per un nuovo Medioevo politico ed ideologico le cui conseguenze come i costi andranno interamente a carico delle future generazioni.

    Mai come ora l’adozione di questa visione ideologica per il solo continente europeo può venire assimilata ad una guerra di proporzioni e con conseguenze ancora oggi sconosciute

    (*) https://amp24.ilsole24ore.com/pagina/AE8MlslB

  • Olimpiadi invernali 2026 atto primo: il logo

    Persino la scelta del logo è stata oggetto di personali interessi attraverso il tentativo di influenzare l’esito telefonico, e questo è stato il primo atto della tragedia greca delle Olimpiadi in Italia: “Olympicus, ᾿Ολυμπικός in greco antico”.

    Partendo dalla scelta banale del logo delle prossime Olimpiadi invernali 2026, attribuita all’esito di un improbabile televoto, fin dall’inizio si è cercato di inserire le proprie personali influenze con l’obiettivo di modificarne l’esito. Si possono solo immaginare con questo modus operandi quale sia stata la ratio del resto delle successive decisioni strategiche ed operative nel percorso verso il 2026.

    L’influenza personale compare quindi fin dall’inizio nella procedura decisionale istituzionale della fondazione, partendo appunto dal suo primo atto, come appunto la scelta del logo.

    In questo contesto, allora, ogni singola decisione e soprattutto la sua difesa ad oltranza anche oltre ogni ragionevole giustificazione, come quella della realizzazione della pista di bob a Cortina d’Ampezzo, potrebbe risultare viziata da interessi personali come di gruppi di pressione.

    Infatti, dopo i primi bandi, andati deserti, che prevedevano un importo per la realizzazione della pista di bob a Cortina d’Ampezzo di 120 milioni, pur di mantenere all’interno della Conca Ampezzana la competizione olimpica del bob venne varato un progetto light del valore di circa 81,6 milioni.

    Il secondo bando “emergenziale” prevedeva un impianto infrastrutturale meno impattante rispetto al progetto originale, il senso del termine light, e quindi meno oneroso.

    Viceversa, risultano già ad oggi oltre 125 i milioni necessari per la realizzazione dell’impianto, anche se nella versione light, in più con il beneficio della mancanza di vincoli ambientali che la procedura d’urgenza assicura.

    Le responsabilità sono ormai ipotizzabili ad ogni livello, sia regionale che nazionale, alle quali tutti hanno concorso per l’interesse dei singoli esponenti istituzionali come dei presidenti degli enti competenti, tutti avvinti da un narcisismo politico senza precedenti.

    Il danno immediato ed immenso è rappresentato dal taglio di cinquecento (500) larici secolari, già purtroppo operativo, al quale si replica che ne verranno piantumati diecimila (10.000) di nuovi alberi.

    In considerazione del fatto che ogni ettaro permette la piantumazione di duecentosettantadue (272) piante, saranno quindi necessari 36,7 ettari per piantare 10.000 alberi: una superficie immensa di oltre 367.000 metri quadrati.

    Una affermazione che delinea la competenza del suo autore (il presidente del Veneto) in quanto si giustifica l’abbattimento di un patrimonio secolare sostituendolo con un ipotetico immenso bosco in una realtà montana che paga da decenni l’avanzamento boschivo.

    Con il tempo dovrà essere quantificato anche il danno di immagine per il nostro Paese legato alla rappresentazione di questa orgia di potere che nella realizzazione della pista di bob ha subito, come certificato dalle perentorie prese di distanza del Cio dal delirio di onnipotenza dimostrato dai diversi organi istituzionali competenti.

    Usando un’iperbole, cioè una figura retorica, il sindaco di Cortina d’Ampezzo con l’intera giunta in carica, proprio per salvaguardare il patrimonio ampezzano, dovrebbero chiedere da subito il fermo immediato dei lavori e contemporaneamente l’annullamento delle competizioni di bob slittino e skeleton nella conca ampezzana, concentrandosi sulle discipline di sci alpino femminile e curling.

    Successivamente dovrebbero essere valutate le condizioni per aprire una causa di risarcimento danni nei confronti degli imputati di oggi ma anche nei confronti delle istituzioni regionali e nazionali, compresi i diversi presidenti degli enti, per aver trascinato il nome di Cortina d’Ampezzo in questo disastro epocale, non solo di natura comunicativa e di immagine ma anche sostanziale.

    Il danno arrecato all’intero complesso degli sport invernali, e alle diverse località montane ed a Cortina d’Ampezzo in primis, dalla gestione delle Olimpiadi 2026 risulta a tutt’oggi incalcolabile, ma di certo farà sentire i proprie effetti nelle prossime stagioni.

    In ultima analisi, la vicenda del logo rappresenta il primo atto di una occasione persa, come potevano risultare le Olimpiadi invernali 2026.

  • L’uguaglianza di genere a Parigi 2024

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    All’interno del delirio ideologico rappresentato dal politicamente corretto i concetti di uguaglianza e di identità di genere vengono stravolti anche nella semplice selezione dei tedofori che ci porteranno alle Olimpiadi di Parigi 2024.

    L’uguaglianza tra le persone nasce e si conferma solo azzerando il parametro identitario e di genere come elemento caratterizzante, quindi eliminando lo stesso valore ideologico che lo sostiene.

    In altre parole, solo quando una persona non verrà più identificata in rapporto alla propria identità di genere o sulla base delle intime attitudini sessuali, ma semplicemente riconosciuta e sostenuta per le proprie capacità, solo allora si potrà parlare di una vera uguaglianza ed anche la definizione “identità di genere” verrà considerata anacronistica.

    All’interno di questo rinnovato senso di uguaglianza, quindi, la scelta di una Drag Queen come tedoforo per le prossime Olimpiadi di Parigi rappresenta quanto di più ghettizzante ed imbarazzante per la sua stessa comunità ma soprattutto per chi sostiene questa deriva ideologica, in quanto l’unico parametro utilizzato per la sua scelta è quello di rappresentare una identità minoritaria di genere.

    All’interno di un concetto ma soprattutto di un percorso di uguaglianza, che rappresenta ovviamente più una direzione che un traguardo, tutte le persone andrebbero considerate in rapporto alle proprie attività e qualità e non certo come espressione di una  propria identità di genere.

    Come logica conseguenza, allora, il riconoscimento e l’esaltazione di una qualsiasi identità di genere considerate semplicemente in base a  parametri identitari sessuali rappresenta lo stesso substrato culturale per la loro stessa marginalizzazione.

    Esattamente quanto riuscirà ad ottenere la scelta dei tedofori alle prossime olimpiadi di Parigi,  giochi che già ora rappresentano un arretramento culturale senza precedenti.

  • Il patrimonio olimpico

    Le Olimpiadi, specialmente quando vengono disputate in piccole località turistiche, rappresentano sicuramente un’occasione unica.

    Nel caso delle prossime Olimpiadi 2026 sicuramente anche per il bellunese l’occasione si presentava decisamente interessante ed importante nel senso di un nuovo potenziale economico e specificatamente turistico. Non andrebbe infatti dimenticato che una delle motivazioni giustamente addotte per sostenere la candidatura nel 2018 di Cortina d’Ampezzo come sede delle prossime Olimpiadi 2026 era stata indicata anche nella certezza che questa stupenda manifestazione mondiale si sarebbe potuta rivelare un importante volano nel tentativo di bloccare lo spopolamento delle comunità montane.

    Viceversa, un articolo del 13 febbraio 2024 del Corriere delle Alpi dimostra semplicemente come già ora il primo obiettivo sia stato clamorosamente mancato in quanto viene certificato l’abbandono da parte dei giovani bellunesi dell’intera provincia verso zone ad intensità lavorativa maggiore.

    Nessun effetto si è concretizzato evidente nei cinque anni dall’assegnazione dei giochi all’interno della provincia di Belluno nella quale, invece, si vede confermato il fenomeno dell’esodo giovanile in cerca di lavoro e di condizioni migliori.

    Neppure la tanto contrastata realizzazione della prossima pista di bob nella Conca, per la quale verranno impegnati degli operai norvegesi, ha dato un minimo di respiro all’occupazione bellunese. Il tutto avviene clamorosamente con una implicita approvazione dei sindacati di categoria i quali dovrebbero avere, invece, come primo obiettivo lo sviluppo delle opportunità di lavoro per i residenti. Questo silenzio, infatti, certifica di fatto l’assenso delle maggiori organizzazioni sindacali alle importazioni di manodopera in sostituzione di quella italiana.

    Tornando agli effetti sul territorio, avendo mancato quello occupazionale si potrebbe sperare, allora, nel valore aggiunto offerto come “Patrimonio Olimpico” il quale si compone essenzialmente, oltre l’evento sportivo, della rivalutazione degli asset esistenti e con l’inaugurazione di nuovi impianti per le discipline olimpiche invernali.

    In questo contesto andrebbe considerato l’aspetto fortemente polemico e divisivo che l’allestimento della pista di bob negli ultimi cinque anni ha creato non solo all’interno della comunità ampezzana, ma con degli effetti devastanti in termini di immagine anche a livello internazionale in quanto si sta arrivando ad avere il CIO espressamente contrario alla realizzazione della nuova pista.

    Allora a livello di semplice comunicazione l’obiettivo di una rivalutazione complessiva del paese e delle località (*) che ospiteranno le competizioni olimpiche risulta già ampiamente compromesso. Non solo a causa dei ritardi certificati ed evidenziati persino dagli stessi esponenti della maggioranza in regione, come il leader di Forza Italia, ma soprattutto perché l’evento olimpico si dimostra un elemento divisivo e non più di unità per un intero paese attorno ai contenuti valoriali olimpici. Le Olimpiadi rappresentano un momento meraviglioso di confronto agonistico all’interno però di un contesto che presenta dei valori umani, etici e sportivi molto chiari. A cinque anni dalla loro assegnazione invece il percorso verso la loro realizzazione sta assumendo i contorni di un semplice gioco di finanza e spesa pubblica (**) ma privo di impatti positivi per il territorio sia professionali che lavorativi e soprattutto ancora privi di un barlume di programmi gestionali post olimpici. In ultima analisi, poi, disperdere questo patrimonio rappresenta un delitto nei confronti del territorio bellunese, veneto e nazionale.

    (*) Valutata in modo decisamente ambizioso in oltre 1 miliardo dall’università di Venezia

    (**) Qualcuno disse: “Saranno Giochi ad impatto zero e diffusi con costi notevolmente inferiori rispetto alle precedenti”. Ad ora, a due anni dall’inaugurazione, siamo già arrivati a 3,2 miliardi di cui 2,8 finanziati dallo Stato

  • L’olimpica miopia

    Non c’è stato giorno nel quale il presidente del Veneto Zaia non abbia tuonato a favore della realizzazione della pista di bob a Cortina d’Ampezzo per le prossime Olimpiadi 2026: un  “investimento” per un’opera che dovrebbe venire realizzata per ottobre 2025.

    In attesa del verdetto del Cio, che avrebbe un’ottica diversa in merito alla realizzazione di una nuova pista, questa pressione politica esercitata dal governatore dovrebbe comportare una spesa pubblica di circa 85 milioni dalla quale ne conseguirà quella per la realizzazione del Villaggio Olimpico con altri 38/39 milioni.

    Nel frattempo la trattativa con Intel, che aveva manifestato la possibilità di realizzare un investimento  in provincia di Verona, è stata assolutamente abbandonata, come confermano le dichiarazioni del management dell’azienda americana.

    La Intel infatti, anche grazie al riconoscimento di circa sei miliardi di agevolazioni fiscali, investirà in Germania oltre trenta miliardi di dollari con una ricaduta occupazionale di tremila dipendenti tra assunzioni ed indiretti.

    Una ottimale strategia, quella dell’azienda di semiconduttori californiana, che risponde ad un valido principio relativo alla riduzione della filiera produttiva per evitare, come emerge ora con la crisi del Mar Rosso, le problematiche gestionali con filiere troppo articolate tra i vari continenti.

    Viceversa, le priorità espresse dalla dirigenza della Regione Veneto dimostrano un sostanziale scollamento dell’intera classe politica veneta e della sua maggioranza, ed in particolare di Luca Zaia, le quali hanno dimostrato di non comprendere l’entità e la ricaduta occupazionale di un simile investimento.

    Se il Presidente della Regione Veneto avesse messo anche solo un decimo dell’impegno per la controversa costruzione della pista di bob a Cortina d’Ampezzo nel favorire la trattativa con Intel ora avremo circa tremila nuovi posti di lavoro.

    La multinazionale americana ha scelto, invece, la Germania e la Polonia grazie certamente ad un pacchetto di agevolazioni fiscali che anche il nostro Paese avrebbe potuto concedere, ma  anche a causa della inconcludenza tanto del governo in carica quanto della Regione Veneto.

    Viceversa, le priorità espresse si sono rivelate nella volontà di ottenere un terzo mandato e, come detto, nella realizzazione della pista di bob supportate dall’ennesima inconcludenza in politica industriale del governo di turno.

    A differenza di quanto viene affermato, la gestione delle Olimpiadi del 2026 si sta già ora rivelando sotto il profilo della comunicazione un autogol clamoroso con tutte le polemiche ed i ritardi ormai conclamati anche se in ultima istanza venisse realizzata la pista di bob.

    Quello che risulta assolutamente ingiustificabile è che per questo risultato di basso profilo si sia perso un obiettivo come quello della realizzazione dell’investimento di Intel che avrebbe portato benessere diffuso per migliaia di persone nel Veneto.

    La miopia olimpica entra ormai nelle patologie oculistiche e politiche riconosciute.

  • Olimpiadi 2026: il peccato originale

    Una volta raggiunto l’obiettivo di aver ottenuto l’assegnazione dal Cio dei Giochi Olimpici 2026, la distribuzione delle diverse competizioni tra le due regioni Veneto e Lombardia e le province del Trentino Alto Adige suscitò inizialmente, ed a ragione, un certo stupore.

    Le discipline olimpiche legate allo sci alpino vennero divise per genere, quindi quelle maschili finirono a Bormio mentre quelle femminili, come già per la Coppa del Mondo, vennero destinate a Cortina d’Ampezzo.

    Una scelta appunto di genere e molto lontana dai parametri tecnici che decisamente lasciò qualche dubbio e che ora diventa fondamentale per cercare di affrontare il disastro gestionale e progettuale del presidente del Veneto, del CONI, della Fisi e della Fondazione per non parlare del commissario governativo.

    La mancata realizzazione della pista di Bob che il Cio ha tolto, non certo per mancanza di fondi ma semplicemente per “incapacità organizzativa”, a Cortina d’Ampezzo ancora oggi sta suscitando reazioni scomposte ed isteriche da parte degli unici responsabili di questa decisione, del resto inevitabile, quando ora sarebbe opportuno ritornare all’utilizzo di fattori tecnici, tornare ad un contesto tecnico per riparare ad una situazione ormai insostenibile, per la stessa dignità di Cortina d’Ampezzo.

    Partendo dalla semplice considerazione che la pista Stelvio di Bormio rappresenta una delle migliori piste da discesa libera del circuito mondiale, sarebbe opportuno allora svolgere le gare di velocità, quindi discesa libera ed il supergigante maschile e femminile, nella città della Valtellinese, alle quali aggiungere poi la prima prova di combinata.

    Indipendentemente da quella che sarà la località che verrà scelta per lo svolgimento delle gare di bob, slittino e Skeleton si potrebbero calendarizzare nell’ultima settimana delle Olimpiadi le gare di slalom gigante e speciale da disputarsi, assieme alla seconda prova di combinata, a Cortina d’Ampezzo.

    Questa diversa dislocazione delle competizioni, subentrata, va ribadito, ad un fallimento gestionale interamente attribuibile alla classe dirigente politica ed istituzionale, risponderebbe finalmente a dei parametri tecnici in quanto le competizioni verrebbero decise in base alla tipologia delle piste ed ovviamente nello stesso modo le località che ospitano le competizioni.

    Al di là di quello che dicono Zaia o Malagò o un presidente qualsiasi della Fondazione, Cortina ed il Veneto erano già stati fortemente penalizzati dalle scelte di disputare le sole discipline femminili di sci alpino e non vedendo neppure riconosciuto alcun ruolo ad Asiago nel mondo dello sci di fondo.

    Ora, per evitare che Cortina d’Ampezzo sia relegata ad una avvilente figura di comprimaria all’interno di questa meravigliosa Olimpiade del 2026, sarebbe opportuno che le competenze sulla base delle quali avviare delle decisioni immediate prendessero il posto dell’isteria e dell’egocentrismo narcisistico fino a qui dimostrato.

  • La Sanità Olimpica

    Potrei anche sbagliarmi ma non vorrei vedere chiudere una delle strutture sanitarie come l’istituto Pio XII per i costi eccessivi, legati anche alla comunque positiva discesa dei bimbi ricoverati, e successivamente assistere alla sua vendita o addirittura messa all’asta che interessa i soliti fondi privati allettati dalla realizzazione di una classica speculazione edilizia.

    All’interno di una rinnovata euforia olimpica in Cadore, e specialmente nella vicina Cortina d’Ampezzo (14,9 km la distanza), perché non ampliare l’offerta medica e così rivolgersi ad una maggiore utenza potenziale e quindi favorire una sostenibilità finanziaria?

    Poi, sempre all’interno di una rinnovata attenzione allo spopolamento delle realtà montane, che era una delle ragioni addotte per sostenere la candidatura olimpica, il mantenimento attivo di questa struttura sanitaria avrebbe una ulteriore motivazione. Del resto, la sua stessa collocazione sulle rive del Lago di Misurina rappresenta un unicum giustificato proprio dalla esclusiva vocazione sanitaria, ma diventerebbe un insulto alla natura se da una vocazione di interesse pubblico si passasse ad una classica espressione di interessi privati.

    Lo spirito olimpico ha diverse opportunità per concretizzare la propria valenza. Una delle sue manifestazioni più elementari sicuramente viene rappresentata dall’inaugurazione di nuovi impianti ma certamente anche il mantenimento di altre strutture di interesse pubblico dimostrerebbe senza dubbio il recepimento e la declinazione sul territorio dei principali contenuti valoriali del messaggio olimpico.

  • Tokio: dal doping di Stato a quello Lgbt

    Fino alla caduta del muro di Berlino le federazioni sportive dei paesi appartenenti al Patto di Varsavia in occasione di ogni evento sportivo mondiale, ed a maggior ragione per le Olimpiadi, utilizzarono ogni “espediente” per ottenere il maggiore numero di vittorie ed utilizzarle all’interno della propria propaganda politica. Le ginnaste assumevano dei ritardanti dello sviluppo per avere dei corpi di bimbe in età tardo adolescenziale. Le nuotatrici si presentavano ai blocchi di partenza con fisici mascolini pompati da ogni tipo di sostanze esattamente come le atlete del sollevamento pesi. L’obiettivo era sempre quello di ottenere la supremazia in ambito sportivo come immagine della superiorità politica del blocco socialista nei riguardi del mondo occidentale.

    Ovviamente i controlli risultavano meno capillari e specifici di quelli attuali e rendevano le competizioni olimpiche e mondiali più una occasione di scontro politico che l’applicazione dello spirito sportivo ed olimpico. Veniva così definito il “doping di Stato” questa tipologia di approccio al mondo sportivo come espressione della volontà di supremazia del blocco socialista.

    Dopo oltre trent’anni ed alle soglie delle Olimpiadi di Tokio la stessa voglia di imporre un paradigma ideologico ed etico trova un’altra nuova applicazione. Un atleta nato uomo e dedito alle disciplina del sollevamento pesi ha avviato e completato la propria legittima transizione di genere. Permettere, tuttavia, di competere con le altre atlete femminili in questa disciplina sportiva rappresenta l’applicazione di un “doping etico-ideologico” di genere molto simile a quello utilizzato dai paesi del Patto di Varsavia.

    Ammettendo questa atleta, che ora gode del vantaggio di un doping genetico mantenuto anche se ha cambiato genere, si intende dimostrare la superiorità del pensiero Lgbt: quindi tanto nella forma quanto nella sostanza risulta molto simile all’atteggiamento dei paesi del Patto di Varsavia.

    In più si ottiene anche un effetto paradossale in quanto i promotori della ideologia Lgbt si trasformano in portatori di una penalizzazione nei confronti dell’universo sportivo femminile che ha raggiunto le Olimpiadi attraverso allenamenti e fatiche costanti. In altre parole, la volontà talebana di supremazia imposta in ambito sportivo dai rappresentanti dell’ideologia Lgbt si rivela decisamente antifemminista, quantomeno in ambito sportivo. Nel momento, infatti, in cui si intende tutelare uno specifico genere sociale attraverso un quadro normativo specifico ed escludente, inevitabilmente vengono penalizzate le altre categorie escluse da questa tutela rafforzata. Viene meno quindi persino il principio dell’uguaglianza all’interno di una competizione sportiva olimpica.

    La compagine politica che si considera progressista e portatrice dei principi di uguaglianza tra donna e uomo, ora immersa nel delirio Lgbt, penalizza proprio quelle donne sportive che hanno raggiunto il traguardo della competizione olimpica con fatica e dedizione.

    Il doping di Stato, prima della caduta del Muro di Berlino, rappresentava il tentativo di ottenere dei riscontri, in ambito sportivo, della superiorità dell’ideologia Socialista. Il doping “Lgbt” imposto da questa ideologia penalizza soprattutto le donne e le atlete olimpiche e rappresenta l’ennesimo episodio di un delirio politico per il quale tutti i principi sportivi vengono sacrificati di fronte ad una ideologia assoluta.

    La sintesi tra politicamente corretto ed ideologia Lgbt sta avendo effetti devastanti proprio nei confronti di quelle categorie come le donne (ed atlete) che gli stessi dicevano di voler tutelare.

    L’integralismo talebano utilizzato come forma per imporre la propria visione ideologica dai sostenitori della ideologia Lgbt contemporaneamente azzera ogni tutela per tutte le atlete la cui unica colpa è quella di avere raggiunto il traguardo Olimpico semplicemente con l’allenamento ed il sacrificio.

  • Tokyo 2020 senza pubblico straniero. E la staffetta della torcia sarà a porte chiuse

    La crisi pandemica non accenna a mostrare segnali di flessione e ha imposto all’esecutivo del Giappone quello che da qualche mese era più di un timore: niente spettatori provenienti dall’estero per seguire i Giochi Olimpici di Tokyo. Manca ancora l’ufficialità, gli organi governativi ne discuteranno col comitato organizzatore giapponese dei Giochi attraverso una riunione a distanza con il Cio alla fine di questo mese per prendere una decisione formale sulla questione, ma la valutazione fatta dal governo e anticipata da alcuni funzionari alla stampa locale appare molto più di un semplice orientamento. A meno di 4 mesi e mezzo dall’apertura dei più martoriati Giochi del dopoguerra, già slittati di un anno, si prospettano Olimpiadi ‘dimezzate’, ovvero senza il calore, il rumore e la partecipazione festosa da parte degli spettatori provenienti da ogni parte dei pianeta per stringersi in un abbraccio collettivo in nome dello sport.

    La ‘stretta’ è di fatto la conseguenza naturale di una emergenza senza fine. Il governo giapponese ha preso atto che accogliere i fan dall’estero durante i Giochi non è possibile dal punto di vista della sicurezza, alla luce anche delle forti preoccupazioni del pubblico giapponese per il coronavirus. E il fatto che in molti Paesi siano state rilevate varianti più contagiose ha alzato il livello di guardia. Ad aprile si capirà dunque quanti spettatori locali potranno entrare nelle sedi adibite per le varie discipline. Già si parla di ingressi contingentati. Ma un primo segnale di come potrebbero svolgersi i Giochi è arrivato con l’annuncio delle misure da adottare per il via della staffetta olimpica lungo le vari prefetture del Paese. La cerimonia di apertura in programma il 25 marzo si terrà a porte chiuse, senza spettatori proprio per prevenire la diffusione del nuovo coronavirus. Proprio come un anno fa, quando dopo pochi giorni la fiaccola, arrivata da Atene, venne ‘parcheggiata’ in una teca, dopo l’ufficialità dello slittamento. La scelta di far svolgere la cerimonia della fiaccola senza pubblico è stata riferita dai funzionari dell’organizzazione alla luce dell’assenza di rallentamento del virus. Il comitato organizzatore ha infatti deciso che è essenziale svolgere la cerimonia nella prefettura nord-orientale di Fukushima senza pubblico, consentendo solo ai partecipanti e agli invitati di prendere parte all’evento, per evitare che si formino pericolosi assembramenti. Il mese scorso il comitato aveva diffuso una serie di contromisure per poter svolgere in sicurezza la staffetta della durata di 121 giorni. E già allora si temeva una soluzione drastica come quella appena presa.

    Dopo la cerimonia iniziale presso il centro sportivo di calcio, il J-Village, a 20 chilometri da Fukushima, circa 10.000 staffettisti porteranno la fiamma attraverso le 47 prefetture del Giappone prima di giungere allo stadio Olimpico di Tokyo per l’apertura dei Giochi il 23 luglio. Il centro sportivo è servito come base logistica nella battaglia contro la crisi nucleare innescata dal terremoto e dal conseguente tsunami dell’11 marzo 2011. Ed è stato scelto come punto di partenza della staffetta come emblema di rinascita e di ripresa della regione nord-orientale colpita dal disastro. Ora diventa il luogo simbolo per cercare di dare vita ai Giochi più lunghi e difficili della storia moderna.

  • Il braccio di ferro tra Cina e Usa si estende alle Olimpiadi invernali del 2022

    A meno di un anno dall’accensione del tripode olimpico, gli Stati Uniti non hanno ancora deciso se partecipare ai Giochi invernali di Pechino 2022. Uno scenario che, oltre a scontare la variabile del Covid-19, contribuisce ad agitare gli spettri del nuovo braccio di ferro tra le due super potenze mondiali e del boicottaggio. Alimentato anche dalla chiamata internazionale in crescita per le accuse alla Cina sulla violazione dei diritti umani tra Xinjiang e Tibet, e la stretta su Hong Kong.

    “La politicizzazione dello sport internazionale va contro lo spirito olimpico e danneggia gli interessi degli atleti di tutti i Paesi”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, commentando le parole espresse giovedì sul tema dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, secondo cui manca una “decisione finale” sulla partecipazione e gli Usa seguiranno le direttive della commissione olimpica.

    “Tutti nella comunità internazionale, compreso il Comitato olimpico Usa, si oppongono a questo tipo di boicottaggio o alla chiamata di cambio della sede dei Giochi”, ha proseguito Wang, per il quale “i fatti sconfiggeranno le menzogne. Crediamo con forza che attraverso gli sforzi congiunti di tutte le parti, le Olimpiadi invernali di Pechino 2022 diventeranno sicuramente uno straordinario evento olimpico”.

    Ai siti di Yanqing, alle porte di Pechino, i lavori vanno avanti: ospiteranno le gare di sci alpino, mentre la pista di bob e slittino, la prima mai realizzata in Cina, è la più lunga al mondo con i suoi quasi 2 km di tracciato ed è coperta da un tetto in legno in stile tradizionale. Xu Zhijun, vicesegretario generale del comitato organizzatore, aveva promesso Olimpiadi sicure dicendo che la costruzione dei luoghi delle competizioni è stata di fatto completata entro il 2020. E a dispetto della pandemia, aveva aggiunto Xu, incontrando i media internazionali in visita ai siti a inizio mese.

    All’inizio della settimana, tuttavia, la Camera dei Comuni canadese ha approvato la mozione che definisce “genocidio” le politiche di Pechino nello Xinjiang a danno della minoranza uigura di fede musulmana, insieme alla richiesta di ritiro dei Giochi olimpici invernali a Pechino 2022, in linea con la richiesta lanciata da una coalizione di 180 gruppi che si battono per i diritti. E voci simili si sono sollevate altrove, come al Congresso Usa e al parlamento britannico.

    La Cina risponderà al boicottaggio “con pesanti sanzioni verso i Paesi che vi aderiranno”, ha assicurato Hu Xijin, direttore del Global Times, il tabloid del Quotidiano del Popolo che di solito tradisce l’umore della leadership comunista. “Boicottare i giochi invernali è un’idea impopolare che non avrà un ampio supporto”, ha scritto Hu su Twitter.

    Il Cio ha in gran parte ignorato gli appelli e il suo presidente Thomas Bach ha definito i preparativi per i Giochi “quasi un miracolo”, malgrado le sfide della pandemia. La posizione finale della Casa Bianca potrebbe però generare clamorosi scossoni. I media statali cinesi, non a caso, hanno intensificano i segnali di irritazione sulle prospettive di ripristino delle relazioni tra Pechino e Washington, notando che la politica messa in campo dal presidente Joe Biden “sa di trumpismo”. L’approccio iniziale, ha scritto il China Daily in un editoriale, “offre poco ottimismo”.

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