OMS

  • L’Oms fissa a 250 dollari l’indennizzo per le donne congolesi vittime di stupro

    L’Organizzazione mondiale della sanità ha offerto un risarcimento di 250 dollari alle 150 donne in Congo che tra il 2018 e il 2020 hanno subito violenze sessuali da parte di membri dell’agenzia inviati nel Paese africano a contrastare un focolaio di Ebola. La notizia è stata fornita, sulla base di documenti riservati, dall’agenzia di stampa americana Associated Press, evidenziando che l’indennizzo è “inferiore a quanto prendono su base giornaliera alcuni funzionari delle Nazioni Unite“. Dagli stessi documenti è emerso anche che degli 1,5 milioni di dollari stanziati dall’Oms per la prevenzione degli abusi sessuali in Congo per l’anno 2022-2023, più della metà è destinata agli stipendi degli operatori, mentre solo il 35% del totale è dedicato al “supporto delle vittime”. Sempre secondo quanto denuncia Ap, alcuni ufficiali di alto livello all’interno dell’agenzia Onu sarebbero stati a conoscenza delle violenze subite dalle donne del Paese, ma non avrebbero fatto nulla per impedirli e anche a scandalo scoperto nessuno di loro è stato licenziato. Nel settembre del 2021 una commissione di inchiesta indipendente, guidata da Gaya Gamhewage, direttrice dell’Oms per la prevenzione e la risposta allo sfruttamento, all’abuso e alle molestie sessuali, aveva concluso che decine erano state abusate sessualmente centinaia di donne locali (tra cui una 13enne), che gli abusi avevano portato a 29 gravidanze e che alcuni degli autori hanno insistito affinché le donne abortissero.

    Per quanto riguarda il risarcimento invece, avendo l’Oms il divieto di elargire somme di denaro direttamente ai cittadini dei Paesi che ospitano i loro programmi, alle donne è stato richiesto di seguire dei “corsi di formazione” tra cui corsi di pasticceria e gestione dei budget prima di ottenere l’indennizzo. Un “pacchetto completo” come descritto dalla stessa Onu, per aiutare le vittime di abuso a diventare autosufficienti. Messa di fronte ai dubbi di Ap relativi all’esiguo ammontare del rimborso, l’Oms ha dichiarato di avere scelto il compenso per le vittime sulla base delle line guida globali dell’organizzazione e sulle stime del potere di acquisto in Congo, aggiungendo che in futuro chiederà alle vittime cosa fare per essere ulteriormente confortate. In un caso specifico, l’Oms avrebbe pagato per le spese mediche di una donna rimasta incinta dopo un abuso, che avrebbe ricevuto anche un lotto di terra come compensazione per il danno subito.

  • Monito dell’Oms: il rischio polio insidia anche i Paesi ricchi

    Ci sono segnali di miglioramento, ma la guerra contro la poliomielite nel mondo non è ancora vinta e, anzi, si aprono fronti nuovi. Per esempio la possibilità che il virus responsabile della malattia riesca a farsi largo nei Paesi ad alto reddito, come nei mesi scorsi è avvenuto in Israele, Regno Unito, Stati Uniti, Canada. È una delle ragioni per cui il Comitato deputato alle emergenze dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di confermare il virus della poliomielite quale Emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale (PHEIC), uno status che si protrae ininterrottamente dal 2014.

    Il contrasto alla polio nell’ultimo anno ha seguito due trend divergenti. Da un lato sembra raggiungibile l’obiettivo di eradicare il poliovirus selvaggio. Dopo che nel 2015 e nel 2019 sono stati eradicati i ceppi di tipo 2 e 3, al momento resta solo la variante di tipo 1 ancora in circolazione. I 2 unici Paesi in cui è endemica sono Afghanistan e Pakistan, dove nello scorso anno sono stati registrati rispettivamente 22 e 20 infezioni. “La trasmissione nei due Paesi endemici è ora molto bassa e limitata geograficamente”, illustra l’Oms. Il virus selvaggio nell’ultimo anno è stato rilevato anche in Mozambico (4 episodi); si trattava tuttavia di casi importati dal Pakistan. Per questo, “i prossimi 6 mesi saranno un’opportunità fondamentale per interrompere definitivamente la trasmissione endemica”, prosegue l’Oms.

    Diverso il caso delle forme di virus derivate da vaccino, la cui diffusione è legata a basse coperture vaccinali. “Nonostante il continuo calo del numero di casi di poliovirus di derivazione vaccinale di tipo 2 e del numero di lignaggi circolanti, il rischio di diffusione internazionale rimane elevato”, sentenzia l’Oms. Particolarmente preoccupante è la situazione in Africa: è documentata un’elevata trasmissione nella Repubblica Democratica del Congo; da qui il virus si diffonde nei Paesi vicini. “Gran parte del rischio di epidemie di poliovirus derivato da vaccino può essere collegato a una combinazione di inaccessibilità, insicurezza, un’elevata concentrazione di bambini a dose zero e lo sfollamento della popolazione”, aggiunge l’Oms.

    Inoltre, nell’ultimo anno è emerso un nuovo fenomeno: la capacità del virus di raggiungere Paesi ad altro reddito, dove può incontrare sacche suscettibili nella popolazione: questo fenomeno è stato osservato a Gerusalemme, Londra, New York, Montreal e “sottolinea l’importanza di una sorveglianza, anche di tipo ambientale, attenta della poliomielite”, conclude l’Oms.

  • Strano silenzio stampa sulle dichiarazioni dell’Oms per l’influenza aviaria

    L’Oms,dopo gli errori e le omissioni iniziali nei primi giorni dell’era covid,non è vista con particolare fiducia ma questo non giustifica il silenzio con il quale la maggior parte degli organi di stampa e di informazione hanno accolto il nuovo allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

    Secondo una recente analisi dell’Oms l’evoluzione dell’influenza aviaria di tipo A, che in genere è circoscritta al pollame e ad alcune specie di uccelli, potrebbe rappresentare un grave pericolo per l’umanità.

    Il direttore generale Tedros Ghebreyesus  ha spiegato che il virus responsabile dell’influenza aviaria si è diffuso in maniera esponenziale tra gli uccelli selvatici e quelli domestici di allevamento negli ultimi 25 anni, ma vi sono stati anche casi di contagio nei mammiferi, visoni, lontre, volpi etc.

    Il pericolo è che se l’infezione comincia a colpire mammiferi vicini all’uomo il virus potrebbe poi ulteriormente modificarsi diventando molto infettivo per gli esseri umani e adattandosi ad agire velocemente.

    L’Oms raccomanda a tutte le autorità sanitarie monitoraggio ed attenzione e di studiare attentamente i casi di infezione da influenza aviaria negli esseri umani prima che da pochi casi si finisca in una nuova pandemia.

    L’Organizzazione raccomanda, e stupisce che le regioni ed i comuni non abbiano avvertito la popolazione, specie quella che abita in zone rurali, di non toccare o raccogliere animali selvatici morti o ammalati, che invece devono essere segnalati alle autorità locali, e di consultare il medico, o nel  caso di animali il veterinario, se vi è un sospetto di infezione in quanto è in aumento il rischio di trasmissione del virus.

    Se fino ad ora i casi di infezione nell’uomo erano legati a contatti con pollame d’allevamento che si era infettato con l’aumento della trasmissione dell’infezione nei mammiferi il rischio per l’uomo è aumentato e si teme possa succedere, se non c’è adeguata prevenzione e controllo, quello che è successo con il corona virus.

    Nell’uomo i sintomi dell’aviaria, causata da ceppi virali asiatici H5N1 eH7N9, sono simili a quelli  dell’influenza stagionale, febbre, tosse, mal di gola, dolori muscolari, malessere e stanchezza, congiuntivite, difficoltà respiratorie e possibili polmoniti, per questo è necessario non trascurare l’allarme che l’Oms questa volta, ha lanciato tempestivamente.

  • Covid: l’OMS stila le cinque misure da adottare per evitare una recrudescenza dei contagi

    Alla luce dell’aumento dei casi di Covid nel mondo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ricordato quali sono le misure da tenere contro la pandemia: aumento della diffusione del vaccino nella popolazione generale; somministrare ulteriori dosi di vaccino ai gruppi prioritari; promuovere l’uso della mascherina all’interno e nei trasporti pubblici; ventilare gli spazi affollati e pubblici come scuole, bar e ristoranti, uffici open space e trasporti pubblici; fornire terapie precoci e appropriate ai pazienti a rischio di malattia grave.

    Hans Henri Kluge, direttore regionale per l’Europa, come riporta TGCom24, afferma che “entrando nel 2023, i Paesi di tutta Europa e dell’Asia centrale devono raddoppiare i loro sforzi per attuare strategie di comprovata efficacia ed evitare di essere compiacenti”. Per l’Oms questo “significa reinvestire urgentemente e impegnarsi nuovamente per una maggiore sorveglianza virologica e genomica, compresa la sorveglianza delle acque reflue, se possibile. Ciò significa – continua Kluge – investire e salvaguardare la forza lavoro sanitaria la cui situazione precaria in molti luoghi potrebbe minare l’effettiva erogazione dei servizi sanitari”. Le tre parole chiave per garantire maggiore sicurezza per tutti, secondo il rappresentante dell’OMS, sono: scienza, sorveglianza, responsabilità.

  • Il Dragone ci riprova e l’OMS latita

    Nel 2020 l’anno inizia con il covid, misteriosa malattia che, piaccia o non piaccia, arriva dalla Cina.

    In breve tempo contagi, morti, ospedali pieni e bare che non si riescono a far arrivare al cimitero o all’inceneritore: ricordiamo tutti i giorni della paura e del dolore.

    Continuano ancora oggi gli accertamenti, osteggiati dal governo cinese, per verificare la vera causa che ha scatenato la pandemia, laboratorio, involontario o meno, o catena di trasmissione tra animali con l’approdo all’essere umano?

    Certo è che il governo cinese ha, per troppo tempo, negato l’esistenza del virus che già dal 2019 si era propagato nel Paese del Dragone e che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità non ha agito tempestivamente, resta anche da appurare se questo ritardo sia avvenuto per ignoranza, superficialità, comunque colpevole, o per pressioni di Pechino.

    Quanto è accaduto è ben vivo nella mente di ciascuno per questo non possiamo tollerare che all’inizio del 2023, a distanza di tre anni, anni che in parte non abbiamo vissuto perché chiusi in casa, oppressi dalle terribili notizie, con una modifica radicale delle nostre libertà, le conseguenze ancora si sentono forte specie nei più giovani e nei più anziani che hanno perduto quella socialità necessaria alla crescita o ad una vecchiaia serena, si debbano ascoltare le reprimende di Pechino che ci accusa di discriminazione per avere giustamente deciso controlli sanitari per cittadini provenienti dalla Cina.

    Il presidente Xi Jinping dopo aver tenuta segregata per tre anni gran parte della popolazione cinese, con il suo assurdo progetto zero covid che ha fatto subire un ingente danno economico al paese privo di un vaccino efficace e senza una vaccinazione di massa, ora in pochi giorni ora ha deciso il liberi tutti ed i contagi sono dilagati in modo esponenziale.

    La storia si ripete: ancora una volta non arrivano notizie, il governo cinese rifiuta ogni informazione ma pretende che gli altri paesi accettino le sue decisioni senza prendere alcuna precauzione necessaria per evitare una nuova pandemia, magari con nuove varianti, e rifiuta i vaccini offerti dall’Europa.

    E ancora una vota l’Organizzazione Mondiale della Sanità è in ritardo.

    I dittatori non perdono il vizio di cercare di dettare legge anche fuori dal loro paese e certamente la notizia, di qualche settimana fa, della presenza in Europa ed anche in Italia di stazioni di polizia cinese non ci rassicura sui veri progetti del Dragone.

    Secondo un articolo de Il Sole 24Ore del 9 gennaio 2023 il 90% dei residenti dell’Henan, la provincia più popolosa della Cina, è risultato infettato dal covid. Calcoli alla mano si tratterebbe di 88,5 milioni di persone sui quasi 100 milioni di abitanti della provincia. L’aumento esponenziale dei contagi è concomitante alla nuova strategia sanitaria del Paese in cui l’annullamento della politica zero covid ha visto accrescere contagi e morti.

  • L’Oms riconosce la dipendenza da videogame come disturbo della salute

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha aggiunto una nuova malattia all’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems: il gaming disorder, il disturbo da gioco (inteso come videogiochi, non come gioco d’azzardo che già è riconosciuto come disturbo). L’inclusione era in discussione già dal 2018 e aveva suscitato diverse polemiche, presa la decisione  il gaming disorder sarà ufficialmente riconosciuto come disturbo dall’1 gennaio 2022, quando entrerà in vigore la classificazione.

    Il gaming disorder ha luogo quando per 12 mesi (ma anche meno in casi particolarmente gravi) si manifestano 3 sintomi: scarso controllo sulle attività di gioco stesse (durata, intensità, frequenza ), «priorità crescente assegnata al gioco al punto tale che il gioco stesso ha la precedenza su interessi vitali e attività quotidiane» e, infine, «la continuazione o l’aumento dell’attività di gaming nonostante il verificarsi di conseguenze negative». Perché si sia considerati affetti da gaming disorder non basta quindi passare troppo tempo davanti allo schermo, ma occorre che l’attività ludica dia luogo a conseguenze verificabili negli ambiti «personale, familiare, sociale, educativo, occupazionale» e in altri egualmente importanti.

    Come spiega il dottor John Jiao via Twitter, «La VGA (Video Gaming Addiction – dipendenza da videogiochi) non riguarda il numero di ore passate a giocare. C’è quando il gioco ha la precedenza sulla salute, sull’igiene, sulle relazioni, sulla gestione delle finanze etc. Il gioco in sé non è un disturbo».

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