Parigi

  • Zemmour si fa un partito per correre per l’Eliseo

    All’estrema destra, ancora più estrema del Rassemblement National di Marine Le Pen, ci sarà ‘Vox Populi’: questo il nome che il polemista Eric Zemmour, che sta provocando un terremoto fra Républicains e lepenisti che potrebbero veder svanire milioni di elettori alle presidenziali di aprile, ha scelto per il suo partito. E’ stata la radio Europe 1 a rivelare che Zemmour – ormai il personaggio più mediatizzato, conteso da tutti gli studi televisivi e radiofonici del Paese – sta ormai lavorando alla sua struttura elettorale ancor prima dell’annuncio ufficiale della candidatura. Che dovrebbe, secondo quanto trapela fra i suoi fedelissimi, arrivare l’11 novembre, scompaginando definitivamente il panorama politico della destra e dell’estrema destra francese.

    Zemmour, che già un paio di sondaggi hanno dato nelle ultime settimane al secondo posto dietro Emmanuel Macron al primo turno – e quindi qualificato per il ballottaggio -, continua intanto nel disegno di estremizzare la sua posizione, al punto da aver fatto scattare nei giorni scorsi la reazione anche della comunità ebraica francese. Lui, ebreo, non ha esitato a moltiplicare le dichiarazioni provocatorie sul maresciallo Petain (il capo della Francia collaborazionista), sul caso Dreyfus, persino sui bambini vittime degli attentati islamici di Tolosa (definendoli ‘stranieri’ perché sono stati sepolti in Israele) fino a quando la comunità ebraica ha chiesto ai suoi membri che “neppure una voce” si levi per sostenere Zemmour.

    I programmi del polemista intanto proseguono fitti, anche se nell’ombra: l’11 novembre potrebbe arrivare l’annuncio della candidatura, a fine novembre una riunione di responsabili regionali della sua associazione per dare vita – con una sorta di congresso costituente – al suo partito politico. Diversi membri dell’Associazione Amici di Eric Zemmour sono già stati preavvertiti. Sul nome del partito circolano ogni giorno ipotesi, ma da settimane ‘Vox Populi’ continua ad essere la più gettonata. Stando alla tv BFM, poi, si svolgono – nel massimo riserbo – anche vere e proprie riunioni elettorali. La prima, la sera del 25 ottobre, nel quartier generale di Zemmour, che la sua associazione gli ha messo a disposizione a rue Jean Goujon, in uno dei quartieri più esclusivi di Parigi, a due passi dagli Champs-Elysées. C’era un centinaio di persone, i più stretti sostenitori dell’ex giornalista, che ha preso la parola per ringraziare i presenti del loro impegno: “A lungo – ha detto – ho immaginato un candidato che avrebbe potuto portare avanti le nostre idee… diventa possibile che sia io quando vedo il sostegno che mi date. I colpi che arriveranno saranno sempre più forti, contro di me e contro quelli che mi sostengono. Bisognerà essere forti collettivamente per arrivare fino in fondo”. Erano già pronti e sono stati mostrati ai presenti i manifesti elettorali con le scritte ‘Zemmour Président’ e ‘Z 2022′.

    Forte la preoccupazione nella destra tradizionale – che soltanto a dicembre sceglierà il suo leader in un congresso e che rischia di vedersi portar via dal nuovo candidato la parte meno moderata del partito – e nel Rassemblement National di Marine Le Pen. La quale deve guardarsi le spalle anche in famiglia: il padre Jean-Marie ha già chiaramente annunciato che “se Zemmour sarà il candidato del campo nazionale meglio piazzato” lo sosterrà senza esitazione; la nipote Marion Maréchal ha aggiunto che “con due candidature le cose diventano un po’ più complicate” e che “a un certo punto bisognerà porsi la questione di sapere chi ha più possibilità”.

  • Notre Dame il giorno dopo: alla paura e al dolore è subentrata la speranza e la fiducia

    Quel che si temeva, fortunatamente non è accaduto. Il giorno dopo il tremendo rogo, Notre Dame de Paris è ancora là. Non tutto è bruciato ed è stato possibile limitare le fiamme dove l’incendio è scoppiato, vale a dire a due terzi del tetto ed alla guglia. Il resto, sia pure malconcio per il fumo e l’acqua dei pompieri, è stato salvato e potrà tornare all’antico splendore. Si è avuta certezza, tra l’altro, del salvataggio di reliquie preziose e di opere d’arte, trasportate al Louvre per le pulizie e i restauri. La facciata è integra, le torri salve e i rosoni, bellissimi, anche. Un grande respiro di sollievo ha sostituito il pesante sentimento d’angoscia del giorno prima. Le processioni di ringraziamento, che riunivano una grande folla, molti cattolici in preghiera, soprattutto tanti giovani, ma anche  tanti altri cittadini di cui non ci è dato sapere il credo, in  silenzio, si sono svolte incessantemente. E’ stato una specie di risveglio, dopo mesi e anni di silenzio pubblico, nonostante centinaia di attacchi blasfemi ed empi alle chiese e ad altri luoghi sacri. Come il feroce assassinio del Padre Jacques Hamel, prete di 86 anni, avvenuto a Saint-Étienne-du-Rouvray (Normandia), il 26 luglio 2016 mentre celebrava la messa, per mano di due giovani fanatici islamisti. E’ come se la cristianità parigina si fosse improvvisamente risvegliata da un lungo letargo, che fa seguito a innumerevoli vandalismi e a gratuite e criminali violenze subite in questi ultimi tre o quattro anni. Facevano una certa impressione, la notte del rogo, quei gruppi di giovani con il rosario in mano, inginocchiati sul suolo bagnato per pregare la Nostra Signora di Parigi, oggetto di tanta disastrosa violenza incendiaria. Pregavano e cantavano, con la calma dei forti e con la speranza di essere esauditi. Ed ai canti seguiva un silenzio d’attesa, rotto dallo scrosciare dell’acqua  dei pompieri, insufficiente a spegnere i focolai che illuminavano sinistramente il cielo. “Questi giovani in preghiera sono un grande segno della vittoria di Cristo” – mi sussurrava con ammirazione mia figlia Maria Claudia. La quale è rimasta affascinata anche dalla croce dell’altare maggiore che riluceva nell’abside buia, ripresa poi dall’Ansa e pubblicata sulla rete. Era una luce splendente nel buio tutto attorno. Come un segno di vita e non di distruzione. L’immagine acquista un particolare significato per i fedeli cattolici, che sono all’inizio della Settimana Santa. Molti di loro, sui social media, l’hanno ripresa, accompagnandola al motto dei certosini: “la Croce resta salda mentre tutto cambia”. Oggi è un altro giorno. All’incredulità e al sospetto è subentrata la fiducia. “Ce la faremo a ricostruirla” – dicevano molte personalità intervistate dai media. “La ricostruiremo in cinque anni” – ha affermato il presidente Macron in una allocuzione televisiva. “La faremo più bella!” – ha azzardato qualcuno, come se fosse possibile migliorare un’opera che è stata la più bella per più di otto secoli. “Occorreranno enormi capitali” – hanno aggiunto altri. Ed ecco che, non appena è stata lanciata una sottoscrizione, sono stati raccolti in pochi minuti più di 700 milioni di euro. “Lanceremo un appello fuori della Francia – ha detto la sindachessa di Parigi – e terremo una conferenza internazionale dei sottoscrittori”. Alle molte dichiarazioni un po’ enfatiche del primo giorno, si sono aggiunte affermazioni più concrete sulle cose da fare. I tecnici e gli inquisitori hanno ripetuto all’unisono che per ora non esistono elementi che possano far pensare ad atti volontari come causa dell’incendio. Rimane valida l’ipotesi di un incidente al sistema di controllo della sicurezza dell’impalcatura innalzata per i restauri in corso. E’ anche stato annunciato che per svolgere indagini approfondite sono stati incaricati 50 funzionari. C’è un manifesto impegno delle pubbliche autorità per scoprire le cause del disastro e per la ricostruzione, in collaborazione con le autorità ecclesiastiche. E’ un’illusione pensare che in definitiva il rogo della cattedrale è riuscito a unire un Paese e un’Europa divisi? Tanti segnali ci dicono che questo miracolo è veramente accaduto. D’altro canto, Notre Dame e quello che rappresenta, ha sempre unito, nel corso della storia. E in periodo di attacchi e lacerazione, è un grande segno.

  • Brucia il simbolo dell’anima cristiana e della bellezza umana

    Tutto il dolore del mondo libero concentrato sulla cattedrale di Notre Dame che brucia – titola un periodico. Mille anni distrutti in pochi minuti. E’ l’11 settembre dell’Europa cristiana. Nell’inferno di Notre Dame. Teatro di una tragedia della coscienza individuale e collettiva. Se ne va il simbolo della cultura europea. Perdere il bello, un dolore infinito. Islamici in festa: “Vendetta di Allah”. “Distrutta una parte di noi”. La gente piange e si inginocchia. “Spettacolo che stringe il cuore”. Sono alcuni dei titoli che scorriamo in fretta sui quotidiani. Ovunque dolore, tristezza, sgomento, incredulità, consapevolezza di una grande perdita, di una distruzione irrecuperabile, di un vuoto che ci arriva dal Medio Evo. Chi osa affermare ancora che il Medio Evo era un’epoca oscura? Da allora non sono state più fatte bellezze di questa incommensurabile grandezza. E’ stato il bello ad essere colpito a morte. Fatalità o mano criminale dell’uomo? Incuria o atto voluto? Sarà difficile trovare le prove dello scatenamento del violento, violentissimo incendio, che in poco tempo, annullando i miseri tentativi dei pompieri, ha fatto crollare il tetto e schiantare in pochi minuti la guglia di oltre 90 metri. I commenti erano unanimi. Notre Dame non era solo il simbolo della cristianità, ma rappresentava la storia, la cultura, il bello e il genio della Francia. Ha resistito per oltre otto secoli alle sfide del tempo e della pazzia degli uomini. Nemmeno la rivoluzione della fine Settecento è riuscita, dopo averci tentato, a farla sparire. E’ sopravvissuta all’ultima guerra mondiale, con i bombardamenti aerei e l’invasione dei carri armati. Ed ora, in pochi minuti, un patrimonio di tale valore stava scomparendo dalla vista degli uomini, non certamente da quella del cuore. Nonostante la lenta ed inesorabile crisi del cristianesimo nel paese, la Francia, considerata fino a poco tempo fa  “figlia prediletta dalla Chiesa”, nonostante il sovvertimento di valori avvenuto in questi ultimi tempi, Notre Dame era rispettata anche dai non credenti, era la testimonianza accettata della cultura e della storia di Francia, il simbolo di un insieme di valori che hanno caratterizzato non solo il popolo francese, ma anche quello europeo, anzi, diremo di più, di molti popoli del mondo. Ogni anno, non a caso, i visitatori della cattedrale raggiungevano i 13 milioni ed erano in costante crescita. Notre Dame parlava a tutto il mondo e simboleggiava quanto di bello e buono l’uomo ama. Un dubbio, tuttavia, ci assale. E se fosse stato proprio questo simbolo che si voleva far scomparire? Un simbolo troppo forte, troppo potente, più forte e potente di qualsiasi ideologia, contenente in sé i valori di una religioni e della stessa laicità. Un simbolo difficile da distruggere culturalmente, ma facile da colpire con un falò. D’altronde quello portato alla cattedrale di Parigi non è il primo attacco a una chiesa. Gli attacchi alle chiese francesi si contano a centinaia. Solo nel 2018 ne sono state vandalizzate 875, secondo le cifre diffuse dalla polizia francese (oltre mille stando a quanto riporta il Gatestone Institute, +17 per cento rispetto al 2017), e si contano 47 attacchi, anche incendiari, nel solo mese febbraio di quest’anno. Il 17 marzo scorso un incendio, doloso, ha colpito proprio a Parigi la chiesa di St. Sulpice, nel quartiere latino, d’architettura barocca. È la seconda chiesa di Parigi per grandezza dopo Notre-Dame ed è la sede della Compagnia dei Sacerdoti di San Sulpizio. Una domanda viene spontanea: anche tutti questi incendi sono stati casuali o determinati da lavori di restauro in corso? La risposta non giungerà mai ed il dubbio non verrà dissolto. Ma l’interrogativo rimane e logora la mente ed il cuore. Ma è mai possibile tanto accanimento e tanto odio? Sarebbe il deserto della ragione e dei sentimenti, una landa smisurata di solitudine. Con Charles Peguy vogliamo invece chiudere con una preghiera: Ciò che dappertutto altrove è solitudine/Qui non è che un vivace e forte germoglio. (…) Ce ne han dette tante, regina degli apostoli./Abbiamo perso il gusto per i discorsi/Non abbiamo più altari se non i vostri/Non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice”.

  • Modigliani Art Experience: il genio dell’artista livornese torna a Milano con la mostra multimediale del MUDEC

    Entusiasmare, affascinare, emozionare e meravigliare il pubblico di giovani e adulti invitandoli ad approfondire la conoscenza del genio di  Amedeo Modigliani. Con questo spirito nasce Modigliani Art Experience, il racconto, ricostruito attraverso immagini, suoni, musiche, evocazioni e suggestioni dell’universo di Modì, pittore e scultore, che permetterà allo spettatore/visitatore di proiettarsi nel contesto parigino in cui l’artista maledetto fu assoluto protagonista. Prodotta da 24 ORE Cultura e promossa dal Comune di Milano-Cultura e con il supporto scientifico dei conservatori del MUDEC e del Museo del Novecento di Milano, Modigliani Art Experience accoglierà i visitatori dal 20 giugno al 4 novembre 2018.

    Dopo il successo di Klimt Experience lo scorso anno, anche questa estate (ma non solo) chi rimarrà in città potrà godere di una bella offerta culturale nella quale immergersi, letteralmente, per conoscere, attraverso un excursus sensoriale, il mondo della Parigi bohémien nel quale visse ed operò Modigliani. Il percorso si articola in più fasi: una ‘exeperience room’ che racconta, in 45 minuti di immagini proiettate dalle pareti al pavimento, la vita scapigliata e sempre al limite dell’artista livornese nella Parigi delle Montmartre e Montparnasse dei primi del Novecento e nella quale tutto evocherà sua arte, le sue muse, le sue amanti, l’influenza del primitivismo e in particolare della scultura africana, egizia e cicladica. Ad impreziosire il racconto per immagini e suoni una sala introduttiva, o ‘sala scrigno’, che ospiterà alcuni capolavori di arte primitiva africana del XX secolo provenienti dalla collezione permanente del MUDEC e due ritratti di Modì provenienti dal Museo del Novecento di Milano che permetteranno al visitatore di conoscere i modelli di arte primitiva, fonti preziosa di ispirazione per Modì. E poi una ‘Infinity room’, ovvero una ‘Sala degli Specchi’, dove alcune delle opere più significative dell’artista si ripresenteranno agli occhi del visitatore in un gioco continuo di scomposizioni e rifrazioni che chiudono il percorso multisensoriale che si aprirà poi con un più classico racconto sulla vita dell’artista e del contesto storico, sociale e culturale in cui situare la sua produzione. Il tutto accompagnato da una colonna sonora che sottolinea la complessità e la bellezza del periodo.

    Grazie all’alternanza tra suoni e immagini, figure primitive, spirito bohémien e produzione artistica si potrà godere di tutta l’arte di Modigliani e di conoscere le tappe della sua vita, la sua storia, le sue innumerevoli fonti di ispirazioni e la sua arte immortale, dal rapporto con la scultura all’incontro con Brancusi, con i suoi mecenati e mercanti fino alle amicizie con scrittori, artisti e letterati dell’epoca e ai suoi amori (primo fra tutti quello con Jeanne Hébuterne), esplorando il tema delle figure femminili e i nudi nella sua arte. Un racconto tematico, non solo cronologico, nel quale emerge evidente l’influenza che il primitivismo e il fermento sociale, storico e culturale della Parigi di inizio ‘900 ebbero sull’arte di Modigliani.

     

  • A Piacenza più slot machine che a Parigi, Ingroia in campo come avvocato

    La ludopatia crea lavoro non solo a chi gestisce slot machine e simili ma anche a chi cura i ludopatici. A Piacenza, dove la sale da gioco sono più numerose che a Parigi (secondo quanto dichiara il dottor Maurizio Avanzi, responsabile del Sert per le ludopatie), l’anno scorso sono stati trattati oltre 170 soggetti (in tutta la provincia i giocatori d’azzardo compulsivi sono stimati in oltre 3mila) e il trend, il che può anche essere una buona notizia, è di un aumento dei soggetti in cura.

    Il settore delle slot machine e delle scommesse online attira anche l’attenzione della malavita organizzata, che lo utilizza per riciclare denaro di provenienza illecita, secondo indagini avviate dalla procura di Palermo, che vedono l’ex pm oggi avvocato Antonio Ingroia nei panni di difensore di uno degli arrestati, l’imprenditore Benedetto Bacchi, nell’ambito dell’operazione  significativamente battezzata ‘Game over’.

  • Atti di cannibalismo in Francia in una zona franca dominata dall’islamismo

    La Francia è ormai scristianizzata. I cristiani sono una esigua minoranza e la vita religiosa ridotta al minimo. Lo dicono le statistiche e lo affermano illustri storici nei loro libri. Forse è anche per questo che la stampa tace su avvenimenti, non certamente considerati civili, che accadono in zone di Parigi completamente dominate dall’islamismo. Sono oltre 750 queste zone franche dove non si applica più la legge della Repubblica francese. Sono state calcolate nell’agosto del 2014 dalla rivista periodica Valeurs Actuelles. Nel luglio del 2012 il governo francese annunciava un piano per riaffermare il controllo su oltre quindici delle più famose “no-go zones”, cioè i distretti infestati dal crimine che il ministro deli Interni aveva designato come “zone di sicurezza prioritaria”. Sono zone in cui la presenza mussulmana è molto densa e che ormai sono proibite per donne e polizia. Zone di cui si torna a parlare a intervalli regolari, sebbene esistano ancora siti web o intellettuali che continuano a negarne ostinatamente l’esistenza. Chissà che cosa li spinge a negare la realtà che è sotto gli occhi di tutti e nonostante l’accadere di avvenimenti che balzano all’onore della cronaca. Come è successo nel 2005 in due banlieue (in due zone di periferia), quelle di Clichy-sous-Bois e quella i Montfermeil nel dipartimento Seine-Saint-Denis. Nell’autunno di quell’anno, infatti, i giovani islamici in rivolta bruciarono oltre 9000 autovetture, forse per affermare con gesti inequivocabili che quello era territorio loro. Nel 2011 un documento di 2200 pagine definiva quelle e tante altre zone come “società islamiche separate”, dove la Sharia, la legge islamica, stava rapidamente soppiantando il diritto civile. E’ mai successo un fatto simile nei quartieri e nelle zone quando la maggioranza era cristiana? Lo stesso documento definiva quegli immigrati mussulmani come individui cui l’integrazione e i valori francesi non interessano, il loro islam gli basta e tutto ciò che è francese, o europeo, o occidentale viene convintamente respinto, anche con la violenza. Nessuno, tuttavia, fa inchieste su queste zone o le cita quando in esse succede qualcosa di illegale. E’ ancora il caso accaduto in questi giorni in uno dei quartieri sopracitati: Clichy-sous-Bois. Soltanto Le Parisien e Le Figaro ne hanno parlato inizialmente in poche righe. Si è trattato di tre africani provenienti da Capo Verde, che sono stati arrestati per barbarie e cannibalismo. Hanno afferrato il quarto uomo che era con loro e hanno preso a morsi il labbro inferiore e poi l’orecchio. Ingoiano i pezzi che sono riusciti a strappare. Arriva la polizia e un’ambulanza. Niente di grave. E’ semplicemente cronaca nera, lasciano intendere i giornali. Solo il quotidiano “SudOuest” commenta in due righe che si tratta di un atto di barbarie bello e buono, che va al di là della pura cronaca nera. La denuncia parla anche di cannibalismo perché parte della carne strappata coi denti è stata ingoiata. Ma non vogliamo insistere su questo aspetto della vicenda. Ci colpisce però il fatto che in uno dei quartieri della periferia parigina, dove le bande islamiche hanno fatto terra bruciata, il sipario cali su simili atti di barbarie. La parola però passa al codice penale e al tribunale. Vedremo come andrà a finire, ma è indubbio che atti come questo di Clichy-sous-Bois ci riportano indietro di secoli. L’Europa importa barbarie e non solo non esporta più civiltà, ma addirittura assiste impavida, senza batter ciglio, a quanto le capita in casa. Sono tanti i sobborghi francesi dove impera la criminalità mussulmana. Alcune zone sono talmente pericolose che le ditte di consegna a domicilio hanno annunciato che non consegneranno più posta, come in Gran Bretagna. La stima delle “violenze gratuite” a livello nazionale in Francia è giunta a 777 violenze del genere al giorno. Una di queste, la settimana scorsa, ha visto un immigrato pugnalare sei persone nel 18° arrondissement di Parigi. Sia chiaro, non vogliamo criminalizzare gli immigrati. Ci meravigliamo che quando questi si comportano illegalmente, nessuno, o quasi, intervenga efficacemente per evitare il perpetuarsi dell’illegalità, come nel caso delle zone franche dove impera una legge, la Sharia, che nulla ha a che fare con la legalità francese. L’Islam e la laicité avanzano in Francia. Il cristianesimo diminuisce. Gli ebrei scappano di fronte alle continue aggressioni islamiche, senza difesa alcuna da parte dello Stato. E’ un bell’avvenire che si prepara nella Repubblica confinante con la nostra!

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