Sappiamo che mai nessuno prende il potere con l’intenzione di abbandonarlo.
George Orwell
“… Ho visto un ragazzino, forse di dieci anni, che guidava un enorme cavallo da tiro lungo uno stretto sentiero, frustandolo ogni volta che cercava di girare. Mi ha colpito il fatto che se solo questi animali prendessero coscienza della loro forza non dovremmo avere alcun potere su di loro. E che gli uomini sfruttano gli animali più o meno allo stesso modo in cui i ricchi sfruttano il proletariato”.
Così scriveva George Orwell nella prefazione del suo ben noto romanzo Animal Farm (La fattoria degli animali; n.d.a.). La prima pubblicazione del romanzo risale al17 agosto 1945, proprio 80 anni fa. Un romanzo che l’autore scrisse tra il 1943 e il 1944, mentre continuava la seconda guerra mondiale., periodo in cui lui però era ormai ben consapevole della pericolosità del regime stalinista, grazie anche alla sua personale esperienza durante la guerra civile in Spagna. Invece il governo britannico, in alleanza con l’Unione Sovietica, sosteneva che quanto si diceva riguardo al “terrore rosso” in quel periodo era semplicemente falso e dovuto soltanto alla propaganda nazista.
Dopo che gli animali cacciarono via il crudele proprietario Mr. Jones, della “Fattoria padronale” (Manor Farm; n.d.a.), quella divenne la fattoria degli animali. I maiali però decidevano su tutto, nonostante il settimo comandamento, approvato all’unanimità da tutti gli animali, affermasse che “tutti gli animali sono uguali”. I maiali modificarono poi quel comandamento, stabilendo che “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. Però non tutto andò come promettevano e garantivano i maiali, anzi! In seguito ad un primo periodo di un certo benessere, la carestia divenne una sofferta realtà per gli animali. Cominciarono a scarseggiare i più indispensabili generi alimentari. Ma non per i maiali però. Si, perché loro si dovevano nutrire bene per poter continuare a pensare, decidere e risolvere tutte le problematiche della fattoria, per il bene degli animali e non per il loro bene. Ma la vera realtà era ben altra.
Nel settimo capitolo del romanzo si descrive questa drammatica realtà. “…In gennaio cominciò a scarseggiare il cibo […]. Per giorni e giorni gli animali non ebbero altro per nutrirsi che paglia tritata e barbabietole. La fame pareva guardarli in faccia”. Nonostante ciò, i maiali riuscivano a convincere gli animali che si trattava di un periodo transitorio, ma che tutto doveva tornare come prima, anzi, meglio di prima. L’unico che non si ingannava dalla propaganda dei maiali era il saggio Benjamin, l’anziano asino della fattoria, Lui non commentava neanche le modifiche fatte al primo comandamento “Tutto ciò che va su due gambe è nemico” che in seguito divenne “Quattro gambe buono, due gambe cattivo”. Alla fine del romanzo si vedono i maiali che cominciarono a camminare su i due piedi posteriori. Clarinetto, il maiale capo propaganda, cominciò a convincere tutti gli altri animali che il comandamento, da loro approvato all’unanimità dopo aver costituito la fattoria degli animali, affermava proprio che “Quattro gambe buono, due gambe meglio”.
Quello che George Orwell aveva descritto maestosamente ed allegoricamente da nel suo romanzo La fattoria degli animali, molto apprezzato a livello mondiale, è stata purtroppo una sofferta e drammatica realtà in Albania durante il periodo della dittatura comunista (1945 – 1991). Subito dopo aver preso il potere, il regime comunista, oltre ad imprigionare e/o uccidere tutti quegli che considerava come “nemici del popolo”, sequestrò anche tutti i loro beni mobili ed immobili, proprio in “nome del popolo”. Ma fatti accaduti, documentati, testimoniati e pubblicamente noti alla mano, il popolo, cittadini e contadini, non solo non approfittava niente ma, addirittura, ha anche perso, soprattutto i contadini. Sì, perché alcuni anni dopo aver preso il potere, lo spietato ed opprimente regime comunista decise di collettivizzare le proprietà terriere dei contadini. Un duro colpo per loro che, di generazione in generazione, con quei terreni nutrivano le proprie famiglie e, a seconda dei casi, procuravano anche degli introiti finanziari con i quali poi compravano quello che serviva. Ma per la propaganda del regime, erano proprio i contadini che, con la loro volontà, avevano deciso di riunirsi in quelle che venivano chiamate “cooperative agricole”. Come accadeva nella “Fattoria degli animali” di George Orwell.
Subito dopo che la dittatura comunista si restaurò e poi si consolidò in Albania, gli albanesi, senza accorgersi all’inizio, almeno molti di loro, hanno perso, prima di tutto, la loro libertà e altri diritti innati. Diritti che nei Paesi democratici erano protetti dalla legge. E se qualcuno tentava di obiettarsi alle decisioni del regime, finiva subito in prigione o nei “campi di lavoro”, costruiti come i famigerati campi/lager dell’Unione Sovietica. E li, oltre ai lavori forzati che straziavano fisicamente i condannati, si applicavano anche altre spietate torture che causavano dei veri e propri esaurimenti psichici. Come accadeva, per esempio, in un “campo di lavoro” nel sud est dell’Albania, dove i “nemici del popolo” dovevano prosciugare una vasta palude. In quel campo, gli stessi imprigionati avevano scavato delle cavità che venivano riempite non solo con le torbide acque della palude, ma anche con degli escrementi umani. E lì poi facevano entrare e rimanere per molto tempo i “nemici del popolo”, immersi fino al collo in quelle luride e puzzolenti acque.
Durante la spietata dittatura comunista i cittadini cominciarono a subire anche la mancanza di molti prodotti di comune uso quotidiano. Soprattutto partendo dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, quando il dittatore comunista, dopo la totale e irrimediabile rottura con l’Unione sovietica (1961), decise di rompere anche con la Cina che, da anni ormai, era l’unico sostenitore, economico e non solo, dell’Albania.
Ma soprattutto, dall’inizio degli anni ’80, in Albania sono cominciati a mancare regolarmente anche i generi alimentari, quelli più importanti per la sopravvivenza. Tutto, partendo dal pane, era stato razionato, in base ai membri della famiglia. E questo nelle città, perché nei paesi i contadini si trovavano in situazioni peggiori. Ma oltre al pane, erano razionati anche altri generi alimentari. Come accadeva nella “Fattoria degli animali” di George Orwell. Ma guarda caso però, proprio in quel drammatico periodo, il 6 aprile 1987, durante un’attività in Messico, all’Albania veniva accordato il “premio internazionale per l’alimentazione” (Sic!). Chissà perché?! Ma ovviamente niente aveva a che fare con la vera, vissuta e sofferta realtà albanese in quel periodo.
Durante l’ultimo decennio in Albania è stata restaurata e si sta consolidando, ogni giorno che passa, una nuova dittatura sui generis. Lo testimoniano innumerevoli fatti accaduti e pubblicamente noti, ormai confermati e denunciati anche dalle istituzioni specializzate internazionali. Una dittatura che sta generando gravi e molto preoccupanti problematiche per la popolazione. Si tratta, tra l’altro, anche dell’impoverimento continuo di una sempre più ampia fascia sociale in Albania. Una drammatica e sofferta realtà confermata ultimamente anche dall’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) e dalla Banca Mondiale. L’Albania è ormai l’ultimo Paese europeo per il suo potere d’acquisto, secondo un rapporto ufficiale dell’Eurostat, pubblicato la scorsa settimana.
Chi scrive queste righe è convinto che quanto è stato maestosamente scritto da George Orwell nel suo romanzo “La fattoria degli animali”, descrive anche la drammatica realtà attuale in Albania. Una realtà che somiglia a quella vissuta e sofferta durante il passato regime comunista. George Orwell affermava: “Sappiamo che mai nessuno prende il potere con l’intenzione di abbandonarlo”. Questa sua convinzione viene confermata anche dal comportamento del primo ministro albanese, che somiglia ed imita il capo della precedente spietata dittatura comunista in Albania.
(*) Perché l’Albania era già una dittatura e perciò non paragonabile ad un Paese democratico