potere

  • L’Egitto pensa a una Nato africana

    Il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, ha chiesto nel 2015 alla Lega araba di “formare una forza araba in stile Nato”. Lo ha dichiarato l’esperto militare egiziano Samir Farag ai media egiziani. Il ruolo di capo della forza araba congiunta, se approvata, verrebbe assunto dal capo di Stato maggiore egiziano – che è anche il segretario generale aggiunto della Lega araba per gli Affari militari – o da un tenente generale egiziano. Il vice capo sarebbe invece di nazionalità saudita e verrebbe formato un Consiglio di comando composto dai Paesi arabi partecipanti, ha affermato Farag. Inoltre, in caso di attacco a uno dei Paesi membri, la forza si mobiliterebbe per difenderlo. L’Egitto contribuirebbe almeno con 20 mila militari, più di qualsiasi altro Paese, ha aggiunto l’esperto. Esiste un accordo di difesa congiunta all’interno della Lega araba, ma non è mai stato attuato. “Ci auguriamo che la formazione di una forza araba congiunta venga approvata. L’aggressione israeliana contro il Qatar ha rivelato quanto sia importante per noi questa forza. La speranza dell’Egitto e degli arabi risiede nell’unità e nel non fare affidamento sugli Stati Uniti o su qualsiasi altra potenza”, ha affermato Farag.

    La notizia della “proposta egiziana di creare una forza araba congiunta per contrastare gli attacchi israeliani è un duro colpo agli accordi di pace”, ha dichiarato in un messaggio su X il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, sottolineando che questo “duro colpo” è “seguito dal voto favorevole alla creazione di uno Stato palestinese da parte della stragrande maggioranza dei paesi alleati di Israele”. Ieri, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che chiede la creazione di uno Stato di Palestina libero dal movimento islamista Hamas. Il governo del premier Benjamin Netanyahu “ha distrutto la nostra posizione internazionale. Una combinazione letale di irresponsabilità, dilettantismo e arroganza ci sta distruggendo agli occhi del mondo. Dobbiamo sostituirlo prima che sia troppo tardi”, ha affermato Lapid.

    L’idea che disturba Israele potrebbe rientrare tra i temi in discussione nel vertice, il primo di questo tipo, che il 22 ottobre si svolgerà a Bruxelles tra Unione europea ed Egitto. Secondo quanto comunicato dal Consiglio europeo “il vertice si concentrerà sulle relazioni bilaterali e sull’ulteriore approfondimento del partenariato politico ed economico, come stabilito nel partenariato strategico e globale Ue-Egitto, con l’obiettivo di promuovere la stabilità, la pace e la prosperità comuni. I leader discuteranno anche delle sfide globali odierne, tra cui la situazione in Medio Oriente, la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, il multilateralismo, il commercio, la migrazione e la sicurezza”. L’Ue sarà rappresentata al vertice dal presidente del Consiglio europeo, António Costa, e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, mentre l’Egitto sarà rappresentato dal presidente, Abdul Fattah al-Sisi. “I nostri legami di lunga data affondano le loro radici nella storia, nella geografia e nella cultura comuni, nonché nei forti legami tra i nostri popoli”, ha dichiarato Costa, che poi ha aggiunto: “L’Ue apprezza profondamente il ruolo stabilizzatore dell’Egitto nella regione del Medio Oriente e il suo ruolo di mediazione nel conflitto di Gaza. Il nostro primo vertice bilaterale sarà un’ottima occasione per approfondire ulteriormente il nostro partenariato, cooperare nell’affrontare le nostre sfide comuni e liberare tutto il potenziale delle nostre relazioni”.

  • Clamoroso scandalo internazionale che continua ad accusare

    Non seminare nei solchi dell’ingiustizia per non raccoglierne sette volte tanto

    Siracide, 7/3; Antico Testamento

    Il Libro del Siracide è stato scritto in ebraico all’incirca nell’anno 180 a.C. da Giosuè di Sira. Il Libro del Siracide, essendo parte dell’Antico Testamento, è stato inserito sia nella Bibbia cattolica che in quella ortodossa. Non è riconosciuto dalla religione ebraica e da quella protestante, perché è stato considerato come testo apocrifo. Bisogna sottolineare però che si tratta dell’unico testo dell’Antico Testamento il cui autore è riconosciuto con certezza.

    Il Libro del Siracide è stato concepito e scritto come un insieme di precetti e consigli utili per tutti e basati sulla sapienza umana di quel periodo, nonché su canoni della religione tradizionale ebraica.

    Nel settimo capitolo del Libro si avverte: “Non ti impigliare due volte nel peccato, perché neppure di uno resterai impunito” (7/8). Un’altro valido consiglio per tutti gli esseri umani avverte: “Non unirti alla moltitudine dei peccatori, ricordati che la collera divina non tarderà” (7/16). Questi sono soltanto due tra i tantissimi utili consigli e precetti del Libro del Siracide.

    Purtroppo i peccatori sono stati e sono sempre presenti in ogni parte del mondo. Lo testimonia con spiccata maestria Dante Alighieri nella prima parte, l’Inferno, della sua stupenda opera allegorica “La Divina Commedia”. Lo testimonia in modo inconfutabile e convincente anche la storia, quella preziosa ed instancabile maestra. Lo testimonia chiaramente quanto sta accadendo attualmente in varie parti del nostro pianeta. Sono tanti i peccatori colpevoli di aver causato conflitti e guerre, che stanno mietendo migliaia di vittime innocenti. Dante li avrebbe inseriti in diverse parti dei nove cerchi dell’Inferno. Ma sono tanti, tantissimi i peccatori che abusano ed approfittano del potere conferito e/o usurpato, a vari livelli istituzionali. Anche per loro valgono gli avvertimenti del Libro del Siracide. Ma i peccatori, quelli consapevoli dei loro atti malvagi ed abusi, credendo di essere intoccabili, se ne infischiano di quei consigli ed avvertimenti.

    E tra quei peccatori c’è anche il primo ministro albanese. Colui che ha soltanto mentito, ingannato e ha abusato del suo potere, conferito all’inizio e poi anche usurpato. Compresi anche poteri che non gli competono. Ragion per cui adesso si sente onnipotente, come tutti i dittatori, nonostante cerchi di apparire “progressista”, soprattutto fuori dal suo “regno albanese”. Colui che, da anni ormai, ha fatto della corruzione una sua arma vincente. Sia come approfittatore e sia come corruttore di altri per ottenete e raggiungere determinati obiettivi. Lo testimoniano innumerevoli fatti accaduti e noti pubblicamente. Lo testimonia anche un clamoroso scandalo internazionale che, dal gennaio 2023, continua ad accusarlo direttamente. Ma controllando personalmente tutto il sistema “riformato” della giustizia, si sente impunibile e continua indisturbato a godere del suo vasto potere.

    L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore di uno scandalo che coinvolgeva direttamente un alto funzionario dell’Ufficio Federale di Investigazione degli Stati Uniti d’America (Federal Bureau of Investigation – FBI; n.d.a.), alcuni oligarchi ed agenti dei servizi segreti russi, nonché il primo ministro albanese, un suo “consigliere esterno” ed altri. Uno scandalo reso pubblico, il 23 gennaio 2023 negli Stati Uniti prima e poi anche nel resto del mondo, (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023; Un regime corrotto e che corrompe, 13 febbraio 2023; Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe, 20 febbraio 2023; Un autocrate corrotto e che corrompe, ormai in preda al panico, 27 febbraio 2023; ecc…).

    Il nostro lettore veniva informato, tra l’altro, che “Il 21 gennaio scorso, all’aeroporto internazionale John Fitzgerald Kennedy di New York, veniva arrestato un uomo di 54 anni, un importante ex funzionario dell’Ufficio Federale di Investigazione degli Stati Uniti d’America […] con ventidue anni di carriera presso quell’Ufficio Federale […]. Si tratta di colui che è stato a capo dei servizi di controspionaggio dell’FBI nella capitale statunitense fino al 2016, per poi dirigere, dall’inizio d’ottobre 2016 fino al 2018, quando è andato in pensione, la più importante divisione del servizio di controspionaggio con sede a New York” (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze; 30 gennaio 2023). Il nostro lettore è stato informato che sul caso stavano indagando due procure, quella di Washington D.C. e quella di New York. Hanno indagato sul caso anche due commissioni parlamentari, una del Congresso e l’altra del Senato.

    Le accuse erano diverse e si riferivano ai rapporti abusivi dell’ex alto funzionario del FBI con un oligarca russo, molto vicino al presidente russo, inserito nell’elenco delle persone soggette a severe sanzioni poste, dal 2018, dalle autorità statunitensi. Un’altra accusa si riferiva ai rapporti con un ex agente dei servizi segreti albanesi, dal quale aveva ricevuto 225.000 dollari, non dichiarati, nonché dei rapporti occulti con un “consigliere esterno” del primo ministro albanese, il quale collaborava sia con i russi che con una grande compagnia cinese. La stessa compagnia che aveva finanziato anche il figlio dell’ex presidente statunitense Joe Biden. Negli atti giudiziari che riguardavano le attività abusive ed illecite dell’ex alto funzionario del FBI, il nome del primo ministro albanese si citava per ben 14 volte! Alla fine del processo giudiziario durato molti mesi, l’accusato ha ammesso la sua colpevolezza ed è stato condannato solo con 50 mesi di prigione.

    Giovedì scorso, 4 settembre, è stato reso noto un rapporto dell’ispettore generale del Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti d’America. Un dettagliato rapporto di 23 pagine che evidenziava altri fatti legati allo scandalo in cui sono stati coinvolti l’ex alto funzionario del FBI, i russi, i cinesi ed altri. Uno scandalo in cui era direttamente coinvolto anche il primo ministro albanese. In questo rapporto, tra l’altro, sono stati evidenziati diversi incontri dell’ex alto funzionario del FBI con il primo ministro albanese, tra cui due a Tirana (settembre e novembre 2017, cene private incluse) ed uno a New York. Dal sopracitato rapporto, reso pubblico il 4 settembre scorso, risulta, tra l’altro, che il 9 settembre 2017 l’ex alto funzionario del FBI aveva mandato ad un suo amico una foto con il primo ministro albanese. Mentre ad un altro amico aveva scritto delle opportunità che si potevano generare in Albania. Lui, l’ex alto funzionario del FBI, non aveva mai però dichiarato tutti questi incontri, nonché diversi viaggi in Albania pagati da altri, come obbligato dalla legge.

    Il rapporto dell’ispettore generale del Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti d’America, reso pubblico giovedì scorso, 4 settembre, evidenziava anche il ruolo del “consigliere esterno” del primo ministro albanese in diverse “trattative” abusive sia con l’ex alto funzionario del FBI e sia con i proprietari e i dirigenti di una potente compagnia energetica cinese, molto attiva in diverse parti del mondo. La stessa compagnia che nel 2015 aveva sponsorizzato una mostra personale del primo ministro albanese ad Hong Kong. La stessa compagnia che si stava interessando anche delle risorse naturali in Albania, soprattutto del petrolio. E che con molte probabilità poteva anche riuscirci, se non fosse scoppiato lo scandalo. Ma nel rapporto, reso pubblico il 4 settembre scorso, sono stati presentati dettagliatamente, tra l’altro, anche diversi fatti documentati che coinvolgono direttamente sia il “consigliere esterno” del primo ministro che lui stesso.

    Chi scrive queste righe pensa che si tratta di un clamoroso scandalo internazionale che continuerà ad accusare diversi legami occulti e corruttivi, nonché le persone coinvolte. Compreso il primo ministro albanese. Per tutti i peccatori però rimane sempre valido l’avvertimento 7/3 del Libro del Siracide: “Non seminare nei solchi dell’ingiustizia per non raccoglierne sette volte tanto”. Chissà come si sente adesso il primo ministro albanese, il quale, da giorni, non dice niente sul caso?!

  • Non solo Groenlandia e Canada: Trump vuole anche Marte

    La Casa Bianca ha assegnato 7 miliari di dollari alla Nasa per arrivare sulla Luna e un miliardo di dollari per iniziare la preparazione del viaggio su Marte, con l’intento dichiarato di «sconfiggere la Cina nel ritorno sulla Luna e portare il primo uomo su Marte». Donald Trump ha indicato Marte come meta dell’esplorazione mentre Elon Musk ha dichiarato: «Morirò in America. Non andrò da nessuna parte. Potrei andare su Marte, ma sarà parte dell’America».

    Le scelte di Trump ed Elon Musk fanno discutere negli Stati Uniti e in Europa. Ci sono senatori, anche repubblicani, che non condividono i tagli riguardanti l’astronave Orion e il grande vettore SLS nati per la Luna e Marte, in prospettiva sostituiti con quelli dello stesso Musk. Il cambio, sostengono, metterebbe a rischio il ritorno, prima della Cina, sul nostro satellite naturale. Che resta la meta prioritaria. James Fletcher, due volte amministratore della Nasa, sosteneva che «la strada più breve per arrivare su Marte passa per la Luna». Un pensiero condiviso dal concorrente cosmico di Musk, Jeff Bezos, che fondava la sua società Blue Origin ancor prima di Space X. «Bisogna sviluppare molte tecnologie assolutamente indispensabili che impareremo andando sulla Luna» dice. E anche lui sta costruendo per la Nasa un veicolo di sbarco lunare precisando la sua differente idea del futuro. Per il creatore di Amazon, all’insediamento marziano è preferibile la costruzione di grandi stazioni spaziali dove migliaia di persone possono vivere, produrre e veleggiare tra i pianeti. La sfida è dunque aperta.

    Forse è poco noto che tutto prese il via con le suggestioni ottocentesche dei canali di Marte “visti” da Giovanni Virgilio Schiaparelli dall’osservatorio milanese di Brera, dalle quali emerse la fantascienza popolata dai marziani. Poi si aggiunsero nei primi decenni del Novecento le visioni dei pionieri dello spazio. Ma il primo progetto per compiere il grande balzo sul Pianeta Rosso veniva presentato nell’agosto 1969, cioè il mese successivo al primo sbarco sulla Luna di Neil Armstrong e Edwin Aldrin. In quei giorni l’amministratore della Nasa Thomas Paine e Wernher von Braun l’ideatore del grande razzo Saturn V per la storica impresa, salivano i gradini del Congresso delineando le successive tappe dell’esplorazione. Nelle pagine del nuovo piano assieme ad una stazione orbitale, lo shuttle e la colonia lunare c’era lo sbarco su Marte da raggiungere con astronavi dotate di propulsori a razzo nucleari.

    Già nel suo primo mandando, Trump aveva dato il via al programma Artemis, per riportare gli americani sulla Luna guardando ai panorami marziani, che stato sottoscritto fin qui da 53 nazioni (mentre in parallelo all’analogo programma cinese Irls aderivano una quindicina di Paesi). Marte è un pianeta straordinario. Pur con una taglia che è metà della Terra e una gravità quasi tre volte minore, ha però molti aspetti analoghi come le stagioni, una temperatura che all’equatore può raggiungere quasi i 20 gradi (ma la media è di meno 60 gradi centigradi) ed è dotato di un’atmosfera di anidride carbonica dalla quale si può ricavare l’ossigeno utile agli astronauti e ai motori dei razzi. Sul rover Perseverance della Nasa uno strumento sta già collaudando l’innovativa tecnologia. Geologicamente, poi, offre meraviglie uniche che diventeranno meta turistica oltre che scientifica dei futuri esploratori: ha il vulcano più alto (25 chilometri) e il canyon più lungo e più largo (4000 chilometri e 200 chilometri, rispettivamente) del sistema solare.

    Nelle prime epoche della sua esistenza (mezzo miliardo di anni) su Marte i vulcani in eruzione alimentavano l’atmosfera, l’emisfero nord si ritiene fosse ricoperto da un oceano e i fiumi solcavano l’altra metà del globo. C’erano, quindi, condizioni analoghe a quelle terrestri. Se non si scoprissero tracce di vita passata, dicono alcuni scienziati, sarebbe un serio problema. Ma se verrà colta la preziosa traccia il nostro futuro della conoscenza sarà diverso. E, comunque, un giorno andremo a vivere lassù, quando gli scienziati, già impegnati su questo fronte, avranno imparato a trasformare l’attuale luogo arido e sterilizzato in un panorama attraente come Ray Bradbury ci ha raccontato in Cronache marziane.

  • Realtà dittatoriali che si somigliano

    Sappiamo che mai nessuno prende il potere con l’intenzione di abbandonarlo.

    George Orwell

    “… Ho visto un ragazzino, forse di dieci anni, che guidava un enorme cavallo da tiro lungo uno stretto sentiero, frustandolo ogni volta che cercava di girare. Mi ha colpito il fatto che se solo questi animali prendessero coscienza della loro forza non dovremmo avere alcun potere su di loro. E che gli uomini sfruttano gli animali più o meno allo stesso modo in cui i ricchi sfruttano il proletariato”.

    Così scriveva George Orwell nella prefazione del suo ben noto romanzo Animal Farm (La fattoria degli animali; n.d.a.). La prima pubblicazione del romanzo risale al17 agosto 1945, proprio 80 anni fa. Un romanzo che l’autore scrisse tra il 1943 e il 1944, mentre continuava la seconda guerra mondiale., periodo in cui lui però era ormai ben consapevole della pericolosità del regime stalinista, grazie anche alla sua personale esperienza durante la guerra civile in Spagna. Invece il governo britannico, in alleanza con l’Unione Sovietica, sosteneva che quanto si diceva riguardo al “terrore rosso” in quel periodo era semplicemente falso e dovuto soltanto alla propaganda nazista.

    Dopo che gli animali cacciarono via il crudele proprietario Mr. Jones, della “Fattoria padronale” (Manor Farm; n.d.a.), quella divenne la fattoria degli animali. I maiali però decidevano su tutto, nonostante il settimo comandamento, approvato all’unanimità da tutti gli animali, affermasse che “tutti gli animali sono uguali”. I maiali modificarono poi quel comandamento, stabilendo che “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. Però non tutto andò come promettevano e garantivano i maiali, anzi! In seguito ad un primo periodo di un certo benessere, la carestia divenne una sofferta realtà per gli animali. Cominciarono a scarseggiare i più indispensabili generi alimentari. Ma non per i maiali però. Si, perché loro si dovevano nutrire bene per poter continuare a pensare, decidere e risolvere tutte le problematiche della fattoria, per il bene degli animali e non per il loro bene. Ma la vera realtà era ben altra.

    Nel settimo capitolo del romanzo si descrive questa drammatica realtà. “…In gennaio cominciò a scarseggiare il cibo […]. Per giorni e giorni gli animali non ebbero altro per nutrirsi che paglia tritata e barbabietole. La fame pareva guardarli in faccia”. Nonostante ciò, i maiali riuscivano a convincere gli animali che si trattava di un periodo transitorio, ma che tutto doveva tornare come prima, anzi, meglio di prima. L’unico che non si ingannava dalla propaganda dei maiali era il saggio Benjamin, l’anziano asino della fattoria, Lui non commentava neanche le modifiche fatte al primo comandamento “Tutto ciò che va su due gambe è nemico” che in seguito divenne “Quattro gambe buono, due gambe cattivo”. Alla fine del romanzo si vedono i maiali che cominciarono a camminare su i due piedi posteriori. Clarinetto, il maiale capo propaganda, cominciò a convincere tutti gli altri animali che il comandamento, da loro approvato all’unanimità dopo aver costituito la fattoria degli animali, affermava proprio che “Quattro gambe buono, due gambe meglio”.

    Quello che George Orwell aveva descritto maestosamente ed allegoricamente da nel suo romanzo La fattoria degli animali, molto apprezzato a livello mondiale, è stata purtroppo una sofferta e drammatica realtà in Albania durante il periodo della dittatura comunista (1945 – 1991). Subito dopo aver preso il potere, il regime comunista, oltre ad imprigionare e/o uccidere tutti quegli che considerava come “nemici del popolo”, sequestrò anche tutti i loro beni mobili ed immobili, proprio in “nome del popolo”. Ma fatti accaduti, documentati, testimoniati e pubblicamente noti alla mano, il popolo, cittadini e contadini, non solo non approfittava niente ma, addirittura, ha anche perso, soprattutto i contadini. Sì, perché alcuni anni dopo aver preso il potere, lo spietato ed opprimente regime comunista decise di collettivizzare le proprietà terriere dei contadini. Un duro colpo per loro che, di generazione in generazione, con quei terreni nutrivano le proprie famiglie e, a seconda dei casi, procuravano anche degli introiti finanziari con i quali poi compravano quello che serviva. Ma per la propaganda del regime, erano proprio i contadini che, con la loro volontà, avevano deciso di riunirsi in quelle che venivano chiamate “cooperative agricole”. Come accadeva nella “Fattoria degli animali” di George Orwell.

    Subito dopo che la dittatura comunista si restaurò e poi si consolidò in Albania, gli albanesi, senza accorgersi all’inizio, almeno molti di loro, hanno perso, prima di tutto, la loro libertà e altri diritti innati. Diritti che nei Paesi democratici erano protetti dalla legge. E se qualcuno tentava di obiettarsi alle decisioni del regime, finiva subito in prigione o nei “campi di lavoro”, costruiti come i famigerati campi/lager dell’Unione Sovietica. E li, oltre ai lavori forzati che straziavano fisicamente i condannati, si applicavano anche altre spietate torture che causavano dei veri e propri esaurimenti psichici. Come accadeva, per esempio, in un “campo di lavoro” nel sud est dell’Albania, dove i “nemici del popolo” dovevano prosciugare una vasta palude. In quel campo, gli stessi imprigionati avevano scavato delle cavità che venivano riempite non solo con le torbide acque della palude, ma anche con degli escrementi umani. E lì poi facevano entrare e rimanere per molto tempo i “nemici del popolo”, immersi fino al collo in quelle luride e puzzolenti acque.

    Durante la spietata dittatura comunista i cittadini cominciarono a subire anche la mancanza di molti prodotti di comune uso quotidiano. Soprattutto partendo dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, quando il dittatore comunista, dopo la totale e irrimediabile rottura con l’Unione sovietica (1961), decise di rompere anche con la Cina che, da anni ormai, era l’unico sostenitore, economico e non solo, dell’Albania.

    Ma soprattutto, dall’inizio degli anni ’80, in Albania sono cominciati a mancare regolarmente anche i generi alimentari, quelli più importanti per la sopravvivenza. Tutto, partendo dal pane, era stato razionato, in base ai membri della famiglia. E questo nelle città, perché nei paesi i contadini si trovavano in situazioni peggiori. Ma oltre al pane, erano razionati anche altri generi alimentari. Come accadeva nella “Fattoria degli animali” di George Orwell. Ma guarda caso però, proprio in quel drammatico periodo, il 6 aprile 1987, durante un’attività in Messico, all’Albania veniva accordato il “premio internazionale per l’alimentazione” (Sic!). Chissà perché?! Ma ovviamente niente aveva a che fare con la vera, vissuta e sofferta realtà albanese in quel periodo.

    Durante l’ultimo decennio in Albania è stata restaurata e si sta consolidando, ogni giorno che passa, una nuova dittatura sui generis. Lo testimoniano innumerevoli fatti accaduti e pubblicamente noti, ormai confermati e denunciati anche dalle istituzioni specializzate internazionali. Una dittatura che sta generando gravi e molto preoccupanti problematiche per la popolazione. Si tratta, tra l’altro, anche dell’impoverimento continuo di una sempre più ampia fascia sociale in Albania. Una drammatica e sofferta realtà confermata ultimamente anche dall’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) e dalla Banca Mondiale. L’Albania è ormai l’ultimo Paese europeo per il suo potere d’acquisto, secondo un rapporto ufficiale dell’Eurostat, pubblicato la scorsa settimana.

    Chi scrive queste righe è convinto che quanto è stato maestosamente scritto da George Orwell nel suo romanzo “La fattoria degli animali”, descrive anche la drammatica realtà attuale in Albania. Una realtà che somiglia a quella vissuta e sofferta durante il passato regime comunista. George Orwell affermava: “Sappiamo che mai nessuno prende il potere con l’intenzione di abbandonarlo”. Questa sua convinzione viene confermata anche dal comportamento del primo ministro albanese, che somiglia ed imita il capo della precedente spietata dittatura comunista in Albania.

    (*) Perché l’Albania era già una dittatura e perciò non paragonabile ad un Paese democratico

  • La Ue constata che la Russia è sempre più presente in Libia

    L’Europa rischia di perdere definitivamente terreno in Libia. A Tripoli le istituzioni si sfaldano, Bengasi espone nuove armi avanzate in aperta violazione dell’embargo Onu, mentre Mosca consolida il proprio ruolo strategico sulla sponda sud della Nato. L’indiscrezione di “Agenzia Nova” secondo cui la Russia vorrebbe installare sistemi missilistici nella base aerea di Tamanhint, a nord-est di Sebha, capitale del Fezzan sotto il controllo del generale Khalifa Haftar, non è passata inosservata nelle cancellerie occidentali, suscitando nuove preoccupazioni sulla crescente proiezione strategica russa nel Mediterraneo meridionale. “Seguiamo molto da vicino gli sviluppi in Libia – ha detto un portavoce dell’Ue ad ‘Agenzia Nova’ – La questione è stata discussa all’ultimo Consiglio Affari esteri e sarà ripresa anche nella prossima riunione di giugno”. Sebbene Bruxelles eviti di commentare notizie non confermate, la Commissione continua a interfacciarsi “con tutte le parti interessate, per tutelare gli interessi dell’Unione”.

    Secondo funzionari ed esperti intervenuti in un evento riservato organizzato da Ecfr, la crisi libica rappresenta oggi il sintomo avanzato di una fragilità multilivello – politica, energetica e di sicurezza – che l’Occidente non può più permettersi di ignorare. La caduta di Bashar al Assad a Damasco ha dimostrato quanto velocemente possa crollare un equilibrio solo apparente. In Libia, gli scontri armati esplosi di recente a Tripoli non sono che l’ennesima manifestazione di un sistema istituzionale in via di disgregazione e comunque figlio di un accordo politico vecchio di dieci anni. A confermarlo è anche il caso della compagnia petrolifera privata Akrenu, che ha rotto il monopolio della National Oil Corporation (Noc), vendendo greggio libico al di fuori dei circuiti ufficiali. “Cinque anni fa sarebbe stato inimmaginabile – ha spiegato un funzionario delle Nazioni Unite – oggi è la normalità”. Il potere delle istituzioni centrali, dalla Banca centrale alla Procura generale, è ridotto ai minimi storici, mentre attori non statali si rafforzano.

    Nel frattempo, la Russia consolida la propria presenza, parte di una strategia più ampia di penetrazione nel continente africano e di pressione sul fianco sud della Nato. Mosca è ormai un attore ineludibile per qualunque soluzione diplomatica, anche solo per via del diritto di veto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Al contrario, la posizione statunitense è difficilmente inquadrabile. Il pensionamento dell’inviato speciale Richard Norland, non ancora sostituito, conferma l’impressione di un disimpegno: Washington sembra oggi concentrata principalmente sulla sicurezza, lasciando scoperti gli ambiti politico ed economico.

    “La Russia ci dipinge come ex colonizzatori decadenti – ha affermato un diplomatico europeo – e questo messaggio attecchisce tra i giovani africani. Dobbiamo parlare la loro lingua, contrastare la disinformazione e formarli ai valori della verità, della trasparenza e della governance”. Ma il tempo stringe. La proposta di creare in Libia un nuovo governo di transizione con mandato limitato a 120 giorni per portare il Paese al voto appare rischiosa e paradossale: si rischierebbe di aggiungere un terzo esecutivo all’attuale frammentazione. Altrettanto ambiziosa, ma ancora priva di consenso, è l’idea di un’Assemblea costituente dotata di poteri sovrani, da cui far derivare ogni legittimità.

    Senza un’iniziativa europea coesa e credibile – avvertono gli analisti – la Libia rischia di trasformarsi definitivamente, se non lo è già, in un laboratorio geopolitico dove si confrontano potenze rivali: dalla Russia alla Cina, fino agli attori del Golfo. Se Mosca avanza militarmente e strategicamente, Pechino si muove con una logica più economica e infrastrutturale. Dopo anni di investimenti “a debito” nelle grandi opere, la Cina sta ora orientando il suo approccio verso il controllo delle filiere dei minerali critici, l’accesso ai porti e la partecipazione a progetti energetici con ricadute anche per i mercati locali. “La Cina – ha osservato un dirigente occidentale del comparto energetico – sta trasformando alcune operazioni in opportunità economiche non solo per sé, ma anche per i Paesi africani, costruendo una rete d’influenza più silenziosa ma altrettanto efficace per posizionarsi in prima fila nel mercato africano del futuro”.

    Questa penetrazione economica si salda con una narrativa anti-occidentale che, al pari di quella russa, presenta Pechino come partner “non giudicante” e rispettoso della sovranità, in contrapposizione a un’Europa spesso vista come paternalista. Anche per questo, secondo diversi interlocutori, l’Ue dovrebbe costruire una presenza più pragmatica e strutturata, capace di offrire soluzioni win-win credibili, non solo nel breve termine ma anche sul piano dello sviluppo sostenibile e dell’integrazione regionale. Il Piano Mattei promosso dall’Italia rappresenta un primo passo utile, ma non sufficiente. “Serve un blocco europeo – ha ammonito un accademico africano – o le criticità della Libia (e dell’Africa, ndr) diventeranno un problema irrisolvibile per l’Europa stessa”.

  • Operazione Pig presentato a Piacenza

    Dai legami della mafia albanese con la ‘ndrangheta ai propositi di sovvertimento dell’ordine internazionale creato dall’Occidente che Putin persegue insieme ai Brics, dalla rivalità tra Russia e Cina in Africa alla prospettiva di un mondo in cui l’intelligenza artificiale crea un Elon Musk dominante e masse di lobotomizzati cibernetici.

    La presentazione del thriller di fantapolitica ‘Operazione Pig’ di Albert de Bonnet al PalabancaEventi di Piacenza nell’ambito delle iniziative dedicata da Banca di Piacenza alla promozione di lettura e cultura è stata l’occasione per spaziare a tutto campo dal mondo della fiction al mondo così come è in realtà o come appare possibile che diventi realmente. La presentazione è avvenuta in contumacia dell’autore, perché quest’ultimo per ragioni professionali preferisce mantenersi riservato, ed a presentare il libro sono stati la sua buona amica Cristiana Muscardini, per l’occasione «portavoce» a suo stesso dire di De Bonnet, e il giornalista Andrea Vento, che assicura non essere Albert de Bonnet un nom de piume di Giuliano Tavaroli, pure atteso alla presentazione piacentina ma pure infine assente alla presentazione stessa.

    La storia di un gruppo di spie alle prese con la scomparsa di uno scienziato e alle prese con un virus modificato in Cina, questa la trama di ‘Operazione Pig’, è stata l’occasione per dibattere delle prospettive concrete di un mondo e una mentalità, quella occidentale, che mentre si interroga su quanto potrà fare la sua forza motrice ora che a guidarla vi sono Donald Trump ed Elon Musk ancora non ha capito cosa abbia generato il Covid, se e quanto i paletti posti alla ricerca scientifica in nome della tutela (nella fattispecie, l’alt di Barack Obama a certe ricerche sul suolo americano) non abbiano gettato le premesse per un assalto da Oriente, assalto che peraltro – nelle parole di Muscardini e Vento – si concretizza pressoché quotidianamente per il tramite di quella diaspora cinese che, di pari passo con l’ammissione di Pechino nel Wto nel fatale 2001, fa di ogni attività esercitata da cinesi espatriati un possibile veicolo di contagio della sicurezza e della prosperità economica altrui. La concretezza del pericolo, a fronte di quelle che sembrano esagerazioni più consone appunto a un thriller che alla vita quotidiana, è stata messa sotto gli occhi di tutti da un aneddoto e da alcuni dati raccontati da Muscardini: un imprenditore piacentino si è visto svuotare il conto in banca dopo aver portato a riparare il suo smartphone per una banale rottura del vetro dello schermo e a fronte dei pericolo di hackeraggio e infiltrazione telematica l’Italia ha impiegato i 750 milioni appositamente ricevuti dalla Ue per la cyberseecurity per creare un ufficio centrale a Roma con 7 persone e paghe da Quirinale (peraltro inferiori a quelle riconosciute ai collaboratori tecnici cui quell’ufficio affida in outsourcing i suoi compiti) mentre ha lasciato gli uffici locali della Polizia postale con organici ampiamente sottodimensionati rispetto alle necessità operative.

  • Poteri nascosti attivi a livello internazionale

    La resistenza al totalitarismo, sia esso imposto dall’esterno

    o dall’interno, è questione di vita o di morte.

    George Orwell, da “Letteratura e totalitarismo”

    I poteri nascosti sono attivi da tempo in molte parti del mondo. Diversi documenti storici confermano che si tratta di una realtà nota anche nel mondo antico. L’espressione in greco antico “kratos en kratei” (il potere dentro il potere; n.d.a) lo conferma. Un’espressione quella tradotta ed usata anche dai latini. I poteri nascosti si sono diffusi e sono rimasti attivi in seguito in Europa anche nel medioevo. E si trattava dei poteri monarchici e quelli della chiesa. Partendo però dal secolo scorso si cominciò ad usare un’altra espressione che si riferiva, comunque, allo stesso concetto; quello del potere nascosto. Si cominciò a parlare di “Deep State” (Stato profondo; n.d.a.). E con “Deep State” si intendevano, a seconda delle realtà in cui veniva usata, delle strutture ben organizzate ed altrettanto ben funzionanti. Si tratta di strutture massoniche con determinati obiettivi di controllo e dominio economico, finanziario, ma anche di strutture statali in connivenza con i servizi segreti e/o militari, con la criminalità organizzata ed altro.

    L’espressione “Deep State” è molto usata da decenni anche negli Stati Uniti d’America. Sì, perché, almeno da quei fatti noti pubblicamente alla mano risulterebbe che sono state e sono operative delle strutture molto potenti che agiscono proprio come uno ‘Stato profondo’. Delle strutture che rappresentano un intreccio tra il mondo politico, le lobby dell’economia e della finanza, alcuni raggruppamenti attivi delle agenzie della sicurezza nazionale e dei servizi segreti, nonché di certi clan occulti, che riescono a controllare anche le più alte istituzioni, sia a livello nazionale che internazionale. Contrastare e combattere le strutture ben organizzate dello ‘Stato profondo’ negli Stati Uniti d’America è una dichiarata sfida anche dell’appena eletto presidente.

    Nel dicembre scorso, quando aveva già cominciato, seppure non ufficialmente, la sua campagna elettorale, lui aveva dichiarato “guerra al Deep State”. E nonostante non lo considerasse per niente facile, vista la sua precedente esperienza come presidente, doveva “drenare la palude” creata dallo Stato profondo attivo negli Stati Uniti d’America. E per il neoeletto presidente statunitense quel Deep State esisteva ed era attivo perché c’erano dietro anche delle persone, nome e cognome, che erano i fautori e che ne approfittavano. E visto il ruolo degli Stati Uniti d’America nell’arena internazionale, i tentacoli di quella piovra che è il Deep State arrivavano e tuttora arrivano anche in altre parti del mondo. Vantaggi e benefici compresi. Ma anche danni enormi per molti altri.

    Ragion per cui uno degli obiettivi principali della campagna elettorale del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America era quello di dare più potere alla Casa Bianca come istituzione. In più lui ha deciso di “alterare l’equilibrio dei poteri”, assumendo ed esercitando così un maggiore potere, direttamente e/o tramite i rappresentanti del governo federale da lui scelti. E si tratterebbe di alcune migliaia di funzionari. Tra gli importanti obiettivi da raggiungere durante il suo secondo mandato, l’appena eletto presidente degli Stati Uniti d’America ha annoverato anche il diretto controllo, suo e/o da chi per lui di alcune agenzie come The Federal Trade Commission (La Commissione federale per il Commercio; n.d.a.) e The Federal Communication Commission (Commissione federale per le Comunicazioni; n.d.a.). In più per il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, viste le precedenti esperienze, è molto importante evidenziare ed eliminare le maligne influenze del Deep State nelle agenzie dei servizi segreti, della sicurezza nazionale e anche nel Dipartimento di Stato. Una sfida importante e non facile ad essere adempita. Ma una sfida indispensabile per combattere il Deep State attivo negli Stati Uniti d’America e, in sua vece, anche in altre parti del mondo. Sarà il tempo a dimostrare il raggiungimento di questi obiettivi.

    Una sfida che comunque non sarà facile, visto che il Deep State, rappresenta dei poteri nascosti. Poteri, dietro i quali ci sono delle persone molto potenti finanziariamente, ma non solo. Poteri che hanno sotto il loro diretto controllo dei media molto influenti. Poteri che, fatti pubblicamente noti alla mano, riescono a controllare diverse istituzioni ed agenzie governative e statali statunitensi. Ma purtroppo, sempre fatti pubblicamente noti alla mano, riescono a controllare ed orientare anche le decisioni di molte importanti istituzioni internazionali.

    Il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, che comincerà ad esercitare il suo secondo mandato dal 20 gennaio 2025, ha ripetutamente e pubblicamente dichiarato che un importante e molto potente sostenitore e beneficiario del Deep State è il noto multimiliardario e speculatore di borsa statunitense Geroge Soros, il quale nel 1993 costituì Open Society Foundations (Fondazioni della Società Aperta; n.d.a.). Proprio colui che era l’ideatore di quello che ormai è noto come “il mercoledì nero delle borse”. E non solo nel Regno Unito e in Italia. Era proprio mercoledì, 16 settembre 1992, quando sia la sterlina britannica che la lira italiana, uscirono dal Sistema Monetario europeo, come conseguenza diretta delle speculazioni monetarie di George Soros. Di colui che nel 1998 affermava fiero: “Io penso ai soldi e non alle conseguenze sociali che posso generare”. Di colui che, tramite la ben diffusa rete delle Fondazioni della Società Aperta in molte parti del mondo, riesce ad influenzare non solo le “scelte politiche” in singoli piccoli Paesi in Asia, Africa ed altrove. Ci sono delle denunce pubbliche fatte da persone ben informate, alle quali il diretto accusato non ha mai fatto causa, che lui e/o chi per lui, addirittura, riescono a influenzare e condizionare anche alcune decisioni delle più importanti istituzioni internazionali, Organizzazione delle Nazioni Unite e dell’Unione europea comprese. Così come potrebbero anche influenzare le decisioni delle istituzioni governative di determinati Paesi evoluti occidentali.

    L’autore di queste righe ha informato a tempo debito il nostro lettore sulle strategie, le attività e le influenze occulte del sopracitato multimiliardario e speculatore di borsa statunitense. Alcuni anni fa, trattando le strategie scelte dal sopracitato multimiliardario, l’autore di queste righe scriveva: “…Si tratterebbe, in sostanza, di una strategia per sostenere alcuni “movimenti”, nella maggior parte di sinistra, o che dalle ideologie della sinistra ne traggono vantaggio, per poi facilitare il controllo del potere politico in diversi Paesi del mondo. Tale strategia prevede anche la selezione e il supporto di determinate persone, per farle, in seguito, avere ruoli di primo piano nella vita politica attiva dei rispettivi Paesi” (E se tutto fosse vero?; 16 aprile 2018).

    Non a caso in alcuni Paesi ormai l’influenza decisionale del sopracitato noto multimiliardario e speculatore di borsa statunitense e/o di chi per lui è una realtà. Ma purtroppo è altrettanto una realtà che in quei Paesi sono stati, altresì, stabiliti e consolidati dei regimi totalitari. Simili casi si verificano non solo in Africa ed Asia, ma anche nei Balcani occidentali in Europa. Anche di questo il nostro lettore è stato spesso informato, fatti alla mano, con tutta la dovuta e richiesta oggettività. E in tutti quei Paesi sono attivi dei modelli sui generis di quello che negli Stati Uniti d’America, ma non solo, è noto come il Deep State, ossia lo Stato profondo.

    Chi scrive queste righe, riferendosi alle realtà rese pubbliche in questi ultimi decenni, è convinto che ci sono diversi poteri nascosti ma attivi a livello internazionale. Poteri che finanziano le loro strategie occulte e pericolose in molte parti del mondo per appoggiare dei regimi totalitari. Perciò è sempre valido quanto scriveva George Orwell alcuni decenni fa. Si, la resistenza al totalitarismo, sia esso imposto dall’esterno o dall’interno, è questione di vita o di morte.

  • Putin indebolito

    A due anni e mezzo dall’inizio della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina appare purtroppo evidente che l’Ucraina non ha ottenuto tutti gli aiuti promessi, che quelli avuti sono arrivati con colpevoli ritardi, che tuttora non vi è via libera per utilizzare alcune armi e che, di conseguenza, la situazione diventi ogni giorno più insostenibile.

    La Russia continua a bombardare le abitazioni civili, le centrali energetiche, scuole ed ospedali prendendo sempre più di mira la capitale ucraina.

    Nel frattempo si attendono le elezioni americane, con le conseguenze che ne potrebbero derivare, e si assiste, impotenti, all’immobilismo europeo, fatti salvi alcuni paesi dell’est e del nord Europa, che si spreca in affermazioni di sostegno ma nel concreto dilaziona e prende tempo rendendo sempre più difficile la salvezza territoriale ucraina.

    Se la situazione ucraina è sempre più difficile vale la pena soffermarsi su quanto invece ha ottenuto Putin scatenando questa guerra e sacrificando centinaia di migliaia di soldati russi, immolati alla sua idea di potere.

    Se l’obiettivo di Putin era di conquistare in poco tempo l’Ucraina per russificarla, abbattere la sua classe politica, sostituendola con una di suo gradimento, rendere tutto il Paese uno stato satellite dipendente dalla grande Russia, Putin ha miseramente fallito. Al di là delle eventuali, piccole o meno, conquiste territoriali si è visto in modo inequivocabile che gli ucraini non accetteranno mai di essere russificati, su questo punto Putin ha perso.

    Se Putin voleva indebolire la Nato ha ottenuto il risultato opposto, come avevamo già scritto dopo poche settimane di guerra, la Nato è più forte e coesa di prima e gli stati della ex repubblica sovietica, salvo Slovacchia ed Ungheria, sono più che mai decisi a contrastare con ogni mezzo Putin ed hanno equipaggiamenti militari di grande potenza.

    L’operazione dello zar di tentare un ricompattamento militare ed economico con le ex repubbliche sovietiche si è rivelato un fallimento, il Kazakistan, per timore di diventare un bersaglio come l’Ucraina, viste le sue molte ricchezze e la presenza di una minoranza russa, guarda semmai alla Cina e comunque non vuole essere coinvolta da relazioni strette con il Cremlino. L’Azerbaijan ignora Mosca, l’Armenia, antico alleato di Mosca, si è sospesa dall’organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva che univa cinque delle ex repubbliche sovietiche, mentre Moldavia e Georgia, con il rischio dopo le recenti elezioni di gravi disordini, sono sempre più attirate verso l’Europa.

    La conclamata alleanza con la Cina sta rivelando risvolti poco simpatici per Putin che di fronte all’imperatore cinese non ha quella voce in capitolo che sperava ed ha ottenuto solo di vendere il suo gas senza altri significativi vantaggi economici o di prestigio, anzi perdendo sempre più peso internazionale rispetto al colosso cinese.

    Anche nei territori africani, dove la presenza russa con la Wagner, poi rinominata Africa Corps, era importante e aveva portato l’acquisizione di ricche concessioni e nuovi rapporti con le autorità locali, si sta sempre indebolendo il peso dello zar proprio perché cittadini e governi si sono resi conto di non aver tratto alcun beneficio dalla presenza russa.

    Ed è fallita anche l’aspettativa di minare i rapporti tra Stati Uniti, Francia e Germania creando un cuneo dentro l’Alleanza Atlantica.

    L’alleanza di Putin con la Corea del Nord, la presenza sul territorio russo ed ucraino di armi e militari nord coreani, testimonia come Putin, nella disperata ricerca di partner, in un mondo che sempre più lo ignora politicamente, sia disposto ad allearsi con i peggiori dittatori. D’altra parte un vecchio detto dice Chi si assomiglia si piglia e ancora Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei e più dittatore di Putin, che uccide e fa suicidare i suoi avversari, in patria, in galera e all’estero, c’è giusto Kim Jong-un, un’amicizia che ha bisogno di altro sangue per essere sancita definitivamente.

    Comunque finisca, quando finirà, la guerra, Putin non sarà mai il vincitore né a livello locale né internazionale, la sua smodata sete di potere ha scavato la fossa alla Russia e ci vorranno anni per ricucire il baratro che la guerra ha scavato fisicamente e psicologicamente tra popoli che avrebbero potuto vivere in pace nel reciproco rispetto.

    Fatte queste brevi e certamente non complete osservazioni ci troviamo davanti ad una realtà che in divenire è sempre più preoccupante per la follia sia di coloro che non hanno la capacità, la volontà di porre un limite alla loro smania di potere che di coloro che non possono fermarsi se vogliono avere una possibilità di garantire la sopravvivenza del loro popolo.

    Se a questo aggiungiamo le follie di chi pensa con la tecnologia di appropriarsi del mondo e di sostituire gli essere umani con le macchine vediamo bene come ogni giorno porti nuove paure ed insicurezze che si manifestano anche nella confusione mentale, e conseguente violenza, di tanti adolescenti, ma questo non sembra colpire più di tanto la coscienza collettiva o la politica.

  • Fatti che smentiscono verità di parte

    I fatti sono la realtà che smentisce ogni presunta verità di parte.

    La Russia ha aggredito l’Ucraina, bombardato scuole, ospedali, abitazioni civili, supermercati, compiuto  stragi come quella di Bucha, messo in pericolo centrali nucleari e colpito quelle elettriche condannando al buio ed al gelo centinaia di migliaia, milioni di civili, compresi bambini ed anziani.

    La Russia ha deportato migliaia  di bambini strappandoli alle loro case, ai loro genitori e parenti, per cercare di snaturare la loro cultura e vita e trasformarli in russi.

    La Russia aveva stretto un accordo con la Cina, tramite la maggiore esportazione di gas, già nel 2021, prima dell’inizio dell’invasione, accordo che le consente oggi di utilizzare la tecnologia e  i molteplici componenti dell’industria cinese per proseguire nella sua sciagurata guerra contro l’Ucraina.

    La Russia ha stretto un’alleanza con un despota folle, nelle sue minacce ed azioni guerrafondaie, come Kim Jong-un e grazie a questo accordo la Corea del Nord ha alzato pericolosamente le sue minacce contro la Corea del  Sud ed inviato migliaia di suoi soldati e di armamenti per combattere contro l’Ucraina. E sempre la Russia ottiene da tempo armi dall’Iran.

    La Russia, tramite la Wagner, e il presunto defunto Prigozin, si è impossessata di importanti giacimenti e ricchezze in vari paesi africani.

    La Russia manovra e minaccia contro gli Stati suoi vicini, incarcera i cittadini dissidenti, fa sopprimere gli oppositori al regime, sia in patria che all’estero.

    La Russia usa hacker per destabilizzare paesi democratici.

    La Russia vuole creare un nuovo ordine mondiale nel quale avere un posto predominante.

    La Russia ha commesso molti più crimini di quelli che abbiamo elencato e continua a commetterli pur essendo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sbeffeggiando gli stessi principi per i quali l’organizzazione è nata.

    Abbiamo detto la Russia ma non è vero, non è vero perché è Putin il fautore, la mente malvagia che ha architettato tutto questo, ed altro ancora, mentre il popolo russo è mandato come carne da cannone a combattere, mentre i russi sono tenuti all’oscuro di quanto sta realmente avvenendo con l’involontaria complicità di quanti, non solo in occidente, non riescono a contrastare lo zar, almeno con la stessa controinformazione da lui usata contro tutti coloro che non sono suoi alleati.

    Le parole di Rutte, il nuovo segretario della Nato, parole chiare e coraggiose, speriamo servono a rendere meno miopi quei leader politici che nel passato antico e recente non hanno saputo agire per prevedere ed evitare tante sofferenze e quei pericoli che oggi sono sempre più incombenti, le armi a Kiev non possono aspettare e devono poter essere usate come è necessario senza alcun tipo di restrizione e la diplomazia, se ancora esiste, cominci ad agire su tutti i fronti.

  • Tutte storie brevi

    Dopo le tante sollecitazioni arrivatemi, da amici e lettori, mi trovo anch’io a parlare del giallo dell’estate 2024, tornando con la memoria ad un altro gossip, con conseguenze anche giudiziarie, che infiammò l’estate 2009 e scosse per qualche tempo il mondo della politica.

    Allora la Guardia di Finanza svelò un sistema, messo in piedi da Tarantini, il quale aveva confidenza con Berlusconi e con molti politici pugliesi, per ottenere favori nel mondo delle attività imprenditoriali. Berlusconi lo aveva conosciuto solo l’estate precedente, comunque il Cavaliere si fidò di lui tanto da ricevere nei palazzi del potere un gruppo di sue ‘amiche’. La pietra dello scandalo, per il Presidente del Consiglio, fu la D’Addario, che all’epoca molti definirono un’escort e che, in seguito, divenne testimone dell’inchiesta consegnando registrazioni sui suoi rapporti col Cavaliere e sugli incontri che aveva avuto con lui a Palazzo Grazioli.

    La D’Addario sparì poi dalle cronache per ritornarci, nella primavera 2022, con alcune interviste relative all’antica problematica ‘sesso e potere’. E in quell’occasione raccontò disperata che era stata abbandonate da tutti e che si doveva occupare di pulizie.

    Lungi da me paragonare la D’Addario alla Boccia o Sangiuliano a Berlusconi. Ma se i personaggi cambiano e sono diversi, come diverse sono le storie e il loro finale, in genere comincia tutto, più o meno, nella stessa maniera: una persona di potere, di norma maschio, una bella donna che vuole farsi strada, che ritiene di meritarlo, che è disponibile a prendere scorciatoie per arrivare all’obiettivo e auspica riconoscenze congrue per i favori, affettivi o sessuali non fa differenza, che ha concesso.

    La storia della D’Addario ce la siamo tutti dimenticata ma andando su internet la ritroviamo. Questo dimostra due cose: che abbiamo tutti la memoria corta e che il web invece non perdona perché la sua memoria è eterna.

    Se, come abbiamo detto, i personaggi cambiano ma le storie iniziano tutte, sostanzialmente, allo stesso modo, continuiamo però a chiederci come sia possibile che persone colte, avvedute e di un certo potere diventino così fragili da affidare le chiavi del proprio cuore, dei propri sentimenti e addirittura delle stanze del potere a persone che conoscono da pochissimo tempo, magari neanche due mesi.

    Com’è possibile che agli uomini, specie non più giovani, non passi mai per la testa che alcune fanciulle alte e bionde possano avere anche interessi diversi rispetto a quello di ascoltare la loro intelligenti conversazioni o a usufruire delle loro, più o meno, fantasmagoriche prestazioni?

    La carne è debole, va bene, ma il cervello dovrebbe saper resistere e ricordare di utilizzare sempre, magari anche mentre si parla nell’auto di scorta o sul taxi, in aereo e finanche in famiglia e ancor più poi con persone quasi estranee, che un bel tacer non fu mai scritto e che il ricatto, più o meno manifesto, è prassi in gran parte del mondo politico e non solo in quello.

    Mi dispiace che la signora D’Addario sia in condizioni critiche, una seconda chance, dopo tanti anni, dovrebbe essere data a tutti, e non si dispiaccia la signora Boccia, che non conosco e mi auguro di non conoscere mai, se io, come tanti altri, pensiamo che non sia tutta farina del suo sacco il suo tampinamento a Sangiuliano, tampinamento che continua tuttora con quotidiane dichiarazioni sui social network.

    Se ci sono estremi civili o penali ovviamente lo vedrà la magistratura, se sarà chiamata a intervenire. Ciò che è assolutamente certo è che, al di là delle eventuali promesse non mantenute da Sangiuliano, la signora Boccia da un punto di vista morale, ammesso che il termine morale si possa ancora usare, è persona infrequentabile in quanto inaffidabile, al di là delle sue eventuali capacità ed intelligenze lavorative (chissà se la Rayban la contatterà visto la pubblicità fatta agli occhiali che registrano e riprendono?).

    Auguriamo ovviamente all’ex ministro di superare velocemente il trauma, di ritrovare una serena vita affettiva con sua moglie e anche un proseguimento di carriera confacente alle sue competenze.

    Gli italiani dimenticano, dice un detto siciliano ‘chinati giunco che passa la piena’. Sangiuliano si è inchinato di fronte ai suoi errori, gli auguriamo di potersi presto rialzare.

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