potere

  • La lotteria familiare della politica

    Tra mille posizioni retoriche uno degli strumenti attraverso il quale la politica potrebbe riacquisire un minimo di credibilità potrebbe essere quello di adottare delle misure minime, ma in grado di permettere il mantenimento di un rapporto con la civiltà che li ha eletti.

    Da troppo tempo la carriera politica rappresenta un affare di famiglia in quanto vede coinvolti mariti e mogli ma anche figli e cugini i quali beneficiano di tutti i vantaggi che un incarico politico può distribuire dalla propria posizione.

    La carriera politica in questo modo diventa una sorta di SuperEnalotto per l’intera stirpe familiare, la quale discenda da deputato o da un senatore o dal rappresentante politico regionale fino al livello comunale.Questo tipo di percezione sempre più evidente nel corpo elettorale determina un progressivo allontanamento della politica dal circostante mondo della realtà.

    In più viene azzerata  sempre più la autorevolezza generale confermata  dalla dimostrazione di una priorità concessa ad una riforma istituzionale preferita a quella di un sistema elettorale all’interno del quale l’elettore sia messo nella possibilità di scegliere i propri rappresentanti.

    In fondo basterebbe una semplice legge la quale escludesse, o perlomeno limitasse, vantaggi che una carica politica comunque possa assicurare, escludendo in questo modo ogni persona legata da un vincolo di parentela con l’eletto. Un limite che permetterebbe alla politica di tornare a rappresentare sicuramente una posizione di privilegio ma non più ad esercitare i vantaggi di una vincita al SuperEnalotto per l’intera famiglia di appartenenza del politico stesso.

    Il distacco del mondo della politica rispetto agli elettori parte anche da queste piccole cose, con mariti e mogli in parlamento, figli di rappresentanti del governo i quali, senza arte né parte, vengono assunti nella FIGC (Federazione Italiana Gioco Calcio o nella Fondazione Milano Cortina) o cognati ministeriali, molti dei quali senza il minimo sindacale di competenza.

    Se veramente si volesse aumentare la credibilità della politica risulterebbe fondamentale che questa posizione politica non rappresentasse la vincita di una lotteria una l’acquisizione di una posizione, di privilegio, per un solo componente della famiglia stessa.

  • Corruzione, abuso di potere e molto altro

    E’ una esperienza che sempre si ripete nella storia il fatto

    che qualsiasi uomo abbia del potere è portato ad abusarne.

    Montesquieu

    Nei primi giorni di questo mese la Commissione europea ha pubblicato il rapporto ufficiale sull’Albania per il 2022. Nei precedenti rapporti si evidenziavano sempre “i successi ed i positivi risultati raggiunti”. Si evidenziava e si sottolineava anche “il massimo impegno del governo albanese”, grazie al quale erano stati conseguiti dei “continui progressi” nel percorso come Paese candidato per l’adesione nell’Unione europea. Ma, diversamente dai precedenti, il rapporto per il 2022 sull’Albania, per la prima volta dal 2014, evidenzia alcune problematiche. Problematiche dalle qualli, nonostante il “linguaggio diplomatico” usato da coloro che hanno redatto il rapporto, si capisce che non possono essere solo quelle elencate. Si capisce, in base ad un sano ragionamento, che quelle sono causate da altre problematiche, non evidenziate nel rapporto, ma che, purtroppo, sono ben presenti, gravi e preoccupanti. Si, perché, se si afferma che “…Le misure contro la corruzione continuano ad avere, in generale, un limitato impatto”, si capisce che la corruzione è stata ben presente in Albania anche prima. Era presente anche negli anni precedenti, quando non risultava per niente nei rapporti della Commissione europea sull’Albania. Chissà perché?! Si sa però, in base a molte esperienze da altri Paesi, che la corruzione non può nascere e diventare un problema solo in pochi mesi. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito e a più riprese di certi rapporti “molto positivi”, zuccherati e per niente realistici della Commissione europea sull’Albania. Così come è stato informato anche dei palesi “atteggiamenti protettivi” dei massimi rappresentanti istituzionali della Commissione europea nei confronti del primo ministro albanese (Era troppo presto per dimenticare, 6 marzo 2017; Irresponsabili falsità e fandonie da Bruxelles, 11 dicembre 2017; Di nuovo falsità e fandonie da Bruxelles, 26 marzo 2018; Soltanto per merito, 23 aprile 2018; Patti con Satana e irritanti bugie, 3 giugno 2019; Ciarlatani e corrotti di alto livello istituzionale; 19 dicembre 2022 ecc..). Ma qualcosa dovrebbe aver costretto coloro che hanno redatto ed approvato il rapporto della Commissione europea sull’Albania per il 2022 ad elencare alcune delle problematiche, ma certamente non tutte. Forso i clamorosi scandali milionari che si susseguono e che coinvolgono direttamente i massimi livelli del potere politico ed istituzionale, primo ministro compreso. Scandali che non possono più “sfuggire” all’attenzione di chi di dovere anche nella Commissione europea. O forse si tratta di una nuova “strategia d’approccio”? Chissà. Sarà il tempo però, quel perenne galantuomo, che chiarirà tutto e ce lo farà sapere. A proposito di “strategie”, l’autore di queste righe ricorda e cita spesso una frase molto significativa e sempre attuale, tratta dal noto romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Una frase detta da Tancredi allo zio, il principe di Salina, mentre in Sicilia stavano avanzando i garibaldini. “Zio, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”!

    Nel sopracitato rapporto, per il 2022, della Commissione europea sull’Abania si afferma, altresì, che “Nei confronti degli alti rappresentanti (delle istituzioni governative e statali; n.d.a.) ci sono state alcune condanne definitive per delle accuse di corruzione, ma fino ad adesso nessuna condanna si riferisce alla qualifica degli atti di corruzione come un crimine grave”. Una simile constatazione evidenzia però una ben più grave realtà, sull’esistenza della quale sono direttamente responsabili sia le strutture specializzate del governo, che quelle del sistema “riformato” della giustizia. Si capisce perciò che chi ha l’obbligo costituzionale, legale ed istituzionale di combattere la corruzione non ha fatto ancora il proprio dovere. Lo afferma, sempre con il solito “linguaggio diplomatico”, anche il rapporto per il 2022 sull’Albania, quando si riferisce alla Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una struttura, quella costituita nel novembre 2019, nell’ambito della ristrutturazione del sistema “riformato” della giustizia, che è presentata come un “vanto” sia dal primo ministro albanese che dai soliti “rappresentanti internazionali” in Albania. Nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania si afferma che quella struttura “deve avere un approccio proattivo per lottare contro la corruzione negli alti livelli”. E poi, sempre riferendosi alla stessa struttura, si evidenzia che ci sono dei “disaccordi tra l’alto numero delle indagini e il numero delle condanne definitive”. Soprattutto quando le persone ufficialmente denunciate e indagate sono molto altolocate. Primo ministro in testa. Anzi la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sarà veramente e realmente credibile, sarà un vanto per tutti, quando, in base alla legge e solo alla legge, aprirà e svolgerà delle indagini incondizionate, serie e professionali proprio a carico di quelle persone altolocate, partendo dal primo ministro. Anche perché quanto sta accadendo in Albania durante questi ultimi anni porta direttamente al primo ministro! Almeno istituzionalmente.

    Nel sopracitato rapporto si evidenzia anche che “L’aumento del numero delle condanne definitive dei funzionari di alto livello deve essere una priorità importante”. Ma, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e denunciati pubblicamente testimoniano che, purtroppo, la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sia stata molto selettiva nei casi trattati, “mettendo in soffitta” tanti casi molto sensibili e pubblicamente denunciati. Le cattive lingue da tempo stanno dicendo che quella struttura è direttamente controllata dal primo ministro e/o da chi per lui. Elencando anche molti casi significativi e pubblicamente noti. E, come sempre, le cattive lingue difficilmente sbagliano in Albania. Si capisce però che la corruzione esiste ed è diffusa, partendo dai più alti livelli del potere politico, dell’amministrazione pubblica, centrale e/o locale e delle istituzioni governative e statali e si sta cercando, da chi di dovere, di trattarla non con la dovuta responsabilità e serietà. In più, non essendo qualificata la corruzione “un crimine grave” in nessuna delle condanne fatte, come si evidenzia nel rapporto, testimonia una perfida e ben ideata “strategia protettrice” per tutti, nel malaugurato caso ci si dovesse affrontare con l’accusa di corruzione. E potrà capitare a molti, visto che si tratta di un fenomeno così diffuso.

    Ma la corruzione non è e non poteva essere, purtroppo, la sola seria preoccupazione in Albania. Si, perché fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e pubblicamente denunciati alla mano, testimoniano palesemente che è altrettanto grave e preoccupante anche l’abuso del potere conferito, partendo sempre dai più alti livelli del potere politico ed istituzionale, per poi diffondersi, gerarchicamente, su tutti i livelli subordinati. Purtroppo, nel rapporto ufficiale della Commissione europea sull’Albania per il 2022 non si fa nessun chiaro e dovuto riferimento al abuso del potere. Così come non si fa nessun chiaro e dovuto riferimento neanche ad un’altra grave, preoccupante e pericolosa problematica, come quella del riciclaggio del denaro sporco. Denaro proveniente non solo dalla diffusa corruzione, ma anche e soprattutto dalle attività della criminalità organizzata locale ed/o internazionale. Così come non si fa nessun chiaro riferimento neanche ad altre gravi, preoccupanti e pericolose problematiche, vissute e sofferte quotidianamente in Albania. Alcune delle quali contestate in precedenza anche da alcuni rappresentanti della stessa Commissione europea. Come il disegno di legge sull’amnistia fiscale, ma anche sui cosiddetti “passaporti d’oro”, oppure sugli appalti del tutto non trasparenti, in palese violazione con le leggi in vigore in Albania. E anche con quanto è previsto nell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione dell’Albania con l’Unione europea, entrato in vigore nell’aprile 2009. Il caso del porto di Durazzo ne è una palese e molto significativa dimostrazione e testimonianza di una simile violazione di quell’Accordo. Il nostro lettore, anche di tutti questi casi è stato sempre e a tempo debito informato durante questi ultimi anni. Chissà perché non sono stati evidenziati tutti questi casi però nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania?!

    Nel 1989, durante il vertice G7 di Parigi, è stata costituita una struttura ormai nota come FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, n.d.a.), nota anche come GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria; n.d.a.). Gli Stati membri del G7, preoccupati dalle simili realtà con le quali si dovevano affrontare, decisero di combattere insieme i reati dovuti ai finanziamenti delle attività illecite, al riciclaggio del denaro sporco ed al finanziamento delle attività terroristiche, dovunque si presentassero. Perciò FATF rappresenta e funziona come una struttura intergovernativa. Partito con soli 7 membri nel 1989, attualmente FATF annovera 39 membri. Ci sono anche altri Paesi e organizzazioni specializzate internazionali che figurano come membri associati e come membri osservatori. Nel 1997 è stato costituito un’altra struttura nota come MONEYVAL (Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; è una struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.). Si tratta di una struttura specializzata del Consiglio d’Europa che ha come compito principale quello di combattere il riciclaggio del denaro. In più MONEYVAL collabora strettamente con FATF, usando ed applicando i suoi stessi standard. Ebbene, sia FATF che MONEYVAl da anni hanno rapportato l’Albania come uno dei Paesi problematici per il riciclaggio del denaro sporco. Ragion per cui hanno inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia” dal 2020. Il che significava che l’Albania deve essere un Paese “sorvegliato e sotto un allargato monitoraggio”. Bisogna sottolineare che secondo le normative che regolano il funzionamento di MONEYVAL, si stabilisce che “Gli Stati possono essere messi sotto sorveglianza allargata nel caso in cui si identificano delle serie incompatibilità con gli standard….”. Ma niente di tutto ciò è stato evidenziato nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania! Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe è convinto che la corruzione, l’abuso di potere conferito, a tutti i livelli, il riciclaggio del denaro sporco e molto altro sono, purtroppo, delle realtà preoccupanti e pericolose non solo per l’Albania, ma anche per altri Paesi. Italia compresa. Chi scrive queste righe è altresì convinto, sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, che il primo ministro albanese è, almeno istituzionalmente, il diretto responsabile di queste realtà. Lui che è il rappresentante istituzionale di una pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Il nostro lettore, è stato informato di molti fatti inconfutabili, che portano ad una simile conclusione.

    Chi scrive queste righe pensa che di queste realtà gravi, preoccupanti e molto pericolose devono essere ben informati anche tutti i rappresentanti statali, governativi ed istituzionali europei ed altri quando programmano di incontrarsi, anche per poco, con il primo ministro albanese. Chi scrive queste righe pensa che doveva essere stata ben informata anche la Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, che nei giorni scorsi ha accettato “l’invito amichevole” proprio del primo ministro albanese per passare alcuni giorni insieme nella costa ionica dell’Albania. Un’occasione ghiotta quella per l’anfitrione che, come sempre quando si trova in difficoltà, cerca di approfittarne. E lui, bugiardo e ingannatore innato e senza nessun freno morale, si è sentito in questi giorni un “fratello d’Italia”, riferendosi al partito della presidente Meloni. Mentre con il suo operato dà ragione alla convinzione di Montesquieu cheè una esperienza che sempre si ripete nella storia il fatto che qualsiasi uomo abbia del potere è portato ad abusarne”.

  • Togliamo a Putin l’arma del grano

    Fino a qualche anno fa chi deteneva il petrolio aveva in mano il futuro di altre nazioni, poi è venuto il tempo delle terre rare, senza le quali il nostro moderno sistema di vita si inceppa, e del nucleare, che da minaccia reciproca, ma controllata, impediva alle grandi potenze di annientarsi vicendevolmente e consentiva alle altre di avere l’energia necessaria, anche se spesso rischiosa.

    Nessuno si era reso conto che la vera potenza è detenere le materie alimentari, le strutture per coltivare, produrre, conservare ed esportare quegli alimenti primari senza i quali molte popolazioni sono destinate alla carestia ed alla morte per fame.

    Anche negli anni scorsi si sapeva quanta disperazione stringeva d’assedio paesi più poveri: la mancanza di acqua e, conseguentemente, di cibo è stata causa anche di varie sommosse e rivoluzioni oltre che una ovvia spinta inarrestabile all’immigrazione.

    La guerra che Putin ha portato e continua, con immutata ferocia, a portare in Ucraina si è tramutata in una guerra a tutto campo con la nuova decisione di sospendere l’accordo sul grano che porta la conseguenza, a lui ben nota, di provocare altra fame e disperazione in molti paesi i quali necessitano di quel grano, russo od ucraino che sia, per continuare a sopravvivere.

    La sospensione dell’accordo, oltre a portare nuova fame e disperazione, avrà l’ovvia conseguenza di moltiplicare l’esodo di massa, che già avviene dai paesi più poveri, verso l’Europa: un’immigrazione sempre più massiccia e incontrollabile è la potente arma di Putin contro l’Occidente, specie europeo.

    La sospensione dell’accordo sul grano è l’arma di ricatto e di pressione che potrebbe spingere, in breve, paesi non occidentali, ma che sono stati favorevoli a sostenere la resistenza Ucraina, a cambiare posizione e a fare pressioni, nelle sedi internazionali, per una soluzione al conflitto anche accettando le imposizioni russe.

    Non dimentichiamoci che a Bruxelles paesi dell’America Latina hanno già manifestato, nei giorni scorsi, il loro pensiero in merito al proseguimento di aiuti all’Ucraina.

    Il cibo è un arma spaventosa e non può essere lasciata alla Russia, noi stessi non siamo in grado, come non lo eravamo per l’energia, di essere autosufficienti.

    È urgente che, mentre si useranno tutti i mezzi possibili per tornare a fare rispettare l’accordo sul grano, si comprenda la necessità, in sede nazionale ed europea, di una nuova politica agricola che metta a regime tutta la terra possibile per le coltivazioni di interesse europeo ed extra europeo e che si trovino nuovi modi di cooperazione con quei paesi che potrebbero coltivare meglio se avessero l’acqua e maggiori strumenti di produzione.

  • Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato

    I criminali non muoiono per mano della legge. Muoiono per mano di altri uomini.

    George Bernard Shaw, Uomo e superuomo, 1903

    Nella mitologia della Grecia antica Crono era uno dei figli di Urano, il dio che rappresentava il Cielo, e di Gea, la dea che rappresentava la madre Terra. Urano metteva incinta Gea con la pioggia e così sono nate altre divinità della terra, del cielo e dell’acqua. Crono era il più giovane dei sei Titani, partoriti da Gea. Da Urano e Gea erano nati anche i sei Titanidi, tra i quagli Rea, nonché i tre Ciclopi, degli esseri giganteschi con un solo occhio sulla fronte, e i tre Ecatonchiri; questi ultimi avevano cento braccia ed erano dotati di una straordinaria forza fisica. Urano però, nonostante fosse un dio, temeva di essere spodestato dai propri figli, perciò, secondo la mitologia, teneva loro chiusi e sotto il suo controllo. Gea, da premurosa madre, non poteva sopportare che i suoi figli venissero trattati in quel modo da Urano, perciò decise di metter in atto un piano per liberare i propri figli. Procurò una falce e chiese a loro di aggredire Urano. Ma nessuno ebbe il coraggio di farlo, tranne Crono, il sesto dei Titani. La mitologia greca ci tramanda, tra l’altro, anche il simbolismo dello scontro tra le generazioni che ha accompagnato sempre l’umanità. Gea inganna Urano facendogli credere di voler accoppiarsi con lui. Urano, desideroso di far l’amore con la moglie, non ci pensa due volte. Nel frattempo però Crono esce da dove era nascosto, in accordo con la madre, colpisce e recide i genitali del padre con la falce che gli aveva dato Gea. Questo impariamo dalla mitologia, grazie anche al poema Theogonía (in greco significa la genealogia degli dei; n.d.a.), scritto da Esiodo, un poeta dell’antica Grecia, vissuto circa ventotto secoli fa.

    Crono, a sua volta, era sposato con Rea, una dei sei Titanidi. A Crono era stata resa nota però una profezia secondo la quale uno dei suoi figli gli avrebbe tolto il potere e lo avrebbe messo da parte. Ma non gli era stato detto chi sarebbe stato. Così come suo padre Urano, infatti, anche Crono voleva uccidere i suoi figli per non essere spodestato. Perciò Crono, deciso a mantenere per sempre il suo potere, divorava tutti i figli appena nati. Sua moglie, Rea, da madre non poteva permettere che tutti i suoi figli venissero divorati dal padre appena nati. Perciò dopo aver partorito il suo sesto figlio, invece di portare l’appena nato a Crono, diede a lui una pietra avvolta con delle fasce per farla sembrare come un appena nato. Crono non se ne accorse e divorò anche la pietra dura, convito di aver ucciso suo figlio, il quale poteva essere colui che gli avrebbe tolto il potere. Così Rea riuscì a salvare l’ultimo dei suoi figli, che era Zeus. Dalla mitologia della Grecia antica, soprattutto dal poema Theogonía scritto da Esiodo, impariamo che Rea tenne nascosto suo figlio salvato nell’isola di Creta, dove lui veniva accudito e nutrito da una ninfa chiamata Adrastea con il latte di una capra prescelta, Amaltea. Una volta cresciuto e diventato adulto, Zeus andò ed incontrò suo padre, Crono, il quale era convinto di aver divorato tutti i suoi figli. Affrontando il padre, Zeus gli chiese di portare di nuovo in vita tutti i figli. Il poeta Esiodo racconta che Crono, impaurito e costretto dalla determinazione di Zeus, cominciò a rigurgitare tutti gli altri figli che aveva divorato. E guarda caso, per primo, ha fatto uscire dalla sua gola la pietra dura che Rea gli aveva portato avvolta con delle fasce al posto di Zeus. Dopo aver riportato in vita tutti i suoi figli, a Crono sono stati tolti da Zeus tutti i suoi poteri. La divinità di Crono era stata trasferita dai greci anche tra i latini, per i quali era proprio Saturno che veniva identificato come Crono. I romani erano convinti che Crono, scacciato dall’Olimpo, si era trasferito nel Lazio. Lì, conosciuto proprio come Saturno, aveva regnato durante un periodo di pace e di sviluppo. In suo onore si celebravano nel mese di dicembre delle festività note come i Saturnalia. Durante il primo giorni delle festività dedicate a dio Saturno, gli schiavi di Roma godevano di una piena libertà e, addirittura, potevano mangiare nello stesso tavolo dei loro padroni, godendo dei loro servizi. Ma i romani pensavano che un giorno Saturno sarebbe andato via, lasciandoli soli e, così facendo, avrebbe dato inizio a delle conseguenze preoccupanti per tutti. Da Crono, il dio della mitologia greca, noto come Saturno per i romani, è stato ispirato anche il noto pittore spagnolo dell’Ottocento, Francisco Goya. Il suo celeberrimo dipinto intitolato “Saturno divora i suoi figli” presenta proprio Saturno, cioè Crono, che divora uno dei suoi figli appena nato.

    Il simbolismo dei figli divorati dal padre ha accompagnato sempre il genere umano. E non solo sotto forma di quella che viene riconosciuta come la “sindrome di Crono”, e cioè di uno stato in cui il padre “uccide” non necessariamente fisicamente il proprio figlio. Si tratta, ovviamente, di un simbolismo, che si riferisce, metaforicamente, al sacrificio delle persone care per tutelare se stessi. Si tratta spesso di un simbolismo che comprende anche l’abbandono consapevole degli amici e dei collaboratori, per non essere incaricati delle stesse colpe a loro riconosciute. Un simbolismo, quello del “divoramento dei figli”, che, come la storia ci insegna, è legato anche al carattere del singolo individuo e si verifica in tutto il mondo. Le cronache legate alla criminalità organizzata, soprattutto quando si tratta di mettere in salvo i vertici delle organizzazioni criminali, ci testimoniano che, non di rado, si possono “sacrificare” gli altri.

    Quanto sta accadendo in questi ultimi giorni in Albania testimonierebbe alcuni fatti importanti e, allo stesso tempo, molto preoccupanti. Risulterebbe, documenti e denunce rese pubbliche alla mano, che il governo albanese sta funzionando come un gruppo criminale ben strutturato. In più risulterebbe che il primo ministro, per salvare se stesso da scandali milionari che lo vedono direttamente e/o indirettamente coinvolto, sempre documenti e denunce rese pubbliche alla mano, sta “sacrificando” uno dopo l’altro, molti dei suoi “amici” e “stretti collaboratori”. Risulterebbe altresì e purtroppo, che lui, il primo ministro albanese, sempre documenti e denunce rese pubbliche alla mano, per riuscire in tutto questo si serve delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia che controlla personalmente e/o da chi per lui, con un pugno di ferro. E la stessa persona, il primo ministro, controlla ovviamente il potere esecutivo e quello legislativo, avendo la maggioranza in parlamento. Montersquieu, nella sua ben nota opera voluminosa De l’esprit des lois (Dallo spirito delle leggi; n.d.a.) pubblicata nel 1748, tratta ampiamente e argomenta perché la separazione e l’indipendenza dei tre poteri, quello esecutivo, legislativo e giudiziario è un conditio sine qua non per la stessa esistenza di un sistema democratico. Ogni violazione del principio della separazione dei poteri indebolisce e, addirittura annienta la democrazia. Da alcuni anni purtroppo è proprio questo che sta accadendo in Albania. Il nostro lettore è stato informato spesso di una simile e molto pericolosa e preoccupante realtà, sempre con la necessaria oggettività e sempre dati e fatti accaduti, documentati e denunciati pubblicamente alla mano. Si tratta purtroppo si una realtà legata al continuo consolidamento in Albania di una nuova dittatura sui generis, come alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Una dittatura che cerca di coprire tutto con una parvenza, una facciata di pluripartitismo. Ma quanto è accaduto in Italia ed in Germania prima della Seconda guerra mondiale e anche quanto sta accadendo durante questi anni in Russia ed in altri Paesi del mondo testimonia che si tratta semplicemente di facciate che non impediscono ai dittatori di esercitare indisturbati il loro potere.

    Durante il periodo buio della dittatura comunista in Albania (1945 – 1991), una delle più spietate e sanguinose dell’Europa dell’est, il dittatore comunista ha eliminato, ha “divorato” molti dei suoi “compagni”. Lo aveva fatto anche prima, durante la Seconda guerra, subito dopo la costituzione del partito comunista albanese, nel novembre 1941. Ha continuato poi a farlo nei primi anni dopo la guerra. Ma il periodo in cui il “divoramento dei compagni” ha raggiunto i massimi livelli è stato quello dal 1975 al 1982. Il dittatore dichiarava e accusava dei gruppi di “nemici del partito e del popolo” e condannava per primo in pubblico i “nemici”. In seguito si muovevano tutte le apposite strutture della dittatura per “giudicare i nemici”, la maggior parte dei quali venivano in seguito condannati ed uccisi. Il dittatore comunista ha fatto tutto questo perché era ossessionato di perdere il suo potere. Come Crono della mitologia greca che divorava i propri figli. Lo stesso sta facendo adesso il primo ministro albanese che, tra l’altro, è un diretto discendente di una famiglia della nomenklatura comunista. E fatti accaduti alla mano, lui, il primo ministro, sta mettendo in atto i metodi della dittatura, seguendo le orme del suo “padre spirituale”, il dittatore comunista.

    Per tutta la scorsa settimana, l’attenzione dell’opinione pubblica in Albania è stata attirata dalla richiesta d’arresto di uno dei più stretti collaboratori del primo ministro, Si tratta del suo vice che è stato anche ministro delle finanze e di altri ministeri importanti, dove si gestiva il denaro pubblico, nonché deputato  L’ordine è stato firmato dal dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, una nuova istituzione del sistema “riformato” della giustizia il 7 luglio scorso, Ordine che è stato reso noto dal parlamento con tre giorni di ritardo, il 10 luglio scorso. Giorni molto utili per il diretto interessato che, come è stato confermato in seguito dal suo avvocato, non si trovava più in Albania! L’ex vice primo ministro veniva accusato di corruzione in quello che ormai è noto come lo scandalo degli inceneritori. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di questo scandalo milionario (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022; A ciascuno secondo le proprie responsabilità, 26 aprile 2022; Diaboliche alleanze tra simili corrotti, 9 maggio 2022; Corruzione scandalosa e clamoroso abuso di potere, 19 luglio 2022; Un regime totalitario corrotto e malavitoso, 13 agosto 2022; Irresponsabile abuso di potere e scandali molto altolocati, 21 novembre 2022 ecc…). Uno scandalo, quello degli inceneritori, che ha sperperato milioni del denaro pubblico e continua a farlo, nonostante nessuno dei tre inceneritori sia in funzione. Anzi, due di loro figurano solo nei contratti abusivi, illegali e milionari che hanno la firma del primo ministro, perché non esistono fisicamente come tali. Soprattutto quello della capitale.

    L’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore quasi un anno fa: “Un clamoroso scandalo quello dei tre inceneritori che rappresenta un’inconfutabile dimostrazione e testimonianza della galoppante, radicale e gerarchicamente diffusa corruzione in Albania. Ma, allo stesso tempo, rappresenta anche una significativa dimostrazione e testimonianza del controllo, da parte del primo ministro e/o da chi per lui, del sistema “riformato” della giustizia e delle sue “efficienti istituzioni”. Si tratta di uno scandalo nel quale, […] risulterebbero essere coinvolti lo stesso primo ministro, alcuni attuali ministri ed ex ministri, il segretario generale del Consiglio dei ministri, il sindaco della capitale ed altri alti funzionari delle istituzioni governative e delle amministrazioni locali” (Irresponsabile abuso di potere e scandali molto altolocati, 21 novembre 2022).

    Chi scrive queste righe seguirà ed informerà il nostro lettore di questo scandalo tuttora in corso. Ma in base a quanto è stato reso pubblico, egli è convinto che il governo albanese sta funzionando come un gruppo criminale ben strutturato. Egli è altresì convinto che il sistema “riformato” della giustizia risulta essere agli ordini del primo ministro. E non vale a niente la richiesta per l’arresto dell’ex-vice primo ministro, un altro “figlio divorato dal padre”, se non viene ancora indagato lui, il primo ministro albanese. Chi scrive queste righe, parafrasando George Bernard Shaw, auspica che possa venire anche per l’Albania il tempo in cui i criminali possano morire per mano della legge e non per mano di altri uomini. E che il primo ministro non possa più “divorare” i suoi più stretti collaboratori, solo per salvare se stesso e mantenere più a lungo il suo smisurato potere.

  • Inchiesta tedesca: la Fao è in mano alla Cina

    L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) è stata piegata dal suo direttore generale, Qu Dongyu, agli interessi della Cina. È quanto emerge da un’inchiesta delle emittenti radiotelevisive “Ard” e “Rbb”, secondo cui si tratta di consegne di pesticidi vietati in Europa, per la maggior parte provenienti da un’azienda agrochimica cinese, iniziative delle Nazioni Unite in linea con la Nuova Via della Seta e piani di investimento “discutibili”. Tutto è stato denunciato agli autori dell’inchiesta da funzionari della Fao, secondo cui “l’organizzazione è cambiata in maniera radicale” da quando il suo direttore generale Qu è entrato in carica nell’agosto del 2019. Già ministro dell’Agricoltura della Cina, il funzionario è oggetto di sospetti sin dalla sua elezione al vertice dell’istituto specializzato delle Nazioni Unite. Prima del voto, Perchino annullò un debito di 80 miliardi di dollari al Congo, che ritirò il proprio candidato alla direzione generale della Fao. All’elezione culminata con la vittoria del rappresentante cinese, prese parte anche Julia Kloeckner, ministra delle Politiche alimentari e dell’Agricoltura tedesca dal 2018 al 2021, che ora ricorda: “Prima che si svolgessero le votazioni, è emerso che gli Stati africani avrebbero dovuto per favore scattare una foto della loro scheda nella cabina”. Come nota “Ard”, si potrebbe trattare di una prova di voto di scambio della Cina per far eleggere Qu.

    Dal suo insediamento, il direttore generale della Fao ha legato più strettamente l’organizzazione alla Cina. Per esempio, Qu ha disposto lo sviluppo di un nuovo sito web dell’istituzione che dirige, con spese ingenti di cui “oltre 400 mila dollari sono andati a Pechino”. Inoltre, Qu ha assegnato importanti incarichi a funzionari del suo Paese di origine, che ha visto la propria quota di direttori della Fao aumentare da due a sei. Vi sono poi gli “ufficiali” cinesi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che vengono “rigorosamente” selezionati da Pechino per la loro “ideologia politica”. Questi funzionari devono riferire periodicamente sul loro operato all’ambasciata di Cina a Roma. Secondo fonti nella Fao, si tratterebbe di “spie”. Inoltre, durante la direzione generale di Qu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha autorizzato spedizioni di pesticidi in Africa, Asia e Oceania. Molti di questi fitofarmaci contengono principi attivi vietati nell’Uee a causa della loro tossicità. In particolare, la Fao ha concesso la quota più alta di autorizzazione alla fornitura ai pesticidi del gruppo agrochimico Syngenta, di proprietà di una società statale cinese dal 2017. Sotto Qu, l’istituto specializzato delle Nazioni Unite ha anche stretto un partenariato con CropLife, gruppo di interesse del settore agrochimico tra i cui membri vi è Syngenta. Dalle ricerche di “Ard” e “Rbb” è poi emerso che Qu avrebbe sfruttato il suo incarico di direttore generale della Fao per promuovere la Nuova Via della Seta, il progetto infrastrutturale su scala globale della Cina, in particolare a Sao Tomé e Principe e a Panama. All’inizio di luglio, Qu si candiderà per un secondo mandato come direttore generale della Fao, con tutti gli sfidanti che si sono già ritirati dalla corsa. Come evidenzia infine “Ard”, l’Europa e gli Stati Uniti non hanno presentato alcun candidato.

  • Padova: la forza e l’intelligenza

    La forza anche in ambito istituzionale molto spesso rappresenta l’esercizio, anche arbitrario, delle autorità politiche nei confronti dei cittadini critici, con l’obiettivo di evitare ogni confronto legittimo con gli amministrati.

    All’interno di un possibile confronto democratico anche solo la minaccia dell’utilizzo della forza rappresenta semplicemente un esercizio di basso profilo culturale e politico del potere istituzionale. L’intelligenza, viceversa, supporta qualsiasi persona, quindi anche un sindaco di una città universitaria, quando dovesse affrontare temi e vicende contrastate, in quanto, per sua stessa definizione, fornisce gli strumenti dialettici e tecnici per rispondere alle legittime critiche.

    L’ intelligenza  si dimostra, quindi, in antitesi rispetto all’esercizio della forza e ancor più rispetto alle esplicite minacce di utilizzo delle vie legali nei confronti di chi metta in dubbio l’operato di una qualsiasi carica istituzionale.

    Il sindaco di Padova, ben conscio della debolezza del singolo cittadino qualora chiamato a rispondere delle proprie idee e dei propri interventi in tribunale, in quanto tutelato legalmente dallo stesso comune, utilizza un sordido esercizio di potere basato sulla posizione di privilegio del sindaco stesso.

    Quando il Primo Cittadino, che rappresenta la figura istituzionale di riferimento di una città, rifiuta il confronto, in più minacciando di adire alle vie legali dichiarandosi egli stesso l’unico responsabile e “comandante” autorizzato, allora il destino dell’intera comunità cittadina viene messo a repentaglio dal bullismo delle sue massime cariche istituzionali, senza dimenticare l’offesa nei confronti dei “rivali” definiti pensionati con tempo da perdere.

    Da sempre la massima espressione della forza coincide con la minima dimostrazione di intelligenza. Esattamente questo è avvenuto nella città del Santo quando il sindaco, in assoluto delirio, ha minacciato i propri cittadini e contemporaneamente i giornalisti (https://www.irog.it/?p=9384).

    Questo oggi è il livello democratico, politico e culturale espresso dalla giunta in carica e dal suo imbarazzante sindaco a Padova nel giugno 2023.

  • Bonino su Calenda: non dimentico i voltafaccia

    Chissà se l’on. Bonino si ricorda anche dei molti voltafaccia fatti da esponenti radicali nel corso degli anni nei quali su un unico obiettivo non hanno mai cambiato idea: rimanere a galla, raggiungere posizioni di prestigio, indifferentemente se con questo o con quello schieramento politico.

  • Natale

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Michel Lodigiani

    L’anno che ci lasciamo alle spalle sembra averci fatto fare un desolante viaggio a ritroso nel tempo: la pandemia non ha cessato di falcidiare vite umane, imponendo quotidianamente un tributo che grava soprattutto sui più deboli e, forse per questo, non sembra interessare più di tanto agli altri; la guerra è tornata in Europa, segno che le tragedie del ‘900 non sono state sufficienti a vaccinarci contro di essa; la crisi alimentare, che per noi si traduce in uno scontrino più alto alla cassa di supermercati comunque saturi di prodotti, altrove assume il nome sinistro di carestia; i regimi totalitari impongono brutalmente le loro regole mentre le democrazie esitano e sacrificano i princìpi fondatori, per necessità o per scelta, ai dettami della “real politik” quando non, peggio ancora, ad astratte diatribe ideologiche e a meschini giochi di potere.

    Sinceramente, confesso, mi riesce difficile in questo quadro trovare i motivi di speranza con cui vorrei accompagnare i miei auguri, se non nella possibilità che la consapevolezza della gravità di questo momento storico costituisca la molla, per i potenti come per ognuno di noi nella propria quotidianità, per trovare la strada del bene. “La crisi” – scriveva Einstein – “può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perchè è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura”. Speriamo che avesse ragione! Potremo tuttavia godere dei frutti straordinari della mente umana soltanto se sapremo dar loro vita con quelli del cuore, facendo nostri gli scandalosi comandamenti che ci ha lasciato quel bambino di cui ci accingiamo a celebrare il 2022° compleanno: “ama il tuo prossimo” e “ama il tuo nemico”.

    Buon Natale e Buon Anno!

    Michele

  • Sempre di più le donne leader politiche in Europa

    La nuova premier britannica, la Tory Liz Truss, terza donna al potere nel Regno Unito dopo Margaret Thatcher e Theresa May, si unisce ad un drappello di oltre una dozzina di donne europee che attualmente ricoprono ruoli di presidente o primo ministro nel proprio Paese. Un gruppo a cui si potrebbe aggiungere anche una rappresentante italiana – la prima nella storia del Paese – se le urne confermassero i sondaggi che danno la leader di FdI Giorgia Meloni in testa a tutti i concorrenti in vista delle elezioni del 25 settembre.

    Dalla Svezia alla Finlandia, dalla Lituania alla Danimarca, sono soprattutto i Paesi nordici a guidare la riscossa delle donne nei posti chiave della politica. La socialdemocratica finlandese Sanna Marin, la premier più giovane al mondo al momento del suo insediamento (a soli 34 anni nel 2019), è balzata di recente ai clamori delle cronache per i suoi balli scatenati in discoteca quando vive la sua vita privata, mentre la sua vicina lituana Ingrida Simonyte, 47enne fan del rock e dell’hockey su ghiaccio e degna erede della ‘Baltic Iron Lady’ Dalia Grybauskaite, ha usato il pugno di ferro con i migranti inviati dalla Bielorussia per destabilizzare la regione baltica.

    Anche in Europa orientale qualcosa si sta muovendo. Lo dimostra l’elezione di Zuzana Caputova, avvocatessa divorziata e madre di due figli, che dalle battaglie legali contro le ecomafie è riuscita a conquistare la poltrona più alta del suo Paese. E lo stesso dicasi per l’Ungheria, dove una stretta alleata del premier populista di destra, Viktor Orban, è stata eletta presidente, sebbene il ruolo sia prevalentemente cerimoniale.

    I Paesi europei della costa del Mediterraneo restano invece fanalino di coda, anche se qualcuna prova a farsi strada. Lo dimostra l’elezione di Katerina Sakellaropoulou, prima presidente in rosa della penisola ellenica, e l’ingegnere Elisabeth Borne, nominata prima ministra francese a maggio, seconda a ricoprire la carica dopo Edith Cresson.

  • Lobbismo occulto a sostegno di autocrati in difficoltà

    I lobbisti sono i nuovi dittatori

    Gabriel Byrne

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato dall’autore di queste righe, tra l’altro, anche di una decisione presa dall’Home Office (il ministero degli Interni britannico; n.d.a.). Una decisione, quella, resa nota in Albania dal diretto interessato il 22 luglio scorso durante un conferenza stampa. Una decisione che dichiarava “persona non gradita ad entrate nel territorio del Regno Unito” l’ex presidente della Repubblica (1992-1997), allo stesso tempo ex primo ministro (2005-2013) e attuale dirigente del ricostituito partito democratico, il maggior partito di opposizione in Albania. Lui è anche il capo storico e uno dei fondatori, nel 1990, del partito. Ed è proprio questa “persona non gradita” che, fatti accaduti e che stanno accadendo in Albania anche in queste ultime settimane alla mano, rappresenta il più temibile avversario politico per il primo ministro, diventando anche il suo incubo continuo, avendo il primo ministro, da anni ormai, “beneficiato di una opposizione comoda” e soprattutto di un dirigente dell’opposizione, una sua “stampella” da anni, che in cambio dei “servizi resi” otteneva delle ricompense cospicue, avendo trasformato il partito in una impresa famigliare molto remunerativa. Ma dal settembre scorso la posizione della “stampella” del primo ministro ha cominciato a traballare, proprio in seguito al ritorno molto attivo nelle vita politica della “persona non gradita”. E cominciarono ad aumentare i “grattacapi” anche per il primo ministro.

    La scorsa settimana l’autore di queste righe informava il nostro lettore che “…Dopo essere stato dichiarato persona “non gradita” il 19 maggio 2021 dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, senza dare nessuna informazione concreta, chiesta ufficialmente da alcuni membri del Congresso, sulla quale si basava una simile decisione, la settimana scorsa la stessa decisione è stata presa dall’Home Office…”. Specificando però che “Nel caso degli Stati Uniti l’ex primo ministro ha ormai denunciato il Segretario di Stato per calunnia”. Il nostro lettore è stato informato l’anno scorso di tutto ciò e anche del fatto che il Dipartimento di Stato statunitense aveva affermato ufficialmente che la sua decisione era stata presa in base a delle informazioni mediatiche, dei rapporti delle organizzazioni non governative e dallo stesso governo albanese. Bisogna però specificare e sottolineare che la maggior parte delle organizzazioni non governative in Albania sono controllate, “stranamente”, proprio dal governo e/o dalle Open Society Foundations (Fondazioni della Società Aperta; n.d.a.) costituite nel 1993 dal multimiliardario e speculatore di borsa statunitense George Soros, attive ormai in molti Paesi del mondo, Albania compresa. E siccome anche i proprietari dei media, nella loro maggior parte, sono in “buoni rapporti clientelistici” con il primo ministro e/o con chi per lui, allora non dovrebbe essere difficile capire su quali fondamenta documentarie è stata basata la decisione del Dipartimento di Stato statunitense per dichiarare “persona non gradita” l’ex primo ministro e attuale dirigente del maggior partito dell’opposizione albanese (Eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali, 24 maggio 2021; Irritante manipolazione della realtà, 7 giugno 2021). La scorsa settimana l’autore di queste righe, riferendosi alla sopracitata decisione dell’Home Office, informava, altresì, il nostro lettore che “…tutto fa pensare a delle messinscene e collaborazioni occulte al sostegno di un autocrate. Di colui che è fiero di avere come “amico” George Soros e come suoi consiglieri ben pagati Tony Blair e sua moglie”. E poi egli concludeva, esprimendo la sua convinzione che “…la dichiarazione di persona “non gradita” dell’ex primo ministro è la solita messinscena ben ricompensata (Messinscene e collaborazioni occulte a sostegno di un autocrate; 26 luglio 2022).

    Le due accuse, il base alle quali è stata presa dall’Home Office la decisione nei confronti dell’ex primo ministro albanese, le ha rese note lui stesso durante una conferenza stampa il 22 luglio scorso. La prima si riferiva a dei “legami con dei gruppi della criminalità organizzata e dei criminali, che hanno rappresentato un pericolo per la sicurezza pubblica in Albania e nel Regno Unito” e che lui, il diretto interessato, poteva essere “pronto ad usare questi legami per avanzare le sue ambizioni politiche”. Chi conosce la vera e vissuta realtà albanese, comprese anche le istituzioni specializzate internazionali, dovrebbe sapere che anche nel territorio del Regno Unito, come in molti altri Paesi, non solo europei, la criminalità organizzata rappresenta una crescente preoccupazione e un pericolo. Ma chi conosce la realtà albanese, compresi anche i servizi segreti di Sua Maestà, dovrebbe sapere che sono altre le persone che hanno degli attivi rapporti con la criminalità organizzata. E sono persone molto altolocate nella gerarchia del potere politico albanese. Anche perché la nuova dittatura sui generis, restaurata da alcuni anni in Albania, si presenta come un’alleanza, istituzionalmente rappresentata dal primo ministro, tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. Accusare ora l’ex primo ministro, il quale dal 2013 non ha esercitato nessun potere esecutivo, che poteva mantenere, nel caso ci fossero, e/o stabilire in seguito, dei legami con la criminalità organizzata sembra un po’ “strano”. Soprattutto in un Paese con una lunga e stimata esperienza e tradizione giuridica, come il Regno Unito. Bisogna sottolineare che il Regno Unito per tanti anni è stato un “territorio ben accogliente” per molti oligarchi, compresi quelli russi, per molte persone arricchite dalla corruzione e dall’abuso del potere, per molte persone con delle enormi ricchezze di “origine incerta” e con dei problemi finanziari non facilmente trascurabili. Ma anche per persone accusate di gravi violazioni dei diritti umani nei loro rispettivi Paesi. Negli ultimi mesi sono state prese delle misure restrittive soltanto per alcuni oligarchi russi, in seguito alle sanzioni poste alla Russia, dopo l’invasione miliare dell’Ucraina il 24 febbraio scorso. Mentre per tutti gli altri, tanti altri, niente; nessuna misura restrittiva. Allora viene naturale la domanda: come mai, proprio adesso e in un periodo difficile per il governo britannico, dopo la dimissione del primo ministro e di molti altri ministri, in attesa dell’elezione del nuovo primo ministro, soltanto l’ex primo ministro albanese è stato dichiarato “persona non gradita” per il Regno Unito? Lui, viene adesso accusato dall’Home Office anche di corruzione dovuta ai rapporti con un cittadino britannico che, secondo l’altra accusa, la seconda, l’ex primo ministro “aveva difeso quando contro di lui [del cittadino britannico] sono state pubblicate delle prove incriminanti”. Un’accusa questa veramente “strana”, fatta da un’importante istituzione britannica com’è l’Home Office. Si, perché la stessa persona, il cittadino britannico, non è stato mai accusato dalle istituzioni del sistema di giustizia del Regno Unito, né di corruzione e neanche di una qualsiasi altra accusa. In più, lo stesso cittadino britannico, il quale ha beneficiato della “difesa” dell’ex primo ministro albanese, quando “contro di lui [del cittadino britannico] sono state pubblicate delle prove incriminanti”, non è stato trovato colpevole neanche dal sistema “riformato” della giustizia albanese. Anzi, risulta essere talmente in regola con la giustizia albanese che da anni lui, il cittadino britannico, beneficia di un ottimo rapporto imprenditoriale con il governo albanese avendo vinto diversi appalti milionari. In più risulterebbe che lui accompagna l’attuale primo ministro in alcune delle sue visite ufficiali. Almeno in un caso è stata documentata la sua presenza. E si trattava di una visita fatta nella capitale degli Stati Uniti d’America nel febbraio 2020. Chissà perché?! E come mai la stessa persona diventa un “rilevante ed importante elemento accusatorio” che ha determinato la dichiarazione di “persona non gradita ad entrare nel territorio del Regno Unito” per l’ex primo ministro albanese, l’attuale dirigente del ricostituito maggior partito dell’opposizione albanese?! Proprio lui che risulta essere il più temibile avversario politico dell’attuale primo ministro ed il suo incubo continuo. Chissà perché?!

    Ci sarebbero dei “buoni e ragionevoli motivi” che hanno fatto “muovere” sia il Dipartimento di Stato statunitense, nel maggio 2021, che l’Home Office britannico una decina di giorni fa, per dichiarare “persona non gradita” ad entrare nei rispettivi territori l’ex primo ministro albanese e attuale dirigente del ricostituito partito democratico, il maggior partito di opposizione. Così come ci sono anche delle plausibili e ragionevoli spiegazioni di quanto è accaduto. Alla base di tutto ciò sembrerebbe esserci proprio il sostegno che bisogna dare all’attuale primo ministro albanese per mantenere solida la sua posizione, permettendo così di controllare, tramite lui, non solo il territorio albanese per degli “interessi” di certe combriccole occulte internazionali, ma anche di sostenere quegli interessi a livello regionale. L’iniziativa Open Balkans rappresenta, tra diverse altre, una di quelle “scelte strategiche” di quei raggruppamenti occulti, che sono anche dei forti e ben organizzati, a livello internazionale, raggruppamenti lobbistici. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito, anche alcuni mesi fa, di questa preoccupante iniziativa. Fatti accaduti e documentati alla mano, risulterebbe che quei raggruppamenti riescono ad influenzare non solo le “scelte politiche” in singoli piccoli Paesi in Asia, Africa ed altrove, ma, addirittura, riescono a influenzare e condizionare anche le scelte decisionali delle istituzioni più importanti internazionali, Organizzazione delle Nazioni Unite e dell’Unione europea comprese. Così come potrebbero anche influenzare le decisioni delle istituzioni governative di determinati Paesi evoluti occidentali. Il caso della dichiarazione di “persona non gradita” dell’ex primo ministro albanese né è solo uno.

    L’attuale primo ministro si vanta essere amico di George Soros, multimiliardario speculatore di borsa statunitense. Di colui che nel Regno Unito, ma anche in Italia, si ricorda per quello che ormai è noto come “il mercoledì nero delle borse”. Di quel mercoledì, 16 settembre 1992, quando sia la sterlina britannica che la lira italiana, uscirono dal Sistema Monetario europeo, come conseguenza diretta delle speculazioni monetarie di George Soros. Ebbene, nel settembre scorso, durante una sua visita a New York, dopo un “incontro amichevole e di lavoro” con Soros, il primo ministro albanese dichiarava che lui “è mio amico e sono fiero che sia mio amico”! Lui, George Soros, che per il primo ministro albanese è “una mente rara ed un sostenitore irremovibile della Società aperta”. Ma non è soltanto George Soros un suo “amico”. Dal 2013 si è saputo, almeno in pubblico, che un altro suo “caro amico” e “importantissimo consigliere speciale” è, guarda caso, anche Tony Blair, l’ex primo ministro britannico. Proprio lui che il 4 ottobre 2013, pochissime settimane dopo la costituzione del primo governo capeggiato dall’attuale primo ministro albanese, era seduto al centro del tavolo del Consiglio dei ministri e presiedeva la riunione. E durante quella riunione, Blair dichiarava: “Vi sto dando i primi consigli per avere un governo che possa raggiungere più successi possibili.”! Ed i “successi” consigliati da Tony Blair e da sua moglie, anche lei “consigliere speciale” del primo ministro albanese, sono ormai noti a tutti. Così come sono note e purtroppo quotidianamente sofferte dagli albanesi le dirette conseguenze di quei consigli.

    Ma le conseguenze dei “valorosi ed innovativi” consigli si George Soros e di Tony Blair sono noti e quotidianamente sofferti anche in altri Paesi del mondo. Quanto è successo in Guinea, una decina di anni fa, dopo le congiunte attività lobbistiche occulte di George Soros e di Tony Blair, ormai sono di dominio pubblico. Così come sono note e sofferte quelle attività lobbistiche comuni, sempre di George Soros e di Tony Blair, anche in Sri Lanka. Quanto è accaduto lì durante questi ultimi anni rappresenta un’eloquente ed inconfutabile testimonianza.

    Chi scrive queste righe considera molto dannoso e con delle gravi conseguenze il lobbismo occulto a sostegno di certi autocrati in difficoltà. Come il primo ministro albanese, ma non solo. Ed egli condivide l’opinione che i lobbisti sono e/o rappresentano i nuovi dittatori. La storia ci insegna.

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