pubblicità

  • L’antitrust del Canada avvia un’azione legale contro Google per la pubblicità online

    L’Ufficio per la concorrenza canadese ha avviato un’azione legale contro Google per condotta anticoncorrenziale nei servizi tecnologici di pubblicità online in Canada: dopo un’indagine approfondita ha presentato una domanda al Tribunale per la concorrenza per chiedere di porre rimedio a tale condotta a vantaggio dei canadesi. Lo rende noto un comunicato dell’Ufficio. Il caso, spiega l’organismo antitrust, riguarda la pubblicità online, ovvero gli annunci mostrati agli utenti quando visitano i siti web. Lo spazio pubblicitario digitale viene spesso acquistato e venduto tramite aste automatizzate utilizzando piattaforme note come strumenti tecnologici pubblicitari. Dall’indagine è emerso che, in Canada, Google è il più grande fornitore di tecnologia pubblicitaria per la pubblicità sul web e ha abusato della sua posizione dominante attraverso una condotta volta a mantenere e consolidare il suo potere di mercato.

    Tale condotta costringe i partecipanti al mercato a utilizzare gli strumenti di tecnologia pubblicitaria di Google, impedendo ai rivali di competere in base ai meriti della loro offerta e distorcendo il processo competitivo. In particolare, l’Ufficio ha scoperto che Google ha collegato illegalmente i suoi vari strumenti tecnologici pubblicitari per mantenere il suo predominio e ha sfruttato la sua posizione per distorcere le dinamiche delle aste dando ai propri strumenti un accesso preferenziale, adottando in alcune circostanze margini negativi per svantaggiare i rivali e dettando le condizioni alle quali i propri clienti possono effettuare transazioni con gli strumenti tecnologici pubblicitari concorrenti.

    L’Ufficio ritiene, pertanto, che attuando questa condotta anticoncorrenziale, Google abbia consolidato la propria posizione dominante, impedito ai rivali di competere, inibito l’innovazione, aumentato i costi pubblicitari e ridotto i ricavi degli editori. Al Tribunale per la concorrenza, cui spetta la decisione finale, si chiede, quindi, un’ordinanza volta a ottenere che Google venda due dei suoi strumenti tecnologici pubblicitari, paghi una penale e metta fine alle pratiche anticoncorrenziali.

  • Secondo l’indagine condotta dalla Commissione e dalle autorità per la tutela dei consumatori, gli influencer online raramente segnalano contenuti commerciali

    La Commissione europea e le autorità nazionali per la tutela dei consumatori di 22 Stati membri, Norvegia e Islanda hanno pubblicato i risultati di un’indagine a tappeto sui post degli influencer sui social media, che ha rilevato che quasi tutti (97%) pubblicano contenuti commerciali, ma che solamente 1 su 5 indica sistematicamente che il contenuto è pubblicitario.

    Lo scopo dell’indagine era verificare se gli influencer segnalassero le loro attività pubblicitarie, come richiesto dalla normativa dell’UE sulla tutela dei consumatori. Sono stati controllati i post di 576 influencer sulle principali piattaforme social.

    Didier Reynders, Commissario per la Giustizia, ha dichiarato: “Con l’enorme sviluppo delle piattaforme di social media, l’attività degli influencer è diventata una vera e propria industria. Oggi la maggior parte degli influencer guadagna grazie a ciò che pubblica. I nostri risultati mostrano tuttavia che non sempre ciò viene segnalato ai follower, su cui gli influencer esercitano un grande potere e molti dei quali sono minori. Chiedo agli influencer di essere molto più trasparenti nei confronti del loro pubblico“.

  • Fedez perde la causa contro il Codacons

    Fedez perde la sua battaglia legale contro il Codacons. L’Associazione dei consumatori era stata querelata dal rapper per diffamazione dopo che da questa era stato accusato di «pubblicità occulta» e «omofobia». Il Tribunale di Roma ha respinto le richieste di Fedez, disponendo l’archiviazione della querela «per insussistenza del fatto e per quella dell’elemento soggettivo».

    La vicenda risale al 2021, quando il Codacons denunciò un presunto caso di pubblicità occulta da parte del rapper per aver adoperato un cappellino con il logo di un noto marchio sportivo durante il concertone del primo maggio a Roma e rese noti alcuni «testi omofobi» dell’artista, dal linguaggio piuttosto esplicito, in concomitanza con la campagna del rapper sul ddl Zan.

  • In attesa di Giustizia: Gotterdammerung

    Oddio, un dramma musicale come Il Crepuscolo degli Dei di Wagner è forse accostamento eccessivamente ardito al tema di questa settimana ma la repentina caduta d’immagine di alcune figure – fino al giorno prima quasi idolatrate – risulta fragorosa e munita di una certa drammaticità che non è solo nel destino dei protagonisti bensì quella insita in una società decadente pronta ad entusiasmarsi per un modello di vita sognato e che va ben oltre quello della “famiglia del Mulino Bianco” di Barillana memoria ed altrettanto lesta  ad omologarsi a quella dilagante linea di pensiero manettara e giustizialista da Fatto Quotidiano.

    Parliamo, ovviamente, dell’affaire del Pandoro Balocco che sta alimentando un dibattito assorbente su tutti i media risultando doppiamente fuori luogo perché il momento storico rassegna problematiche ben più gravi e meritevoli di continua attenzione e perché  – non inaspettatamente –  si è trasferito il tutto sul piano della rimproverabilità penale scatenando, nei salotti di casa prima ancora che nelle Procure della Repubblica, la caccia a colpevoli, già ritenuti tali, che non possono farla franca.

    In quest’ottica deve apprezzarsi la prudenza ed equilibrio con cui si stanno muovendo gli Uffici Inquirenti, sommersi da esposti di vari enti rappresentativi dei consumatori (con questi ultimi sollecitati a presentarne in proprio allegando lo scontrino di acquisto del pandoro della discordia e, in mancanza, ad autocertificarne la pregressa compera), che hanno ritenuto di iscrivere la segnalazione a Modello 45: vale a dire ad aprire indagini conoscitive senza ipotesi di accusa né indagati per fatti che apparentemente non costituiscono reato. Si tratta di un atto dovuto nel vero senso della parola non potendo essere ignorati gli esposti stessi, che suppongono la commissione di una truffa aggravata, destinandoli al cestino.

    Per quello che è dato sapere, peraltro, gli estremi del reato di truffa non ci sono: l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, analogamente a quanto può fare il Giurì di Autodisciplina, interviene quando una pubblicità può risultare ingannevole, ma un conto è pubblicità ingannevole che è tale quando si spinge la vendita valorizzando qualità che non sono poi sviluppate ed altra cosa è la truffa che – in un caso simile –  si integrerebbe quando con artifizi e raggiri si induca taluno ad acquistare un pandoro per poi non trovare nulla nella confezione o qualcosa di completamente diverso.

    Chi ha comperato il “Pandoro griffato Ferragni” è stato condizionato nella scelta quando già aveva inteso comperare un dolce di quella tipologia, tuttavia orientandosi sulla scorta di una comunicazione fuorviante. La truffa, dunque, a parere di chi scrive, non c’è e non c’è neppure il reato di frode in commercio per configurare il quale è necessaria la vendita di un bene diverso da quello pattuito per origine, provenienza, qualità o quantità…e che la griffatura Chiara Ferragni costituisca una qualità del pandoro è revocabile in dubbio; tra l’altro se l’Authority, che ha avuto a disposizione tutto quanto necessario per la decisione, avesse rilevato indicatori di illeciti penali avrebbe dovuto spontaneamente trasmettere gli atti all’Autorità Giudiziaria…

    La verve del difensore si attenua, invece, nei confronti di chi, per conto di Chiara Ferragni, si occupa della comunicazione e non tanto per quella relativa al Pandoro Balocco e le finalità benefiche dell’operazione quanto per il suggerimento del video di scuse che, dal maquillage ai toni usati suona falso come una banconota da due euro.

    Colpevole! Certamente il curatore di questa rubrica non è un esperto di marketing, però è tra gli innumerevoli destinatari di quel messaggio, acquirenti o meno del dolce incriminato, e una certa consuetudine con la proposizione di balzane giustificazioni (sia pure in sedi differenti) l’ha maturata: in tutta franchezza quel messaggio è ben lontano dall’essere convincente, anzi, è frutto a sua volta di quella decadenza culturale cui si è alluso all’inizio. L’affaire Balocco presenta in tutte le sue forme quella trasvalutazione di tutti i valori cui si riferisce Nietzsche  nel suo Gotzen-Dammerung, che fa il verso proprio all’opera di Wagner ed il Crepuscolo degli Idoli cui assistiamo è il frutto malato di una moralità da bar sport che diventa strumento di controllo allo scopo di punire, di voler trovare colpevoli a tutti i costi: roba da Piercamillo Davigo che non merita neppure la Ferragni in pigiama penitenziale grigio, quasi penitenziario, se non fosse per il prezzo di listino.

  • Chiara Ferragni e Balocco multati per il pandoro “griffato”

    Chiara Ferragni e Balocco sono stati multati per pratica commerciale scorretta con sanzioni da oltre 1 milione di euro per alcune società riconducibili all’influencer e da 420mila euro per l’azienda dolciaria. A dare la notizia l’Antitrust, spiegando che, secondo l’Autorità, «le suddette società hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando il pandoro “griffato” Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall’iniziativa oltre 1 milione di euro».

    L’Autorità contesta alle società di aver attuato una pratica commerciale scorretta per aver pubblicizzato il «Pandoro Pink Christmas», “griffato” Chiara Ferragni, lasciando intendere ai consumatori che, comprandolo, avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino per acquistare un nuovo macchinario per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing.

    Le società Fenice e TBS Crew, riconducibili a Chiara Ferragni, hanno incassato la somma di oltre 1 milione di euro a titolo di corrispettivo per la licenza dei marchi della nota influencer e per la realizzazione dei contenuti pubblicitari senza versare nulla all’ospedale Regina Margherita di Torino.

    Secondo l’Autorità ad accrescere nei consumatori la sensazione di stare contribuendo ad una giusta causa è stato anche il prezzo del pandoro «griffato», proposto in vendita al pubblico ad un prezzo di 9 euro contro i 3,70 di pandoro classico Balocco, ovvero circa due volte e mezzo in più.

  • A New York si celebrano manifesti commerciali italiani

    La contaminazione tra arte d’avanguardia e manifesti commerciali in Italia, con particolare attenzione agli anni tra le due guerre e al primo dopoguerra, durante il boom economico del Paese, è al centro di una mostra al Cima (Center for Italian Modern Art) di New York.  Sono circa 30 i manifesti esposti nello spazio a Soho dal 16 febbraio al 10 giugno, provenienti dalle principali istituzioni italiane e collezioni aziendali, e firmati da artisti come Erberto Carboni, Fortunato Depero, Nikolai Diulgheroff, Lucio Fontana, Max Huber, Bruno Munari, Marcello Nizzoli, Bob Noorda, Giovanni Pintori, Mario Sironi, Albe Steiner. Le loro opere hanno illustrato i prodotti di aziende che hanno fatto la storia dell’economia tricolore come Barilla, Campari, Olivetti, Fiat, Pirelli.

    “L’idea di base è stata di esaminare il rapporto tra arte di avanguardia italiana e una certa committenza commerciale illuminata che è esistita a partire dagli anni Venti e fino agli anni 60”, ha spiegato all’Ansa il curatore della mostra, Nicola Lucchi. «E’ un momento in cui le compagnie italiane scoprono il consumismo e si appoggiano a uffici di pubblicità interni che chiamano gli artisti a collaborare, e gli artisti di avanguardia e Futuristi per primi si propongono come interpreti dei prodotti – ha continuato – Questo genera un rapporto artistico importante che abbiamo cercato di esplorare nelle sue varie sfaccettature».

    Lucchi ha sottolineato che «i manifesti sono stati spesso descritti come derivati, ma la mostra mette in luce come, dal Futurismo in poi, le locandine italiane abbiano acquisito una forza visiva e comunicativa che ha elevato il mezzo a una forma di espressione artistica a sé stante, spingendo il confini delle tecniche litografiche, del fotomontaggio e della tipografia». «L’ambizione peculiare dei manifesti commerciali di fornire forme e contenuti seducenti alle masse, piuttosto che a un circolo elitario, li rende anche oggetto di interesse socioeconomico e filosofico», ha proseguito.

    Con la data di inizio nel 1926, anno in cui Depero ha esposto alla Biennale di Venezia un “quadro pubblicitario”, Squisito al selz, e una ideale data di chiusura nel 1957, anno in cui va in onda per la prima volta sulla Rai il Carosello, l’esibizione illustra quindi come il design dei manifesti commerciali italiani si sia mosso di pari passo con le correnti artistiche dei suoi tempi. E come contrappunto visivo e concettuale al percorso narrativo tracciato dai manifesti commerciali, la mostra comprende anche alcune opere di Mimmo Rotella. «Rotella inizia con l’arte informale e negli anni 50 ha l’illuminazione che in realtà le figure sono tutte intorno a lui, e sono i manifesti commerciali – dice il curatore – Il gesto è strapparli dalle pareti e metterli sulla tela».

  • Il nuovo centro per la trasparenza fornisce per la prima volta informazioni e dati sulla disinformazione online

    I firmatari del codice di buone pratiche sulla disinformazione del 2022, comprese tutte le principali piattaforme online (Google, Meta, Microsoft, TikTok, Twitter), hanno varato il nuovo centro per la trasparenza e pubblicato per la prima volta le relazioni di riferimento sul modo in cui mettono in pratica gli impegni derivanti dal codice.

    Il nuovo centro per la trasparenza garantirà sia la visibilità e la rendicontabilità degli sforzi compiuti dai firmatari per combattere la disinformazione, sia l’attuazione degli impegni assunti nell’ambito del codice, mettendo a disposizione di cittadini, ricercatori e ONG dell’UE una banca dati unica in cui accedere alle informazioni online e scaricarle.

    Con queste relazioni di riferimento, per la prima volta le piattaforme forniscono informazioni e dati iniziali esaustivi, come il valore degli introiti pubblicitari che si è evitato arrivasse agli attori della disinformazione; il numero o il valore degli annunci politici accettati ed etichettati o respinti; i casi di comportamenti manipolatori rilevati (ossia creazione e utilizzo di account fasulli); e informazioni sull’impatto della verifica dei fatti, anche a livello degli Stati membri.

    Tutti i firmatari hanno presentato le loro relazioni in tempo utile, utilizzando un modello di relazione armonizzato concordato che contempla tutti gli impegni e le misure sottoscritti. Ciò tuttavia non vale pienamente per Twitter, la cui relazione è carente di dati e priva di informazioni sull’impegno a conferire maggiori poteri alla comunità di verificatori dei fatti.

  • La pubblicità tiene, nel 2022 investimenti per oltre 8 miliardi

    Il mercato degli investimenti pubblicitari tiene e resterà sopra gli 8 miliardi di euro nel 2022. Ma il 2023 preoccupa gli investitori del settore che chiedono un bonus fiscale nella prossima Legge di Bilancio. Nel frattempo si dovrebbe anche definire la partita sulla rilevazione degli ascolti con la nascita di una nuova “Audi”.

    A delineare il quadro del settore è l’Upa, l’associazione di riferimento per gli investitori pubblicitari, secondo cui, quest’anno si prevede una sostanziale stabilità degli investimenti (-1%). “L’incertezza domina”, ma questo sarà “un anno di tenuta e di responsabilità da parte delle aziende”, afferma il presidente dell’associazione, Lorenzo Sassoli de Bianchi, durante una conferenza stampa che ha preceduto l’assemblea annuale dei soci. Il settore “ha reagito e fatto muro con la stabilità”, evidenzia Sassoli, nonostante gli effetti combinati di pandemia, crisi di fiducia dei consumatori, conflitto russo-ucraino, fenomeni inflattivi e caro energia.

    Adesso “la nostra preoccupazione maggiore riguarda il 2023 quando molti nodi arriveranno al pettine. Se questa situazione non cambia, sono necessari interventi drastici per aiutare i consumi e gli investimenti”, avverte il presidente degli investitori pubblicitari, prevedendo “un’inflazione superiore al 10% a fine anno”. Per cui, “sarebbe importante che il governo stanziasse una cifra per aiutare soprattutto i mezzi più deboli”. La proposta dell’Upa si articola su due fronti: un bonus per gli investimenti pubblicitari sui media e l’abbattimento dell’Iva su 200 prodotti di prima necessità per tutto il 2023.

    Quanto al progetto di ridefinizione del sistema delle ricerche sulle audience, che coinvolge Audipress, Audiweb e Auditel, si va verso una soluzione condivisa. A inizio giugno, “abbiamo presentato all’Agcom una proposta di riformulazione del sistema, ipotizzata in modo concorde da tutti i soci. Mi auguro che a gennaio del prossimo anno possa nascere la nuova Audi”. Il nuovo sistema prevede la fusione di Audipress e Audiweb, con la nascita di una Audi digitale accanto a una video-televisiva. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni “ha preso atto” della proposta e “la valutazione è senz’altro positiva”, commenta il presidente Agcom, Giacomo Lasorella. Per quanto riguarda Dazn, “abbiamo chiesto di adottare per il prossimo campionato un metodo certificato, appoggiandosi ad Auditel” e “auspichiamo che tutto sia a posto, nel giro di qualche settimana”.

  • Bloccato spot lesivo della dignità femminile

    Il messaggio pubblicitario “Ci siamo fatti il curriculum sull’asfalto. Siamo pronti a fare strada” con l’immagine di una donna è stato bloccato, ne è stata vietata la diffusione, in quanto ritenuto contrario all’articolo 10 (Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona) del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

    Il messaggio mostrava una donna ripresa da tergo, piegata in avanti in posizione di partenza come per scattare in corsa, con in primo piano il fondoschiena. Secondo il Comitato di Controllo il messaggio proponeva una rappresentazione svilente della donna, così infrangendo l’articolo 10 del Codice, che specifica che «la comunicazione commerciale deve rispettare la dignità della persona umana in tutte le sue forme ed espressioni». La figura femminile era strumentalizzata anche per via del gioco di parole contenuto nell’espressione «ci siamo fatti il curriculum». La diffusione del messaggio tramite affissioni, esposte a un pubblico indifferenziato, amplificava inoltre la portata scorretta della pubblicità contestata. Tale mezzo, come sostenuto da tempo dallo Iap (Istituto Autodisciplina Pubblicitaria), si presenta infatti come uno dei più invasivi in quanto la visione del messaggio viene imposta indistintamente a chiunque, non rispondendo ad una precisa scelta dei fruitori.

  • Privacy: il Garante Antonello Soro risponde all’On. Cristiana Muscardini

    Riceviamo e pubblichiamo la risposta del Garante della Privacy, Antonello Soro, all’On. Cristiana Muscardini che con una lettera, pubblicata sul Patto Sociale lo scorso 8 gennaio e che riportiamo di seguito, chiedeva chiarimenti sull’uso inapropriato dei numeri telefonici dei cittadini fatto da certe società di vendita con ingannevoli proposte commerciali.

    Prot. 2277/134084

    Gent.ma Onorevole,
    la problematica da Lei esposta è stata oggetto di numerosi interventi del Garante, nonché di contributi forniti al Parlamento nell’ambito di specifiche indagini conoscitive. In particolare, abbiamo rilevato come dall’analisi delle istruttorie condotte dall’Autorità emerga un intricato reticolo di interessi poco chiari e relazioni non sempre formalizzate tra committenti, agenti e innumerevoli call center, nonché il fenomeno di chiamate promozionali da numerazioni “fantasma” assegnate a soggetti non identificabili, o -a detta dei committenti- non appartenenti alla propria rete di vendita, ancorché i contatti commerciali siano attivati nel loro interesse.

    A fronte di tali rilevazioni, il Garante ha suggerito talune indicazioni volte ad adeguare il quadro normativo alla complessità che caratterizza il fenomeno del telemarketing oggi, puntando soprattutto sulla responsabilizzazione dei vari soggetti coinvolti in queste articolate catene commerciali e sul rafforzamento dell’efficacia del registro delle opposizioni. Molte di queste indicazioni sono state raccolte dal Parlamento e trasfuse nella legge n. 5 del 2018, volta tra l’altro a estendere l’ambito di applicazione del registro delle opposizioni alla telefonia mobile e fissa “riservata”, nonché a chiarire che l’iscrizione nel registro stesso ha valore di revoca di tutti i consensi precedentemente espressi, con qualsiasi forma o mezzo e a qualsiasi soggetto, che autorizzano il trattamento delle proprie numerazioni telefoniche fisse o mobili. In caso di violazioni delle norme introdotte a tutela degli interessati, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal Gdpr, suscettibili di giungere sino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato.

    Inoltre, la legge sancisce la responsabilità solidale di titolare e responsabile, l’ambiguità dei cui ruoli ha rappresentato sinora una delle maggiori criticità. Nelle more dell’adozione (a termini ormai ampiamente scaduti) del regolamento attuativo di questa legge, una complessiva e ulteriore responsabilizzazione dei protagonisti del trattamento potrà derivare dall’applicazione del Gdpr e, in particolare, dal principio di accountability, che ne rappresenta una delle principali caratteristiche.

    Un cordiale saluto

    Antonello Soro

     

    Dott. Antonello Soro
    Garante per la protezione dei dati personali
    Piazza Venezia, 11
    00187 Roma

    Milano, 8 gennaio 2019

    Egregio Garante,
    nonostante la legge europea sulla protezione dei dati e nonostante la Sua attività, ogni giorno siamo tormentati non solo dalle e-mail ma dalle insistenti telefonate sui cellulari e sui telefoni di casa da fantomatici individui, quasi sempre che chiamano da fuori Italia, che ci assillano con le più svariate proposte invadendo la nostra vita già abbastanza complessa per i problemi personali e collettivi.

    Le più diverse ed assillanti offerte di canoni particolari per luce, gas, telefonia, carte di credito etc, la sbiancatura di denti, di protesi, di rifacimenti estetici, di cure dimagranti nonché di offerte di giochi d’azzardo e di varie prestazioni corporali non solo ci disturbano ma rendono evidente che la normativa europea, che ha costretto decine di migliaia di associazioni, giornali, imprese a perdere tempo per applicarla verso i propri indirizzi e-mail, è stata completamente disattesa da tutti coloro che, in modo più o meno onesto, utilizzano internet per infastidire e spesso truffare, con proposte scorrette, gli utenti della rete. Il problema si aggrava quando questo assillo avviene con telefonate sui cellulari invadendo la sfera privata di cittadini che non hanno modo di difendersi neppure sabato e domenica, di sera e durante le ore del pasto. In una società così tecnologicamente avanzata quali sono gli accorgimenti che Ella intende prendere per tutelare la nostra privacy?
    Grazie.

    Cordialmente,
    Cristiana Muscardini

     

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