Recovery Fund

  • Principi gestionali e manuale Cencelli geografico

    Una delle caratteristiche principali relativa alla gestione dei fondi europei straordinari legati alla presentazione del PNRR riguarderà certamente il rispetto, nelle realizzazioni infrastrutturali e nelle riforme, dei tempi indicati nelle progettualità presentate all’interno dei diversi ambiti sulla base delle quali il nostro Paese ha ottenuto questi fondi.

    Il margine operativo dei responsabili della gestione di tali fondi risulta quindi decisamente circoscritto al semplice rispetto e all’eventuale ottimizzazione dei tempi e alla creazione di possibili sinergie tra le opere durante la fase di realizzazione. In questo contesto, quindi, è assolutamente risibile l’appello portato avanti da un lotto cospicuo di economisti accademici i quali hanno sottoscritto un documento nel quale viene contestata a Mario Draghi innanzitutto la provenienza dei prescelti consulenti che non avrebbe rispettato la provenienza geografica dell’intero stivale italiano.

    Il nostro Paese, nel 2021, dopo una disastrosa pandemia che ha visto la perdita di oltre un milione di posti di lavoro, forse vede adesso la luce alla fine del tunnel. In questo contesto, quindi, comunque ancora di forte difficoltà ed incertezza legata anche agli effetti inflazionistici della politica monetaria espansiva unita al forte apprezzamento delle materie prime, l’intelligentia accademica progressista riesce ad esprimere all’interno di una strategia gestionale dei fondi europei la necessità della applicazione di un manuale Cencelli su base geografica. Un parametro decisamente imbarazzante per chi lo propone e che rappresenta ulteriormente come la crisi culturale del nostro Paese parta proprio dall’università.

    Questo parametro geografico di per sé qualifica lo spessore culturale dei sottoscrittori i quali, non paghi, criticano anche l’appartenenza ad un’area politica ed economica definita liberista dai firmatari degli stessi consulenti.

    Restando ovviamente legittime tutte le aree politiche di appartenenza si sottolinea come un minimo di preparazione in ambito economico permetterebbe a chiunque di comprendere come all’interno di questo piano straordinario i margini di intervento risultino assolutamente limitati alla sola area gestionale proprio per la loro natura stessa e per le condizioni che l’Europa ha posto. In altre parole, la dislocazione degli interventi infrastrutturali risulta già decisa in ambito europeo sulla base dei progetti governativi nazionali e per questi sono state destinate le risorse straordinarie.

    In questo contesto il consulente del presidente Draghi, indipendentemente dall’appartenenza politica e dalla provenienza geografica, dovrà assicurare il rispetto dei tempi previsti dal progetto presentato presso l’Unione Europea. L’attività dei consulenti infatti è limitata, come previsto dall’accordo PPNR, al solo aspetto gestionale e in nessun modo può venire estesa ad una “scelta discriminatoria” delle opere da finanziare con i fondi stessi.

    Il mondo universitario, ed in particolare la sua parte che si definisce progressista, esce ridicolizzato da questo appello basato su di un nuovo manuale Cencelli geografico e sull’incapacità di riconoscere la differenza tra potenzialità e responsabilità progettuali rispetto alle gestionali di un’opera pubblica.

    L’università si dimostra ancora una volta non più un luogo di sintesi delle diverse conoscenze ma una misera arena politica i cui gladiatori, molto probabilmente, sono stati scelti non sulla base delle competenze ma semplicemente sulla base delle appartenenze politiche.

  • In arrivo i primi ok della Ue ai piani nazionali per il Recovery Fund

    Nella terza settimana di giugno la Commissione europea darà il via libera ai primi piani nazionali di ripresa e resilienza. Lo ha annunciato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nel suo intervento in plenaria a Strasburgo. Ha quindi confermato l’accelerazione nei tempi di valutazione dei piani per sottoporli al Consiglio Ue che li dovrà approvare (entro un mese dalla proposta). “I fondi arriveranno nelle prossime settimane”, ha confermato von der Leyen. “A oggi – ha detto – sono arrivati 23 piani, e questo significa che i cittadini europei sono pronti per un nuovo inizio, per vivere in un modo sempre più sostenibile, digitale e resiliente”, ha aggiunto.

    Se l’Italia dovesse risultare nel primo lotto dei piani approvati avrebbe diritto a ricevere entro luglio il 13% di prefinanziamenti, ossia 25 miliardi di euro. “L’Italia dovrebbe essere fiduciosa sul fatto che i fondi raccolti a giugno e luglio” tramite il primo collocamento di titoli Ue sui mercati “possano sicuramente coprire il prefinanziamento” del Recovery Fund, ha esortato il commissario europeo al Bilancio, Johannes Hahn. “Nel caso in cui ci siano molti altri Paesi pronti” a ricevere il prefinanziamento, “un caso piuttosto improbabile”, allora “ci potrebbe essere un’erogazione pro-rata del denaro” per poi completare il pagamento “a settembre”. “Ma ancora una volta, sono fiducioso”, ha aggiunto Hahn. “Coloro che hanno già preparato tutto bene”, cioè che hanno mandato a Bruxelles il piano di ripresa entro aprile rispettando i criteri del regolamento, “dovrebbero essere rassicurati sul fatto che i soldi saranno presto disponibili”, ha concluso il commissario.

    Si accelera sull’approvazione ma da Bruxelles non si fanno sconti sul rispetto delle condizioni per ricevere i fondi. “Il successo dipende enormemente da un’adesione severa alle condizioni del regolamento”, ha dichiarato il vicepresidente dell’esecutivo europeo, Valdis Dombrovskis. “La Commissione sarà vigile per garantire che ci sia questo rispetto, soprattutto per i punti citati da voi nella risoluzione: non approveremo mai piani che non rispettino il 37% e il 20% per le spese per clima e digitale; non approveremo nessun piano le cui misure non rispettino il principio del ‘nessun danno significativo’; non approveremo mai piani che si discostino troppo dalle raccomandazioni specifiche per Paese”, ha spiegato. “Garantiremo che i piani rafforzino il potenziale di crescita, di occupazione e di resilienza sociale e istituzionale. Questi piani devono contribuire anche all’attuazione del pilastro sociale europeo. E’ essenziale che ogni piano contenga politiche adeguate per Next Generation Eu: riforme del mercato del lavoro, dell’istruzione, della formazione”, ha aggiunto l’ex premier lettone. “Stiamo ancora discutendo con alcuni stati membri sui piani, ci sono ancora alcune limature da fare e in questa fase la vigilanza del Parlamento ci può aiutare”, ha insistito. La stessa linea viene confermata dal commissario all’Economia, Paolo Gentiloni. “Stiamo lavorando nell’analisi di tutte le misure adottate nei piani nazionali di ripresa e resilienza per evitare che altre misure” diverse da quelle per la transizione verde “spingano nella direzione opposta” al contenimento del cambiamento climatico facendo “danni significativi alla strategia di transizione climatica” stabilita dall’Unione europea con il Green deal, ha spiegato. “Abbiamo una grande quantità di denaro comune da spendere da qui al 2026 e da concentrare sulla doppia transizione, ovvero la transizione verde e la competitività digitale”, ha ricordato l’ex premier. “Abbiamo anche l’ambizione di mobilitare investimenti privati” per la transizione verde “che ovviamente sono assolutamente cruciali perché non potremo trasformare le nostre economie in questa direzione senza un enorme sforzo di investimenti privati”, ha concluso Gentiloni.

  • Recovery Fund: quindi aveva ragione l’Olanda

    Grande disapprovazione aveva ottenuto in Italia la sostanziale contrarietà del governo olandese all’istituzione dei Recovery Fund ponendo seri dubbi in relazione alla nostra capacità di utilizzare queste risorse europee in modo appropriato. Poco tempo dopo, già in agosto, di fronte alle prime sconcertanti dichiarazioni dei ministri relative all’applicazione di un fattore “geografico” per la distribuzione dei finanziamenti europei, confermava tutti i legittimi dubbi espressi dalla compagine governativa olandese (https://www.ilpattosociale.it/politica/e-se-avesse-ragione-lolanda/).

    L’orgoglio italiano riuscì ad unire tutte le forze politiche le quali si sentirono offese nella loro intimità ed autonomia individuando nell’Olanda il nemico comune, anche a causa della politica fiscale dei Paesi Bassi che attira le multinazionali sottraendole ad aliquote maggiori dei paesi di origine. Un principio (fiscalità di vantaggio) condannato a più riprese proprio dalla nostra classe politica ma quasi contemporaneamente adottato dal governo italiano per sostenere le imprese allocate nel meridione italiano con la riduzione del 30% degli oneri contributivi. Un’ipocrisia espressione di questa classe politica governativa senza precedenti.

    E mentre la Francia già alla metà del mese di settembre ha presentato il proprio piano per ottenere i finanziamenti europei, il governo italiano in carica sta appena adesso allestendo un gruppo di trecento (300!!) “esperti” incaricati di elaborare e successivamente presentare i nostri progetti ai vertici europei per l’approvazione e la successiva erogazione dei finanziamenti.

    Contemporaneamente sono state rese note le linee guida e soprattutto i settori verso i quali questi finanziamenti verranno destinati con l’indicazione dell’ammontare complessivo.

    Da oltre un anno, giova ricordarlo, il nostro Paese rimane bloccato da una vergognosa polemica politica relativa al Mes in termini generali e ancor più al Mes sanitario. Il Presidente del Consiglio ha sempre affermato come il nostro Paese non avesse bisogno dei 39 miliardi assicurati dal Mes sanitario. Analizzando i settori, ma soprattutto l’ammontare complessivo delle finanze a loro destinati, emerge un quadro inquietante. Al nostro sistema sanitario nazionale verranno destinati nove (9) miliardi: trenta (30) in meno di quanti avrebbe assicurato il Mes sanitario che il Presidente del Consiglio non considerava necessario. Come se il nostro SSN risultasse dall’inizio della pandemia sempre in perfetto equilibrio e non necessitasse di alcun finanziamento straordinario per potenziarne la propria efficienza e servizio alla cittadinanza.

    Viceversa nei capitolati di spese vengono destinati 17,1 miliardi (+90% rispetto alla destinazione per la spesa sanitaria!!!) per la “parità di genere” che rappresenta sicuramente una delle maggiori priorità dei cittadini italiani in questo momento di profonda crisi economica legata alla seconda ondata di contagi. Ribadisco: un +90% rispetto alla spesa sanitaria per il raggiungimento di un obiettivo che sicuramente non verrà approvato dall’Unione Europea in quanto attraverso i Recovery Fund vengono finanziate opere e progetti che abbiano una valenza economica e non politica od etica.

    Sempre scorrendo i capitolati di spesa emerge come circa 27 miliardi verranno destinati agli investimenti infrastrutturali mentre alla digitalizzazione oltre 47. Un settore, quello della digitalizzazione, nel quale il governo ha dimostrato una professionalità risibile con i blackout dei propri siti dell’INPS e cashback odierno, dimostrando, ancora una volta, come la digitalizzazione venga interpretata dallo Stato come il semplice trasferimento di qualsiasi onere dalla amministrazione all’utenza finale. Quando, invece, per attrarre investimenti e rendere maggiormente competitive le nostre imprese nel mercato globale sarebbe necessario una profonda e sostanziale riforma del sistema giudiziario col doppio obiettivo di ridurne i tempi e di introdurre, come da referendum, la responsabilità civile dei magistrati.

    A completamento di questo disastroso quadro vengono indicati in circa 74 i miliardi per una non meglio definita “transizione ecologica”, un termine talmente generico quanto presuntuoso.

    Nessuna risorsa economica viene destinata, invece, ad una eccellenza italiana come il turismo. Questa omissione rappresenta l’ennesima ed evidente dimostrazione della incapacità dell’intera compagine governativa di comprendere i settori economici a valore aggiunto. In più emerge una presunzione sposata ad una ignoranza che si estrinseca nella volontà di rivoluzionare il sistema economico italiano quando, viceversa, sarebbe fondamentale un supporto finanziario unito ad un miglioramento dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione per rimettere in moto un sistema complesso ma comunque competitivo (https://www.ilpattosociale.it/attualita/i-trend-di-crescita-del-pil-netto/).

    A questo successivamente dovrebbe seguire una semplificazione normativa delle attività economiche seguita da una maggiore tutela normativa dei prodotti espressione delle diverse filiere del made in Italy.

    E’ evidente, quindi, che più di una riconversione ecologica sarebbe necessario un aggiornamento culturale, magari finanziato anche con i fondi europei, per offrire finalmente gli strumenti idonei alla comprensione del processo di creazione del valore aggiunto nel nostro Paese ancora sconosciuto alla maggior parte della compagine governativa. In questo senso si potrebbe anche finanziare un corso di formazione relativo all’importanza del turismo nell’economia italiana evidentemente sconosciuta al governo in carica.

    In altre parole, magari una minima parte delle risorse finanziarie assicurate dai Recovery Fund dovrebbero venire utilizzati per un ormai imprescindibile aggiornamento culturale che andasse a colmare il ritardo ormai insostenibile di questa classe dirigente e politica al governo. Le scelte strategiche relative ai settori da finanziare con i Recovery Fund di questo governo, infatti, dimostrano, per l’ennesima volta, come avesse ragione l’Olanda.

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