Sanità

  • La verità sul MES

    L’opposizione politica all’adozione del MES, acronimo del Meccanismo Europeo di Stabilità, giustifica questa scelta evocando improbabili scenari di pericolosità inaudita per i destini del Paese, senza però indicarne concretamente nessuno, ma limitandosi a ipotesi generiche e approssimative, che richiamano unicamente alla memoria il duro e sacrificato salvataggio della Grecia.

    Un esempio che non calza per niente, alla luce del fatto che l’Italia non è la Grecia, che aveva a suo tempo falsificato i bilanci ed era ad un passo dal default, e soprattutto perché l’eventuale utilizzo dei prestiti, non riguarderebbe il salvataggio dello Stato, ma costi e utilizzi contenuti e sostenibili.

    Quindi siamo di fronte ad una fobia anti MES, che mal si concilia con le logiche della politica, che devono analizzare le questioni e i dossier, per trarne il giusto giudizio e cogliere la valenza delle scelte.

    Ma quando la politica si veste con l’abito della demagogia, basta gridare al lupo al lupo e la razionalità va a farsi benedire.

    Ma l’Italia davvero vuole correre il rischio di non ratificare il nuovo MES, sulla base di pregiudizi che sono inesistenti? Ovvero giocare la carta, un tantino ipocrita, del rifiuto del governo a prendere una posizione definitiva a favore della ratifica, per lasciare la purezza del rifiuto a Premier e Ministro dell’Economia, affidando al Parlamento la “libertà” di votare a favore della ratifica, salvando contemporaneamente la narrazione demagogica e il buon vicinato con i partner UE?

    Ma davvero si sente il bisogno di un finto gioco delle parti, in cui un Parlamento di nomina dall’alto e senza alcuna libertà di scelta, pena la non ricandidatura, consenta la ratifica che i leader sotto copertura euroscettica non vogliono ufficialmente concedere? Non sarebbe ora che la narrazione uscisse dalle logiche del sì o no al MES, per prendere atto che la nuova versione non costituisce per nessun Paese, e meno che mai per l’Italia, un pericolo alla propria sovranità, specie in termini di obbligo alla ristrutturazione del debito pubblico?

    Basta leggere il dossier per verificare come funziona il meccanismo di stabilità e per prendere atto della totale inesistenza di pericoli simil Grecia.

    In primo luogo perché l’unica condizione è che i fondi concessi vengano usati per spese sanitarie dirette e indirette, rafforzare la sanità territoriale, ma anche la prevenzione sanitaria in altri campi, come la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e delle scuole. Non sono previsti altri vincoli, come quelli imposti in occasione del salvataggio della Grecia e non viene richiesta alcuna riforma economica o di bilancio.

    L’unico controllo è, prima della concessione del prestito, la valutazione del debito preesistente del Paese da finanziare, che deve essere sostenibile, cosa che l’Italia ha notoriamente avuto riconosciuto. Ma nella peggiore ipotesi, qualora non venisse riconosciuto, l’unica conseguenza sarebbe la mancata concessione del prestito, e la questione finirebbe lì.

    Ecco perché appare strumentale e parossistico l’atteggiamento di paura nei confronti delle presunte conseguenze di accedere al prestito dei fondi Mes.

    Ma c’è davvero qualcuno che potrebbe pensare che l’Italia possa finire come la Grecia?

    L’Italia con il suo PIL, il diritto di veto di cui gode, insieme a Francia e Germania, che gli proviene dalla partecipazione con il 17,7% di contributo al fondo e con la sua potenza economica, non potrebbe mai essere messa in un angolo per il prestito di appena 37-40 Mld di euro, da destinare alla Sanità nazionale, pari al valore di una manovra finanziaria.

    Come potrebbe mai un debito così insignificante, mettere il Paese in ginocchio?

    La situazione è quindi del tutto diversa, ed il punto politico non è la ratifica, ma l’utilizzo dei 37-40 Mld di euro, che oggi potrebbero se richiesti e spesi con velocità e intelligenza, riuscire a recuperare le falle mostruose della sanità nazionale, e consentire di riportare il rapporto dell’assistenza medica e ospedaliera di nuovo a livelli di civiltà, salvando migliaia di vite umane, altrimenti a rischio. Non è pensabile, per questioni ideologiche, di penalizzare ancora gli italiani.

    Il nostro sistema sanitario è stato massacrato da una miriade di tagli nei finanziamenti degli ultimi decenni, nel corso dei quali gli investimenti sono diminuiti in maniera esponenziale e gli stipendi dei medici ed infermieri, si sono ridotti dal 40% al 30% del totale. Erano 27 miliardi di euro nel 2000, sono stati 36 Miliardi di euro nel 2019, con un aumento nominale del 32%, molto più basso dell’inflazione, che nello stesso periodo è stata del 50%.

    In termini di potere d’acquisto quindi gli stipendi del personale sanitario si sono ridotti del 18%, facendo degli operatori della sanità italiana una delle categorie meno pagate d’Europa nel loro settore.

    Da qui conseguenze a cadere con i pronto soccorso strapieni e sotto stress, l’assenza di una medicina dei territori, la riduzione del numero dei medici ed infermieri in servizio, in pratica il serio rischio di implosione dell’intero sistema.

    Per questo, ciò che c’è da fare è l’esatto contrario di ciò che si è fatto negli ultimi vent’anni, investendo su un maggior numero di medici e infermieri, realizzare più presidi territoriali, organizzare la medicina dei territori, incoraggiare di nuovo i giovani a intraprendere le carriere sanitarie e fornire servizi sanitari veri ai cittadini.

    Abbiamo con il MES una fonte di risorse a costo praticamente zero, rispetto a qualsiasi altro strumento finanziario, e non è pensabile che si possa rinunciare al suo utilizzo, per questioni di identità politica o per paure astratte, che non hanno alcuna giustificazione.

    Per questo il MES va ratificato ed utilizzato, lo impone la situazione della sanità nazionale, ed il dovere di dare risposte concrete ai cittadini italiani più fragili perché bisognosi di aiuto.

  • Prima dell’autonomia regionale bisogna dare a tutti gli italiani un uguale ed efficiente servizio sanitario

    Tra i diversi temi che ci sono quotidianamente riproposti c’è la riforma per le autonomie con tutti i pro e i contro che ogni schieramento sostiene, tra i tanti problemi emergono le spaventose carenze del sistema sanitario al quale mancano medici, infermieri, tecnici e adeguate strutture sul territorio. La pandemia ha, una volta di più, dimostrato che un buon sistema ospedaliero può collassare se non funziona la medicina territoriale.

    Ci sentiamo, perciò, di chiedere alla Presidente del Consiglio e ai due ministri competenti, per Sanità e Autonomie regionali, se, prima di varare la riforma per le autonomie, abbiano verificato, in modo corretto ed esaustivo, la reale situazione della sanità in tutte le regioni italiane. Se sia stato valutata la necessità, per il comparto sanità, di procedere alle autonomie solo quando ad ogni italiano sarà garantito un servizio funzionante e non differenziato e carente a seconda delle aree geografiche di appartenenza.

    Il Ministro della Sanità è in possesso, o ha già richiesto, una mappatura dei servizi sanitari territorio per territorio, non solo su base esclusivamente regionale? Si conoscono quanto personale sanitario occorre nelle varie strutture ospedaliere, quanto sul territorio, quanti macchinari sono mancanti o non funzionanti ed obsoleti?

    Si conoscono i tempi di attesa per gli esami diagnostici e per le visite specialistiche?

    Se a Milano, città che sappiamo ha una sanità di gran lunga migliore di tante altre realtà, ci sono tempi d’attesa, come riporta un’inchiesta del Corriere della Sera del 9 novembre 2022, incompatibili con le necessità dei malati, cosa avviene in altre città e regioni? Alcuni esempi dei tempi di Milano, riportati nell’articolo e ovviamente mai smentiti, cinque mesi per una visita ginecologica con ecografia, sette mesi per una ecografia alla spalla e alla colonna vertebrale.

    L’assessore regionale della Lombardia Guido Bertolaso ha detto in Consiglio regionale, l’8 novembre, che al fabbisogno lombardo mancano 1120 dirigenti medici e 1521 infermieri, quanti mancano nelle altre regioni?

    Qualunque riforma deve prendere atto della realtà e di quanto va fatto, subito, per ridare a tutti gli italiani un servizio sanitario all’altezza delle oggettive necessità.

  • I problemi degli ospedali, dei pazienti e dei medici

    Secondo alcune notizie l’Ospedale S. Anna di Como ha chiamato una paziente per una visita richiesta 11 anni prima, in Calabria si assumono medici venuti d’oltre oceano e in Veneto dalla Spagna.
    La carenza di medici ed infermieri è ormai nota da molti anni, nonostante il personale andato in pensione sia stato in molti casi richiamato in servizio i problemi, per i pazienti, aumentano di giorno in giorno mentre il personale sanitario lamenta turni di servizio eccessivi.
    L’assistenza sul territorio è purtroppo quella che conosciamo e durante il covid abbiamo visto tutte le carenze ed inadeguatezze con il conseguente aggravarsi dei problemi per i pronto soccorsi.
    In questi giorni a Bobbio, in provincia di Piacenza, come in tanti altri presidi di pronto soccorso, è in atto una nuova crisi che, per mancanza di personale, penalizzerà ancora i malati.
    All’ospedale di Piacenza molti medici sembra abbiano deciso, o stiano meditando, di lasciare l’incarico per indirizzarsi verso strutture private e che ci sia una certa insofferenza per eventuali posti apicali che sarebbero riservati a medici di Parma, comunque il personale resta insufficiente.
    Per questi e altri motivi che i cittadini di Piacenza conoscono bene, visto che alcuni ormai si rivolgono direttamente a Milano, ci chiediamo quali obiettivi, effettivamente utili alla collettività, ci siano dietro il continuo insistere per la costruzione di un nuovo ospedale, per il quale ci vorranno anni e che si troverà comunque con lo stesso problema di carenza di personale.
    Non sarebbe più sensato, specie in un momento di grave crisi come questo, pensare a rendere più funzionante l’attuale ospedale mettendosi alla ricerca dei medici ed infermieri necessari e dando  maggior soddisfazione a quelli che già faticosamente lavorano nella struttura?
    E questa considerazione vale, ovviamente, per le tante realtà simili per il resto d’Italia.

    C’è poi il problema dei test per le facoltà sanitarie e speriamo che, prima o poi, sarebbe meglio prima, qualcuno se ne occupi.

    Rimane, nonostante tante parole, aperto il problema della sanità territoriale con gravi conseguenze, specie per i cittadini più anziani o nei casi di epidemie.
    Al nuovo governo un rinnovato augurio e l’invito a dare una svolta seria alla sanità.

  • Il diritto alla salute

    Il diritto alla salute riconosciuto e definito dalla Costituzione (art.32) viene applicato e tutelato per la semplice propria natura giuridica. La sua validità, in altre parole, NON può essere mai sottoposta e tanto meno il suo riconoscimento risultare successivo ad una qualsiasi valutazione di congruità dei comportamenti del paziente a protocolli definiti ed  inseriti precedentemente dalle autorità statali o sanitarie.
    Si scopre ora che il dott. Pregliasco abbia stabilito, attraverso una circolare interna della struttura sanitaria Galeazzi, che i pazienti sprovvisti di “super green pass”, cioè dopo la terza vaccinazione, non possano venire ricoverati e tanto meno operati e quindi sarebbero rinviate a tempi miglioro le loro legittime aspettative di porre fine i propri problemi di salute (*).

    Nessuno nega le problematiche che un paziente, privo della certificazione del ciclo vaccinale, possa potenzialmente portare all’interno di una struttura sanitaria ma il compito della stessa e di TUTTI gli operatori è rappresentato proprio dalla erogazione del servizio sanitario necessario Indipendentemente dal sesso, dal genere, dall’origine etnica, dalla collocazione politica e dallo stile di vita del paziente.

    Contemporaneamente al dott. Pregliasco andrebbe ricordato, ancora una volta, come il compito di un medico, magari con funzioni gestionali e manageriali, sia rappresentato dalla applicazione senza alcuna deroga dell’articolo 34 della Costituzione Italiana indipendentemente dalle proprie legittime opinioni relative allo stile di comportamento del paziente.

    Un medico NON può né deve mai giudicare un paziente ma curarlo al meglio delle proprie capacità professionali all’interno della  struttura nella quale opera.
    Questa pericolosissima deriva etica nella quale un diritto viene sottoposto, per il proprio riconoscimento e  per la propria attuazione, ad una verifica di congruità rispetto ad un protocollo sanitario statale pone il nostro Paese verso un declino democratico e una pericolosa deriva autoritaria senza precedenti.
    Un diritto costituzionalmente riconosciuto non può venire derubricato ad una semplice verifica di conformità.

    (*) Successivamente il dott. Pregliasco ha precisato come questo protocollo venisse applicato alle operazioni considerate non urgenti: una precisazione che conferma la distinzione tra accesso alle strutture sanitarie in rapporto ad una valutazione di conformità ad un determinato protocollo.

  • Dal Fondo di solidarietà dell’UE quasi 385,5 milioni di € a 19 Paesi per far fronte all’emergenza sanitaria del coronavirus

    La Commissione ha completato i versamenti a titolo del Fondo di solidarietà dell’UE (FSUE) per un totale di quasi 385,5 milioni di € a sostegno di 19 paesi nel contesto dell’emergenza sanitaria del coronavirus. Tale importo va ad aggiungersi ai 132,7 milioni di € versati nel 2020 agli Stati membri che avevano richiesto un anticipo del FSUE. 17 Stati membri e 3 paesi candidati hanno chiesto il sostegno del FSUE: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Spagna e Ungheria; Albania, Montenegro e Serbia.

    Nel contesto dell’emergenza sanitaria COVID-19, il sostegno del FSUE finanzia l’assistenza medica, l’acquisto e la somministrazione di vaccini, i dispositivi di protezione individuale e i dispositivi medici, le spese di assistenza sanitaria, le analisi di laboratorio, il sostegno di emergenza alla popolazione e le misure di prevenzione, monitoraggio e controllo della diffusione della malattia, salvaguardando così la salute pubblica.

    Tra i paesi candidati che hanno chiesto il sostegno del FSUE, l’Albania e il Montenegro hanno ricevuto sostegno finanziario alla fine del 2021, mentre per quanto riguarda la Serbia la firma dell’accordo di delega è in corso e l’assistenza del FSUE dovrebbe essere erogata subito dopo.

    Nel quadro della risposta eccezionale dell’UE alla pandemia di COVID-19, nel marzo 2020 l’ambito di applicazione del Fondo di solidarietà dell’UE (FSUE) è stato esteso per coprire anche le principali emergenze sanitarie.

    Nel marzo 2021 la Commissione europea ha proposto un pacchetto complessivo di quasi 530 milioni di € di sostegno finanziario a titolo del FSUE per 17 Stati membri e 3 paesi in via di adesione al fine di far fronte alla grave emergenza sanitaria causata dalla COVID-19. Il 20 maggio 2021 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno approvato la proposta.

    I tre Paesi in via di adesione hanno presentato la domanda completa di sostegno del FSUE nel giugno 2020. Nell’estate 2021 la Commissione ha adottato le decisioni di esecuzione che concedono il contributo finanziario del FSUE ai paesi beneficiari. Conformemente al regolamento FSUE, mentre i paesi dell’UE gestiscono il sostegno finanziario in regime di “gestione concorrente”, i paesi candidati devono firmare un accordo di delega con la Commissione. 

    Fonte Commissione europea

  • Singapore: la negazione della democrazia

    Quali valori trovano sempre una tutela all’interno di una democrazia liberale? Quale pericolo corre veramente un sistema democratico in relazione alla decisioni dei governi nella problematica gestione della pandemia?

    La forte contrapposizione, infatti, si esprime ormai quasi come una guerra di posizione e sempre più ideologica tra i due schieramenti, “vaccinati e sì green pass” contrapposti ai “no vax e no green pass”, e sta esasperando le posizioni spingendo i manifestanti ad inutili e controproducenti forme ripetute di protesta sempre più invasive i cui costi ricadono sempre sulle attività del centro storico.

    Contemporaneamente la compagine opposta e quella di maggioranza si avvicinano sempre più a soluzioni assolutamente incompatibili con uno Stato democratico e con l’unico inconfessabile obiettivo di annullare l’avversario. Viceversa un liberale, magari vaccinato e titolare di green pass, rimane sempre fedele ai propri ideali e quindi consapevole del loro valore e conseguentemente non proporrà MAI, cosa che in Italia da tempo viene suggerita, di chiedere il pagamento delle spese sanitarie a coloro non ancora vaccinati adottando il modello di Singapore. A sostegno di questa antidemocratica tesi adottata dallo stato insulare si indicano le conseguenze per la gestione del sistema sanitario nazionale del costo giornaliero di un paziente in terapia intensiva (oltre 1.600 euro) in contrapposizione al costo del vaccino (circa 20 euro).

    Partendo da questo semplice confronto relativo ai costi emerge come la “nuova” coscienza democratica si ponga non tanto in rapporto alla validità degli stessi quanto al loro impegno economico. Si assiste quindi ad una banale “monetizzazione” di un diritto alla salute il quale è tutelato ma fino a quando non si oltrepassi una soglia di “sostenibilità economica” per il SSN.

    All’interno di una democrazia liberale, invece, i diritti fondamentali, specialmente come quello alla salute, non possono risultare soggetti a nessuna valutazione di costo economico ma salvaguardati in quanto espressione della stessa democrazia.

    Fedele a questo concetto di assetto democratico, allora, il diritto alla salute non dovrebbe venire sottoposto ad una valutazione da parte dello Stato e di chi in suo nome opera (https://www.ilpattosociale.it/attualita/il-sistema-sanitario-nazionale-ed-il-paradosso-progressista/). Singapore, invece, rappresenta ora la prima pericolosa deriva verso uno Stato etico nel quale il diritto fondamentale alla salute viene sottoposto ad una valutazione da parte dello Stato per essere considerato valido ed applicabile.

    Sottoporre, quindi, ad una valutazione il legittimo diritto all’assistenza sanitaria da parte dello Stato in relazione alla congruità dei comportamenti del paziente rispetto al protocollo definito dallo Stato stesso rappresenta di per sé la fine della garanzia democratica.

    Contemporaneamente si sancisce così l’ingresso in pompa magna all’interno di uno Stato etico, nel quale i diritti risultano tali in relazione solo ed esclusivamente alla aderenza ad un modello statale predefinito e magari nella italica versione essere al di sotto della soglia di sostenibilità economica PRECEDENTEMENTE indicata dallo Stato.

    All’interno di una istituzione etica emerge evidente come prenda di nuovo forma ed espressione quella ideologia socialista già disintegrata dalla storia la quale ora ha modificato la propria definizione (certo non la sostanza) in politicamente corretto.  Un pericolosissimo declino etico ed ideologico all’interno del quale il diritto diventa soggetto ad analisi e validazione statale invece di venire considerata tale. In altre parole, avanza il pericoloso principio in base al quale lo Stato diventa non più la somma di una perfettibile e democratica separazione dei poteri ma esso stesso diventa ed opera come entità etica suprema ed autonoma e nuovo soggetto istituzionale come sintesi suprema degli altri poteri indicando le procedure da seguire affinché i diritti poi vengano riconosciuti in relazione alla loro rispondenza ai protocolli statali.

    Si passa ad uno Stato supremo risultante dall’espressione di un’ideologia massimalista e prevaricatrice. Una deriva che da anni nel nostro Paese annovera già parecchi sostenitori tra i cosiddetti “progressisti”, i quali rappresentano in modo ormai inequivocabile quella mancanza del minimo sindacale di bagaglio culturale democratico per ricordarsi come un principio ed un diritto democratico valgano in quanto tali e non possano essere soggetti ad alcuna valutazione etica o morale e tanto meno di sostenibilità economica.

    Singapore rappresenta perciò un primo pessimo passo verso questo declino antidemocratico dello Stato e contemporaneamente la prima forma istituzionale di reale supremazia dello stato sui diritti del singolo cittadino.

    All’interno di uno stato liberale e democratico, viceversa, il diritto alla salute, come ogni altro diritto tutelato dalla carta costituzionale, non può essere mai sottoposto ad una valutazione di merito dello stato per ottenere la propria applicazione. Mai.

  • Fondi speculativi e sanità Usa

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su ItaliaOggi il 28 ottobre 2021.

    Negli Usa, com’è noto, l’assistenza sanitaria è privata e coperta da polizze assicurative. Da qualche tempo, però, i fondi di private equity stanno comprando pezzi importanti del sistema sanitario americano e anche le reti sanitarie di base. Un fenomeno da tenere sotto la lente, perché «merce di esportazione». Soprattutto in Europa.

    I fondi equity sono poco regolati e puntano al massimo profitto in tempi brevi. Solitamente operano attraverso dei manager che gestiscono capitali di un numero limitato di partner privati e istituzionali. Spesso le loro operazioni di acquisizioni sono fatte attraverso il cosiddetto «leveraged buyout», cioè mediante lo sfruttamento della capacità d’indebitamento della società acquisita. Il che rende indispensabile un ritorno veloce di dimensioni rilevanti.

    La spesa sanitaria negli Usa è una parte notevole del pil. È passata dal 5% del 1960 al 18% del 2020. Dovrebbe arrivare al 20% nel 2024. I costi ospedalieri sono cresciuti del 42% nel periodo 2007-2014 e si ritiene che, in futuro, le spese per la sanità assorbiranno il 25-50% del salario della cosiddetta classe media americana. Fino alla legge Affordable Care Act (ACA) del 2010, meglio conosciuta come Obamacare, una parte del sistema sanitario era regolata e sostenuta con fondi pubblici da due strutture, Medicare per gli over 65 e Medicaid, per le famiglie a basso reddito.

    Pur con i suoi limiti, l’Obamacare ha dimezzato il numero delle famiglie americane ancora senza una copertura assicurativa sanitaria. All’interno dell’Obamacare era stato introdotto il concetto di Accountable Care Organizations (ACOs) per rendere la sanità più efficiente e meno costosa per i pazienti. Invece, si è avuto una maggiore concentrazione del settore sanitario con la formazione di veri e propri cartelli di ospedali, di cliniche e di centri diagnostici.

    Nel 2021 il processo di acquisizioni e di concentrazioni è cresciuto enormemente. Nel secondo trimestre del 2021, rispetto a quello del 2020, gli investimenti per gli acquisti di studi medici sarebbero cresciuti di 10 volte. La società di consulenza Solic Capital Mangement, sostiene che gli investimenti per acquisizioni nella sanità sarebbero stati ben 126,1 miliardi di dollari nel periodo menzionato rispetto ai 12,1 miliardi del 2020.

    Gli istituti di lunga degenza, gli ospedali e la medicina telematica sarebbero i settori più interessati.

    Oggi gli investitori nel sistema sanitario sono principalmente i fondi di private equity e certi enti finanziari specialmente creati per acquisizioni mirate. Il loro appetito è cresciuto anche in relazione all’American Family Bill, di circa 3.500 miliardi di dollari, proposta dal presidente Joe Biden.

    Ovviamente, tra i fondi equity e le assicurazioni è scoppiata una «guerra» per il controllo del settore sanitario americano. Secondo un articolo del New York Times del 2019, un’organizzazione di medici, che fortemente si oppose alla proposta di legge per disciplinare il fenomeno delle «fatturazioni a sorpresa», fatte attraverso la maggiorazione dei costi e la pratica delle prestazioni mediche più costose e, a volte, non indispensabili, aveva avuto un consistente appoggio di due grandi ditte fornitrici dei settori dell’emergenza sanitaria, la Envision, controllata dal fondo equity KKR, e la TeamHealth, controllata dal fondo Blackstone. Essi sono i fondi equity più attivi nella sanità mondiale con parecchie decine di miliardi di dollari di asset.

    Oltre ai fondi leader americani, vi sono quelli con base a Londra e in Francia, che operano soprattutto in Europa e in Italia. La privatizzazione della sanità, se non è regolata, può diventare il problema sociale ed economico più serio per le famiglie e per i governi.

    Lo abbiamo visto durante la pandemia, quando la debolezza delle strutture sanitarie pubbliche, soppiantate da quelle private, e la mancanza di imprese farmaceutiche funzionanti nell’interesse generale, hanno messo i governi e le sanità pubbliche in grande affanno nell’affrontare l’emergenza Covid.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

  • La Ue punta sulla digitalizzazione dei servizi per arrivare a un’Unione sanitaria

    Sulla scia delle esperienze maturate con l’emergenza Covid e con il moltiplicarsi dei cyberattacchi i governi europei devono impegnarsi ad adottare soluzioni digitali applicabili in tutta l’Ue per compiere un cruciale passo in avanti verso la nascita di una vera e propria unione sanitaria. Un’operazione che può essere compiuta cogliendo le opportunità di finanziamento senza precedenti offerte dal Recovery Fund, oltre che dai fondi strutturali e da programmi quali EU4Health, Digital Europe e Horizon Europe. Questa, in sintesi, la conclusione a cui è giunto uno studio del programma Espon, specializzato in indagini regionali. Un documento in cui è stata raccolta un’analisi approfondita della situazione attuale e delle azioni necessarie per avanzare sulla strada della digitalizzazione sanitaria: dalla condivisione dei dati sanitari oltre confine, allo sviluppo di ecosistemi di innovazione digitale, alla cooperazione territoriale. In particolare, i ricercatori sottolineano la centralità dei dati nella creazione di sistemi sanitari sicuri, efficienti e sostenibili, e della loro interoperabilità, ossia la capacità di due o più sistemi di sanità elettronica di scambiare dati all’interno di un contesto giuridico compatibile.

    Nell’analisi si porta l’esempio delle 20 app di tracciamento sviluppate in 13 Stati membri per arginare la diffusione della pandemia. Grazie a un sistema istituito dalla Commissione europea, queste app, che all’ottobre 2020 sono state scaricate da 30 milioni di persone nell’Ue, funzionano perfettamente attraverso le frontiere per avvertire, prevenire e rintracciare i contatti, nel rispetto della privacy e della sicurezza dei dati.

    A questo esempio se ne aggiungono altri, non legati a situazioni emergenziali, come la prescrizione e la somministrazione elettronica che consente ai cittadini europei di richiedere dei medicinali in una farmacia di un altro Paese dell’Ue grazie al trasferimento della ricetta elettronica dal loro Stato di residenza, oppure il profilo sanitario digitale che fornisce ai medici informazioni essenziali sul paziente nella loro lingua quando quest’ultimo proviene da un diverso Paese Ue e può esserci una barriera linguistica.

    Ad oggi sono solo 7 gli Stati che hanno iniziato a implementare questi servizi (Croazia, Malta, Portogallo, Estonia, Finlandia, Lussemburgo, Repubblica Ceca), mentre altri 18 si sono impegnati a svilupparne di simili che collegano i propri sistemi di sanità elettronica all’infrastruttura comune delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione Ue.

  • Vertice mondiale sulla salute: un nuovo sito web per restare aggiornati

    In vista del prossimo vertice mondiale sulla salute, la Commissione europea ha pubblicato una nuova piattaforma informativa per i cittadini, i governi, le organizzazioni partner, i media, la società civile e tutte le parti interessate. In programma anche un webinar aperto al pubblico il 20 aprile.

    Il vertice mondiale sulla salute, ospitato dalla Commissione europea e dalla Presidenza italiana del G20, si terrà il 21 maggio 2021 a Roma. Sarà l’occasione per i leader politici, i capi delle organizzazioni internazionali e regionali e i rappresentanti degli organismi sanitari mondiali di condividere gli insegnamenti tratti dalla pandemia di COVID-19.

    È previsto inoltre che i partecipanti elaborino e approvino una “Dichiarazione di Roma”, elencante i principi che dovrebbero guidare la futura cooperazione in materia di prevenzione e risposta alle crisi sanitarie mondiali. Tali principi dovrebbero fungere da base per il coordinamento delle azioni a livello mondiale, regionale e nazionale volte a rafforzare i sistemi sanitari e migliorarne le capacità di preparazione.

    Fonte: Commissione europea

  • Il Mes: il tragico “palleggio” tra il -2% ed il +11,9%

    Durante l’arco dell’intera estate tutti gli esponenti del governo e della maggioranza parlamentare che lo sostiene hanno disquisito dell’utilizzo o meno delle risorse del Mes in una tragicommedia, che vedeva coinvolta anche l’opposizione, in relazione ai tassi di interesse richiesti al servizio.

    La contrapposizione era relativa alla valutazione se il Mes comportasse dei costi superiori a quelli richiesti dal mercato nel sottoscrivere i titoli del debito pubblico italiano (*). Uno spettacolo indicato, da dotti e telegenici commentatori, come l’essenza del confronto politico che arricchisce il tessuto democratico del nostro Paese.

    Viceversa nessuno ha considerato, ieri come oggi, ma soprattutto valutato appieno le conseguenze della eccezionalità del momento legato alla prima ondata del covid-19 come alla possibilità, ora triste realtà, di una seconda sotto il profilo squisitamente gestionale ma anche strategico. Questa eccezionalità avrebbe dovuto ispirare un atteggiamento molto più pragmatico al di là della propria posizione ideologica al fine di comprendere come il Mes, proprio per la sua specifica destinazione per il SSN, potesse essere una risorsa da utilizzare in una duplice finalità. La prima sicuramente finalizzata ad attrezzare con la massima urgenza il sistema sanitario in previsione di una possibile seconda ondata, quindi aumentare il numero dei posti disponibili in terapia intensiva in un’ottica prudenziale molto più indicata di un banco con le rotelle.

    Contemporaneamente con una seconda altrettanto importante che permettesse allo stesso sistema sanitario nazionale di non tralasciare le patologie passate in secondo piano rispetto al covid 19.

    Da allora a tutt’oggi la sanità pubblica, in un momento di eccezionale gravità e difficoltà, non ha ottenuto nessuna risorsa aggiuntiva extrabilancio che il Mes avrebbe invece assicurato. In questo senso, infatti, si ricorda come solo Veneto, Friuli-Venezia e Valle d’Aosta abbiano aumentato la capacità delle terapie intensive.

    Gli effetti di tale disastroso e vergognoso attendismo del governo centrale e di buona parte delle Regioni vengono espressi dal singolo dato riportato nel titolo. Questo da solo pone la maggioranza, come l’intero quadro politico, di fronte alle proprie responsabilità che dovrebbe portare ad un cambiamento di passo nella gestione della sanità pubblica. Come conseguenza diretta di una struttura sanitaria di fronte ad una seconda ondata dei contagi risultano aumentate dell’11,9% le morti da tumore al colon legate al ritardo nella diagnosi. Quindi, invece di utilizzare le risorse disponibili che il Mes avrebbe reso disponibili immediatamente in previsione di una possibile seconda ondata ma anche per non rendere di una secondaria importanza le altre patologie mortali, l’aumento di oltre il 11,9% di questa tipologia di decessi rappresenta il Vergognoso risultato di questo attendismo attribuibile all’intera classe politica nella sua complessità. A causa di manieristiche disquisizioni tra differenze decimali di interesse si è verificata una crescita dell’11,9% di maggiori decessi per ritardi nelle diagnosi.

    La responsabilità di questi decessi va interamente attribuita al miserabile gioco politico che rappresenta un costo insostenibile per la cittadinanza.

    Quando per una classe politica dirigente risultano prioritarie le differenza decimali relative ad un finanziamento esclusivo ed immediato per il SSN e che rappresenta meno del 2% dell’ammontare dell’intero debito pubblico risulta, come logica conseguenza, che il quadro istituzionale ed economico siano destinati ad implodere.

     

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