Siccità

  • La Namibia è ormai quasi priva di acqua

    In Namibia si ricicla l’acqua usata per lavarsi per annaffiare le piante, perché pochi Paesi più di quello a Nord-ovest del Sud Africa soffrono maggiormente la siccità, grande quasi il triplo dell’Italia, abitato da una popolazione di 2,7 milioni di abitanti (è la seconda nazione al mondo per densità, dopo la Mongolia). Non c’è (ancora, forse), la Namibia vede un costante aumento della temperatura: da qui al 2040 il termometro salirà in media di 2,7° e le piogge già scarse, invece, diminuiranno ancora del 7%, con periodi di siccità sempre più frequenti e, di contro, sempre più inondazioni man mano che cambiano i modelli delle precipitazioni.

    La grande siccità del 2018-2019 ha provocato un crollo dei due terzi della produzione agricola e alla strage di 60mila bovini (di cui la Namibia è fra i primi allevatori del Continente e che conta per il 70% del settore agroalimentare interno) mentre l’impennata dei prezzi lasciava un terzo della popolazione senza alimentazione.

    Come riporta il Corsera, Thinus Pretorius, presidente dell’Organizzazione dei produttori di bestiame, non ci gira intorno: «La situazione è disastrosa, anche se ora pioverà un altro po’, la stagione è finita. Alcune zone non si sono neppure accorti che c’è stata». «Gli effetti del cambiamento climatico qui sono evidenti», aggiunge Erastus Ngaruka, consigliere tecnico dell’Agricultural Bank of Namibia. «Le piogge sono ormai diventate irregolari, e gli eventi associati – come le epidemie di malattie e parassiti o le inondazioni – sempre più comuni. Ogni stagione può presentare condizioni diversamente negative sulla produzione agricola, e gli allevatori devono imparare dall’esperienza per garantire che i loro animali sopravvivano fino all’anno successivo».

    La siccità colpisce anche i parchi nazionali, come l’Etosha (è grande come la Svizzera) e chi vive del turismo che la natura genera – una voce importante dell’economia locale – è preoccupato. A Solitaire, un paesino vicino al Parco del Namib, su una lavagnetta vicino alla pompa di benzina, il titolare della stazione di servizio ha scritto con il gessetto le precipitazioni in millimetri dal 2009: 160 un paio di stagioni fa, 45 quella successiva, 206 nell’ultima. Il ministro dell’Ambiente Pohamba Shifeta ha anche fatto i conti della serva: «Da qui al 2030 per combattere la crisi climatica, a cui siamo i più vulnerabili, servono 15 miliardi di euro». Non pochi, per il 90% arriverebbero dall’estero. Ma l’elenco delle 36 priorità – Shifeta ha rivendicato interventi dal 1992 – è già pronto.

  • Miglior efficienza della rete idrica per una maggior varietà di frutta e verdura italiana

    Con la risoluzione 64/292 l’Onu ha affermato: «Il diritto all’acqua potabile e sicura e ai servizi igienico-sanitari quale diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani». L’Italia tuttavia ha un sistema di distribuzione che non agevola certo questo diritto, il 60% della rete ha oltre 30 anni, tanto che col Pnrr sono stati stanziati circa 4,3 miliardi per rimetterla in sesto.

    Intanto l’agricoltura soffre: l’anno scorso la produzione di grano duro nel Belpaese è arretrata del 7,4% rispetto al 2021 e quella di grano tenero del 9%, mentre per il pomodoro il calo è stato dell’11%. Al terzo posto dietro Grecia e Malta per produzioni agricole che necessitano di acqua, la filiera agricola italiana ha perso oltre 6 miliardi, l’anno scorso, per la diminuita produzione legata ai problemi di approvvigionamento idrico. Il Po, principale fonte idrica del Paese, è sempre più in sofferenza ed anche le opere rese possibili dagli stanziamenti del Pnrr stanno procedendo ad un ritmo che non è quello delle necessità dei produttori. La via dell’efficientamento è già stata intrapresa, come pure quella della selezione delle specie da coltivare in funzione della disponibilità di acqua che si ha, ma chiaramente non tutte le specie vegetali possono essere coltivate con bassi consumi idrici e la varietà dell’offerta di prodotti agricoli passa necessariamente per la disponibilità di acqua anche per le coltivazioni che comportano una più forte idratazione.

  • Somalia water crisis ‘far from over’ – Unicef

    The Somalia water crisis is “far from over” and tens of thousands more people are projected to die from drought there, Victor Chinyama from Unicef told the BBC’s Newsday radio programme.

    A new report from Somalia’s government and the UN has found that 43,000 people in Somalia probably died from the drought last year – half of them children.

    It is estimated that from January to June of this year a further 25,000 people could die, Mr Chinyama said.

    However, there was still time to save lives, he said, recommending that aid agencies “continue to provide safe water to communities that are stressed”.

    He said more needs to be done to help Somali families grow their own food, as well as provide stronger healthcare, education and protection for children.

  • Un inverno eccezionalmente secco e mite colpisce il sud e l’ovest dell’UE

    In vista della Giornata mondiale dell’acqua, della conferenza delle Nazioni unite sull’acqua che si terrà a New York, e della prossima relazione di sintesi del gruppo di esperti intergovernativi sui cambiamenti climatici, il Centro comune di ricerca della Commissione ha pubblicato una nuova relazione sulle siccità in Europa, da cui emerge che la maggior parte dei paesi del sud e dell’ovest dell’UE sono colpiti da una siccità causa di preoccupazioni crescenti per l’approvvigionamento idrico, l’agricoltura e la produzione di energia.

    A causa di un inverno eccezionalmente secco e mite, si riscontrano anomalie già considerevoli nell’umidità del suolo e nella portata dei fiumi, specialmente in Francia, in Spagna e nel Nord Italia. L’accumulo di neve nella regione alpina è stato ben al di sotto della media, persino a quella dell’inverno 2021-2022. Il risultato sarà una riduzione sostanziale del contributo dello scioglimento delle nevi alle portate dei fiumi nella regione perialpina nella primavera e all’inizio dell’estate 2023.

    Le precipitazioni delle prossime settimane saranno cruciali per determinare l’andamento della siccità attuale e dei suoi effetti. L’Europa e la regione mediterranea potrebbero andare incontro a un’estate estrema, simile a quella del 2022. La relazione raccomanda un monitoraggio attento e un uso appropriato dell’acqua, come pure l’attuazione di strategie di adattamento settoriali mirate e una cooperazione rafforzata, in quanto si prevede che tali modelli climatici e metereologici saranno più frequenti in futuro.

    Condizioni climatiche più calde e secche del normale si manifestano anche nel sud e nell’est della regione mediterranea, dove una grave carenza di precipitazioni colpisce il Maghreb e la Turchia, come evidenziato nel bollettino MARS del Centro comune di ricerca sull’Africa del Nord..

    Durante la prossima conferenza delle Nazioni unite sull’acqua, l’UE unirà gli sforzi per fronteggiare la crisi mondiale dell’acqua e garantire la sicurezza idrica a tutti, annunciando 33 impegni ad agire subito, compreso quello sulla resilienza alla siccità.

  • Non è più il tempo di parole al vento

    Come tutti sanno il corpo umano può anche sopravvivere giorni senza mangiare ma senza bere muore.

    Il problema della mancanza d’acqua è stata la tragedia che tanti popoli hanno subito nei paesi più aridi ed oggi, con il cambiamento climatico, è diventato un grave problema per tutti.

    La siccità impedisce di coltivare la terra e perciò di produrre cibo, dell’acqua hanno bisogno le piante come gli animali, la siccità, la mancanza d’acqua, blocca gran parte della produzione idroelettrica e impedisce il raffreddamento della centrali nucleari che devono essere spente, come è successo in Francia questa estate.

    La mancanza d’acqua è il principale pericolo per la vita del pianeta.

    Un altro pericolo incombe: quello delle forti piogge su terreni inariditi dalla siccità e perciò non in grado di assorbire l’acqua che così si incanala in torrenti e fiumi che tracimano, esondano, allagano, distruggono anche perché non sorvegliati e con i letti non puliti da anni.

    Se a tutto questo aggiungiamo il dissesto idrogeologico di molte aree del pianeta comprendiamo bene come, di fronte ai cataclismi che gli scienziati prevedono sulla scorta di quelli già avvenuti, nessuno possa più tollerare l’incuria e l’indifferenza o la sprovvedutezza di chi, rappresentando le istituzioni, dovrebbe intervenire per mettere il più possibile in sicurezza il territorio.

    La mancanza d’acqua, secondo un rapporto internazionale, ha portato, negli ultimi decenni perdite per 120 milioni di dollari e tre quarti della popolazione mondiale, nei prossimi anni, sarà colpita dalla siccità e dovrà cercare rifugio in altri luoghi.

    Il rischio desertificazione di sempre più vaste aree del pianeta va di pari passo con catastrofi e alluvioni come quelle che hanno recentemente sconvolto il Pakistan.

    In Italia la nuova tragedia con morti, dispersi, feriti e la distruzione di ponti, strade, case, attività economiche distrutti da una spaventosa inondazione di acqua e fango speriamo ricordi alla classe politica che non è più il tempo di parole al vento.

    Se il gas è una priorità altrettanto lo sono la riqualificazione della rete idrica, perché stiamo buttando via l’acqua da decenni, e la bonifica del territorio partendo dai letti dei fiumi e dallo stop alla cementificazione ed al consumo di suolo.

  • Il dissesto in Italia costa 7 miliardi all’anno

    Il dissesto idrogeologico costa in media all’Italia 7 miliardi di euro all’anno. Senza tenere conto dei morti, che non hanno prezzo. Ma solo i danni materiali, arrivano a quella cifra, secondo la Protezione civile. Di queste perdite, il 10% viene indennizzato dallo Stato, a seguito delle dichiarazioni di stato di calamità. Il restante 90%, non lo rimborsa nessuno. “In Italia, per ogni euro speso in prevenzione del rischio idrogeologico, se ne spendono cinque in interventi di emergenza – ha spiegato all’Ansa Massimo Gàrgano, direttore dell’Anbi, l’associazione dei consorzi di bacino (gli enti pubblici per la gestione dei bacini idrografici) -. Non riusciamo a far capire che bisogna fare scelte definitive sulla prevenzione e la manutenzione. Si stanziano risorse, e poi le si affidano a una burocrazia che impedisce di fare le cose. L’Italia è un paese fatto di vincoli, ne basta uno e un corpo dello stato ti blocca. E poi il prezzo lo pagano i cittadini”.

    “A Senigallia – ha detto il direttore dell’Anbi – non sono stati rimossi dei tronchi dal letto del fiume perché erano stati toccati dall’acqua salata del mare, e quindi non si sapeva se andavano smaltiti in una discarica o in un’altra. Nel frattempo non sono stati portati via, e alla fine hanno bloccato il deflusso”. E poi ha aggiunto: “Abbiamo progetti pronti per 858 interventi, già cantierabili, per oltre 4 miliardi di euro, ma non se ne fa niente. Fra questi interventi, c’è un «piano laghetti” con 254 progetti per nuovi invasi, per 3,5 miliardi. Servirebbero non solo a raccogliere acqua per i tempi di siccità, ma anche a dare sicurezza idraulica”.

    Il riscaldamento globale ormai non è più solo una cosa da scienziati in tv o da ragazzini in corteo. E’ una cosa che gli italiani hanno cominciato a toccare con mano: con il caldo asfissiante e la siccità di questa estate, con il crollo della Marmolada, adesso con l’alluvione nelle Marche. Coldiretti parla di 3 miliardi di danni all’agricoltura. Legambiente prevede un crollo dell’8% del Pil a fine secolo, se non si prendono provvedimenti. Le temperature medie sono già salite di 1 grado dai livelli pre-industriali. Se arriveranno a +2 (e potrebbe avvenire già il prossimo decennio), Legambiente calcola che la produzione agricola italiana potrebbe ridursi di 12,5 miliardi di euro (0,7% del Pil), o di 30 miliardi di euro (1,9% del PIL) con una temperatura in aumento di 4°C. Con +2 gradi, il turismo in montagna perderebbe fino a 1,5 milioni di pernottamenti all’anno.

  • Gli interessi dietro le leggi elettorali e il disastro idrico

    Continua da mesi, ora più scoperta ora più in sordina, la solita diatriba sulla legge elettorale. Ormai mancano pochi mesi al voto, voto che da tempo alcuni sostenevano e sostengono di volere subito, voto che rischia di tramutarsi nella nuova vittoria dell’astensionismo.

    Ancora una volta, come nel passato, i partiti non sono alla ricerca di un sistema elettorale che rafforzi la democrazia, riportando gli elettori ad essere protagonisti delle scelte, ma sono concentrati, con alchimie e calcoli, per cercare di trovare la legge che ritengono più premiante per il loro schieramento.

    Nonostante tutti gli evidenti fallimenti del bipolarismo alcuni ancora cercano di scimmiottare sistemi e paesi diversi dal nostro che, per altro, vedono anche  loro la sempre maggior disaffezione degli elettori.

    Per chi vuole una democrazia più forte, con una più responsabile partecipazione degli elettori, le strade da percorrere e le decisioni da prendere sono evidenti.  Occorrono:

    1) un sistema elettorale proporzionale preferenziale con limite di sbarramento e rigide regole che impediscano spese scellerate o scorrette (senza la preferenza i deputati non saranno espressione dei cittadini ma continueranno ad essere scelti, nominati dai loro capi partito e non saranno mai veramente presenti e disponibili sul territorio ma più legati e dubbi al centro di potere partitico);

    2) nuove norme che portino i partiti ad avere statuti che garantiscano la democrazia interna ed il dibattito, con l’obbligo di avere i bilanci approvati dalla Corte dei Conti, problemi che già la nostra Costituzione affrontava ma che sono rimasti insoluti;

    3) riconquistare la fiducia dei cittadini con proposte serie per tutto il Paese, progetti che si occupino del presente guardando lontano, avendo una visione delle realtà economiche, scientifiche, geopolitiche e sociali. Le battute, gli slogan, le provocazioni e ancor di più la difesa degli interessi solo di alcune categorie, le promesse mai mantenute, gli interventi pubblici fumosi e tesi solo a colpevolizzare l’avversario, senza mai ammettere i propri errori, aumentano l’astensionismo e la ripulsa che i cittadini hanno ormai verso la politica.

    Tra i tanti gravi problemi di oggi, e di domani, alcuni, per essere risolti, necessitano di un comune senso di responsabilità:

    1. a) l’invasione dell’Ucraina ha smascherato le mire espansionistiche di Putin e la crudeltà di parte dei suoi eserciti, una guerra in Europa, con eccidi e stragi, non può essere accettata anche per la nostra stessa sicurezza perciò, ovviamente, mentre dovranno continuare tutte le iniziative per arrivare ad un tavolo di pace giusta dovremo continuare a dare all’Ucraina tutto il sostegno economico e militare necessario.
    2. b) L’aumento delle povertà ha bisogno di interventi che riportino il lavoro, e la sua equa retribuzione, al centro dell’attenzione senza pannicelli caldi o nuovi inutili bonus, per questo le opere pubbliche, dalle grandi alle piccole, non possono più attendere, pensiamo ai tanti cavalcavia e ponti da mettere in sicurezza, alle scuole fatiscenti, alle barriere architettoniche ancora presenti negli edifici pubblici, alla mancanza di una politica di edilizia popolare sia per nuove abitazioni che per ristrutturare quelle degradate che ci sono anche in grandi metropoli come Milano, Roma, Napoli. Pensiamo all’elefantiaca burocrazia che impedisce il decollo o la sopravvivenza di tante attività, dall’artigianato agli impianti per l’energia rinnovabile, alla mancanza di sufficiente preparazione di molti percorsi scolastici che, di conseguenza, non offrono sbocchi, o alle centinaia di migliaia di pratiche che giacciono nei tribunali per capire che non è il momento di proposte per catturare qualche consenso elettorale ma che la realtà ci impone di  ragionare su quanto si può effettivamente fare subito.
    3. c) La siccità, e le sue conseguenze economiche ed alimentari, mette in evidenza non solo i ritardi con i quali sono stati affrontati i cambiamenti climatici e la storica mancanza di attenzione all’ecosistema ma anche la colpevole indifferenza con i quali i tanti precedenti governi hanno ignorato la necessità di creare invasi, di mettere in funzione quelli esistenti, di rifare la rete idrica nazionale, che perde la metà dell’acqua potabile mentre ci sono ancora case che non hanno l’acqua corrente. Si è preferito ascoltare gli interessi di alcuni, enti, regioni, consorzi, si sono spesi molti soldi, sbagliando, per cementificare le sponde dei canali di irrigazione, non si sono puliti i letti di fiumi e torrenti e si è continuato a costruire a ridosso di corsi d’acqua torrentizi mentre il dissesto idrogeologico ha continuato ad essere solo raramente materia di dibattito senza che seguisse alcun intervento concreto. Forse qualcuno potrebbe cominciare a pensare ad un’azione comune contro i responsabili di quei governi che, ignorando il problema acqua, hanno, per agevolare interessi o per ignavia e incompetenza, portato all’attuale disastro idrico.

    È evidente che questi sono solo alcuni dei molti temi che dovrebbero vedere le forze politiche confrontarsi concretamente specie durante un governo che ha visto tutti i partiti, salvo Fratelli d’Italia, avere ministri, vari prestigiosi incarichi e voce in capitolo.

    In verità si sta assistendo a continue sceneggiate e proclami e veramente in pochi, solo Draghi e qualche  ministro e sottosegretario, sembrano aver compreso la gravità della situazione.

    Così mentre attendiamo i prossimi proclami e ricatti non abbiamo bisogno di qualche sondaggista né della palla di vetro per essere convinti che, se non si cambia prima la legge elettorale e la mentalità con la quale si  fa politica, anche alle prossime elezioni il partito di maggioranza sarà quello dell’astensione.

  • L’esperto D’Angelis: il governo aumenti la quota del Pnrr destinata alle reti idriche

    “Siamo l’unico Paese europeo che non riusa l’acqua di depurazione. E da giugno del prossimo anno l’Europa ci sanziona anche per questo motivo. Abbiamo un ritardo pazzesco nelle infrastrutture idriche dell’acqua che va al rubinetto perché con la legge Galli tutto è delegato alla bolletta e avendo noi la bolletta più bassa d’Europa, non è che con i proventi si possono fare grandi riparazioni, sostituzioni, sono costose. L’acqua non è più nei bilanci dei Comuni, delle Regioni. La conclusione di  stato paradossale è il Pnrr: su quasi 200 miliardi l’acqua ne ha l’1, il 2% delle risorse. Una cosa indecente». Come riecheggiando le considerazioni che l’on. Cristiana Muscardini ha sottoposto al ministro delle Infrastrutture Enrico Govannini, anche Erasmo D’Angelis, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Agi, evidenzia che «il Pnrr deve finanziare la Rete delle reti, che sono le vie d’acqua. Va bene finanziare le reti stradali, autostradali, ferroviarie, le reti digitali, ma la rete idrica è essenziale, vitale. Siamo rimasti all’Ottocento, a quelle opere lì, il Canale Cavour, ma ora bisogna avviare un nuovo cantiere di opere come è stato fatto alla fine di quel secolo e negli anni ’50 e ’60 del dopoguerra. È un lavoro enorme, ma va fatto».

    Tra i massimi esperti di acque e delle sue problematiche ambientali e climatiche, un lungo impegno di ecologista e giornalista ambientale, già presidente di Publiacqua, l’azienda degli acquedotti e della depurazione della Toscana centrale, presidente della Commissione Ambiente del Consiglio Regionale della Toscana, sottosegretario del Governo Letta con delega anche alle dighe e infrastrutture idriche, ideatore e coordinatore di Italiasicura, la struttura di missione di Palazzo Chigi per il contrasto al dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche, oggi segretario generale dell’Autorità di bacino dell’Italia Centrale, autore di Acque dItalia (Giunti Editore, € 7,50) D’Angelis ricorda che l’Italia è “il Paese più ricco d’acqua d’Europa». E osserva: “Abbiamo un cumulato di pioggia elevato, anche perché due terzi dell’Italia è fatto da colline e montagna e sui rilievi piove tanto. Non ce ne accorgiamo, perché viviamo tutti in pianura, ma abbiamo piogge medie l’anno per 302 miliardi di metri cubi. Un raffronto? A Roma piovono ogni anno in media circa 800 millimetri di pioggia, a Londra 760 e però, nell’immaginario, l’Inghilterra è il Paese delle piogge come la Germania, la Francia. Noi abbiamo più piogge, più corsi d’acqua di ogni altro paese europeo: ne abbiamo 7.596, di cui 1.242 sono fiumi. Ma tutti i nostri corsi d’acqua, di cui oggi la gran parte sono in secca, alcuni sono addirittura polvere, hanno – unico paese europeo di queste dimensioni – un carattere torrentizio, non fluviale come sono i grandi fiumi europei, che sono lunghi oltre mille chilometri, larghi che sembrano enormi laghi. Ma in Italia se c’è pioggia hanno acqua, se non c’è vanno in secca subito. Infatti rischiamo le alluvioni proprio perché d’improvviso non ce la fanno ad assorbire l’acqua”.

    Una condizione che però è insieme un paradosso e una contraddizione.

    “Esatto. Ma il paradosso è che siamo ricchi d’acqua, abbiamo 342 laghi, ma siamo poverissimi d’infrastrutture idriche. I grandi investimenti italiani negli schemi idrici si sono fermati negli anni ’60 dal Novecento. E da lì in poi, trent’anni dopo, lo Stato ha cancellato di fatto dai fondi pubblici tutte le risorse per il bene pubblico e con la legge Galli del 1996 ha delegato per l’idropotabile tutto alle risorse della tariffa e non sono state più costruite né dighe né invasi”.

    Il risultato qual è?

    “Noi abbiamo 526 grandi dighe più circa 20 mila piccoli invasi. Immagazziniamo oggi più o meno l’11,3% dell’acqua piovana in questi contenitori. Cinquant’anni fa se ne immagazzinava circa il 15%, perché nel frattempo non essendoci manutenzione, sfangamenti – i sedimenti mano a mano si accumulano e lo spazio per l’acqua si riduce –, il risultato è che abbiamo queste grandi dighe che non vengono ripulite perciò riescono a stoccare sempre meno acqua”.

    Allora, lacqua c’è, in abbondanza, non sappiamo trattenerla ma dove finisce?

    “Ne sprechiamo una quantità inenarrabile. Fatto 100 i prelievi dell’acqua, noi però sappiamo quasi tutto solo di un segmento del 20%, che è poi l’acqua che arriva al rubinetto. Ed è l’unica acqua controllata da un’autorità, che è Arera, Autorità di controllo di energia, gas, acqua che controlla le aziende idriche. E sappiamo che nei 600 mila km di rete idrica italiana noi perdiamo per strada il 42% di acqua. Uno scandalo, la più alta percentuale mai esistita”.

    Ma dell80% dacqua che resta, cosa sappiamo invece?

    “Questo è il punto. Su quell’80% non c’è alcuna autorità di controllo, di regolazione. Circa il 51% viene utilizzato in agricoltura, dove se ne spreca almeno la metà con l’irrigazione a pioggia, e poi c’è un 25% di acqua prelevata per usi industriali. Siamo l’unico paese europeo che con l’acqua potabile ci lava i piazzali, gli automezzi, raffredda gli impianti produttivi, quando potrebbe esser fatto con il riuso delle acque di depurazione, di riciclo. Noi abbiamo ottimi depuratori da cui fuoriescono più o meno 9 miliardi di metri cubi acqua ogni anno, anche di grande qualità, trattata, depurata, e la ributtiamo a mare…”

    Come in mare?

    “Siamo l’unico paese europeo che non riusa l’acqua di depurazione. E da giugno del prossimo anno l’Europa ci sanziona anche per questo motivo. Abbiamo un ritardo pazzesco nelle infrastrutture idriche dell’acqua che va al rubinetto perché con la legge Galli tutto è delegato alla bolletta e avendo noi la bolletta più bassa d’Europa, non è che con i proventi si possono fare grandi riparazioni, sostituzioni, sono costose. L’acqua non è più nei bilanci dei Comuni, delle Regioni. La conclusione di questo più che crisi idrica per mancanza d’acqua è crisi di infrastrutture. Certo, è un problema di stoccaggio e distribuzione. Oggi ci mancano almeno 2.000 piccoli e medi invasi ma c’è il piano dei Consorzi di bonifica che ne ha 400 pronti e progettati solo da sbloccare”.

    Cosa impedisce di farlo?

    “I finanziamenti. C’è molto disinteresse e rimozione del problema acqua”.

    Anche Draghi?

    “Anche questo governo. Tutti i governi, nessuno escluso. Abbiamo avuto due grandi siccità, nel 2003 e nel 2017, ma come accade in tutte le cose passata l’emergenza ce ne dimentichiamo, rimuoviamo tutto. Dopo le grandi emozioni arrivano le grandi rimozioni. La nostra indole è questa: dimenticare”.

    Chi sta peggio di noi? Il Sahel?

    “Il punto è che ci stanno arrivando solo ora gli effetti delle previsioni climatiche fatte venti anni fa, che ci dicevano delle ondate di calore permanenti, precoci, che hanno devastato le fasce mediterranee, quelle africane, spagnole, eccetera: alla fine sono arrivate. Purtroppo questa crisi è il preannuncio di quello che accadrà nei prossimi trent’anni come ci spiegavano i climatologi anche ieri”.

    Proprio ieri il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, è stato a dir poco apocalittico.

    “Le previsioni climatiche sono queste. Il professor Renzo Rosso, un luminare dell’idrologia, addirittura ci diceva ieri che questo potrebbe essere l’anno più fresco dei prossimi trenta. A dimostrazione che c’è un problema enorme e che va gestito con una pianificazione che può durare anni ma che è importante fare da subito. È come per l’altra faccia delle alluvioni, passata l’emergenza nessuno pensa a mettere in sicurezza il territorio”.

    Lei lamenta il fatto che non è mai stato indetto un G7 o un G20 sullacqua. Si farà mai?

    “Spero di sì. Ma che nel frattempo in Italia si facciano almeno sedute straordinarie del Parlamento per lanciare un Piano acqua per i prossimi trent’anni, con risorse adeguate. Alcune cose vanno messe in cantiere subito, immediatamente i 400 medi e piccoli invasi in tutta Italia, un set di tecnologie in l’agricoltura per il risparmio idrico, un’agricoltura di precisione o 4.0 della Coldiretti, tutte cose che fanno risparmiare il 70% delle risorse irrigue. Si deve portare acqua in tutte le fasce costiere dove il cuneo salineo sta penetrando per 15, 20 chilometri nell’entroterra. Il Piave, fiume Sacro alla Patria della Prima Guerra Mondiale, che d’improvviso tracimò sbarrando la strada e inghiottendo il nemico che lo stava attraversando, “il Piave mormorò…”, per 13 km è salato. Il mare avanza. Man mano che si riducono le falde dolci costiere perché s’irriga e si svuotano, quelle si riempiono con l’acqua salmastra del mare che sale. L’acqua va portata lì, altrimenti quelle aree si desertificano. Già un 20% di fascia costiera è desertificato e l’agricoltura non può più esser praticata”.

    LItalia s’è candidata ad essere il Paese che vorrebbe ospitare il Decimo Forum Mondiale dellacqua per il 2024. Ce la farà?

    “No, ma abbiamo spuntato un evento mondiale sull’acqua e la cultura da fare nel 2023. Il Forum del ’24 è andato all’Indonesia, ma noi lo avremo quasi sicuramente nel 2027. Però il prossimo anno ci sarà questo evento mondiale in Italia sulla cultura dell’acqua, siamo comunque al centro dell’attenzione”.

    Una raccomandazione?

    “Di non sprecare più neanche una goccia d’acqua, è la raccomandazione numero 1”.

    Cioè tirare lacqua una volta su quattro, lavarsi meno o, come dice Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf, cambiarsi le mutande ogni tre, quattro giorni…?

    “No, no, laviamoci, beviamo, perché comunque non siamo in un’area desertica. L’igiene è la prima cosa. Quanto a Fulco, lo fa anche quando ci sono piogge torrenziali. È il suo stile di vita. Da sempre ha quest’approccio accorto sull’uso delle risorse naturali. Ma sono soluzioni estreme. Non dimentichiamoci che l’Italia ha tutte le forme dell’acqua del Pianeta Terra, dai ghiacciai alle cascate, le paludi, fiumi, laghi, laghetti. Ci rendiamo conto? Nessun Paese è come il nostro, eppure siamo in questa condizione per lo spreco, la mancanza di infrastrutture, lo scarso impiego delle tecnologie per il risparmio e un piano per il riuso dell’acqua adeguato”.

  • Siccità: Muscardini a Ministro Giovannini: avviare immediatamente il rifacimento della rete idrica che per vetustà e mala gestione perde metà dell’acqua, bene non rinnovabile

    Cristiana Muscardini chiede al Ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che, “per contrastare la siccità si avvii immediatamente il rifacimento della rete idrica che per vetustà e mal gestione perde circa la metà dell’acqua e l’acqua rilasciata nel terreno è acqua  persa per sempre, inoltre si individuino subito gli invasi costruiti e non utilizzati e le tante condotte rotte e non ripristinate“. C’è nel passato una responsabilità politica nel non avere affrontato le pur note carenze e criticità consentendo che lo sperpero dell’acqua, bene non rinnovabile, continuasse, ha dichiarato l’on Muscardini, ed ora contiamo che il governo Draghi voglia, tra i tanti impegni, dare finalmente soluzione a un problema che riguarda tutti, dai cittadini alle attività produttive.

  • Acqua, bene non rinnovabile. Cristiana Muscardini scrive al Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini

    Riceviamo e pubblichiamo una lettera che l’On. Cristiana Muscardini ha inviato al Ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, sul grave problema della siccità che sta colpendo l’Italia.

    Prof. Enrico Giovannini

    Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili 

    Piazzale di Porta Pia, 1

    00198 Roma

    Milano, 22 giugno 2022

    Egregio Ministro,

    sappiamo tutti che occorrerà tempo per contrastare quei cambiamenti climatici che, anche con la siccità, stanno  mettendo a grave rischio l’economia e la normalità della vita In Italia.

    Sappiamo però, altrettanto bene, che la rete idrica italiana da anni, per vetustà e guasti, sta perdendo quasi la metà dell’acqua, che l’acqua sperperata nel terreno non torna in falda ma è persa e che questa situazione può essere risolta se c’è la volontà politica.

    Tra le grandi opere, realizzabili con i fondi europei, la ristrutturazione della rete idrica è di primaria importanza come l’immediata identificazione di invasi non messi in funzione o di condotte bloccate per mancanza di riparazioni.

    Le regioni chiedono lo stato di emergenza nazionale perché un problema così vasto non può essere risolto regionalmente ed è altrettanto vero che solo in sede nazionale si può dare immediato inizio alle opere necessarie per mettere fine a mal funzionamento e cattiva gestione della rete idrica che, da anni, alcuni, inascoltati, denunciano.

    La ringrazio per l’attenzione e Le porgo molti cordiali saluti.

    Cristiana Muscardini

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