soldati

  • Turisti abbandonati sul bus in Ucraina, autista arruolato

    Un autobus carico di turisti partiti da Poltava, capoluogo regionale di 285mila abitanti situato nell’Ucraina orientale, è rimasto senza autista e gli occupanti sono stati abbandonati a se stessi. L’uomo, infatti, è stato arruolato forzatamente durante una sosta a Yaremche, cittadina della regione di Ivano-Frankivsk, l’angolo sud-occidentale del Paese che confina con Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania. A riferirlo è il quotidiano online “Suspilne”, appartenente alla Compagnia nazionale radiotelevisiva di Stato ucraina. L’autista si è fermato vicino ad una stazione di servizio, quando una pattuglia della polizia è giunta sul posto, insieme ai militari del Centro distrettuale di arruolamento. Questi ultimi hanno caricato sul proprio furgone l’autista e l’hanno portato via, con tanto di documenti di circolazione, chiavi dell’autobus e soldi per il carburante, abbandonando i passeggeri in strada.

    L’autobus sarebbe dovuto partire il mattino successivo. “Con l’autista viaggiava suo figlio di 14 anni, che ora è rimasto solo perché suo padre è stato portato via. Il ragazzo ha provato a chiamare al telefono il padre, il quale, però, gli ha detto solo che era sottoposto all’esame di una commissione medica militare in un ospedale di Ivano-Frankivsk”, ha riferito un testimone oculare citato da “Suspilne”. Il centro di reclutamento e la polizia di Ivano-Frankivsk, interpellati dai giornalisti del sito web, si sono rifiutati di commentare quanto accaduto.

  • La Nato si esercita in Africa insieme ai suoi alleati locali

    Ha avuto inizio l’Esercitazione multinazionale African Lion 2024, organizzata dal Comando statunitense Southern European Task Force – Africa (Setaf-af) con sede a Vicenza su mandato del Comando Africa statunitense (Africom). African Lion 2024 si svolge contemporaneamente in Marocco, Ghana, Senegal e Tunisia, fino al 31 maggio, con oltre 7.100 partecipanti provenienti da oltre venti nazioni, compresi contingenti della Nato.

    Per la Difesa italiana partecipa l’Italian Joint Force Headquarters (Ita Jfhq), il Comando interforze a livello brigata estremamente flessibile, ad elevata prontezza operativa e caratterizzato da una connotazione proiettabile (anche in configurazione seabased). Posto alle dirette dipendenze del Comando operativo di vertice interforze (Covi), l’Ita Jfhq è deputato alla pianificazione e direzione di small scale operations e operazioni di evacuazione dei nostri connazionali all’estero in caso di necessità, così come avvenuto in conseguenza del rapido deterioramento della cornice securitaria in Afghanistan nell’agosto 2021, o a causa degli scontri armati in Sudan nell’aprile 2023 o subito dopo il colpo di stato in Niger, nel luglio dello stesso anno.

    L’obiettivo strategico di African Lion 2024 è quello di potenziare la capacità di interagire e interoperare con i partner africani ed europei con interessi in questo continente al fine di affrontare congiuntamente e con successo le sfide securitarie comuni. Il contributo dell’Ita Jfhq alla corrente edizione di African Lion è quello di simulare il Comando responsabile delle operazioni di evacuazione di civili da un’area di crisi in cui sono in corso delle ostilità, frattanto interessata da un terremoto che ha determinato l’adozione di un cessate il fuoco dalle parti per permettere lo svolgimento delle attività a supporto delle popolazioni coinvolte. Il Comando italiano, che dal 27 maggio si dispiegherà con le proprie capacità nei sedimi di Agadir e Tan Tan in Marocco fino al primo giugno, è supportato da reparti dell’Esercito (in particolare della Brigata “Granatieri di Sardegna” e dell’11esimo Reggimento Trasmissioni) e dell’Aeronautica militare (32esimo Aerostormo, 37esimo Aerostormo e 46esima Brigata Aerea).

    La partecipazione del Jfhq ad African Lion 2024 rappresenta un’importante opportunità per la Difesa per consolidare la già acclarata leadership nel contesto securitario euro-mediterraneo ed euro-atlantico, poiché si pone anche quale accreditato interlocutore di rilievo in materia di Neo (Non-Combatant Evacuation Operation), potendo: porre la giusta enfasi sull’importanza attribuita alla salvaguardia dei non-combattenti (oggigiorno un tema di altissima rilevanza, al centro della realtà geopolitica e geostrategica globale); incrementare la partecipazione ad attività internazionali che valorizzino, in particolare, la funzione di Comando e Controllo (C2) di un pacchetto di Forze già consolidato quale abilitante per le Neo; massimizzare le opportunità derivanti da programmi di cooperazione internazionali; promuovere e consolidare la conoscenza dell’Ita Jfhq nel panorama internazionale quale “eccellenza” della Difesa.

  • In attesa di Giustizia: soldati di fortuna

    Li hanno chiamati così e in molti altri modi quando il centro principale di inquadramento era a Bruxelles e la “Paladines” li reclutava con annunci sul Times; in tempi più recenti vengono definiti contractors o free fighters ma sono meglio noti con il nome di mercenari: un termine neppure velatamente dispregiativo che allude al fatto che si tratta di combattenti prezzolati e – dunque – non animati da amor patrio, quasi sempre ex militari delle Forze Speciali di varie Nazioni.

    In questi giorni si è assistito, ad una crescente richiesta di arruolamento, anche da parte di cittadini italiani, per andare a sostenere l’Ucraina nel conflitto impari che la vede contrapposta alla Russia e il Consolato Ucraino di Milano ha postato su Facebook un ringraziamento specificando che i volontari erano attesi per sostenere un colloquio muniti di passaporto. Il post è stato rimosso un paio di giorni dopo perché qualcuno si è accorto che si potevano configurare dei reati: innanzitutto quello previsto dall’articolo 288 del codice penale che punisce con la reclusione fino a quindici anni chiunque, nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini perché militino al servizio o in favore di uno Stato straniero.

    La norma ha la finalità di evitare che siano usurpati due poteri che spettano esclusivamente allo Stato: quello di coscrizione e quello di disporre soccorsi o interventi militari all’estero. L’incriminazione è possibile solo nei confronti di chi arruola o arma e non di chi si arruola, ecco spiegata la celere eliminazione del post dal sito del Consolato Ucraino che poteva suonare come un bando di leva.

    Vi è poi, nel nostro sistema, anche una legge del 1995 che – in attuazione di una convenzione internazionale ONU – punisce anche i mercenari e non solo i reclutatori.

    Si tratta di reati infrequenti a verificarsi ma il fondamento della incriminazione è validissimo in quanto talune forme di reclutamento sia attivo che passivo potrebbero essere interpretate come una dissimulazione per svolgere azioni belliche sotto falsa bandiera e così potenzialmente determinando reazioni di tipo militare.

    Sono anche reati problematici da accertare; dopo un  precedente che impegnò i tre gradi di giudizio  – fino alla sentenza della Cassazione del 5 dicembre 1939 – ma che risale alla Guerra Civile Spagnola, di soldati di ventura non se ne è più parlato sino alla vicenda che vide protagonista Fabrizio Quattrocchi, assassinato in Iraq nel 2004: il giovane che lavorava per una compagnia di sicurezza, catturato e sequestrato delle sedicenti Falangi Verdi di Maometto, e davanti al boia disse “Ora vi faccio vedere come muore un italiano”.

    Furono processati ed assolti i suoi presunti reclutatori e Quattrocchi insignito della medaglia d’oro al valore civile alla memoria visto che non poteva essere considerato tecnicamente un militare.

    Alcuni anni fa, infine, sono stati indagati dalla Procura di Genova, processati e condannati anche per altri reati i responsabili (alcuni dei quali italiani) del reclutamento e addestramento di mercenari filorussi da inviare proprio nell’area del Donbass.

    Non si tratta, quindi di previsioni di illecito – ed è possibile che presto se ne risentirà parlare – da considerare anacronistiche bensì frutto di una legislazione prudente e lungimirante, lontana dalle  approssimazioni anche linguistiche che caratterizzano la produzione normativa più recente e che rendono ancora più difficile l’amministrazione della giustizia: quest’ultima affidata – come parrebbe – in buona misura a cacciatori di notorietà propedeutica a conseguire confortevoli e ben remunerate poltrone.

  • Soldati italiani nell’Africa occidentale per contrastare l’Isis

    L’operazione Takuba vedrà soldati italiani impegnati nella regione del Liptako-Gourma, a cavallo del confine fra Niger, Mali e Burkina Faso: il Parlamento ha autorizzato la partecipazione di 8 elicotteri e circa 200 uomini con compiti di ricognizione ed evacuazione sanitaria. Ma, come ha spiegato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini alle Camere, “prevediamo a partire dal 2022, di estendere l’attività anche all’addestramento delle componenti di forze speciali locali”. Il rischieramento del contingente è cominciato a marzo, nelle basi di Gao e Menaka, e dovrebbe diventare operativo “subito dopo l’estate”. Inoltre a Niamey, proprio in queste settimane, è iniziata la costruzione di una base italiana quale hub regionale per l’addestramento delle forze locali.

    Nelle loro comunicazioni in Parlamento sia Guerini sia il ministro degli Esteri Luigi Di Maio hanno chiaramente spiegato che, oggi, il focus di interesse strategico per l’Italia è il Sahel. Lì verranno concentrati i nostri sforzi e questo non piace all’Isis, che proprio in quella regione dell’Africa sta vivendo una fase di espansionismo. In questo contesto va collocato, secondo la nostra intelligence, l’ ‘editoriale’ minaccioso dedicato anche all’Italia e al ministro Di Maio pubblicato l’8 luglio nel numero 294 del settimanale al-Naba, organo propagandistico del Daesh, veicolato sul circuito social “rocket.chat”. Lo spunto è stata la riunione ministeriale della coalizione anti-Daesh tenutasi a Roma il 28 giugno, presieduta dal ministro degli Esteri italiano e dal Segretario di Stato Usa Anthony Blinken. A pagina 3, nell’articolo dal titolo “La coalizione dei crociati tra Roma e Dabiq”, si dà spazio a tutta la retorica jihadista nella sottolineatura dell’impossibilità di sconfiggere il Califfato nonostante gli sforzi dei Paesi “crociati”. E si evidenzia come l’Isis, in ritirata da Siria e Iraq, si stia espandendo in altre aree, in particolare la regione centro occidentale dell’Africa. Contro le iniziative anti-Isis discusse e messe a punto durante il summit, il Daesh promette di continuare la Jihad fino a conquistare “Dabiq, Ghuta, Gerusalemme e Roma”, città che viene citata 12 volte nel testo e che viene indicata come possibile obiettivo non appena se ne presenterà l’occasione. Alla stessa stregua dell’Italia (come Paese nel suo complesso), citata tre volte e considerata un target ‘prioritario’ della campagna di conquista dello Stato islamico, attraverso i suoi soldati provenienti dall’Africa.

    Secondo gli analisti della nostra intelligence, che hanno studiato a lungo il documento, in esso la propaganda del Daesh è finalizzata ad affermare la propria vitalità, nonostante le sconfitte degli ultimi anni. E viene individuato proprio il Sahel quale attuale terreno di scontro, dove alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, hanno dato vita alla nuova missione Takuba. Ora, le minacce non sono certo una novità, ma in questa particolare congiuntura gli 007 ritengono che non possano essere minimizzate e che oggettivamente innalzino il livello di rischio per i connazionali e gli interessi italiani dislocati in quell’area, dove peraltro sono già stati attaccati contingenti internazionali, francesi e maliani, e dove la situazione è destinata a peggiorare. Non solo. La minaccia è presente anche in Europa, non tanto per effetto dell’Isis come organizzazione, quanto di elementi, spesso isolati e non organicamente riconducibili al Daesh, desiderosi di accreditamento e visibilità. I cosiddetti lupi solitari self-starter, soggetti auto-radicalizzati o con difficoltà ad integrarsi nel tessuto sociale nazionale, che devono essere dunque attentamente monitorati. Per gli 007, non vi sono “indicatori concreti di minaccia” che possono mettere in pericolo figure istituzionali italiane o della coalizione anti-Isis, e neppure vi sono al momento informazioni di reti o network terroristici strutturati all’interno dei nostri confini, ma bisogna essere consapevoli – avvertono – che l’impegno nel Sahel espone l’Italia a possibili azioni di ritorsione, al pari della Francia. 

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