Spagna

  • I tre campanelli e la sirena di allarme

    Sembra incredibile come all’interno di  uno scenario politico italiano caratterizzato, anche dopo le elezioni, da un continuo susseguirsi di insulti ed incertezze relative alle politiche di sviluppo e fiscali, come da mancanze di visioni complessive sia da parte della maggioranza che della opposizione, i campanelli le e sirene d’allarme passino giornalmente praticamente inosservati.

    I primi due dei tre campanelli riguardano due dati relativi alla produzione industriale. Nel primo trimestre del 2018, solo grazie al balzo del mese di marzo, la produzione industriale ha registrato una crescita del +0,0%! Una tendenza preoccupante confermata poi dal dato di aprile che registra invece un – 0,1%, sempre della medesima produzione industriale nazionale.

    Nell’assordante coro delle mille voci politiche questi due dati sarebbero dovuti diventare centrali nel dibattito ed avrebbero dovuto stimolare un confronto tra le diverse tesi per invertire questo trend molto pericoloso. Questi andamenti infatti risultano particolarmente gravi soprattutto se confrontati con quelli della vicina Spagna la quale nel mese di aprile segna un +1,9% di aumento della produzione industriale, il che dimostra e conferma il sorpasso avvenuto circa un mese fa per quanto riguarda il PIL nazionale spagnolo rispetto al nostro come per il reddito pro capite. Viceversa le due compagini politiche continuano a vomitarsi insulti dimostrando un livello di educazione assolutamente incompatibile con gli incarichi istituzionali che queste persone rivestono.

    Si aggiunge poi un terzo e veramente preoccupante indicatore (il terzo campanello) economico che dimostra come tutte le tesi relative alla crescita economica stabilizzata proposte dagli ultimi governi, da Monti in poi, risultino assolutamente prive di ogni fondamento economico se non addirittura menzognere. Nel mese di aprile infatti i consumi risultano in discesa del – 4,6%, una diminuzione che non si registrava da cinque anni. Questo dato dimostra il sentiment, cioè la disponibilità dei consumatori ad assumersi impegni finanziari per acquisire beni di consumo attraverso il credito e parallelamente la mancanza di una speranza di miglioramento della propria situazione economica che determina una conseguente diminuzione dei consumi stessi. Se poi questi dati relativi al calo dei consumi venissero confrontati con le trionfalistiche dichiarazioni del sistema bancario che invece afferma di assistere ad aumento del credito (+7,8%) al consumo è evidente come questo incremento (sempre in relazione al calo  dei consumi del – 4,6%) venga utilizzato  semplicemente per “finanziare” il pagamento di  tasse e bollette.

    Questi tre campanelli da soli dovrebbero imporre un comportamento ed un atteggiamento da parte della compagine governativa come dell’opposizione assolutamente più maturi e responsabili che invece non si registra dall’inizio della campagna elettorale. Inoltre questi indicatori nazionali, uniti all’inconsistenza delle ultime politiche economiche dal 2011 ad oggi, come alla assoluta mancanza di visione strategica dell’attuale compagine governativa, hanno portato il tasso dei nostri titoli di debito pubblico ad essere superiori a quelli della Grecia. In altre parole da venerdì 8 giugno 2018 l’Italia viene considerata più a rischio della Grecia e questo risultato non può venire attribuito semplicemente alla finanza speculativa ma è frutto di una responsabilità diffusa (ed ecco la sirena di allarme).

    In altre parole, mentre si ragiona di sovranismo o, peggio, di ritorno alla lira, unito a concetti infantili (e privi di ogni connotazione economica) come “padroni a casa nostra”, chi  dovrebbe finanziare  il nostro debito ci considera più inaffidabili della stessa Grecia. Ovviamente questo risultato non può essere imputabile solo ed esclusivamente all’incompetenza come all’inconsistenza dell’attuale governo sotto il profilo economico ma all’intera compagine politica che negli ultimi vent’anni ha distrutto la politica economica e strategica del nostro Paese, a cominciare dal settore industriale. Quello che risulta incredibile di questi dati è il confronto, per esempio, con l’economia spagnola a noi una volta molto simile come modello economico e di sviluppo. Invece di avviare un serio confronto economico e politico, tutto  passa sotto silenzio, probabilmente anche a causa dell’incapacità di leggere da parte degli attuali responsabili economici del governo come dell’opposizione le dinamiche come le conseguenze che risultano essere espressione di questi dati.

    Non va dimenticato infatti come la Spagna, che contava una disoccupazione al 21% dopo la crisi del 2008/2009, sia riuscita, attingendo alle finanze pubbliche, a invertire questo trend e a stabilizzare la propria crescita al doppio di quella italiana già da tre anni a questa parte. Questo è successo semplicemente perché il rapporto tra debito e PIL risultava, precedentemente alla crisi finanziaria del 2008/2009, al 50% mentre ora si attesta al 90%.

    Grazie quindi alla correttezza dei conti pubblici attribuibile all’ottima gestione governativa degli ultimi vent’anni il governo in carica (che ha lasciato il passo a una nuova compagine governativa la settimana scorsa) hapotuto attingere a risorse finanziarie grazie ad un equilibrio finanziario complessivo nazionale. Viceversa noi abbiamo utilizzato negli ultimi vent’anni la leva della spesa pubblica per finanziare fattori improduttivi, dimostrando ancora una volta come i conti pubblici in regola rappresentino una garanzia per affrontare momenti di difficoltà legati a crisi economiche, magari internazionali.

    Sempre incredibile, come in Italia si continui a parlare di flat tax come di una strategia innovativa con il fine di ricreare una domanda interna, o, peggio ancora, si continui a discutere inutilmente di una possibile uscita dall’euro per riportare l’Italia agli anni Ottanta, un periodo ormai inavvicinabile in quanto il mercato di allora è cambiato radicalmente. Credere di tornare agli anni ’80 solo adottando la valuta di allora rappresenta l’infantilità come l’inconsistenza economica di questa teoria.

    Il silenzio con il quale sono ignorati e probabilmente anche incompresi nella loro gravità questi tre campanelli d’allarme italiani assieme alla sirena relativa al declassamento dei nostri titoli del debito pubblico rispetto alla Grecia rivela il livello culturale come del  senso dello Stato tanto della maggioranza quanto dell’opposizione.

  • Allarme economico, e non solo, per i Paesi del sud dell’Europa

    Secondo un rapporto dell’UBS pubblicato lunedì il sud dell’Europa vedrà presto una decelerazione della crescita. Sebbene l’aumento del PIL in Spagna (3,1%), Portogallo (2,7%) e Italia (1,5%) abbia superato le aspettative nel corso del 2017, la crescita sta per subire una battuta di arresto non solo per la situazione economica,  sempre più altalenante, ma anche per l’invecchiamento della popolazione, il previsto inasprimento della politica monetaria e un euro forte. Mentre i giovani lasciano il sud europeo, i governi sono sottoposti a crescenti pressioni finanziarie per far fronte al costo dell’invecchiamento della popolazione. Inoltre, il valore crescente dell’euro sta erodendo la competitività dell’Europa del sud, acquisito in anni di duri programmi di svalutazione interna.

  • Il sorpasso

    Una strategia economica suicida che non ha mai posto al centro della ripresa economica lo sviluppo dell’economia industriale ha conseguito, purtroppo,come inevitabile risultato il sorpasso della  Spagna nel calcolo del Pil e del reddito pro capite. In questo senso infatti andava interpretato il differenziare di spread tra l’Italia e la Spagna (ormai consolidato da molte stagioni) il quale invece in Italia dai dotti economisti, sia liberisti che conservatori o massimalisti, veniva interpretato come una mossa speculativa della perfida Finanza. Come non ricordare la contesa mediatica che vedeva anni addietro il primo ministro Prodi guerreggiare con Zapatero quando il secondo affermava di aver superato il PIL italiano. A distanza di una ventina d’anni purtroppo l’inefficienza come i limiti culturali di una classe politica incompetente unita ad una politica fiscale suicida senza una minima visione strategica espressa da tutti i governi degli ultimi vent’anni hanno portato a questo terribile risultato.

    Un “traguardo” attribuibile ad  un ceto politico che ha sempre favorito le clientele, i gruppi elettorali e di appoggio penalizzando professionalità, competenze esterne ed interne alla pubblica amministrazione. Ancora oggi infatti si continua a intravedere dal recupero dell’evasione fiscale la leva per riportare in equilibrio i conti finanziari e soprattutto del debito pubblico quando invece tutti gli studi economici individuano nella inefficienza della pubblica amministrazione la ragione principale del nostro declino.

    Una logica economica e soprattutto fiscale che ha sempre individuato prima nel commercio indipendente, successivamente nelle PMI, delle fonti di semplice evasione fiscale e non fornitori di percentuali importanti del PIL e quindi di ricchezza ed occupazione. Da allora ad oggi il mondo è radicalmente cambiato come la classe politica che ha governato la Spagna. Questa stessa considerazione non si può esprimere certamente per quanto riguarda l’Italia.

    Basterebbe questo triste risultato perché la classe dirigente, a cominciare Confindustria, assieme a tutti i partiti politici e le associazioni di categoria, compresi i sindacati, e non ultimo il mondo accademico che ha sempre dimostrato la propria miopia nell’elaborazione di queste strategie economiche che hanno ottenuto questo disastroso risultato, a dover  indurre, come atto di una rinnovata presa di coscienza nazionale, a rassegnare le proprie dimissioni per manifesta indegnità  ed incompetenza. In un paese che perde posizioni di importanza economica questo rappresenterebbe il primo argomento relativamente alle consultazioni ed ai programmi di un governo nascente.

    Viceversa il mondo politico unito al sistema mediatico si preoccupano dei veti incrociati, espressione di personalità politiche che esprimono in questo modo la propria incapacità nell’elaborazione di visioni complessive.

  • Spanish police dismantle Ukrainian-Russian ATM jackpot gang

    Police in Spain have broken up a cybercrime gang made up of Ukrainians and Russians that allegedly stole more than 1 billion euros from financial institutions worldwide in a five-year spree.

    According to statements issued by the Spanish police and Europol, the leader of the gang, a Ukrainian named “Denis K.” and his three suspected accomplices of Russian and Ukrainian origin, have been identified and arrested in the Spanish city of Alicante. In Ukraine, police said that an unidentified 30-year-old man linked to the gang was cooperating with authorities.

    The hackers — whose activities have long been tracked by security researchers — used malware to target more than 100 financial institutions worldwide, sometimes stealing up to 10 million euros in each heist. Almost all of Russia’s banks were targeted, and about 50 of them lost money in the electronic robberies, authorities said. The gang used well-worn techniques such as booby trapped emails to break into banks and compromise the networks controlling ATMs, effectively turning the machines into free cash dispensers.

    Authorities said that the gang converted its illicit gains into bitcoins and used the cryptocurrency to purchase big ticket items, including houses and vehicles, in Spain. In each attack, the hackers’ modus operandi followed a familiar formula: bank workers would be targeted with emails claiming to come from legitimate companies, but carrying a malicious attachment. Once executed, the malware would give the remote hackers control over the compromised computer, granting them access to the bank’s internal network, and able to infect servers used to control ATMs.

     

Pulsante per tornare all'inizio