L’Italia è tra i Paesi più piovosi d’Europa, abbiamo il primato continentale del consumo di acqua (220 litri al giorno per abitante contro la media Ue di 165), ma anche quello degli sprechi. Il basso prezzo dell’acqua non stimola investimenti e dopo essere stati i più antichi e capaci costruttori di acquedotti al mondo oggi abbiamo il record di condutture colabrodo, secondo quanto emerge dalle analisi Istat.
L’acqua è fondamentale per 1,5 milioni di imprese agricole, 330mila aziende manifatturiere idrovore e oltre 9mila imprese del settore energetico. Una filiera per la quale l’emergenza idrica mette a rischio 320 miliardi di euro ma recuperiamo solo l’11% delle acque meteoriche che cadono nel nostro Paese e solo il 4% delle acque reflue è destinato al riutilizzo diretto, a fronte di un potenziale del 23% (per questo l’Italia paga a Bruxelles multe per oltre 180mila euro al giorno). E potrebbero essere riutilizzati maggiormente anche i fanghi di depurazione, che, attualmente, per il 53,4% sono destinati allo smaltimento.
Da più di 20 anni, l’Italia si conferma al primo posto in Europa per la quantità di acqua dolce prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei per impieghi domestici, pubblici, commerciali, artigianali, industriali e agricoli: 9,2 miliardi di metri cubi all’anno, 25,1 milioni al giorno, pari a 422 litri per abitante. L’85% del prelievo deriva da acque sotterranee (48,9% da pozzo e 35,8% da sorgente), il 16,1% da acque superficiali (9,6% da bacini artificiali) e il restante 0,1% da acque marine o salmastre. Il 26,4% del prelievo annuale avviene tra luglio e settembre. Gli invasi (531 grandi dighe e 26.000 piccole) vengono riempiti per molto meno della loro capienza sia per mancanza di manutenzione dei fondali sia per una incredibile serie di blocchi burocratici.
Nelle reti comunali di distribuzione vengono immessi annualmente oltre 8 miliardi di metri cubi d’acqua per uso potabile (373 litri al giorno per abitante), volumi che variano molto da Regione a Regione: si va dai 274 litri giornalieri per abitante in Puglia ai 576 della Valle d’Aosta. Comunque, complessivamente, il volume erogato per usi autorizzati (4,7 miliardi di metri cubi all’anno, 253 litri al giorno per abitante) è il 51% di quello prelevato, a causa delle dispersioni di distribuzione. La spesa media di una famiglia per l’acqua potabile è di 177 euro all’anno, per un totale che nel 2022 è stato di 4,5 miliardi. Il 39,6% della spesa è imputabile al servizio di acquedotto, il 29,6% a quello di depurazione e il 12,8% per la fognatura. L’iva pesa per il 9%. La tariffa idrica italiana è di 2,1 euro a metro cubo, la metà di quella francese e il 40% di quella tedesca. A febbraio, però, i prezzi al consumo per la fornitura di acqua sono saliti del 4,2% e altri rincari sono già previsti.
Nel 2020, il volume delle perdite idriche nella fase di distribuzione è risultato di 3,4 miliardi di metri cubi, pari a 157 litri al giorno per abitante e al 42,2% dell’acqua immessa in rete (il costo di queste perdite è stimato in quasi 3 miliardi di euro l’anno). Fra l’altro, l’acqua così dispersa soddisferebbe le esigenze idriche di oltre 43 milioni di persone per un anno intero. Anche in questo caso, però, il livello di dispersione varia regionalmente e il minimo (23,9%) si registra in Valle d’Aosta. Il 60% della rete idrica italiana ha più di 30 anni, il 25% più di mezzo secolo. Per le perdite in fase di distribuzione siamo al quart’ultimo posto tra i Paesi Ue e per quelle lineari all’ultimo. A causa degli investimenti limitati, il tasso di sostituzione delle reti idriche è di 3,8 metri per chilometro all’anno e a questo ritmo sarebbero necessari 250 anni per la loro manutenzione completa.