Così recitava un brocardo degli antichi Romani, padri del diritto, a significare che la Giustizia non doveva occuparsi di questioni bagatellari e, infatti, la legge come la Giustizia praticavano un rigore estremo: basti pensare che per il debitore inadempiente era prevista la manus iniectio cioè a dire che il creditore poteva soddisfarsi anche facendolo a pezzi e liberarsi dei resti andando a venderli (mercato curioso, non si sa bene a chi…) purchè ciò avvenisse trans Tiberim. Non andava meglio ai sudditi delle colonie per i quali, come è ben noto, era prevista la crocifissione.
…E noi siamo gli eredi di quella tradizione giuridica, con dei limiti – certo – ma la nostra giustizia sa essere altrettanto inflessibile: abbiamo, tra le altre regole, l’obbligo di esercitare l’azione penale, il che significa che nessuna ribalderia può restare impunita. Eccone un esempio.
Accade ad una sventurata giornalista del TG1 di essere vittima di cinque crudeli dirigenti dai quali è stata demansionata e come non bastasse, per punirla ancor più severamente – e non è ben chiaro per quali motivi – costoro l’avrebbero assegnata ad un ufficio da condividere con altro collega molestamente affetto da meteorismo intestinale e gravi disturbi digestivi, genetici di frequenti eruttazioni.
Un girone infernale per sottrarsi al quale la donna ha presentato una denuncia per stalking nei confronti dei cinque ritenuti responsabili di questa intollerabile situazione.
La scelta operata fa pensare che sia il Comitato di Redazione, che l’Ufficio Risorse Umane per non parlare dei Sindacati potessero essere conniventi con i torturatori.
Parte un’indagine, vengono ascoltati diversi testimoni ed uno solo conferma il j’accuse; tant’è, il Pubblico Ministero titolare dell’inchiesta decide di chiedere l’archiviazione e a questo punto accade una cosa che è piuttosto insolita, sebbene pienamente consentita dalla legge: interviene la Procura Generale avocando a sé gli atti ed incriminando per atti persecutori i gaglioffi che stavano per farla franca,
A pensarci bene, sono più di tre, quasi quasi ci starebbe pure l’associazione per delinquere e, magari, nei confronti di Risorse Umane, sindacalisti, componenti del Comitato di Redazione, un’imputazione di concorso esterno.
Da noi, come si diceva all’inizio, la Giustizia è una cosa molto ma molto seria e lo stalking un reato grave: ve lo può confermare quel magistrato di Rovigo che ne è stato accusato avendo partecipato alle selezioni sexy per la partecipazione ai corsi del Giudice Bellomo e che il C.S.M. ha severamente punito trasferendolo non a Roma come chiedeva ma a Venezia, che è considerata “sede disagiata” (perché l’organico è sotto numero: sai che sorpresa) e il disagio viene comunque compensato con una maggiorazione dello stipendio.
La Giustizia da noi è una cosa serissima: figuratevi che il Tribunale, per non essere condizionato dagli elementi indizianti raccolti dalla Procura, nulla sa delle vicende portate alla sua attenzione se non il nome degli imputati e delle vittime e le accuse genericamente descritte dal rinvio a giudizio. Proprio in giudizio si formerà eventualmente la prova della colpevolezza ovvero l’inquirente non riuscirà a dimostrare la fondatezza della sua pretesa punitiva.
Viene da domandarsi: nel caso della giornalista RAI, dunque, sarà anche necessario disporre una perizia sulla intensità degli odori, potrà essere necessario far spernacchiare in aula il compagno di stanza?
E’ ben possibile, lo ripetiamo: da noi la giustizia è una cosa molto seria.