Stato

  • Solidarietà e tutela della persona dipendono dall’efficienza dello Stato

    Chi ha di più ha il dovere di dare a chi non ha per salvare vite, per dare vite dignitose, per dare opportunità che possano far raggiungere vite dignitose? Il caso della banana di Cattelan e della foto fatta alla banana dalla giovane donna kazaka affetta da grave leucemia, che non può curarsi adeguatamente per i costi elevati e i limiti assicurativi, ripropone, non solo per gli Stati Uniti, il problema del diritto alla salute e i conseguenti doveri che dovrebbero esistere nei Paesi civili. 

    Più o meno ogni giorno leggiamo di collette, sottoscrizioni aperte per trovare i fondi per curare questo o quel bambino, per rimpatriare chi si è ammalato all’estero, per pagare l’affitto a chi, anziano e solo, non ce la fa più. Mille casi, diversi e disperatamente umani, ci ricordano, se abbiamo voglia di pensare e di ricordare, che  anche nei nostri paesi ricchi sono troppo numerose le persone che fanno una vita di stenti o che perdono quella stessa vita. Se poi lo sguardo vuole avere il coraggio di osservare altrove, gli scenari di sofferenza estrema sono immensi. Come coniugare, al di là delle tante generosità dei singoli, la libertà di mercato, la globalizzazione, le importanti scoperte tecnologiche o i viaggi nello spazio con l’umana disperata sofferenza di chi non ha i soldi per curarsi o la possibilità di sfuggire al degrado ed alla guerra? Come salvaguardare il diritto di chi legittimamente ha con quello di chi non ha, dalla sicurezza nelle strade alla certezza del pane, dell’acqua, della chemioterapia? Come riuscire, in una società che vogliamo rimanga libera, a preservare e garantire diritti e doveri?

    A Roma e non solo adolescenti sfidano, trovano la morte correndo tra le macchine in corsa o facendo selfie sui binari dei treni in arrivo; altrove le esplosioni, le mutilazioni, gli sgozzamenti sterminano adolescenti inermi, bambini, adulti. Negli Stati Uniti non c’è assistenza sanitaria per i poveri, nel Regno Unito l’età avanzata diventa un problema per l’assistenza ospedaliera.

    Più volte, ormai ovunque, ti chiedono se sei fumatore, come se non fossimo ormai tutti fumatori di smog, e qualche volta capisci che le cure potrebbero essere più o meno intense a seconda della tua risposta. Il servizio sanitario paga il cambio di sesso ma non sempre le ricerche essenziali per conoscere e debellare le malattie rare o per dare l’assistenza necessaria a chi forse potrebbe salvarsi.

    Discutiamo del diritto all’eutanasia ma lo Stato, il sistema ha il diritto di condannare a morte chi non ha i soldi per curarsi, di condannare ad una vita di miserevoli stenti chi non è stato in grado di uscire dal tunnel della povertà o vi è caduto dentro per circostanze ed eventi? Il volontariato, la disponibilità di innumerevoli singoli e di qualche associazione benefica provano a supplire alla mancanza di interventi che competono agli Stati, ai governi e questa non è già più una società libera e giusta.

  • Il Cio può attendere: nasce lo sport di Stato

    Sembra incredibile come una semplice affermazione dell’amministratore delegato Sabelli di ‘Sport&Salute’ possa risultare assolutamente chiarificatrice riguardo alla volontà del governo in carica, come di quello precedente, in relazione alla gestione del movimento sportivo in Italia.

    Il governo Conte1, non tenendo in alcuna considerazione i Principi del Cio (o probabilmente ignorandone semplicemente le inevitabili ricadute politiche), i quali stabiliscono la netta separazione tra potere esecutivo e gestione dello Sport nella sua articolata complessità, aveva istituito la società ‘Sport&Salute’ come interposizione tra il governo che attribuisce i fondi per la gestione complessiva del Movimento Sportivo Italiano ed il Coni che li gestiva con la Coni Servizi.

    L’amministratore delegato Sabelli, a conferma e giustificazione della scelta governativa, affermò che “attraverso  la creazione di ‘Sport&Salute’ …nasce lo sport di Stato”, come se il Coni fosse un ente pubblico non inserito all’interno di uno Stato dal quale risulta per altro istituito.

    Questa operazione politico-amministrativa ma soprattutto che accresce il peso della burocrazia, con oltre duecento nuovi occupati, fu ampiamente criticata dai membri del Cio ed ancora oggi proprio per questa scelta sottopone  il  nostro Paese ad un’indagine al fine di accertare se non risultino violati i principi della carta costituzionale ed istitutiva  del Comitato Olimpico internazionale (https://www.ilpattosociale.it/2019/08/14/i-giochi-olimpici-di-cortina-2026-e-la-guerra-al-cio/).

    Ad aggravare la situazione italiana ecco come dal  governo Conte2 trova corpo l’iniziativa del ministro Spadafora (sodalo di Giorgetti nella creazione di ‘Sport&Salute’) il quale si ritaglia una quota dei medesimi finanziamenti destinati a ‘Sport&Salute’ come diretto dispensatore per la gestione delle attività sportive destinate ai comuni, dimostrando ancora una volta come il vero potere non venga rappresentato in Italia dalla classica distinzione tra potere tra esecutivo, legislativo e giurisdizionale ma sostanzialmente si possa tranquillamente indicare nella diarchia tra gestione del credito e potere di spesa pubblica (https://www.ilpattosociale.it/2018/11/26/la-vera-diarchia/).

    Quindi la frase scellerata di Sabelli dimostra di fatto l’intenzione di arrivare ad uno stato che intervenga direttamente nella gestione dello sport il quale invece secondo il Cio dovrebbe essere distaccato dal potere esecutivo anche al fine di evitare che possa divenire un’arma di propaganda politica e governativa. Il Comitato Olimpico internazionale, proprio attraverso le sue norme istituzionali, intendeva e vorrà sempre escludere un collegamento diretto tra uno sport, o peggio un intero movimento sportivo,  e l’espressione dello Stato, rendendolo quindi potenziale strumento di propaganda, perché questo deve essere  espressione di una cultura e perciò gestito da  un organo indipendente dall’organo esecutivo.

    Mai come oggi la validità del principio stabilito dal Comitato Olimpico Internazionale viene ribadita in presenza di questi tentativi tipici di uno Stato espressione di un socialista reale 4.0 il quale intende utilizzare lo sport per accrescere la centralità dell’organo esecutivo.

    In questo modo poi si svaluta e deprezza la cultura sportiva da un complesso sistema formativo, fonte di educazione e di civiltà ed espressione della volontà di Stato.

  • In attesa di Giustizia: allerta meteo

    Riferiscono i meteorologi che nei prossimi giorni una perturbazione proveniente dalla Scozia dovrebbe portare un po’ di sollievo dal caldo unitamente a piogge anche intense e nella tormentata Liguria non può mancare l’allerta meteo.

    Ma non è del clima che questa settimana intende occuparsi la rubrica, bensì di un’altra perturbazione – di cui ha già trattato – che offre in permanenza avvisi di burrasca: il riferimento è alla tormenta che sta travolgendo la Magistratura e che di giorno in giorno si arricchisce di nuovi protagonisti, nuovi sconcertanti e sconfortanti episodi che rischiano di travolgere in un inarrestabile declino la fiducia dei cittadini nel sistema Giustizia.

    L’ultimo a cadere, in ordine di tempo, è stato il Procuratore Generale della Cassazione – parliamo di una delle due più alte cariche dell’Ordine Giudiziario – raggiunto da un’incolpazione per avere violato il segreto istruttorio informando Luca Palamara dell’esistenza di un’indagine a suo carico; quest’ultimo, nel frattempo, è stato sospeso dalle funzioni e dallo stipendio dal C.S.M., o quel che ne resta, dopo che gli scandali ne hanno travolto alcuni componenti rendendo necessaria da parte del Capo dello Stato la indizione di elezioni suppletive in autunno.

    La crisi istituzionale è senza precedenti e il fatto che la genesi sia da ricondurre proprio al Consiglio superiore della Magistratura induce il ricordo delle parole di un suo ex componente, rassegnate in una lettera al Direttore di Repubblica in un giorno (il 24 giugno 2012) nel quale il Paese intero era tutto preso dai successi della Nazionale di calcio. Non faremo nomi, ribadito che moltissimi sono i magistrati che adempiono al loro dovere con competenza, sacrificio, coraggio e correttezza la voce che anonimamente verrà richiamata è quella di tutti loro, levatasi anche in forma profetica subito dopo che si era risaputo che persino il Presidente della Repubblica era finito sotto intercettazione nella indagine sul presunto patto Stato-mafia.

    La vicenda nata dalle indagini palermitane e sfociata negli attacchi al Quirinale dimostra la necessità di cambiare profondamente il meccanismo giudiziario. Sono un magistrato, sono stato componente del CSM. I magistrati non possono avere la coscienza tranquilla: hanno rifiutato il tentativo di autoriformarsi attraverso il loro governo autonomo: si trattava dell’ultima possibilità di affrontare il cambiamento. La grande intuizione del potere diffuso del giudice, cioè della libertà di interpretare la legge si giustifica solo con il possesso di una professionalità assoluta, controllabile e controllata. Altrimenti questo potere diventa solo una volgare domanda di irresponsabilità alla quale si contrappone la barbarie della responsabilità civile diretta che trasforma il cittadino giudicato in avversario in giudizio dal momento stesso in cui entra nella stanza del giudice. La vicenda spaventosa del Presidente della Repubblica ascoltato in una conversazione di Stato dimostra che non c’è più tempo. Mi auguro che le culture liberali e costituzionali facciano la parte che la storia impone.

    Una visione lucida, serena ma implacabile nella capacità autocritica e nella prospettazione quasi profetica di scenari futuri, una voce inascoltata ma che valeva la pena evocare anche per chi non l’avesse mai sentita per trovare conforto e speranza: finché ci saranno uomini così, e ve ne sono eccome, l’attesa di Giustizia potrà anche essere lunga ma non vana.

  • L’aberrazione di uno Stato che si crede meglio del privato anche in famiglia

    Quando una società si deve definite gravemente ammalata? Se la giustizia, la politica, il volontariato, gli organismi di aiuto sociale, pubblici e privati, tutti insieme contribuiscono a creare una rete di illegalità che sfocia addirittura in sevizie, fisiche o psichiche questa è una società malata. Se tutti questo avviene coinvolgendo bambini, distruggendo famiglie, creando infami posizioni di lucro e di potere, questa è una società marcia nel profondo e per la quale non esistono speranze se non attraverso il radicale abbattimento di tutto quanto ha portato a queste situazioni e le pene più severe possibili per tutti coloro che, a vario  titolo, sono coinvolti nell’infame vicenda. Ancora più inquietante è che tutto questo si sia verificato nella provincia di Reggio Emilia, terra ricca sia economicamente che di antica cultura, qui dove si trova il castello di Matilde di Canossa davanti al quale l’imperatore Enrico IV rimase inginocchiato tre giorni per ottenere la revoca della scomunica, qui dove vi sono dimore antiche, prati stabili fioriti, floridi allevamenti e la produzione del Parmigiano Reggiano, qui dove comunque la ’ndrangheta ha messo da tempo le radici del suo impero di costruzioni che si è poi diramato in varie parti del nord, qui dove ferma il Freccia Rossa, che ignora Parma e Piacenza, qui dove negli anni bui del terrorismo di casa nostra si giustificava tutto e tutti e si facevano i primi esperimenti di accoglienza, un’accoglienza come sempre mirata a fini più politici che umanitari, qui è nata e ha proliferato, con la complicità di troppi, una delle più schifose attività. Un vero e proprio sequestro di bambini, poi sottoposti al lavaggio del cervello anche con strumenti elettromagnetici, ai quali veniva impedito di reincontrare i loro genitori e di ricevere da questi lettere e regali, un’associazione a delinquere supportata da motivi economici ed ideologici, un gruppo di veri delinquenti protetti dalle funzioni che avrebbero dovuto svolgere a beneficio della collettività. Le notizie più approfondite le abbiamo lette tutti sui quotidiani quello che manca e l’analisi che dobbiamo fare collegando questi fatti ai tanti altri che abbiamo letto in questi ultimi anni, fatti che hanno sempre visto coinvolte come vittime le persone più indifese, i bambini e gli anziani. E’ questa la società del progresso e della libertà, della democrazie e del diritto? L’estremo permissivismo, la pletora di leggi inapplicate, l’aumento esponenziale dell’egoismo e del cinismo, dell’indifferenza e del desiderio di guadagno facile, la mancanza di morale e l’assopimento dei valori più elementari ha creato il mostro, il mondo nel quale viviamo, del quale abbiamo paura ma per cambiare il quale non siamo capaci di impegnarci consapevolmente, così ci rifugiamo nel nostro privato sperando che la prossima volta non tocchi a noi e questo rende il mostro sempre più forte e noi sempre più deboli .

  • L’anno scorso gli italiani si sono giocati 97 miliardi e lo Stato ne ha ‘vinti’ 19

    Gli italiani sono i maggiori giocatori d’azzardo d’Europa: l’anno scorso hanno speso tra i 95 e i 97 miliardi. Al mondo, solo statunitensi e giapponesi giocano d’azzardo più degli italiani. Diciannove miliardi la vincita dello Stato nel 2017, sotto forma di prelievo fiscale sulle somme erogate ai giocatori, il gettito fiscale legato al gioco d’azzardo nella penisola è il quadruplo rispetto a quello di Spagna e Germania. Il primato viene confermato nel rapporto tra spesa effettiva e PIL, con l’Italia allo 0,8%, il Regno Unito allo 0,7% e le altre nazioni dallo 0,5% in giù. Il risultato è in perfetta linea con la realtà nazionale, che conta più di 100.000 impiegati nel settore dell’azzardo. In tutto sono 6.600 le imprese registrate nel nostro Paese, senza dimenticare che le macchinette portano guadagni preziosi a bar, edicole e tabaccherie. Il volume di gioco si concentra intorno alle grandi città e la Lombardia è al primo posto nazionale, con una raccolta di circa 14 miliardi di euro all’anno. Roma è la città con il maggior numero di macchinette e la spesa più alta, ma il Lazio litiga per il secondo posto con la Campania di anno in anno. A livello di spesa pro capite invece è l’Abruzzo a conquistare la prima posizione. Ogni abruzzese maggiorenne scommette in media 1.767 euro all’anno, poco più di Lombardia (1.748) ed Emilia-Romagna (1.668). Al Sud i valori medi della raccolta sono più bassi della media, ma uno dei problemi principali è legato al gioco online, soprattutto per i neo-maggiorenni

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