Suez

  • Il Canale di Suez prova a sfruttare la tregua Israele-Hamas per riprendersi

    L’Autorità del Canale di Suez è pronta a lavorare a pieno regime per riportare gradualmente il commercio globale al vecchio corso, considerato che la situazione della sicurezza nel Mar Rosso e nella regione di Bab al Mandab inizia a stabilizzarsi. E’ quanto emerso durante un incontro fra il capo dell’Autorità del Canale di Suez, Osama Rabie, e il segretario generale dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo), Arsenio Dominguez. A causa delle tensioni in Medio Oriente e, in particolare, agli attacchi dei miliziani yemeniti Houthi alle navi mercantili in transito nel Mar Rosso e poi attraverso il Canale di Suez per collegare l’Europa all’Asia, le principali compagnie di navigazione hanno interrotto il transito a fine 2023 e per tutto il 2024. Adesso, a pochi giorni dall’entrata in vigore del cessate il fuoco tra Israele e Hamas, con l’auspicio che possa essere l’inizio di una fase di stabilità nella regione, si susseguono le indiscrezioni sul possibile ripristino del transito mercantile lungo Suez nel lungo periodo. Tuttavia, il ritorno al transito da Suez potrebbe richiedere diverso tempo ancora.

    La prima compagnia che potrebbe preferire Suez alla più lunga rotta del Capo di Buona Speranza, circumnavigando l’Africa, potrebbe essere la francese Cma Cgm, nell’ambito del servizio Europe Pakistan India Consortium (Epic). A partire da giovedì 23 gennaio, il Canale di Suez accoglierà un gruppo di navi della compagnia di navigazione Cma Cgm, fanno sapere dal Cairo. Tuttavia, un portavoce di Cma Cgm ha detto a “The Loadstar” che la portacontianer “Columba navigherà attraverso il Canale di Suez per raggiungere il porto di Gedda (in Arabia Saudita) nell’ambito di un unico servizio ad hoc. Le navi del servizio Epic non navigheranno quindi sistematicamente attraverso il Canale di Suez”. “Cma Cgm sta monitorando da vicino gli sviluppi in corso nella regione e spera in un ritorno alla stabilità e alla sicurezza per tutti. Per quanto riguarda il Mar Rosso, la massima priorità del gruppo rimane la sicurezza dei suoi marittimi, delle sue navi e del carico dei suoi clienti”, hanno aggiunto fonti della compagnia francese citate da “The Loadstar”.

    Il tema del ripristino del transito mercantile attraverso il Canale di Suez è dunque sul tavolo, soprattutto per quanto concerne le misure necessarie per avviare il ritorno delle principali linee di navigazione, man mano che la situazione della sicurezza nella regione del Mar Rosso inizia a stabilizzarsi, in concomitanza con l’attuazione dell’accordo di tregua tra Israele e Hamas. Il segretario dell’Imo ne ha parlato anche con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, alla presenza del tenente generale Kamel El Wazir, vice primo ministro per lo Sviluppo industriale e ministro dell’Industria e dei Trasporti.

    A causa delle tensioni nel Mar Rosso, il numero di navi che attraversano il canale è diminuito del 51% durante il primo trimestre dell’anno fiscale 2024/2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche i ricavi del transito del Canale di Suez sono diminuiti drasticamente del 61,2% a 931,2 milioni di dollari nel primo trimestre dell’anno fiscale 2024/2025, in calo rispetto ai 2,4 miliardi di dollari dello stesso periodo dell’anno scorso. Nel 2024, i ricavi egiziani del Canale di Suez sono crollati a 4 miliardi di dollari, con una diminuzione del 60,7% rispetto ai 10,2 miliardi di dollari del 2023. Il numero di navi che transitano annualmente attraverso il canale è diminuito di circa il 50%, da 26.400 nel 2023 a circa 13.200 nel 2024. Il traffico giornaliero è sceso da 75-80 a 32-35 navi durante lo stesso periodo.

    La sicurezza lungo il Canale di Suez non è l’unico fattore che potrebbe ostacolare il ritorno alla normalità del transito mercantile. Dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza il 19 gennaio scorso, i miliziani yemeniti Houthi hanno minacciato di continuare a colpire non solo navi legate a Israele, ma anche quelle con interessi di Stati Uniti e Regno Unito. Questi Paesi, negli ultimi mesi, hanno condotto numerosi attacchi contro obiettivi dei miliziani filo-iraniani, che hanno risposto colpendo la libertà di navigazione a sostegno della causa palestinese. Un articolo del quotidiano economico israeliano “The Marker” sottolinea come, nonostante il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, sia improbabile che il traffico nel Canale torni presto alla normalità. “La minaccia degli Houthi rimane concreta e, anche se venisse eliminata, l’eccesso di navi portacontainer sul mercato potrebbe ritardare il ritorno a rotte marittime più brevi”, si legge nell’articolo.

    “Almeno due delle principali compagnie di navigazione, Maersk e Hapag-Lloyd, hanno annunciato che non torneranno nel Mar Rosso finché non ci sarà certezza che la situazione sia completamente stabilizzata. La verità è che, al momento, non dovrebbero nemmeno pensarci”, ha detto l’ex direttore dell’Autorità portuale israeliana, Yigal Maor, al quotidiano economico “The Marker”. Secondo Maor, “oggi ci sono molte nuove navi e, se la rotta venisse accorciata, molte di queste risulterebbero superflue. Attualmente, i costi aggiuntivi derivanti dal circumnavigare l’Africa vengono assorbiti, quindi nessuno ha fretta di accorciare la rotta, almeno finché non sarà garantita una sicurezza totale. Non dimentichiamo che ora gli Houthi hanno un conto aperto non solo con Israele, ma anche con Stati Uniti e Regno Unito, che hanno attaccato obiettivi Houthi di recente”. Anche il presidente della Camera di Commercio israeliana, Yoram Zeva, ha confermato questa tendenza: “Per il momento, tutti i piani delle principali linee di navigazione prevedono percorsi che circumnavigano il Capo di Buona Speranza”. Le dichiarazioni riflettono una situazione di incertezza geopolitica che continua a influenzare il commercio globale, con il Mar Rosso al centro di una crescente tensione internazionale.

    Se le compagnie di navigazione dovessero riprendere il transito attraverso il Canale di Suez, potrebbero trovarsi sotto pressione per ridurre i costi, complici l’eccesso di offerta di navi portacontainer. “Un ritorno alla normalità, se gli Houthi dovessero interrompere gli attacchi, comporterebbe un surplus di circa l’8 per cento delle navi, molte delle quali finirebbero senza impiego. Questo porterebbe inevitabilmente al disarmo di alcune navi e a una riduzione dei prezzi di trasporto”, riporta il quotidiano economico israeliano The Marker. Un ulteriore motivo che potrebbe spingere gli Houthi a continuare i loro attacchi è il sospetto, evidenziato nello stesso articolo, che alcuni leader del gruppo stiano lucrando sull’assedio estorcendo denaro alle compagnie di navigazione. Sebbene questa accusa non sia stata ancora dimostrata, un rapporto delle Nazioni Unite ha menzionato questa possibilità, stimando che un simile meccanismo di estorsione potrebbe valere fino a 180 milioni di dollari al mese. Anche qualora la guerra a Gaza si concludesse, sottolinea The Marker, gli Houthi potrebbero non essere disposti a rinunciare a questa redditizia fonte di guadagno. Una situazione che mantiene alta l’incertezza sui futuri sviluppi nella regione e sulle implicazioni per il commercio globale.

  • Gli Houti fanno crollare del 23% i proventi che l’Egitto trae dal canale di Suez

    I ricavi del Canale di Suez sono diminuiti di circa un quarto (23 per cento) nell’anno fiscale 2023/2024 rispetto a quello precedente, a seguito della situazione critica che sta vivendo l’area del Mar Rosso. Secondo il presidente dell’Autorità del Canale di Suez, Osama Rabie, dal primo luglio 2023 al 30 giugno 2024 sono transitate 20.148 navi per una stazza netta totale di un miliardo di tonnellate, generando ricavi pari a 7,2 miliardi di dollari. Il precedente anno fiscale (2022/2023) aveva invece visto il transito di 25.911 navi per 1,5 miliardi di tonnellate nette e ricavi di 9,4 miliardi di dollari. Durante un incontro con il comandante del Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom), Michael Kurilla, Rabie ha spiegato che le tensioni nel Mar Rosso hanno spinto molti armatori e operatori “a scegliere percorsi alternativi”, influenzando quindi negativamente il transito delle navi nel Canale di Suez, che “riveste un ruolo fondamentale per la stabilità e la sostenibilità delle catene di approvvigionamento globali”.

    In un discorso televisivo il 18 luglio, citato dall’agenzia di stampa yemenita “Saba”, Abdul Malik al Houthi, leader del gruppo filo-iraniano yemenita, ha dichiarato che da novembre scorso sono in totale 170 le navi prese di mira nel Mar Rosso, nel Mar Arabico e nel Golfo di Aden. I miliziani Houthi hanno utilizzato 25 missili balistici e da crociera, droni aerei e un drone marino nelle operazioni dell’ultima settimana. “Se Dio vorrà, intensificheremo progressivamente e aumenteremo l’impatto delle nostre operazioni nell’Oceano Indiano e nel Mediterraneo”, ha affermato Al Houthi. Il leader ha anche lanciato un nuovo avvertimento all’Arabia Saudita, affermando che Riad sta mettendo a rischio il suo futuro allineandosi troppo strettamente con gli Stati Uniti e Israele. “Se il regime saudita è pronto a sacrificare il suo futuro e a vanificare i suoi piani economici per amore di Israele e degli Usa, allora non ha senso la Visione 2030 (programma strategico promosso da Riad per ridurre la propria dipendenza dal petrolio e diversificare l’economia del Paese), o i piani di sviluppo dell’aeroporto di Riad per farlo diventare uno dei più grandi al mondo”, ha sottolineato Al Houthi.

    Dalla metà di novembre scorso, gli Houthi hanno sferrato una serie di attacchi contro le navi commerciali e militari in transito nel Mar Rosso, nel Mar Arabico e nel Golfo di Aden, a loro dire dirette o collegate in qualche modo a Israele. Gli Houthi hanno lanciato queste operazioni “in solidarietà con il popolo di Gaza” e hanno ripetutamente dichiarato che gli attacchi non finiranno fino a quando lo Stato ebraico non cesserà le operazioni militari contro la Striscia. I continui attacchi del gruppo yemenita hanno spinto il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, a lanciare a dicembre scorso l’operazione multinazionale “Prosperity Guardian” finalizzata a proteggere la navigazione nel Mar Rosso. Inoltre, le forze statunitensi e britanniche hanno condotto significativi attacchi contro le postazioni degli Houthi in Yemen, con l’obiettivo di ridurre la capacità dei miliziani di attaccare le navi commerciali

    Il Canale di Suez è la via d’acqua di maggior importanza strategico-commerciale internazionale perché permette la navigazione dall’Europa all’Asia (e viceversa) senza la necessità di circumnavigare l’Africa lungo la rotta del capo di Buona Speranza. Rabie ha affermato che l’Autorità del Canale di Suez continua a sostenere i propri clienti, adottando misure per mitigare l’impatto dell’attuale situazione “attraverso comunicazioni dirette e l’introduzione di nuovi servizi di navigazione”. “Nonostante le sfide, la strategia di sviluppo del Canale procede rapidamente per migliorarne capacità ed efficienza, mantenendo la competitività e rafforzando il ruolo di leadership nelle rotte marittime globali”, ha detto Rabie durante la visita del comandante del Centcom, aggiungendo che “non esiste un’alternativa realistica al Canale di Suez”.

    Ad oggi, l’uso di rotte alternative comporta tempi di viaggio più lunghi del 30-40 per cento, costi operativi superiori (il prezzo di spedizione dei container ha superato i 4.700 dollari a giugno) e impatti ambientali negativi con elevate emissioni di carbonio, oltre a congestionamenti portuali e ritardi nella consegna delle merci. Rabie ha sottolineato che il sistema di sicurezza marittima del Canale è “efficace”, in quanto “garantisce un supporto completo alle navi in transito tramite servizi di pilotaggio, salvataggio, manutenzione e altri servizi di navigazione, con il sostegno delle Forze armate egiziane”. Kurilla, da parte sua, ha espresso apprezzamento per gli sforzi dell’Autorità del Canale di Suez nella gestione della crisi e nell’affrontare le sfide alla sicurezza nella regione.

    Secondo Srm, Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, il traffico marittimo dell’Italia che transita per Suez è significativo: per il Canale passa ogni anno circa il 40 per cento dell’import/export marittimo generato dalle imprese italiane, 130 miliardi di euro. Ne deriva una particolare vulnerabilità del sistema produttivo alle interruzioni o ai rallentamenti di Suez. Secondo le elaborazioni Srm su dati Assoporti, tuttavia, la portualità italiana, in particolare quella con una forte vocazione al traffico container, sta affrontando la crisi con ottimi risultati. La performance complessiva sui container movimentati nei porti di Genova e Savona, Civitavecchia, Gioia Tauro, Bari, Ravenna, Trieste è aumentata del 10 per cento nei primi quattro mesi del 2024.

    Spicca il dato del principale porto di transhipment, ovvero Gioia Tauro, con un +26 per cento. La conseguenza più importante riguarda la necessità di dover riprogrammare arrivi, partenze e disponibilità di banchine a causa dei ritardi delle navi. Un altro importante effetto, specifico per l’Europa, riguarda la decarbonizzazione del settore marittimo: rotte più lunghe costringeranno le navi a maggiori emissioni di CO2 e quindi ad avere maggiori oneri connessi alla nuova normativa Ets (Emission Trading System). Aumentando il costo del viaggio (es. equipaggio e maggiore quantità di carburante) e restando le navi più tempo in mare, il prezzo di spedizione dei container è cresciuto e a giugno ha superato i 4.700 dollari, secondo il Drewry World Container Index.

  • Quattordici accordi tra Egitto e Cina riguardo a Suez

    La Zona economica del Canale di Suez ha firmato 14 accordi affinché le principali aziende cinesi stabiliscano numerosi progetti in Egitto, con la partecipazione del settore privato. Lo ha annunciato il responsabile del settore economico del Canale di Suez, Walid Gamal el Din, alla Conferenza di cooperazione e scambio tra Egitto e Cina. Walid ha annunciato il successo dell’esperienza di cooperazione egiziano-cinese nella Zona di cooperazione economica Teda Egitto, nella quale il volume degli investimenti ha finora raggiunto circa 2 miliardi di dollari attraverso la presenza di 150 aziende in molteplici settori industriali e logistici.

    La Zona economica del Canale di Suez è riuscita ad attrarre 128 progetti, in zone industriali e portuali, nel periodo da luglio 2023 a marzo 2024 (compresi progetti che hanno ottenuto l’approvazione finale e progetti che hanno ottenuto l’approvazione preliminare), con un costo di investimento superiore a 3 miliardi di dollari, di cui 40 per cento investimenti cinesi. Tra gli accordi più importanti siglati tra lo sviluppatore industriale Teda-Egitto c’è “un accordo per stabilire un progetto per la produzione di fibra di vetro e poliestere” con investimenti pari a 800 milioni di dollari e una capacità produttiva di circa un milione di tonnellate all’anno, su un’area di 600mila metri quadrati, nell’ambito dello sviluppatore industriale Teda-Egitto nella zona industriale integrata di Sokhna. La capacità produttiva nella prima fase del progetto dovrebbe raggiungere le 300mila tonnellate all’anno, con inizio della produzione nel 2026. L’accordo è stato firmato da Liu Aimin, presidente del consiglio di amministrazione di Teda-Egitto e Teda-Africa, e Ma Jianmiao, vicepresidente della Shin Company.

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