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  • Malpagati e sottostimati, in rivolta gli attori dei videogiochi

    Sottopagati, sottostimati e frustrati. Sono gli attori che danno la voce ai personaggi ai videogiochi e chi di fronte ad un business che vale 200 miliardi di dollari, come scrive il Guardian, ora puntano i piedi e chiedono miglior trattamento economico e anche maggior riconoscimento. Ad accendere la miccia una serie di tweet dell’attrice Hellena Taylor, che ha dato la sua voce al personaggio di Bayonetta, protagonista dei videogiochi Bayonetta e Bayonetta 2, la quale ha detto di aver rifiutato l’offerta di riprendere il ruolo in Bayonetta 3.

    “Un insulto per me”, si legge in uno dei post. L’attrice ha spiegato che le sono stati offerti 4 mila dollari come tariffa forfettaria per il lavoro e nonostante si tratti di videogiochi che hanno incassato oltre 450 milioni di dollari. Per questo grida al boicottaggio del gioco, ‘in segno di solidarietà con le persone in ogni parte del mondo che non vengono pagate il giusto per il loro talento’. Dopo il tweet si sono fatti sentire diversi attori, tra cui Sean Chiplock, voce in ‘The Legend of Zelda: Breath of the Wild’ della Nintendo il quale ha detto di essere stato pagato fino a tremila dollari per gioco.

    Negli Stati Uniti, gli attori doppiatori nei video giochi hanno diritto ad essere rappresentati dal sindacato Screen Actors Guild‐American Federation of Television and Radio Artists e secondo quanto scrive Variety nel 2017 SAG-AFTRA raggiunse un accordo con le compagnie dei videogiochi dopo uno sciopero durato quasi un anno. Questo accordo scade il prossimo novembre. Secondo la tabella delle tariffe Sag-Aftra ferma al 2020, un giorno di lavoro viene pagato poco più di 900 dollari. Si tratta di un lavoro che va oltre la pronuncia di qualche frase da una cabina, a volte è richiesta una vera e propria interpretazione. Mike Hayhurst, direttore di un provider di servizio di voice over, spiega che questi attori sono una parte cruciale dell’esperienza del videogioco e spesso le compagnie di videogiochi fanno di tutto per mantenere una voce di un personaggio in quanto per i giocatori può risultare irritante trovarsi con una voce diversa da quella a cui sono abituati. Sean Chiplock, voce in ‘The Legend of Zelda: Breath of the Wild’ della Nintendo.

  • Class action da 6 miliardi contro la Sony nel Regno Unito

    Milioni di videogiocatori del Regno Unito potrebbero ricevere un risarcimento dal colosso giapponese Sony che dovrà affrontare una class action da 5 miliardi di sterline (6 miliardi di euro) per abuso di posizione dominante nella vendita del software utilizzato sulla sua piattaforma Playstation. L’azione legale è stata depositata presso il Competition Appeal Tribunal di Londra da Alex Neill, la responsabile del sito di tutela dei consumatori Resolver, per conto dei tanti ‘gamers’ britannici.

    L’accusa rivolta al gigante giapponese è quella di addebitare ingiustamente una commissione del 30% su ogni gioco digitale o acquisto dal Playstation Store. Quella lanciata da Neill è una causa organizzata nei minimi dettagli: è stato creato un sito dedicato, che si chiama ‘Playstation, You Owe Us’, e vengono descritti i termini per gli utenti che possono ottenere un rimborso. Si rivolge ai possessori di una console che dal 19 agosto del 2016 hanno fatto acquisti sullo ‘store’.

    Ogni persona potrebbe ricevere, in caso di vittoria di fronte alla giustizia inglese, un rimborso stimato tra le 67 e le 562 sterline (80-670 euro). Soldi che possono fare comodo mentre milioni di famiglie sono alla prese con un’inflazione record, come ha sottolineato Neill, nota nel Regno Unito per essere una paladina dei diritti dei consumatori e per aver portato avanti diverse campagne in loro favore: “I videogiochi sono ora la maggiore forma di intrattenimento nel Regno Unito, prima di TV, video e musica. Le azioni intraprese da Sony hanno un costo per milioni di persone che non possono permettersi di spendere, soprattutto quando siamo nel bel mezzo di una crisi del caro vita”. Si stima che oltre il 60% degli adulti nel Paese giochi regolarmente su una console o su un telefono cellulare. Mentre oltre il 90% dei giovani di età compresa tra i 10 e i 16 anni utilizza regolarmente i giochi online.

    L’impegno nell’organizzare la class action si riscontra anche nello studio legale che la segue, Milberg London, e dal sostegno economico offerto dalla Woodsford, società britannica specializzata nel finanziamento dei contenziosi legali. “Sony ha introdotto una strategia anticoncorrenziale che ha portato a prezzi eccessivi per i clienti e sproporzionati rispetto ai costi sostenuti nel fornire i suoi servizi”, ha detto la legale Natasha Pearman di Milberg. Il colosso giapponese per ora non ha risposto alla richiesta di un commento in arrivo dai media britannici. La battaglia legale appena iniziata di sicuro farà  discutere i tanti fan della console.

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