chimica

  • L’UE limita l’esposizione alla formaldeide nei prodotti di consumo

    La Commissione ha adottato misure per proteggere meglio le persone dal rischio di cancro introducendo un limite massimo di emissione per la sostanza cancerogena formaldeide in una serie di prodotti di consumo.

    Le nuove norme stabiliscono un limite di emissione di 0,062 mg/m³ di formaldeide in ambienti chiusi per i principali prodotti che concorrono alle emissioni, come gli articoli e i mobili a base di legno e l’interno dei veicoli stradali. A tutti gli altri articoli, quali tessili, cuoio, plastica, materiali da costruzione o prodotti elettronici, si applicherà un limite di 0,08 mg/m³. Ciò garantirà un elevato livello di protezione della salute umana, limitando nel contempo l’onere socioeconomico e la necessità di cambiamenti tecnologici per un’ampia gamma di industrie e settori.

    I produttori di articoli in cui è utilizzata formaldeide disporranno di 36 mesi per conformarsi alle nuove norme; le parti interessate avranno quindi tempo sufficiente per conformarsi alle prescrizioni, sviluppare metodi analitici per testare le emissioni e sviluppare prodotti privi o a basse emissioni di formaldeide. Ai veicoli si applicherà un limite di 48 mesi. Inoltre l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, con il sostegno dell’industria e di esperti, elaborerà orientamenti che agevoleranno l’attuazione armonizzata delle condizioni di prova per misurare le emissioni di formaldeide.

    È noto che la formaldeide ha proprietà cancerogene e mutagene e presenta un rischio di tossicità e sensibilizzazione della pelle. È usata principalmente nella produzione di resine, termoplastiche e altre sostanze chimiche, utilizzate a loro volta in una serie di prodotti e applicazioni di consumo, come la fabbricazione di mobili e pavimenti a base di legno, che sono le principali fonti di esposizione dei consumatori alle emissioni di formaldeide negli ambienti chiusi. È usata anche in prodotti tessili e cuoio, parti di veicoli e aerei, schiume, plastica e fibre vetrose sintetiche.

  • Federchimica invoca la crescita tramite una politica chiara per l’industria

    Negli ultimi quattro mesi 2019 la chimica italiana, secondo i dati diffusi in occasione dell’Assemblea annuale di Federchimica, ha visto la produzione restare ferma sui livelli dell’anno scorso e a inizio 2019, ed il presidente dell’associazione delle imprese di categoria (affiliata a Confindustria), Paolo Lamberti, ha richiamato tutti gli associati, e non solo loro, osservando che «è imperativo tornare a crescere».

    La chimica ‘paga’ contrazione del settore automotive, ma non solo quello; tirano infatti soltanto i consumi non durevoli delle famiglie, come cosmetica, detergenza e chimica destinata all’alimentare. E la flessione non riguarda soltanto il mercato italiano, ma anche l’export (-0,3% in valore nel primo trimestre, -0,6% nel solo mercato europeo che pesa circa per il 60% sulle esportazioni della chimica tricolore)

    «Negli anni recenti la Chimica si è dimostrata tra i comparti che meglio hanno saputo resistere al forte calo della domanda interna, con una quota di produzione destinata all’export che supera il 50%; dal 2010, le esportazioni sono cresciute più di quasi tutti gli altri principali produttori europei» ha osservato Lamberti, prima di proseguire: «Tornare a crescere è imperativo. Sono assolutamente necessarie semplificazione normativa e riforma della Pubblica amministrazione, ambiti dove il divario tra l’Italia e gli altri Paesi è massimo. Sono interventi che non generano debito pubblico e non vanno contro le regole europee, ma serve visione e volontà politica per attuarle. Per crescere abbiamo bisogno di investimenti per la ricerca e sviluppo così come della valorizzazione dei nostri centri di eccellenza per rendere attraente l’Italia per i ricercatori, italiani ed esteri».

    Senza citare direttamente il ministro dell’Ambiente, contrario a simili impianti, Lamberti ha osservato che «non si può pensare di fare a meno dei termovalorizzatori: in Italia ne abbiamo solo 39, mentre sono 126 in Francia e 121 in Germania, due Paesi considerati assolutamente virtuosi da un punto di vista ambientale». Ma più in generale, ha proseguito, «servono politiche stabili e di lungo periodo che favoriscano competitività e innovazione. E’ necessario che la politica industriale torni in cima alle priorità europee: auspichiamo la presenza di un Commissario di rilievo in grado di coordinare una vera politica industriale, che incentivi anche nuove eccellenze, in ambito manifatturiero e digitale».

    Di 56 miliardi di euro il valore della produzione della chimica nello stivale, le 2.800 aziende attive nel settore (con circa 110 mila addetti) fanno dell’Italia il terzo produttore europeo e l’undicesimo al mondo.

     

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