Animali

  • Quattro nuovi cuccioli salvati in Somaliland

    A pochi giorni di distanza dalla Giornata Mondiale della Fauna Selvatica, celebrata il 3 marzo, il CCF (Cheetah Conservation Fund) annuncia con piacere che il mese scorso quattro cuccioli di ghepardo sono stati salvati dal commercio illegale di animali selvatici in Somaliland, grazie agli sforzi congiunti del Ministero per l’Ambiente e i Cambiamenti Climatici (MoECC) e del Cheetah Conservation Fund (CCF). I quattro cuccioli sono stati trasferiti al Cheetah Rescue and Conservation Centre (CRCC) del CCF per cure mediche e riabilitazione e ora si stanno adattando alla loro nuova casa.

    Il commercio illegale di animali selvatici è tra le principali minacce per i ghepardi che vivono allo stato selvatico e nel Corno d’Africa la situazione ha raggiunto livelli molto preoccupanti. Secondo le stime, nella regione rimangono in natura meno di 500 ghepardi, tra adulti e adolescenti. Tuttavia, ogni anno tra i 200 e i 300 cuccioli vengono prelevati e commercializzati illegalmente attraverso il Corno d’Africa per soddisfare la domanda di animali da compagnia di provenienza esotica.

    Oggi il CRCC funge da punto di riferimento e centro di riabilitazione per i ghepardi, quasi 100, salvati dal commercio illegale. Nel Corno d’Africa, il CCF è attivo nella lotta al commercio illegale attraverso la promozione di politiche ad hoc, iniziative di ricerca e formazione che coinvolgono le comunità che vivono vicine ai territori dei ghepardi. Inoltre, la ricerca pubblicata dal CCF nel 2023 che evidenziava l’impatto del commercio illegale sul ghepardo dell’Africa nord-orientale, ovvero la sottospecie presente nel Corno d’Africa, ha contribuito a sostenere l’inserimento di quest’ultimo tra le specie “in pericolo” d’estinzione. Nello stesso anno, il CCF ha avviato programmi di formazione in materia di conservazione nella regione di Awdal in Somaliland, al fine di fornire sempre maggiori mezzi di sostentamento alle popolazioni rurali e promuovere la coesistenza con la fauna selvatica. Attualmente, sempre in Somaliland, è in corso anche la costruzione di un nuovo complesso educativo presso il Cheetah Rescue and Conservation Centre (CRCC): primo del suo genere nella regione, l’innovativo complesso educativo si focalizzerà sulla conservazione del ghepardo nordafricano, offrendo spazio per un’ampia gamma di programmi formativi indirizzati alle comunità locali e no.

  • In 50 anni ridotta del 73% la popolazione animale

    Il 3 marzo è, dal 1973, la giornata mondiale dedicata alla fauna selvatica. In quell’occasione venne sottoscritta la convenzione di Washington sul commercio di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione. Pur non sempre rispettata segnò un passo decisivo nel sancire che la natura è patrimonio di tutti e che deve essere tutelata a livello globale.

    Purtroppo il rapporto sia del WWF che della società zoologica di Londra, uscito ad ottobre, certifica che negli ultimi cinquanta anni si è perso il 73% della popolazione animale e che un milione di specie sono a rischio.

    Si spende troppo poco per aiutare e difendere la natura e molti, come gli Stati Uniti, sono vicini ad un ulteriore disimpegno dimenticando due fattori, uno economico e l’altro, ancora più importante, vitale.

    Senza l’equilibrio dell’ecosistema non c’è in futuro vita neppure per l’essere umano, per quanto riguarda l’aspetto economico vi sono diversi paesi che proprio dalla natura e dagli animali ricavano un importante introito anche dal punto di vista del turismo.

    A Ginevra le Nazioni Unite propongono di mobilitare 200 miliardi all’anno con approcci innovativi per convertire i debiti nazionali in fondi per la conservazione perché la perdita di biodiversità è una minaccia anche per la stabilità finanziaria.

    Speriamo che questo sia chiaro anche a coloro che vorrebbero sterminare lupi ed orsi invece di organizzare i territori ed educare le persone alla reciproca convivenza.

  • Riflessioni e notizie, in attesa che la politica si muova

    Ci sono notizie che portano a riflessioni dalle quali dovrebbero poi discendere delle azioni della politica perché, come quelle delle quali scriviamo, sono notizie che la politica non può non conoscere.

    Cosa impedisce alla politica, governo ed opposizione, di chiedere all’Enci, a fronte del suo cospicuo patrimonio, del quale anche la televisione ha parlato, un aiuto per risolvere la grave situazione di alcuni rifugi per animali abbandonati? L’Enci dipende dal Ministero dell’Agricoltura ma quali controlli fa il Ministero sulla gestione dell’ente?

    Cosa impedisce alla politica di chiedere all’Enci un codice di comportamento per gli allevatori suoi iscritti che imponga di vendere i cuccioli solo con il certificato di buona salute dei genitori per garantire che non siano affetti da displasia o da altre malattie genetiche? Questo dovrebbe già essere un compito insito nella stesso scopo per il quale l’ente è nato, dovrebbe ma non è.

    Cosa impedisce che i soldi derivanti dalle sanzioni amministrative, dai sequestri effettuati dai carabinieri del Nas, per un valore che lo scorso anno sembra abbia raggiunto più di quattro milioni e mezzo di euro, siano utilizzati per migliorare le condizioni degli animali abbandonati ed incentivarne l’adozione, magari dando un contributo per le cure sanitarie? Questa cospicua cifra non potrebbe essere utilizzata per abbassare finalmente l’iva per le cure veterinarie, le medicine ed il cibo? Quanti anziani rischiano di abbandonare il proprio animale da compagnia per colpa del continuo aumento del costo della vita che ovviamente colpisce anche i costi per il mantenimento di un cane o di un gatto?

    Il problema delle zoomafie, delle vendite illegali di animali sulla rete, il traffico di cuccioli dall’estero, dei combattimenti tra cani, delle corse irregolari di cavalli sono solo alcuni dei tanti problemi dei quali le nostre forze di sicurezza si devono ogni giorno occupare.

    Sarebbe almeno un piccolo passo avanti se si facesse chiarezza sulla gestione di decine di rifugi e canili nei quali gli animali sono in continuo pericolo di vita o sulla conduzione di allevamenti dove vi è un eccessivo imparentamento che porta a malattie genetiche che condannano l’animale a costanti sofferenze e i suoi proprietari a costanti spese.

    Riflessioni, notizie, chissà se la politica si muoverà.

  • Avvelenati quattro lupi a Levico Terme: urge una risposta immediata e strutturale

    Il recente avvelenamento di quattro lupi nei pressi di Levico Terme, in Trentino, rappresenta un grave episodio che solleva interrogativi sulle strategie di gestione della fauna selvatica e della sicurezza ambientale in Trentino. Si tratta di un atto illegale che non solo mette a rischio la biodiversità, ma compromette anche la qualità e la sicurezza degli ecosistemi locali.
    L’avvelenamento, oltre a causare la morte degli animali direttamente colpiti, rappresenta una minaccia per l’intera catena alimentare e per la salute pubblica. La dispersione di sostanze velenose nell’ambiente può infatti avere ripercussioni su altre specie animali, domestiche e selvatiche, nonché sugli esseri umani.
    In questo contesto, sollecitiamo una chiara presa di posizione da parte dei sindaci dei comuni coinvolti e della Provincia Autonoma di Trento. In particolare, chiediamo all’Assessore Roberto Failoni, di esprimersi con fermezza per condannare un crimine gravissimo che getta un’ombra sull’intera Provincia. È necessario che le istituzioni condannino con fermezza questo crimine orribile e avviino un’indagine approfondita per individuare i responsabili, garantendo che simili episodi non si ripetano.
    Un aspetto critico è la gestione delle bonifiche ambientali. Ad oggi, la Provincia di Trento, al contrario di altre regioni alpine, non dispone di nuclei cinofili anti-veleno, moderni strumenti indispensabili per localizzare e rimuovere con precisione eventuali esche o residui tossici. La mancata istituzione di queste unità operative rappresenta una gravissima lacuna che va colmata con la massima urgenza.
    È inoltre fondamentale investire in campagne di sensibilizzazione e formazione rivolte alla popolazione locale per promuovere una maggiore consapevolezza sull’importanza della convivenza con la fauna selvatica in cui anche noi, come Associazioni, proveremo a fare la nostra parte. Tali azioni, combinate con un potenziamento delle attività di monitoraggio e controllo, possono contribuire a mitigare i conflitti uomo-animale e prevenire atti di bracconaggio o avvelenamento.
    Ribadiamo infine che la tutela del lupo, specie protetta a livello nazionale ed europeo, non è solo un obbligo legislativo, ma anche una responsabilità etica e ambientale. La conservazione della biodiversità è un elemento chiave per garantire la stabilità degli ecosistemi e il benessere delle future generazioni.
    Invitiamo le istituzioni a intervenire prontamente, rafforzando gli strumenti normativi e operativi per la tutela dell’ambiente e per garantire giustizia in questo caso specifico.
    Comunicato stampa a firma delle Associazioni Ambientaliste Io non ho paura del lupo, WWF del Trentino, ENPA del Trentino, LIPU Sezione Trento

    #iononhopauradellupo

  • Reati contro gli animali: leggi e cultura del rispetto

    In novembre il Parlamento ha approvato, in prima lettura, una proposta di legge di modifica del codice penale e di procedura per migliorare la disciplina in materia di reati contro gli animali.

    Dobbiamo però ricordare, in attesa della definitiva approvazione, che inasprire le pene non basta, Infatti, nonostante le precedenti leggi in materia, del 2004 e del 2010, non si è avuto un sensibile calo dei maltrattamenti, spesso molto gravi, contro gli animali.

    La Corte di Cassazione, nel 2016, aveva sancito che il legislatore, inserendo il concetto di sofferenza dell’animale, aveva espresso la scelta di considerare gli animali come esseri viventi suscettibili di tutela diretta.
    Nella nuova proposta di legge, approvata in prima lettura, si prevede che la tutela penale avrà per oggetto ogni singolo animale in quanto essere senziente e perciò soggetto riconosciuto e protetto dall’ordinamento penale, a prescindere dal suo eventuale legame con l’essere umano.
    Tra i principi fondamentali della nostra Costituzione la tutela degli animali fa parte dei principi supremi, che appartengono all’essenza dei valori sui quali poggia  la Costituzione italiana.
    In verità però sono ancora troppi i casi nei quali le violenze sugli animali non trovano la giusta corresponsione delle  pene previste e, sempre troppo spesso, sono solo le associazioni animaliste a fare le denunce e a costituirsi nei procedimenti.
    Inoltre le norme sono completamente disattese in molti campi, basti pensare a quegli allevamenti intensivi dove gli animali sono trattati con estrema brutalità e le condizioni sono tali da poter portare anche conseguenze negative agli umani.
    Né può essere dimenticato come vi siano ancora casi di vivisezione, di sperimentazione cruenta, di sevizie ed abbattimenti ingiustificati di animali selvatici.
    Abbiamo bisogno di leggi adeguate e giuste e in parte ne abbiamo ma se non si applicano sono inutili, restano buone intenzioni sulla carta.

    Se insieme  a nuove leggi, ed alla loro celere applicazione, non saremo capaci di estendere, a tutto campo, partendo dalle scuole, la cultura del rispetto verso gli altri esseri senzienti che abitano la terra e che, con la loro esistenza, garantiscono l’equilibrio dell’ecosistema e la nostra stessa vita, non impediremo le tante inutili sofferenze che gli animali subiscono ogni giorno e sempre di più creeremo problemi anche a noi stessi.

  • Una Regione non potrà decidere in autonomia se e quanti lupi uccidere

    Si continua a parlare, molto a sproposito e sempre con toni troppo accesi, del lupo, anche noi torniamo sull’argomento rifacendoci ad una intervista rilasciata in autunno all’agenzo Adnkronos da Luigi Boitani, a livello mondiale uno dei più famosi esperti sul lupo.

    Il professore sottolinea quanto sia dannoso e tecnicamente poco utile abbassare il grado di protezione del lupo in Europa. Non è vero, ricorda il prof. Boitani, con la sua esperienza alla cattedra di zoologia all’Università La Sapienza di Roma, che il Consiglio europeo abbia approvato l’abbattimento del lupo, ha solo approvato che si chieda alla Convenzione di Berna di abbassare il grado di tutela della specie. All’interno della Convenzione di Berna la Commissione europea ha la maggioranza con 27 voti; se grazie a questi voti la proposta passerà bisognerà poi modificare la direttiva Habitat e cioè quella normativa europea sulle specie e gli habitat in pericolo.

    E modificare una direttiva non è certo cosa rapida.

    E’ perciò evidente che, per cambiare gli elenchi delle specie protette dalla direttiva, la Commissione dovrà predisporre una proposta che andrà poi approvata all’unanimità dagli Stati membri, basta che un Paese si opponga e tutto si blocca. Già ora comunque i lupi sono abbattuti: basta pensare ai 250 eliminati in Francia.

    All’interno della Ue ogni Paese ha un suo modus operandi: la Spagna, che ha circa 3000 lupi, è contraria a qualsiasi tipo di controllo della popolazione e così pure la Polonia; ci sono invece Paesi che, come la Svizzera (Paese extra-Ue ma confinante con tutti Paesi della Ue e che apparentemente dice di essere rispettosa di verde e natura), stanno praticamente sterminando tutti i branchi.

    Per Boitani il vero pericolo è che, come sempre, quando si tratta del lupo, non si riesca a trovare la giusta via di mezzo, che vuol dire avere il numero di lupi necessario all’equilibrio e alla sopravvivenza dell’ecosistema, insegnare agli allevatori come proteggersi e ricordare che il lupo è l’unico vero strumento per contenere il proliferare degli ungulati, cinghiali in testa.

    Il professore ricorda ancora come in tutto l’Appennino centro-meridionale siano presenti ovunque cani pastore, mezzo di prevenzione, e come da sempre quelle popolazioni siano abituate a vivere e lavorare a fianco del lupo mentre gli allevatori del Nord Italia o del Nord Europa, tipo Olanda, non sono abituati a quel lavoro in più che comporta il gestire un cane da guardiania, mettere recinti elettrici e stalle per il ricovero degli animali.

    La Commissione europea ha dato molti fondi al mondo dell’agricoltura e dell’allevamento, sia per i cani che per i ricoveri in montagna nei quali possono dormire i pastori. La convivenza col lupo va perciò «vista in un’ottica di compromesso» attraverso «un piano che dia al lupo la certezza di non estinguersi e all’uomo quella di come e dove praticare la pastorizia».

    Senza polemica ma in maniera molto secca il professore aggiunge: «Se poi viene fuori l’Alto Adige che dice che il 98% del suo territorio non è adatto al lupo è evidente che non c’è possibilità di dialogo».

    In Italia nel 2015 fu redatto un piano, dopo 10 anni la conferenza Stato-Regioni non lo ha ancora valutato. Vi sono comunque Stati che premono per la libertà di abbattimento, senza richieste di deroghe, tra i quali: Italia, Svezia, Austria. E alla fine anche la Germania ha contribuito a determinare la maggioranza che ha fatto passare la richiesta di modifica dello status del lupo.

    In ogni caso va mantenuto lo stato di conservazione favorevole, perciò in ogni caso una Regione non potrà decidere in autonomia se e quanti lupi uccidere, è lo Stato nazionale a mantenere il ruolo decisionale.

  • Nel Cuore del Somaliland la missione del CCF per i Ghepardi

    Ancora cuccioli erano stati ritrovati con azioni di intelligence e affidati immediatamente al Cheetah Conservation Fund in Somaliland. Sono i 95 ghepardi sopravvissuti, poiché molti di loro non ce l’avevano fatta, che da quasi cinque anni vivono al CCF e che oggi, grazie alle terapie somministrate che garantiscono loro uno stato di buona salute, sono continuamente monitorati. Avevano subito serissimi danni durante le catture, dalla malnutrizione alla disidratazione, dalla presenza di parassiti a ferite, contusioni, legature alle zampe. Alcuni di loro hanno subito danni irreversibili, come Hanuman che ha subito l’amputazione della coda (a causa di una probabile porta chiusa senza attenzione dai bracconieri). Per questo motivo, i ghepardi, che sono di proprietà del governo, devono restare nel Paese e affidati solo al CCF che se ne assume tutte le responsabilità.

    Attualmente nel centro ci sono 25 recinzioni di dimensioni notevoli che contengono diversi gruppi di ghepardi, spesso fratelli, che vanno dagli undici mesi ai 5/6 anni, ma sempre rigorosamente separati tra maschi e femmine.

    Betty von Hoenning, responsabile del CCF Italia e amica del Patto Sociale, in questo periodo in Somaliland e in Namibia, ci fa sapere che le cure quotidiane sono abbastanza lunghe al mattino e meno nel pomeriggio, alle 6,30 è fresco, il sole sorge e si lavora bene fino alle 11 circa, perché il rischio di contaminazione è alto quando si tratta di animali selvatici.

  • Gli animali domestici fanno risparmiare 4 miliardi alla sanità pubblica

    Amici a quattro zampe come farmaci e antidoto alla solitudine degli anziani, ma anche efficace soluzione che porta a un consistente risparmio per le casse della sanità pubblica, circa 4 miliardi l’anno, e a una riduzione del 15% delle visite mediche.

    Gli effetti benefici per la salute e il benessere degli over65 della relazione con gli animali domestici è tra i temi al centro del 69esimo Congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg), in corso a Firenze.

    L’introduzione di interventi assistiti con gli animali negli over65, affermano i geriatri sulla base di vari studi scientifici, ha infatti un’azione benefica su demenza, ansia e depressione, ma anche la semplice compagnia di un animale domestico stimola l’attività motoria e porta a vere e proprie modificazioni fisiologiche come l’abbassamento della pressione e il rallentamento del ritmo cardiaco e respiratorio, con effetti protettivi da infarto e ictus. Tutto ciò si riflette in una riduzione del 15% delle visite mediche e in un minor impatto della spesa farmacologica, con un risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale stimato in circa 4 miliardi di euro. Avere un amico a quattro zampe, dunque, “toglie il medico di torno”: cani, gatti e conigli, non sono soltanto compagni di vita in grado di colmare un senso di solitudine, soprattutto durante le festività natalizie, ma anche un distillato di benefici per la salute. Il loro effetto può essere infatti paragonato a quello di un farmaco antipertensivo, antidepressivo, antidolorifico.

    Sono ormai tanti gli studi scientifici che elencano i vantaggi di ‘Dottor Fido’ e compagni, non solo per gli anziani in buona salute, ma anche per la cura di specifiche patologie a cui può essere applicata la pet-therapy come terapia complementare. Una realtà che si sta consolidando in Italia anche grazie alla recente nascita dell’associazione VETeris che vede per la prima volta la collaborazione tra geriatri e veterinari, con l’obiettivo di definire le specifiche modalità degli interventi assistiti con animali rivolti alla popolazione geriatrica.

    Il dato che ora emerge, certificato dalla pratica clinica, afferma Andrea Ungar, presidente Sigg e VETeris, «è che lo stimolo all’attività motoria derivato dal rapporto di accudimento dell’animale da parte dell’anziano porta a vere e proprie modificazioni dei parametri fisici come abbassamento della pressione, rallentamento del ritmo cardiaco e respiratorio, fino alla riduzione di colesterolo e trigliceridi, con meno attacchi cardiaci e mortalità per malattie cardiovascolari. Una ricerca pubblicata sulla rivista Circulation ha infatti evidenziato che avere un cane riduce del 33% il rischio di morte nei pazienti reduci da infarto che vivono soli». La capacità degli animali di sviluppare un complesso sistema comunicativo non verbale con gli esseri umani, che nulla ha a che fare con il linguaggio e la memoria, competenze spesso compromesse in presenza di demenza, sottolinea Marco Melosi, vicepresidente VETeris, «è alla base del loro utilizzo come terapia complementare, soprattutto negli anziani con difficoltà cognitive o con patologie psichiatriche. Infatti, anche una semplice azione, come accarezzare l’animale, ravviva i meccanismi cerebrali dell’attenzione e stimola il coordinamento psicomotorio».

    A dimostrarlo anche un recente studio condotto da VETeris e l’associazione Humanimal su anziani con demenza lieve residenti in una Rsa di Firenze, nella quale sono stati introdotti interventi assistiti con cani addestrati ad hoc: è stata così osservata una riduzione dei disturbi psico-comportamentali associati alla demenza dell’83,3%. In particolare, “essere soli a Natale può aumentare ansia e depressione anche nell’anziano senza patologie – sottolinea la geriatra Chiara Mussi -. In queste situazioni il contatto con un animale può essere un antidoto”. Tanto che, ricorda Maria Chiara Catalani di VETeris, «lo scorso anno è stato approvato in Senato un emendamento proposto da Sigg e VETeris che ha introdotto il principio di promozione del mantenimento degli animali domestici per contrastare la solitudine, preservare l’indipendenza e mantenere una buona qualità di vita degli anziani».

  • Attenti al lupo

    Anche in questi giorni sono comparsi articoli che sembrano vere e proprie sentenze contro i lupi, fortunatamente altri hanno riportato la questione alla realtà ma intanto continuano le azioni di bracconaggio che colpiscono soprattutto i lupi dispersi o i più giovani, ancora sprovveduti rispetto ai pericoli rappresentati dal mammifero a due gambe.
    Molti altri lupi sono uccisi dalle macchine, anch’io questa mattina ne ho trovato uno sul ciglio della strada e ho chiamato l’ambulanza veterinaria del centro per la cura degli animali selvatici perché venisse a prenderlo.
    Si trattava di una femmina ancora molto giovane, probabilmente non arrivava all’anno
    di età.
    In un dossier del comandante dei Carabinieri  forestali del gruppo di Parma si legge molto chiaramente che ”il lupo è un importante fattore nella riduzione del numero di cinghiali e di conseguenza della diffusione della peste suina, di caprioli e di altre specie che negli anni sono proliferate”.
    Nel dossier si evidenzia anche che le morti di alcuni cani possono essere attribuite “più che al lupo ai cinghiali”.
    La nota della Prefettura di Piacenza ha messo in rilievo come “i danni eventualmente provocati dai lupi sono integralmente risarciti e sono anche compensati dagli effetti positivi per l’agricoltura con il contenimento della fauna selvatica”.
    Qualche agricoltore ed allevatore ha anche ammesso che i lupi sono  stati e sono essenziali  per l’abbattimento delle nutrie che scavando le tane negli argini di fiumi e dei canali creano rilevanti problemi.
    Perciò, cari lettori, attenti al lupo, attenti a non investirlo e se ne trovate uno in difficoltà chiamate i carabinieri o il centro per gli animali selvatici più vicino a voi, attenti al lupo cioè siate anche voi portatori del messaggio per quella pacifica convivenza che salva l’ecosistema e perciò la nostra vita.

  • Il Kenya chiede di valutare anche l’impatto sugli animali dei mutamenti climatici

    Il Kenya ha lanciato un appello per portare sul tavolo di discussione sulla crisi climatica anche la fauna selvatica, minacciata dalla mancanza d’acqua o dalla riduzione dell’habitat. Specie iconiche come elefanti, rinoceronti bianchi e neri, leoni, iene, ghepardi e molti altri rischiano letteralmente di scomparire, vittime degli impatti del cambiamento climatico. il quotidiano The Star cita il segretario per la fauna selvatica del ministero del Turismo del Kenya, Shadrack Ngene, secondo il quale “le discussioni sulla fauna selvatica dovrebbero essere parte dell’agenda poiché anche loro subiscono gli impatti del cambiamento climatico come noi”.

    Il censimento del 2021 ha mostrato che il Kenya ha 36.280 elefanti, rinoceronti neri (897), rinoceronti bianchi (842), rinoceronti settentrionali (2), leoni (2.589), iene (5.189), ghepardi (1.160), licaoni (865) e bufali (41.659). Altri animali sono la giraffa Masai (13.530), la giraffa reticolata (19.725), la giraffa della Nubia (938), la zebra comune (121.911), la zebra di Grevy (2.649), l’eland (13.581), l’alcelafo (7.332), lo gnu (57.813) e la gazzella di Grant (66.709). Tuttavia, gli impatti del cambiamento climatico minacciano di spazzare via queste specie iconiche: il 5 novembre 2022, il Wildlife research and training institute (Wrti, l’ente keniano che si occupa dei parchi e della fauna selvatica) ha pubblicato un rapporto che mostrava che la maggior parte di queste specie erano morte a causa della mancanza di acqua e pascoli.

    “Come Dipartimento di Stato, stiamo facendo ciò per identificare tutte le misure di mitigazione, adattamento e resilienza necessarie, e poi stanziare un budget per esse in modo da poter anche mobilitare le risorse necessarie per garantire che il settore della fauna selvatica possa affrontare i problemi legati al cambiamento climatico” ha detto Ngene, annunciando che il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici nel settore della fauna selvatica per il Paese sarà lanciato l’anno prossimo.

    Il Wrti, in uno studio, mostra che nelle precedenti due stagioni (da ottobre 2021 a maggio 2022) il Paese ha ricevuto precipitazioni inferiori alla media e sono stati registrati più di 1.000 decessi: le specie più colpite sono gli gnu, le zebre comuni, gli elefanti, le zebre di Grevy e i bufali, con gli ecosistemi di Amboseli, Tsavo e Laikipia-Samburu che sono stati i più colpiti. Secondo le statistiche, in quel periodo sono morti 512 gnu, 381 zebre comuni, 205 elefanti, 49 zebre di Grevy e 51 bufali. È già in corso una seconda fase del censimento nazionale della fauna selvatica.

    Un articolo della rivista online The Conversation Africa riferisce che dal 1960 a oggi la temperatura media delle pianure keniane del Masai Mar è aumentata di 5,3 gradi, che è calata la disponibilità di acqua e dunque anche la vegetazione e che gli animali sono sempre più in lotta, sia tra loro che con l’uomo, per la disponibilità di risorse idriche.

    Attualmente il governo del Kenya protegge il 19% del suo territorio, di cui l’8% è costituito da parchi e riserve e l’11% da riserve comunitarie o private: Ngene ha detto che lo Stato ha dovuto fornire un’alimentazione mirata per alcune specie di animali selvatici come la zebra di Grevy durante la siccità e ha detto anche che il Paese sta cercando di espandere le riserve comunitarie dall’11% al 20% entro il 2030, potenziando le aree per la cattura della Co2 e promuovendo un turismo sostenibile attraverso la governance e i piani di utilizzo del territorio. “Il settore della fauna selvatica nel paese contribuisce molto al raggiungimento di ciò che vogliamo ottenere in termini di mitigazione del clima, adattamento e resilienza” ha detto Ngene: il Kenya ospita 25.000 specie animali, tra cui molti grandi mammiferi, 7.000 specie di piante e 2.000 specie di funghi e batteri.

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