Animali

  • Tupuka, una storia di coesistenza

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del CCF (Cheetah Conservation Fund)

    Verso la fine di agosto il Cheetah Conservation Fund è intervenuto in una fattoria in Namibia per prelevare un ghepardo maschio che era stato trattenuto dall’allevatore perché, sebbene non avesse cacciato che animali selvatici, il felino si era avvicinato troppo al kraal, il recinto all’interno del quale venivano allevati i vitelli. Portato il ghepardo nella nostra clinica, lo staff lo ha sottoposto ad esami, in seguito ai quali si è potuto stabilire che l’animale era sano, pesava 42 kg e aveva un’età stimata di 4 o 5 anni. Inoltre, gli sono stati prelevati campioni di pelo e sangue, è stato somministrato il vaccino antirabbico e applicato un collare di localizzazione.

    Parallelamente, lo staff ha instaurato una collaborazione con l’allevatore che ha infine deciso di aderire al cosiddetto “Sistema di Allerta Rapido” (Early Warning System), un programma elaborato dal CCF che prevede l’utilizzo di dispositivi satellitari GPS dotati di funzioni di geofencing. All’interno dell’unità GPS è creato un recinto virtuale che corrisponde al territorio di proprietà dell’allevatore. Ogniqualvolta che il dispositivo rileva una “breccia” nel recinto virtuale, l’allevatore riceve tempestivamente un alert che gli permette di prevenire qualsiasi potenziale minaccia al suo bestiame senza ricorrere a metodi drastici o letali, consentendo al contrario la convivenza tra uomo e ghepardo.

    La Namibia ospita la più grande popolazione selvatica di ghepardi, la maggior parte dei quali vive al di fuori delle aree protette, aggirandosi per lo più nei pressi di aree coltivate e ritrovandosi a condividere il territorio con le comunità locali e gli animali domestici. Oggi però approcci innovativi, quali il Sistema di Allerta Rapido, stanno facendo la differenza nella coesistenza tra uomo e grandi predatori.

    Il ghepardo protagonista di questa storia è stato rilasciato a metà settembre nella riserva del CCF, vicino alla fattoria dove era stato trattenuto. La sua esperienza testimonia i risultati che si possono raggiungere quando gli sforzi di conservazione e le comunità locali operano nella stessa direzione: la conoscenza sostituisce la paura, la coesistenza pacifica sostituisce il conflitto. L’allevatore e la sua famiglia hanno deciso di dare un nome a quello che oramai non è più visto come un nemico: Tupuka che in lingua herero significa “colui che corre”.

  • Ancora violenze contro gli animali, la nuova legge sarà applicata?

    Ancora violenze anche sugli animali: una femmina di pastore tedesco, di 5 anni, è stata trascinata per 6 chilometri da un pregiudicato su un motorino e con un collare a strozzo che le impediva anche di tentare di rallentare.
    Soltanto alla fine il tempestivo intervento di un passante, e poi delle Forze dell’Ordine hanno impedito la morte del cane, di proprietà di un’altra persona, ora è ricoverata, con le zampe distrutte, presso la Usl.
    Non ho commenti da fare, la nostra posizione è più che nota, vedremo ora se la nuova legge, varata da pochi mesi, che sanziona col carcere i maltrattamenti agli animali sarà veramente applicata sia contro il delinquente che la trascinava col motorino che contro il proprietario del cane o se, anche in questa occasione, la magistratura rimetterà in libertà chi compie violenze e delitti.
    Sappiamo tutti che chi è violento contro un animale è violento contro gli esseri umani, specie quelli più deboli, così come sappiamo che chi è violento contro una donna facilmente, prima o poi, la ucciderà, le leggi in parte ci sono, anche se vanno migliorate ed adeguate alla realtà, ma, purtroppo, troppe volte non sono applicate immediatamente.
    Ci auguriamo che la femmina di pastore tedesco possa riprendersi e trovare un compagno umano che la tratti con affetto, se fossimo noi a decidere il pregiudicato, che l’ha trascinata per sei chilometri, prima di essere portato in prigione dovrebbe essere costretto a correre, legato, dietro ad un motorino perché la prigione non basta, chi procura dolore deve provare dolore.

  • Cervo reale e lupi insieme per conservare l’ecosistema

    Ormai la maggioranza delle persone, se non sono, per interesse o ignoranza negazionisti ad oltranza, sanno che la sopravvivenza dell’essere umano è strettamente legata a quella dell’ecosistema e che l’ecosistema vive, benché ammalato, se vivono le varie specie esistenti sulla terra.

    Il censimento degli animali selvatici rientra tra le attività necessarie a mantenere l’equilibrio dell’ecosistema.

    In Italia si è recentemente tenuto, con l’aiuto di centinaia di volontari, nell’Appennino dell’Emilia Romagna e della Toscana, il monitoraggio dei cervi reali e dei lupi.

    Il cervo reale, detto anche cervo rosso, è predato da aquile e lupi, una selezione naturale che contribuisce alla sopravvivenza della razza senza che un’eccessiva espansione possa creare problemi.

    E’ solo dal 2008 che esiste una norma per il censimento organico e basato su dati ricavati dagli appostamenti organizzati.

    I maschi, dei cervi sessualmente maturi, sono individuati tramite i loro bramiti, il suono che emettono nella stagione degli accoppiamenti, questo metodo fu iniziato dallo svedese Prof. Rorlf Langvatn, la stagione degli accoppiamenti è tra la fine di settembre ed ottobre.

    Il censimento termina quando, in primavera, i cervi escono dal bosco, per cercare l’erba nuova dei prati, e così possono essere individuati e contati anche i nuovi nati, le femmine ed i maschi giovani.

    Il monitoraggio effettuato nel Parco Nazionale foreste casentinesi monte Falconara e Campigna aveva dato, nel 2014, la presenza di 690 maschi adulti, nel 2024 i maschi adulti erano ridotti a poco più di 300.

    Nel Parco, ormai da un certo tempo, è arrivato, spontaneamente, il lupo abruzzese, anche per il lupo una parte del monitoraggio avviene attraverso il controllo dei loro ululati che sono sollecitati con un apparecchio che lancia degli ululati già registrati e che poi nuovamente registra gli ululati che i lupi emettono per rispondere.

    Nel parco è presente una popolazione di circa 120 lupi, numero stabile da dieci anni, il che dimostra come sono infondate le paure per una proliferazione esagerata di questi carnivori ai quali dobbiamo la caccia selettiva e la pulizia dei boschi quando mangiano le carcasse degli animali morti.

    I lupi sono controllati anche attraverso lo studio del Dna, che si trova nei loro escrementi, e con le fototrappole che studiano i comportamenti e le modalità di caccia, una caccia che ha ridotto il numero degli ungulati la presenza dei quali, se eccessiva, crea problemi alla vegetazione spontanea, alla crescita degli alberi giovani, perciò all’ecosistema ma anche all’agricoltura.

  • Anche i gatti hanno molto da dirci

    Per molto tempo si è creduto che i gatti fossero animali super individualisti, non interessati più di tanto al rapporto con gli altri e privi di espressioni facciali.

    Poi i gatti sono entrati, dai cortili e dalle campagne, nelle nostre case, il rapporto con l’uomo non è più stato solo di tipo utilitaristico, come la caccia a topi ed ad altri animaletti dannosi per la conservazione del granì e degli altri alimenti, ed abbiamo cominciato ad osservarli meglio.

    Nell’antico Egitto forse avevano già scoperto quello che a noi è diventato chiaro solo ultimamente, gli egizi infatti amavano a tale punto i loro gatti da farli, da morti, seppellire nelle loro tombe e da avere divinità con la testa di gatto.

    Oggi nuovi studi hanno provato che i gatti usano il loro musetto per comunicare ed imitano le espressioni degli altri individui della loro specie per creare legami sociali.

    Con l’intelligenza artificiale i ricercatori hanno identificato diverse espressioni, ventisei movimenti facciali, che i gatti usano, oltre al linguaggio corporeo e alle vocalizzazioni, per comunicare con i loro simili ma anche con i loro compagni bipedi.

    Gli scienziati sostengono che i gatti usano moltissime espressioni diverse, la maggior parte legate a comportamenti amichevoli mentre con un 37% dimostrano aggressività.

    Spesso è durante il gioco o la reciproca pulizia che avvengono espressioni imitative dell’altro.

    Lo studio dimostra perciò che non è vero che i gatti non socializzano, certo non hanno sistemi sociali tipo quelli dei lupi, in libertà non vivono in branchi con regole così evidenti, la loro socialità è più complessa ed è ancora in gran parte da studiare ma esiste.

    In un gruppo di gatti che vivono liberi, o anche in casa se si hanno più gatti, vi è sempre un gatto predominante e la madre che accudisce i cuccioli segue regole precise così come i piccoli, crescendo insieme, adottano comportamenti di reciproca collaborazione.

    Guardiamoli più attentamente perché anche i gatti hanno molto da dirci ed anche da insegnarci.

  • Apre il Centro di Studi e Formazione del Cheetah Conservation Fund

    Elettrizzanti notizie ci giungono dal Somaliland, dove ha finalmente aperto le porte il Centro di Studi e Formazione professionale. Grazie al supporto della Royal Commission for Al-Ula, il centro d’eccellenza sarà un hub per la formazione e l’addestramento professionale nell’ambito della conservazione e offrirà programmi immersivi per i visitatori provenienti non solo dal Somaliland, ma da tutto il Corno d’Africa. Il Centro, che si estende su una superficie di oltre 4.500 mq, ospita un’area di accoglienza, uffici e sale riunioni, aule all’aperto e al chiuso, oltre a un refettorio, a dormitori e a un grande cortile centrale.

    Realizzati da SDI Architecture in collaborazione con Detour Habitats, gli edifici del Centro sono adiacenti al CRCC (Cheetah Rescue and Conservation Centre), all’interno della riserva a un’ora da Hargeisa. Per questo progetto il Cheetah Conservation Fund ha lavorato con la designer Prasanna Lachagari, già nominata tra i Forbes 30 Under 30, che con il suo team di lavoro ha realizzato strutture sostenibili capaci di affrontare le sfide naturali e climatiche tipiche del Somaliland, tra cui il caldo soffocante e i venti forti, dotate di sistemi di raffreddamento passivi e caratterizzate da basso impatto ambientale.

    «L’apertura del Centro di Studi e Formazione professionale rappresenta per noi la base su cui costruire un futuro in cui uomo e fauna selvatica potranno coesistere. Il Centro ci consentirà di replicare in Somaliland il modello di conservazione che con tanto successo abbiamo sviluppato in Namibia e di offrire formazione e competenze in settori fondamentali come la tutela della fauna selvatica, il ripristino di habitat e territori e l’utilizzo di mezzi di sussistenza sostenibili» ha riferito la Dott.ssa Laurie Marker, fondatrice e direttrice del CCF. Dal 2022, infatti, il CCF lavora in Somaliland dove si prende cura di ghepardi salvati dal traffico illegale e, grazie all’apertura del Centro di Studi e Formazione professionale, potrà ora espandere il raggio d’azione delle proprie attività fino a includere e promuovere il coinvolgimento proattivo delle comunità locali e la sostenibilità a lungo termine.

    Nelle parole di Prasanna Lachagari: «Questo Centro è molto più di un insieme di edifici. È un palcoscenico del possibile. Abbiamo voluto creare uno spazio che riflettesse la dignità della mission del CCF, rispettasse la cultura locale e ispirasse le future generazioni di leader nel campo della conservazione».

  • I fondi di investimento confidano che la tutela della biodiversità porti a rendimenti del 7-8%

    Il mercato, si sa, è il sensore più attento ai gusti della collettività e premia chi è grado di cogliere e soddisfare quei gusti. In un’epoca in cui la tutela della natura è stata posta al centro della sensibilità, Alix Faure, chief sustainable officer del fondo di investimenti Sienna Im, rileva che «preservare e ripristinare la biodiversità richiede investimenti per 700-900 miliardi di euro all’anno fino alla fine del 2030. Capitali che faranno nascere diverse opportunità di investimento, con rendimenti nell’ordine del 7%-8%».

    «E’ importante ricordare che, come stimato dalla Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, più del 50% del Pil mondiale è interessato dalla perdita di biodiversità. E questo rappresenta una minaccia per l’economia a livello mondiale e per la stabilità finanziaria». Sienna è una società che propone soluzioni di investimento studiate per avere un impatto positivo sulla società e sull’ambiente. Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura, più di 28mila specie sono considerate a rischio estinzione, a causa anche del riscaldamento globale, che potrebbe portare alla scomparsa del 30-50% delle specie entro la fine del secolo (stime Ipcc, Intergovernmental Panel on climate change).

    Naturalmente quando un tema va di moda, come è il caso dell’ambiente, il rischio è di incorrere in qualcuno che presenta credenziali ambientaliste che in realtà non ha ed il fenomeno del cosiddetto greenwashing, accreditarsi per rispettosi dell’ambiente più di quanto non si sia davvero, è ben noto. Per questo Faure invita chi vuole investire in questo ambito a prestare «molta attenzione al fatto che la società di gestione esamini le informazioni scientifiche e a come sono misurati i miglioramenti delle aziende incluse in portafoglio. Se qualcuno dichiara di essere un gestore di fondi per la biodiversità deve dimostrare di avere un quadro solido su cui basare la sua ricerca, cosa che noi facciamo. Non solo misuriamo i progressi delle aziende, ma utilizziamo diversi provider per rilevarli, come la canadese Habitat».

    Il fondo lanciato da Sienna Im investirà esclusivamente in Europa, dove ci sono diverse aziende che rispecchiano i criteri di selezione, sottolinea Faure: «il primo tipo di società su cui vogliamo puntare è quello delle realtà che forniscono soluzioni dirette alla sfida della biodiversità. E le aziende agricole rigenerative ne sono un esempio. Poi ci sono le società di transizione, ovvero quelle realtà che hanno bisogno di finanziare la spessa in conto capitale per cambiare il loro modello di business, in modo da avere una migliore impronta di biodiversità. Sono convinta che troveremo molte società che stanno cambiando il processo industriale».

  • Luna cerca casa

    Urgente! Otto mesi, buonissima, ha bisogno di una casa e di affetto per dimenticare i brutti mesi della prima infanzia

     

  • La salute dei nostri amici animali

    L’Italia, come abbiamo già scritto, è uno dei primi paesi in Europa per numero di animali domestici pro capite, in prevalenza gatti e cani, di conseguenza alcuni dei settori economicamente rilevanti, che si sono consolidati sono quelli che riguardano l’alimentazione e la salute dei nostri amici animali.

    Negli ultimi anni vi è stato un incremento di più del 35% dei servizi veterinari e le imprese che si occupano della cura degli animali sono quasi raddoppiate.

    A differenza di quanto avviene nel nord Europa, o negli Stati Uniti, in Italia la quasi totalità degli studi veterinari sono di piccole dimensioni, collegati ad uno o due professionisti anche se, visto l’aumento di richiesta di diagnosi sempre più precise e specializzate, e di conseguenza della necessità di strumenti particolarmente costosi per la diagnostica, è cominciata la tendenza a riunire più specialisti in un unico centro di cura e vi sono anche società che aprono più studi, in varie regioni, sotto la stessa insegna e dando lavoro a centinaia di veterinari e tecnici di laboratorio e radiologi.

    Sono circa 35.000 i medici veterinari in Italia e 8600 gli studi medici ma solo poco più del 2% fa parte di gruppi strutturati nei quali possono essere eseguiti esami con strumenti all’avanguardia come la tac o la risonanza magnetica, e crescono  anche gli ospedali per animali e le strutture per poterli ricoverare provvisoriamente in caso di necessità di cure che non possono essere fatte a casa, secondo il rapporto Assalco Zoomark 2025 il settore delle cure per gli animali d’affezione vale già 7,3 miliardi di euro e di questi 2,5 miliardi sono rappresentati dalla medicina veterinaria.

    Purtroppo a fronte dei milioni di persone che hanno cura dei propri amici animali ne esistono sempre troppe che continuano a maltrattarli, anche in questi giorni la notizia che, nonostante la nuova legge appena uscita sui maltrattamenti agli animali sia più severa prevedendo anche il carcere, in queste ultime settimane vi sono stati diversi casi di sevizie, maltrattamenti e uccisioni.

  • Ogni cucciolo conta: una vita di lotta per i ghepardi

    Quando i cuccioli di ghepardo T-Swift e Kelce sono stati salvati dai trafficanti di animali selvatici all’inizio di quest’anno, i loro nomi, ispirati a due delle più grandi star del mondo, hanno catturato l’attenzione globale.

    Ma al di là dei titoli si cela una storia più profonda, fatta di crescente necessità e impegno a lungo termine per la salvaguardia dei ghepardi, di cui sono stata testimone in prima persona in cinque decenni di lavoro con la specie.

    Nel 2025, anno del nostro 35° anniversario, il Cheetah Rescue and Conservation Centre (CRCC) in Somaliland ha raggiunto un traguardo difficile: ora ci prendiamo cura di oltre 100 ghepardi confiscati. Questo numero rappresenta un impegno crescente, poiché ogni salvataggio segna l’inizio di anni, a volte di una vita intera, di cure dedicate.

    A fine giugno abbiamo ricevuto il terzo gruppo di cuccioli di ghepardo dell’anno. Tra loro, alcuni avevano circa sette giorni di vita, probabilmente i cuccioli più giovani che abbiamo ricevuto finora in Somaliland. La frequenza e la tempestività dei sequestri di quest’anno evidenziano una sfida crescente che mi tiene sveglia la notte. Ho già allevato cuccioli così piccoli. Anche Chewbaaka, uno dei nostri primi ambasciatori, aveva solo pochi giorni di vita quando è stato affidato alle mie cure.

    Quando guardo questi cuccioli minuscoli, che a malapena riescono ad aprire gli occhi, vedo sia dolore che speranza. Che i cuccioli vengano confiscati all’inizio o alla fine del percorso clandestino, ora siamo in grado di gestire meglio le cure superando le terribili condizioni in cui arrivano.

    I nostri progressi sono dovuti ai tempestivi interventi del Ministero, alla maggiore urgenza nell’applicazione delle norme e alla generosità dei donatori che ci hanno aiutato a migliorare la qualità delle cure.

    Il numero di ghepardi attualmente sotto la nostra protezione in Somaliland rimane elevato. Con tassi di sopravvivenza migliorati, ogni salvataggio comporta una maggiore responsabilità a lungo termine. Ogni cucciolo che sopravvive significa anni di cure dedicate, riabilitazione e, si spera, il rilascio in natura, dove appartiene.

    Sfida Chewbaaka Wild Cheetah ha un significato speciale per me. È una storica campagna di abbinamento che aiuta a sostenere l’eredità di Chewbaaka, un cucciolo che è diventato un simbolo di ciò che è possibile nella conservazione dei ghepardi. La campagna di quest’anno, iniziata il 1° luglio, offre ai donatori l’opportunità di raddoppiare il loro contributo fino a 375,000 dollari. Questi fondi sostengono le cure intensive per cuccioli come T-Swift, Kelce e i nostri ultimi arrivati, il nostro nuovo Centro di Formazione * progettato per prevenire futuri traffici tramite attività di sensibilizzazione, e la nostra continua collaborazione con il Ministero dell’ambiente e dei cambiamenti climatici del Somaliland per pianificare future liberazioni di ghepardi.

    Invito i nostri sostenitori a sponsorizzare un ghepardo per fornire riabilitazione e cure a lungo termine, donare durante il La sfida di Chewbaaka per raddoppiare il loro impatto e contribuire a sostenere il ritorno in natura dei ghepardi riabilitati. La nostra missione è preservare i ghepardi in natura. Stiamo preparando questi cuccioli per il futuro. Con il supporto del nuovo Presidente e Ministro dell’Ambiente del Somaliland, possiamo intraprendere i prossimi passi per salvaguardare la popolazione selvatica del Paese.

    T-Swift e Kelce hanno catturato l’attenzione del mondo, e ora è il momento di trasformare quell’attenzione in azioni concrete. Il ghepardo è il mammifero terrestre più veloce, in grado di passare da zero a 110 chilometri orari in pochi secondi. Ma la sua velocità non può superare le minacce che deve affrontare. Un impegno costante e a lungo termine è essenziale per garantirne la sopravvivenza.

    Dopo 50 anni di lavoro con i ghepardi, 35 dei quali dedicati alla guida degli sforzi del CCF per la riabilitazione di animali orfani e feriti, so che ogni individuo è importante. Ogni cucciolo che salviamo rappresenta una speranza per il futuro della specie.

  • La comunità scientifica: il lupo è indispensabile alla vita dell’ecosistema

    Dopo le recenti dichiarazioni del Prof. Luigi Boitani, uno dei più importanti biologi nel mondo e presidente della Large Carnivor initiative for Europe, che seguono alle tante dichiarazioni che più volte ha fatto, ora anche sul quotidiano la Repubblica, si affronta il problema dell’utilità o meno dell’abbattimento dei lupi, problema che ormai da qualche anno è periodicamente riproposto da gruppi e politici più attenti all’interesse dei cacciatori che alla conservazione dell’ecosistema.

    Uno studio americano, cita il quotidiano, pubblicato su Science Advances, e firmato da più ricercatori, sottolinea come l’abbattimento di alcuni lupi di un branco non si traduce in una diminuzione degli attacchi al bestiame d’allevamento ma anzi, rompendo le dinamiche sociali all’interno del branco, visto che i lupi vivono seguendo definite regole sociali, aumenta il rischio di predazioni incontrollate.

    Anche le selezioni che paesi come la Svizzera e la Slovacchia hanno messo in essere, abbattendo un certo numero di lupi, si sono dimostrare assolutamente inefficaci per l’obiettivo prefissato, e cioè diminuire gli attacchi agli animali d’allevamento, per altro proprio allevati per essere uccisi e mangiati dall’uomo.

    Per contenere i danni che i lupi possono provocare le iniziative sono molte partendo da non lasciare immondizie che attirano orsi, cinghiali e lupi, che cacciano i cinghiali e che perciò li seguono fin nell’abitato, non buttare nelle letamaie placente o carcasse di animali morti, tenere controllato il proprio bestiame con adeguati ripari, anche elettrici, e dotarsi di cani da guardiania specializzati per tenere lontani i lupi. Esistono in Italia molti progetti che regalano cuccioli di pastore maremmano/abruzzese.

    Ben 75 Ong si sono rivolte ai 27 paesi dell’Unione Europea per chiedere che si mantenga al lupo lo status di protezione totale, il Portogallo, la Repubblica Ceca, il Belgio e la Polonia hanno dichiarato che manterranno una protezione rigorosa per i lupi.

    In Italia, invece, grazie soprattutto ad alcuni esponenti della Lega, e non solo, da tempo si insiste per gli abbattimenti con palese ignoranza ed indifferenza per quanto è necessario per la salvaguardia dell’ecosistema del quale il lupo è parte essenziale come ricorda la comunità scientifica.

    Gli Stati dell’Unione hanno 18 mesi per recepire o meno la modifica dello stato di totale protezione del lupo, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue il 24 giugno 2025.

    Al momento sono pendenti alla Corte di Giustizia Europea diversi procedimenti giudiziari contro la Commissione ed il Consiglio.

    Sta di fatto che la comunità scientifica europea, che segue il problema anche nel più vasto obiettivo di conservazione dell’ecosistema, evidenzia come la decisione presa sia priva di basi giuridiche e scientifiche ed in netto contrasto con i fondamenti della direttiva Habitat dell’Ue il cui obiettivo era e resta la conservazione della natura in Europa.

    Si continua a parlare di diminuire l’inquinamento per evitare che i cambiamenti climatici diventino una delle nuove, irreversibili, piaghe di questo secolo non si capisce che la salvaguardia dell’ambiente passa attraverso la protezione di tutte le specie viventi, la natura rispetta chi la rispetta ma diventa violenta contro chi la offende.

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