Cibo

  • Toghe&Teglie: la ribollita

    Buone Feste, cari lettori! Sono Donatella Cungi avvocato della nota consorteria Toghe & Teglie, milanese con ascendenze tosco brasiliane: già, proprio un bel mix e questa settimana sono stata prescelta per rappresentare il Gruppo non con la picanha, neppure con una cotoletta impanata ma con una mia versione, per la verità molto classica, della ribollita, tradizionale piatto della cucina toscana, quella cosiddetta povera ma molto gustosa.

    Armatevi di cipolla, carote, sedano ed uno spicchio d’aglio e metteteli a soffriggere preferibilmente in una pentola di coccio con olio di quello buono.

    Poi aggiungete delle patate mondate della buccia e tagliate a tocchetti di grandezza a scelta e due cucchiai di concentrato di pomodoro, arricchite con un altro giro di olio e regolate di sale e pepe.

    Avanzate di qualche minuto nella cottura prima di inserire anche una mezza verza tagliata fine e una quindicina di foglie di cavolo nero (la mia preparazione era per tre/quattro persone) e ci sta un altro giro di olio.

    A parte avrete nel frattempo cotto dei fagioli cannellini con aglio e salvia e con il cui brodo dovrete diluire le verdure senza far mancare l’ennesimo giro d’olio.

    A questo punto passate 3/4 dei fagioli e aggiungete la crema così ottenuta unitamente a 2-3 mestoli di cannellini interi. Lasciate andare, sempre a fuoco moderato, per un’ora poi spegnete e fate riposare.

    Durante il riposo della ribollita prendete una pirofila e metteteci pane toscano (senza sale) raffermo sul fondo sul quale andrete a versare la minestra (non troppo asciutta, mi raccomando!) poi ancora pane e ancora zuppa, olio (sì non deve mancare mai e peggio per il giro vita), sale e pepe ad aggiustare.

    Il tutto va passato in forno preriscaldato a 180 gradi a ribollire per mezz’ora. Se piace si può aggiungere mezzo peperoncino ed il vero trucco è non avere fretta nella preparazione e lasciarla riposare più che si può prima dell’infornata finale.

    Ricetta lunga da realizzare ma non laboriosa e l’impresa merita.

    Stappate per tempo, facendolo respirare, un ottimo rosso toscano e…buon pranzo a tutti!

  • Toghe&Teglie: risotto rape e gorgonzola

    Buona settimana a tutti i lettori, sono Pietro Adami, veronese, uno dei fondatori del Gruppo Toghe & Teglie che tra poco compirà dieci anni: i primi veri freddi suggeriscono piatti a più elevato contenuto calorico che, chissà come mai, sono sempre i più gustosi ed a voi propongo questo risottino frutto della mia personale inventiva; su questa ricetta ragionavo da un po’, immaginando come potesse risultare la combinazione dei sapori, infine mi sono deciso ed il risultato è stato più che soddisfacente, almeno per il mio palato…ed il vostro? Beh, provare per credere.

    Procuratevi delle rape già cotte, lessate, per velocizzare il processo e ponetele in una terrina dove rilasceranno il loro liquido (che a differenza della rapa in sè, ha meno retrogusto di … terra) e conservatelo.

    A questo punto ripassate in un’ampia padella della cipolla tritata finemente con un filo d’olio e mezzo bicchiere di lambrusco (sì, proprio lambrusco!) ed una volta appassita la cipolla, aggiungete il riso (due pugni a testa più uno “per la pentola”: e con le spannometriche quantità abbiamo appena iniziato) e l’acqua delle rape mescolando il tutto a fiamma alta fino a completo assorbimento.

    Ora, fiamma spenta del tutto e riposo per 5-10 minuti.

    Riaccendete il fuoco e proseguite come per un normale risotto, diluendo con brodo di verdure (possibilmente non quello già pronto nel cartone…) ed a metà cottura aggiungete mezzo cucchiaio di miele a porzione e regolate di sale.

    A fine cottura inserite – senza eccedere, a seconda della sapidità – del gorgonzola, fatelo sciogliere e mantecate a fiamma bassa, spegnete e spolverate con del prezzemolo sminuzzato.

    Tutto un po’ strano, eh? Eppure…garantisco per il risultato.

    A presto!

  • Toghe&Teglie: veggie burger

    Buona settimana ai lettori che dovranno accettare il fatto che sia nuovamente una mia preparazione a monopolizzare la rubrica: sono Massimiliano D’Alessandro, avvocato civilista della sezione pugliese del Gruppo Toghe & Teglie, ispirandomi a Jessica Rabbit, mi viene da dire che non sono poi così bravo, è il curatore della rubrica che mi sceglie e mi fa apparire così.

    A proposito! Non si pensi che un tarantino doc possa bestemmiare un piatto realizzato rigorosamente con prodotti della mia terra, un nome che sa di nouvelle cousine anglofona se non – peggio che mai – di ricetta salutista a tutti i costi, magari ispirata, con rigore da ordine monastico cartusiense, ad uno specifico regime alimentare: tutta colpa, pure in questo caso, del curatore della rubrica!

    Chiarisco subito che io preferisco usare i broccoli ma – sfortunatamente – il mio verduraio di fiducia ne era sprovvisto e mi ha raccomandato un cavolfiore: il risultato finale è stato tutt’altro che disprezzabile per cui, se vorrete, potrete provare entrambe le versioni restando immutato il procedimento.

    Ordunque: lessate il cavolfiore o i broccoli (non troppo per evitare lo sfaldamento che riduce tutto ad una pappa), metteteli in un tritatutto, frullatore, robot da cucina – insomma, quello che avete – ed aggiungetevi parmigiano, pangrattato (ma il meglio sono dei taralli sbriciolati che danno una “spinta” in più rispetto al semplice pangrattato), sale, pepe e sminuzzate il composto. Quantità? Ma stiamo scherzando? Si va “a sentimento”.

    Ora formate delle pallotte che, volendo, potete ripassare nel pangrattato (o tarallo sbriciolato), schiacciatele, apritele e mettete in centro un pezzetto di mozzarella fiordilatte o altro formaggio a vostra scelta che diventi filante con la cottura, richiudete e schiacciate dando la forma di un hamburger.

    Per la cottura, spennellate una ampia padella con olio (poco ma buono!) e fate andare gli hamburger qualche minuto per lato, impiattate e, volendo, potrete decorarli ed arricchire il sapore con guacamole, salmone o qualunque altra cosa ispirata dalla vostra fantasia creativa e dalla combinazione corretta dei sapori.

    Statt’ bun!

  • Toghe&Teglie: torta al vino primitivo

    Ben ritrovati, affezionati lettori, sono Consuelo Pinto della vivace sezione tarantina del Gruppo Toghe & Teglie: questa settimana vi propongo un dolce che poteva apparire insolito, almeno fino ad un po’ di anni fa – quando i vini pugliesi venivano considerati buoni, tutt’al più, per il “taglio” di altri più pregiati – una preparazione tra l’impensabile ed il blasfemo: la torta al vino primitivo.

    Eccezionalmente, non solo vi fornirò gli ingredienti ma anche le dosi (non troppo approssimative: anche io in cucina vado a “occhio e sentimento”).

    Dunque, procuratevi: 160 grammi di farina 0 o semola per dolci, 60 grammi di cacao amaro, tre uova, 190 grammi di zucchero, 150 grammi di burro, 100 grammi di vino primitivo, una bustina di vanillina e una di lievito per dolci.

    Passiamo ora alla preparazione, tutt’altro che complicata:

    sciogliete in un pentolino, a 60 gradi circa, il vino, lo zucchero, il cacao e il burro realizzando uno sciroppo e mettetene da parte un bicchiere; utilizzate il restante per un composto a base di uova, farina, lievito e vanillina.

    Impastate per rendere omogeneo il composto e versatelo in uno stampo per dolci, precedentemente imburrato e infarinato e cuocete in forno preriscaldato a 170 gradi circa per 30 minuti al termine dei quali controllate la cottura con uno stecchino: nel caso lasciatela proseguire qualche minuto ancora a seconda dell’esito della verifica.

    Quando la torta sarà cotta, estraetela dal forno e fate sulla sua superfice dei fori, versandovi sopra lo sciroppo messo da parte.

    Fate raffreddare e a temperatura ambiente e sarete pronti per mettere a tavola un dolce capace di stupire anche i palati più esperti.

  • La Commissione europea approva una nuova indicazione geografica italiana

    La Commissione europea ha approvato l’aggiunta dei turioni di asparago verde italiano “Asparago verde di Canino” al registro delle indicazioni geografiche protette (IGP).

    Il nome “Asparago verde di Canino” è riservato ai turioni di asparago verde appartenenti alla famiglia delle Liliaceae. I turioni devono essere pieni (non vuoti) e privi di spaccature. Poiché possono essere consumati nella loro interezza e per l’assenza di scarto, gli asparagi vengono definiti anche “mangiatutto”.

    Questa nuova denominazione sarà aggiunta all’elenco di 1.662 prodotti alimentari già protetti.

  • Toghe&Teglie: rognoncino trifolato

    Buona settimana cari lettori, sono ancora Attilio Cillario – sezione lombarda di Toghe & Teglie – che, dovendo sciogliere l’antico dilemma “lascia o raddoppia?” ho deciso di raddoppiare la mia presenza in questa rubrica nel volgere di pochi giorni con un’altra proposta per il risotto, molto milanese e molto autunnale.

    Diciamo la verità: il risotto allo zafferano si presta benissimo ad una quantità di preparazioni che ne dimostrano la versatilità come accompagnamento di un piatto unico: non solo ossobuco e cotoletta “orecchia di elefante” ma anche – ed è il suggerimento odierno – del rognone trifolato, un’abbinata tradizionale della cucina lombarda.

    Vi risparmierò la ricetta del risotto che dovreste conoscere, è stata pubblicata anche su Il Patto Sociale in differenti versioni compresa quella che qui interessa; farò solo due raccomandazioni: usate sempre il burro chiarificato e possibilmente lo zafferano in pistilli che regala al piatto non solo un’estetica più accattivante ma sapore e profumo sono diversi e più intensi. E’ vero che, recentemente, l’ho visto in vendita a 25.000 € al kilo ma il peso specifico è un nonnulla rispetto alla resa e, proprio per la sua qualità, ne basta infinitamente meno anche per una mezza dozzina di bocche affamate.

    E passiamo al rognone: sulla quantità, come al solito, mi rimetto agli appetiti dei singoli ma diciamo che, parlando di un piatto unico, almeno un etto e mezzo a testa ci vuole e dovrà essere tagliato a fettine molto sottili.

    Dopo “l’affettatura” mettere il rognone a bagno in acqua e aceto per dieci minuti/un quarto d’ora al massimo, dopodichè scolatelo ed inseritelo in una padella per una leggera ed iniziale soffrittura con metà burro, metà olio evo ed uno spicchio d’aglio spellato e schiacciato.

    Dopo un paio di minuti sfumate scegliendo, secondo la preferenza, tra vino bianco, marsala o cognac ed aggiungete un mestolo di brodo di carne.

    Non ve lo dovrei dire perché lo avrete capito, ma ve lo dico a scanso di equivoci: la preparazione deve essere coordinata con i tempi di cottura del risotto…

    Torniamo al rognoncino: quando il brodo sarà evaporato, aggiungete un trito d’aglio e prezzemolo fresco ed una generosa grattata di scorza di limone non trattato, spegnete il fuoco e versate con tutto l’intingolo sul risotto e valorizzate il piatto stappando per tempo una bottiglia di un ottimo rosso.

    Enjoy!

  • Child malnutrition ‘rises by 160% in parts of Nigeria’

    Cases of severe malnutrition among children aged under five years in north-eastern Nigeria are fast increasing, an non-governmental organisation has warned.

    FHI 360 said that a staggeringly high number of malnourished children – 15,781 – were admitted to its facilities between February and September for treatment, an increase of nearly 160% from last year.

    “The situation in north-east Nigeria is grave, and increased support is needed to address the critical health and nutritional needs of communities, especially women and children,” the organisation added.

    The UN children’s organisation (Unicef) has previously said that Nigeria has the second-highest rate of child stunting globally, which is caused by widespread malnutrition, particularly in the northern part of the country.

    Unicef estimates that two million children in Nigeria suffer from malnutrition, but only 20% of these receive treatment.

    Its data also shows that malnutrition contributes to 45% of the deaths of children aged under five years in Nigeria.

  • Toghe&Teglie: risotto ai gamberi di Mazzara…senza gamberi

    Buona settimana ai lettori da Attilio Cillario, della sezione lombarda di Toghe & Teglie: spadellatore non meno che distillatore di un gin artigianale, Cillario & Marazzi, alle cui qualità alludono spesso i miei colleghi quando scrivono in questa rubrica e che vi invito a provare: fidatevi di Toghe & Teglie che vi accompagna su questa rivista ormai da alcuni anni.

    Passiamo alla ricetta: nonostante il titolo, procuratevi una ventina di gamberi rossi, appunto di Mazara del Vallo.

    Staccate le teste e privatele degli occhietti che darebbero un gusto amarognolo. Lo so che sembra un’autopsia ma tutto ciò è necessario e proseguite pulendo le code del carapace, devenatele e tenetele da parte, in una ciotola condite con un’emulsione di olio e limone perchè saranno il vostro antipasto, mica si buttano!

    Ora, in un wok versate qualche cucchiaio d’olio evo e mettete a soffriggere a fuoco moderato teste e carapaci per cinque minuti abbondanti, mescolando e sfumando con un bicchiere di vino bianco e, quando sarà evaporato, coprite con abbondante acqua e lasciate andare – adesso a fiamma bassa – per circa un’ora aggiungendone ancora se necessario: in seguito vi servirà un composto molto brodoso da frullare bene, un po’ alla volta, allungando ancora con acqua, se necessario per garantirne la fluidità.

    Passate poi il composto attraverso un colino abbastanza fitto: l’ideale è quello “cinese” e versate il brodo così ottenuto in un pentolino, rimettete sul fuoco (basso) aggiungendo un dado, di pesce ovviamente.

    E’ il momento di mettere in cottura il risotto: io ho usato il vialone nano, preparandolo nella maniera tradizionale, con un soffritto di burro e cipolla, aggiungendo il riso sufficiente per due porzioni abbondanti, sfumando con vino bianco e portandolo a cottura diluendolo progressivamente con il “brodo di gamberi”; la preparazione si conclude con trito di prezzemolo e una punta di peperoncino a fuoco spento.

    Un particolare interessante su cui voglio portare la vostra attenzione è l’ottima riuscita del piatto utilizzando il wok per cuocere il risotto invece della classica risottiera: esperienza da ripetere, provate anche voi.

    E le code dei gamberi? Abbiamo detto che saranno il vostro antipasto accompagnate, magari, da un gin  tonic… Cillario & Marazzi, naturalmente.

    Buone feste a tutti, spendetele bene dedicandovi

  • Il Ghana deposita semi nella “cassaforte del giorno del giudizio” del Circolo Polare Artico

    Il Ghana ha depositato i semi nel cosiddetto “doomsday vault” (caveau del giorno del giudizio) del Circolo Polare Artico nel tentativo di garantire la protezione a lungo termine delle principali colture alimentari del paese.

    Lo Svalbard Global Seed Vault, una struttura annidata in una montagna artica sulla remota isola norvegese di Spitsbergen, salvaguarda oltre 1,2 milioni di campioni di semi, la più grande raccolta al mondo di diversità di colture in un singolo luogo.

    Il caveau è di proprietà del governo norvegese ed è progettato per resistere a tutti i disastri naturali e umani.

    Secondo i suoi operatori, la struttura fornisce protezione e preservazione permanenti delle colture alimentari per garantire la futura sicurezza alimentare globale in caso di disastro, guadagnandosi il soprannome di “archivio del giorno del giudizio”.

    Il deposito del Ghana è stato effettuato dal Plant Research Institute del paese dell’Africa occidentale e comprende colture chiave come mais, riso, melanzane e fagioli.

    Il Crop Trust, che gestisce il deposito di semi, ha affermato di avere semi provenienti da quasi tutti i paesi della Terra. Il Ghana segue nazioni africane come Etiopia, Kenya, Nigeria e Zambia nell’effettuare depositi.

  • Toghe&Teglie: polpette di salsiccia e broccoli

    Bentrovati, cari lettori, da Maurizio Condipodero, avvocato della sezione Reggina di Toghe & Teglie: a voi sono già noto per la saporita semplicità della mia cucina ispirata ai prodotti ed alle tradizioni del territorio e nemica giurata della prova costume. Non mi smentirò nemmeno questa volta: finalmente, alle mie latitudini, la temperatura si è abbassata da 32 a 30 gradi segnando l’arrivo dell’autunno e allora la mia proposta della settimana è misurata proprio sulla ritrovata mitezza del clima e su alimenti di stagione…che sono sempre i migliori e più freschi.

    Procuratevi allora della carne trita mista di manzo e maiale e della salsiccia morbida da cucina non troppo piccante (detto da me…!): pulite la salsiccia dal budello, sminuzzatela e impastatela con la trita in rapporto circa di 2/3 – 1/3 e formate delle polpettine che, volendo, passerete nel pane grattugiato. Secondo il mio amico e conterraneo Giuseppe Barreca.

    In una padella dai bordi alti fate soffriggere dell’aglio mondato della camicia, del peperoncino “serio” in un giro di olio evo versato con generosità. Tanto – come si è detto – siamo in autunno e la prova costume è lontana…

    Come dite, avete prenotato un viaggio a Miami per Natale? E quello è profondo Sud…se non ci siete mai stati non sapete cosa vi aspetta a tavola: costine di maiale alla griglia ricoperte di salse saporosissime ma di dubbia dieteticità, contorno di purè mantecato con panetti di burro interi, spinaci saltati con la panna e anelli di cipolla fritti, tacos – che sono delle specie di piadine – ripieni di chili, un macinato di carne stufata piccantissima. Eppure in spiaggia ci vanno lo stesso.

    Andiamo avanti con la ricetta, eravamo rimasti alla padella con il soffritto: nel momento in cui l’aglio prende colore aggiungete i broccoli, precedentemente lavati in acqua corrente, e dopo aver aggiunto un bicchiere d’acqua coprite con un coperchio e fate andare a fuoco moderato.

    Di tanto in tanto girateli ed a metà cottura aggiungete le polpettine di salsiccia, o se preferite, della semplice salsiccia tagliata a tocchetti.

    Quasi al termine aggiungete mezzo bicchiere di vino rosso e dopo l’evaporazione dell’alcol spegnete il fuoco.

    Per le quantità, chi mi conosce, sa come la penso: il sentimento prima di tutto.

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