Italia

  • Ma, chi era veramente William Shakespeare?

    Sulla sua vera identità sono state elaborate, sin dal XVIII secolo, decine di ipotesi che contrastano con la sua biografia ufficiale. Del resto, l’assenza di documenti storici attendibili sul periodo che va dalla sua nascita fino alla sua comparsa sulla scena letteraria inglese – periodo che gli stessi studiosi che più difendono la versione ufficiale definiscono come “the lost years” (gli anni perduti) – ha fatto sì che per due secoli ci fosse spazio per interrogarsi su questo tanto noto quanto apprezzato drammaturgo. Tra tutte le ipotesi quella più interessante, perché è la più documentata, è certamente quella che attribuisce al Bardo la nazionalità italiana e che afferma che Wìlliam Shakespeare non è altro che lo pseudonimo utilizzato da Michelangelo (o Michele Agnolo) Florio, un dotto messinese trasferitosi in Inghilterra. Analizziamo alcune delle argomentazioni più interessanti elaborate per supportare questa ipotesi.

    LE DATE PIU’ IMPORTANTI

    La biografia ufficiale riporta che William Shakespeare nasce il 23 aprile del 1564 a Stratford-upon-Avon e muore a Londra il 23 aprile 1616. Michelangelo Florio, come riportano i documenti storici trovati negli archivi, nasce il 23 aprile del 1564 a Messina e muore a Londra il 23 aprile 1616 (e già dalle date, identiche, possiamo già affermare che effettivamente possono nascere i primi sospetti).

    Del primo si ipotizza che fosse figlio di un guantaio (John Shakespeare) e di una ragazza (Mary Arden) figlia di agricoltori mentre di Michelangelo Florio sappiamo con certezza che era figlio di un erudito medico e pastore calvinista (Giovanni Florio) e di una donna (Guglielma Crollalanza) descendente di una nobile e ricca famiglia messinese.

    STORIA (DOCUMENTATA) E POSSIBILE FONTE DI ISPIRAZIONE LETTERARIA

    Quando Michelangelo è poco più che un ragazzo, il padre Giovanni, viene messo all’indice dall’Inquisizione e condannato a morte per aver aderito alla riforma protestante. La famiglia Florio fugge allora da Messina e riesce a trovare rifugio nella più tollerante Treviso. Qui il padre compra una casa del ‘300 (nota come Ca’ Otello) dove aveva vissuto un condottiero veneziano di nome Otello il quale avrebbe ucciso per gelosia la moglie risultata poi innocente (questa storia vi ricorda qualcosa?).

    Terminati gli studi classici (in latino, greco e storia), Michelangelo, per sfuggire alla persecuzione dei calvinisti, si rifugia in diverse città, come Milano, Padova, Verona, Faenza, e Venezia facendo un breve ritorno a Messina da dove si imbarca per Atene. Qui, per un breve periodo, insegna storia greco-romana. Dalla Grecia inizia un viaggio che lo porterà in Danimarca, in Austria, in Francia ed in Spagna, prima di fare ritorno in Italia (vi ricordano qualcosa tutte queste località?).

    A seguito di una informazione rivelatasi poi errata, relativa ad una attenuata persecuzione contro i non cattolici, Michelangelo ritorna a Treviso dove si innamora di una ragazza (Giulietta) che ricambia la relazione. A causa dell’accanimento delle autorità verso la nobile ma calvinista famiglia Florio, il Governatore spagnolo di Milano fa rapire Giulietta che, in preda alla disperazione, si suicida gettandosi dalle mura del Castello Sforzesco. La colpa della sua morte viene fatta ricadere su Michelangelo che è costretto a fuggire. (vi ricorda qualcosa questa vicenda?).

    Per nascondersi Michelangelo va a Venezia dove incontra il suo mentore, il filosofo e frate domenicano Giordano Bruno il quale, grazie alle sue conoscenze, riesce a fargli raggiungere il Giovanni (John) Florio a Londra. Giovanni, figlio dello zio di nome Michelangelo (è fratello di suo padre) e pare di una nobile donna inglese. Nonostante l’Inquisizione avesse poco potere in Inghilterra, Michelangelo decide di cambiare il suo nome e il suo cognome e di sostituirli con quelli della madre Guglielma Crollalanza traducendoli letteralmente in inglese. Per cui Guglielma diventa William e Crollalanza diventa Shake (Scrolla) e Speare (Lanza). (questo sì che è un vero colpo di scena!)

    E ANCORA…

    Oltre ai molti interessanti indizi già forniti per ritrovare nelle opere di William Shakespeare molti riferimenti della vita di Michelangelo Florio, ne seguono alcuni anch’essi interessanti che, per brevità del testo, sono stati selezionati dal sottoscritto tra molti altri.

    Nella tragedia “Amleto”, pubblicata in Inghilterra nel 1602, sono contenute molte citazioni presenti nell’opera pubblicata da Michelangelo Florio in Italia nel 1583 intitolata “I secondi frutti” e sottotitolata “I proverbi”.

    La commedia “Tanto rumore per nulla” (Much Ado About Nothing) nella quale tutta la trama si svolge a Messina, è identica alla commedia dialettale scritta da Michelangelo Florio diversi anni prima e che si intitolava “Tantu trafficu ppi nenti”.

    Nelle opere “Enrico IV”, “Giulio Cesare” e “Antonio e Cleopatra” si citano più volte l’Italia e la Sicilia e ne “Il racconto d’inverno” anche Messina.

    Delle 37 opere di Shakespeare ben 15 sono ambientate in Italia. Altre in diversi Paesi Europei e solo 5 in Inghilterra.

    In nessuna delle sue opere Shakespeare cita o far riferimento alla sua città natale Stratford-upon-Avon, che dista pochi chilometri da Londra.

    Nelle sue opere utilizza spesso parole latine, greche e anche italiane, senza tradurle (come “mizzica” nella commedia “Tanto rumore per nulla” – termine tipicamente messinese) così come utilizza spesso nomi propri italiani.

    Nel suo testamento Michelangelo Florio lascia la sua biblioteca (che, si presume, verosimilmente, potesse contenere i suoi manoscritti) al suo grande protettore, William Herbert, conte di Pembroke. Patrimonio ancora esistente ma che (stranamente) a nessuno storico è stato mai concesso consultare.

    CONCLUSIONI

    Negli anni ’60 il noto scrittore e onesto intellettuale Antony Burgess, a conclusione di un suo articolo dedicato a Shakespeare, scriveva: “è certamente arrivato il tempo che l’Italia ricordi questo suo esule figlio”.

    Sull’argomento ci sono decine di libri di altrettanti emeriti studiosi (e tra quelli italiani è certamente degno di nota lo scrittore ispicese Martino Iuvara, grande studioso e primo sostenitore della Sicilianità-messinesità di Shakespeare) i quali tutti convergono sull’appassionante ipotesi che il Bardo fosse di nazionalità italiana.

    Del resto gli indizi e le, chiamiamole coincidenze, che confermano questa tesi sono davvero tanti al punto che l’8 agosto del 2011, quasi a voler dipanare ogni dubbio, il Consiglio Comunale di Messina ha deliberato di concedere la cittadinanza onoraria post mortem a William Shakespeare e di iscrivere il Suo nome nell’Albo degli uomini illustri di Messina.

    «Essere, o non essere, questo è il dilemma»

    Dall’Amleto, Atto 3, scena 1 di William Shakespeare alias Michelangelo Florio

  • Il diverso destino di Italia e Francia

    Un qualsiasi paese europeo, ormai stremato da tre anni terribili segnati dalle conseguenze umane, sanitarie, sociali ed economiche della pandemia e della guerra in corso, dovrebbe ora dimostrarsi in grado di elaborare le scelte fondamentali per la propria rinascita. La stessa recessione della Germania dovrebbe allarmare i paesi come l’Italia, esportatrice di componenti della filiera industriale e di beni di consumo alto di gamma.

    Una corretta volontà politica potrebbe manifestarsi attraverso la elaborazione di strategie la cui attivazione possa accrescere, solo per cominciare, la propria capacità energetica in grado porla nelle condizioni di affrontare un’altra situazione imprevista. La logica conseguenza potrebbe delinearsi con l’attivazione di investimenti quasi interamente dirottati verso la realizzazione di infrastrutture di valenza nazionale.

    Le uniche in grado di esprimere il proprio apporto a favore dell’intero sistema economico industriale nazionale: di certo lontane anni luce rispetto alle scelte italiane caratterizzate invece da politiche settoriali (bonus 110%) e generatrici di inflazione.

    In questo senso, allora, da un semplice raffronto tra i due paesi limitrofi si delinea un acquarello inquietante.

    Nel nostro Paese si continua ad aumentare la spesa pubblica con bonus imbarazzanti (zanzariere, occhiali etc.) o finanziando ciclopiche infrastrutture come il ponte sullo stretto di Messina.

    Contemporaneamente la Francia, dopo l’assenso ottenuto dal tribunale, ha avviato la procedura di nazionalizzane di Edf (la società di produzione e distribuzione dell’energia elettrica). L’obiettivo ambizioso che ha determinato la realizzazione del progetto è quello di assicurare il minore costo possibile dell’energia elettrica all’utenza sia industriale che familiare. Questa scelta politica francese, in più, raggiungerà i propri obiettivi anche con investimenti persino inferiori del 33,3% rispetto a quelli necessari per la realizzazione del solo Ponte (*).

    Una scelta, quindi, con un grado di sostenibilità economica maggiore e che si delinea come un fattore strategico determinante ma anche come un importante elemento di sostegno sociale alle famiglie e alle piccole imprese. Diventa, in altre parole, il raggiungimento di questo obiettivo del minore costo energetico, non solo un fattore competitivo per un sistema economico industriale, ma anche un importante strumento di pacificazione sociale per i cittadini. Gli effetti di queste due diverse strategie di politica economica espresse dalla Francia e dall’Italia emergeranno evidenti in soli pochi anni.

    Il sistema industriale ed economico francese, usufruendo dei minori costi energetici, risulterà assolutamente più competitivo nello scenario internazionale ma soprattutto nei confronti del maggiore concorrente cioè quello italiano. Viceversa il mondo industriale italiano pagherà una crescente emarginazione dal contesto economico internazionale proprio a causa delle diverse strategie espresse dalle due classi politiche nazionali (risultato 1). Contemporaneamente il costo sociale pagato dalle famiglie italiane (2) diventerà sempre più gravoso e per due motivi. Va ricordato, infatti, come da giugno 2023 verranno mantenuti gli sconti sui costi impropri solo per i redditi inferiori ai 15.000 euro (il 21% del prezzo pagato dall’utenza) nelle bollette elettriche.

    Come se non bastasse, a partire dal 10 gennaio 2024 verrà annullato, nell’approvvigionamento energetico, il “mercato tutelato” per nove milioni di utenze familiari e di piccole imprese (2).  L’ennesima conseguenza di quelle fasulle “liberalizzazioni e privatizzazioni” le quali hanno determinato l’aumento negli ultimi dieci anni delle tariffe elettriche del 240% del gas del 65% dell’acqua del 57% (fonte Il Sole 24 Ore).

    Nella medesima logica speculativa la privatizzazione delle infrastrutture autostradali non merita alcuna menzione in relazione a quanto sta emergendo dalle carte processuali in relazione al crollo del Ponte Morandi.

    Il nostro Paese, quindi, continua nelle strategie adottate alle fine degli anni ‘90 in assoluta antitesi rispetto alla strategia francese privilegiando la logica speculativa privata a quella dell’interesse nazionale.

    Già da ora, quindi, si delinea chiaramente il diverso destino al quale sono indirizzati i due Paesi. Un quadro le cui tinte fosche esprimono, nel nostro italiano, la inadeguatezza delle strategie adottate.

    (*) La nazionalizzazione di Edf costerà allo stato francese dieci (10) miliardi di euro, il 33,3% in meno del ponte sullo Stretto di Messina il cui costo ai valori attuali è di quindici (15) miliardi

  • In arrivo dall’UE 300 milioni di euro a sostegno dell’interoperabilità della rete ferroviaria

    La Commissione europea ha approvato, in base alle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato, un regime italiano da 300 milioni di € per eliminare gli ostacoli tecnici all’interoperabilità della rete ferroviaria. Lo scopo del regime è di promuovere il passaggio del traffico merci e passeggeri dal trasporto su strada a quello ferroviario, nonché di migliorare la sicurezza e l’efficienza di quest’ultimo.

    L’Italia intende sostenere l’istallazione dell’ultima versione disponibile del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario sui veicoli della rete ferroviaria italiana. Si tratta di un sistema europeo di controllo della sicurezza e di gestione delle ferrovie unico, volto a sostituite i diversi sistemi nazionali attualmente in uso in tutta Europa, allo scopo di migliorare l’interoperabilità del trasporto ferroviario transfrontaliero e la competitività del trasporto ferroviario in generale. L’Italia intende implementare il sistema europeo di gestione del traffico ferroviario in tutta la rete ferroviaria nazionale entro il 2036. Nell’ambito del regime, gli aiuti assumono la forma di sovvenzioni dirette alle compagnie ferroviarie per l’acquisizione e l’istallazione di apparecchiature di bordo del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario. Il regime sarà in vigore fino al 31 dicembre 2026.

    La Commissione ha constatato che il regime è necessario per promuovere l’interoperabilità e l’utilizzo del trasporto ferroviario, che riduce la congestione stradale ed è meno inquinante rispetto a quello su strada, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e con la strategia dell’UE per una mobilità sostenibile e intelligente. La Commissione ha inoltre constatato che gli aiuti avranno un “effetto di incentivazione”, in quanto i beneficiari non realizzerebbero gli investimenti in assenza del sostegno pubblico.

  • Romagna bella: pensare ed agire

    Abbiamo pianto, come tanti, vedendo la distruzione di case, campi, aziende, vedendo le persone che non volevano abbandonare le proprie case, gli animali, i ricordi.

    Abbiamo sorriso tra le lacrime vedendo tanti ragazzi lanciarsi con entusiasmo nel fango per aiutare e tante persone prodigarsi con solidarietà reciproca.

    Siamo stati orgogliosi vedendo il coraggio e la generosità delle donne e degli uomini della protezione civile, dell’esercito, dei carabinieri, della polizia, dei vigili del fuoco e la volontà indomabile degli abitanti e dei volontari che in Romagna hanno dato tutto il loro impegno.

    Abbiamo cantato anche noi “Romagna bella” con i ricordi del nostro vissuto e la certezza che ciascuno farà la sua parte, anche domani quando si comincerà a ricostruire, con lo stesso spirito positivo che contraddistingue queste terre difficili e meravigliose, uno spirito positivo che deve pervadere tutta l’Italia se vogliamo veramente che non accadano altre tragedie.

    Mentre il governo prepara i ristori e programma gli interventi che l’estrema emergenza richiede, lavorando in sintonia con le autorità regionali e locali e ottenendo dall’Europa quanto ci spetta, mettiamo però qualche punto fermo, senza eccessive polemiche per il passato (troppi hanno da decenni gravi responsabilità per il dissesto idrogeologico) ma con la ferma intenzione di non tollerare nuovi errori.

    La consapevolezza della particolare situazione del territorio della Romagna, non dimenticandoci delle altre realtà a simile rischio come il ferrarese e le ex zone paludose d’Italia, rende comunque inequivocabile, per tutta Italia, che manca un piano per la pulizia dei fiumi e degli altri, grandi e piccoli, corsi d’acqua.

    Nessuno pulisce dalle migliaia di tronchi e rifiuti, nessuno controlla che i letti si sviluppino principalmente nel centro e le acque non corrano solo lungo gli argini, erodendoli giorno per giorno.

    Nessuno interviene per impedire la sciagurata cementificazione dei canali di scorrimento e di irrigazione, nessuno impedisce lo sconsiderato consumo del suolo e la costruzione di case ed attività in aree fortemente a rischio.

    Nessuno ha tenuto in considerazione i molti allarmi lanciati dai geologi né aveva previsto, pur se era presumibile dopo le esperienze delle “bombe d’acqua” che, dopo mesi e mesi di siccità, si potessero creare le condizioni per piogge torrenziali simili a quelle dei climi equatoriali.

    Tra negazionisti dei cambiamenti climatici, ambientalisti oltranzisti ed indifferenti cronici siamo arrivati fin qui.

    Ritornare a comprendere che il territorio va curato, che la natura non può essere stravolta, che le montagne, le colline, i boschi, i fiumi, i torrenti, le frane, e via discorrendo, fanno parte della nostra vita è una necessità che non possiamo demandare ad altri, ognuno di noi è, deve essere, parte in causa di una vera rivoluzione nel modo di pensare e di agire.

    Se saremo capaci, spronando e controllando l’agire della politica, di cominciare, anche nel nostro quotidiano, ad essere più rispettosi e consapevoli di quello che è intorno a noi forse saremo ancora in tempo, mentre aiutiamo la Romagna, che molto fa già da sola, a impedire nuove tragedie e inutili recriminazioni.

  • Alluvioni: l’UE mobilita attrezzature di emergenza per assistere le autorità italiane

    A seguito di una nuova richiesta di assistenza da parte dell’Italia, l’UE ha mobilitato offerte di attrezzature di pompaggio provenienti da Austria, Bulgaria, Germania, Francia, Polonia, Romania, Slovenia e Slovacchia attraverso il meccanismo di protezione civile dell’UE per aiutare le autorità italiane a far fronte alle gravi inondazioni. La richiesta è stata presentata a seguito di condizioni meteorologiche avverse in Italia che hanno provocato inondazioni e frane negli ultimi giorni, colpendo in particolare la regione centro-settentrionale dell’Emilia-Romagna.

    Il 21 maggio le autorità italiane hanno attivato il meccanismo di protezione civile dell’UE. La richiesta di assistenza riguarda le attrezzature di pompaggio ad alta capacità del pool europeo di protezione civile.

    Il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’UE è in costante contatto con le autorità italiane, che stanno attualmente valutando le offerte, e l’UE è pronta a fornire ulteriore aiuto se necessario.

    Il servizio Copernicus dell’UE ha inoltre fornito una mappatura satellitare di emergenza delle zone colpite, a seguito di una richiesta dell’autorità italiana di protezione civile del 16 maggio.

    Quando un’emergenza supera le capacità di risposta di un paese in Europa e nel resto del mondo, il paese può chiedere assistenza attraverso il meccanismo di protezione civile dell’UE. La Commissione europea svolge un ruolo fondamentale nel coordinare la risposta alle catastrofi a livello mondiale. Dalla sua istituzione nel 2001, il meccanismo di protezione civile dell’UE è stato attivato per oltre 600 emergenze e crisi all’interno e all’esterno dell’UE. Il meccanismo di protezione civile dell’UE mira a rafforzare la cooperazione tra i 27 Stati membri e i 9 Stati ora partecipanti (Islanda, Norvegia, Serbia, Macedonia del Nord, Montenegro, Turchia, Bosnia-Erzegovina, Albania e, più recentemente, Ucraina) nel campo della protezione civile al fine di migliorare la prevenzione, la preparazione e la risposta alle catastrofi.

    Un approccio comune contribuisce inoltre a mettere in comune le competenze e le capacità degli operatori di primo intervento, ad evitare la duplicazione degli sforzi di soccorso e a garantire che l’assistenza risponda alle esigenze delle persone colpite. La messa in comune delle capacità e delle conoscenze in materia di protezione civile consente una risposta collettiva più forte e coerente.

    Il meccanismo contribuisce inoltre a coordinare le attività di preparazione e prevenzione delle catastrofi delle autorità nazionali e contribuisce allo scambio delle migliori pratiche, facilitando così lo sviluppo continuo di norme comuni più rigorose che consentano alle squadre di comprendere meglio i diversi approcci e di lavorare in modo intercambiabile in caso di catastrofi.

  • Il costo del Ponte sullo Stretto è arrivato a 13,5 miliardi

    “Il Sole 24 Ore“, ha stimato che tra il 1981 e il 1997 sono stati spesi 135 miliardi di lire per vari studi di fattibilità del Ponte sullo Stretto di Messina per collegare Sicilia e Calabria.

    Un primo cantiere aveva anche preso il via, quando nel 2009 a Cannitello lo spostamento di un tratto di ferrovia autorizzato nel 2006 deal Cipe, il Comitato interministeriale per la politica economica, era stato ricondotto nell’ambito dei lavori occorrenti per la realizzazione del ponte stesso, ma nel 2013 il governo Monti decretò l’alt al progetto stesso e mise in liquidazione la società Stretto di Messina, controllata all’81,84% da Anas (oggi parte di Ferrovie dello Stato) e partecipata da Rete ferroviaria italiana (Rfi), Regione Calabria e Sicilia, realizzata proprio per porre in essere il progetto del megaponte.

    Nel 2013 risultava che per liquidare quella società occorreva pagarle 342 milioni fra penali e indennizzi, e che a quella cifra, per valutare il costo complessivo sostenuto fino a quel momento per l’opera, andavano aggiunti oltre 130 milioni spesi fra studi e gestione degli anni ’80 e ’90. Il conto tuttavia era anche più salato, perché ci sono stati risarcimenti di parti terze poiché non sono stati fatti accantonamenti a garanzia, ovvero le cause legali fatte alla Stretto di Messina. Solo per fare un esempio: il consorzio che aveva vinto l’appalto Eurolink – capitanato da Salini Impregilo (oggi WeBuild, partecipata anche da Cassa depositi e prestiti e quindi dallo Stato) – ha in sospeso un appello con una richiesta di 657 milioni di euro per illegittimo recesso.

    Inoltre, ci sono altre cause legali da affrontare, come quella da 90 milioni intentata da Parsons, colosso dell’ingegneria civile Usa.

    Secondo il progetto originario, il costo era di circa 4,4 miliardi (valori al 2003, anno in cui il progetto preliminare venne approvato), ma il Consorzio Eurolink si aggiudicò nel 2005 la gara operando un ribasso che portò il valore del contratto (sottoscritto ad aprile 2006) a 3,9 miliardi (a valore 2003). In base alle previsioni contrattuali, il contratto nello stesso anno 2006 ebbe una aggiornamento del valore monetario e un incremento dell’oggetto, giungendo a circa 6 miliardi di euro. Negli anni questo costo è aumentato ancora, arrivando a 13,5 miliardi di euro, secondo quanto prevede oggi un allegato del Def (Documento di Economia e Finanza). Per quanto riguarda i raccordi stradali di competenza Anas il valore non è definito nel Def, dove si afferma solamente che saranno molto inferiori rispetto ai raccordi ferroviari di Rfi. A tale costo vanno aggiunti i costi delle opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie, lato Sicilia e lato Calabria, che dovranno essere oggetto del contratto di programma con Rfi. Si stima un costo di 1,1 miliardi.

  • Mercato dell’auto in ripresa, boom delle immatricolazioni

    Il mercato italiano dell’auto è in ripresa: nel mese di marzo le immatricolazioni sono state 168.294, il 40,8% in più dello stesso mese del 2022. Nei primi tre mesi dell’anno – secondo i dati del ministero dei Trasporti – sono state vendute in tutto 427.019 auto, con una crescita del 26,2%. Resta comunque una notevole distanza rispetto alla fase pre-Covid: la flessione è infatti del 20,6% rispetto al 2019.

    La crescita di marzo si spiega, secondo il Centro Studi Promotor diretto da Gian Primo Quagliano, alla luce di due fattori: il primo è il confronto con un mese, marzo del 2022, particolarmente difficile, che aveva registrato il 29,7% di immatricolazioni in meno su marzo 2021; il secondo fattore è legato al miglioramento della capacità produttiva delle case automobilistiche e dai tempi di consegna delle auto che si stanno normalizzando, dopo una lunga fase caratterizzata dalla crisi di semiconduttori e microchip. Secondo il Centro Studi Promotor, nell’intero anno le immatricolazioni potrebbero raggiungere il milione e 400mila unità. Tra i problemi del mercato italiano, il prezzo in salita delle vetture e l’elettrificazione “a rilento”.

    “La quota delle auto elettriche resta decisamente modesta – spiega Quagliano – mentre negli altri principali paesi europei è ormai a due cifre. E questo nonostante siano disponibili dal 10 gennaio 190 milioni per incentivi all’acquisto di auto elettriche che sono stati utilizzati solo per il 10,3%”.

    L’Unrae, che rappresenta in Italia le case automobilistiche estere, chiede che per la transizione energetica “ci sia chiarezza e che ritardi, indecisioni” e sostiene che “messaggi allarmistici non aiutino gli investimenti delle imprese e i consumatori a fare le loro scelte nel percorso avviato”. Per l’Anfia “una veloce rimodulazione delle misure di incentivazione vigenti può aiutare a mantenere costante questo trend positivo”.

    Il gruppo Stellantis ha immatricolato a marzo in Italia 58.986 auto, il 35,4% in più rispetto allo stesso mese del 2022. La quota scende dal 36,5% al 35,2%. Nei primi 3 mesi dell’anno le immatricolazioni del gruppo sono state 144.017 con una quota del 33,8%. Fiat resta il marchio più venduto in Italia con oltre 17.000 vetture immatricolate, in crescita di oltre il 6% da inizio anno, seguita da Volkswagen, con un aumento del 40%.

  • A New York si celebrano manifesti commerciali italiani

    La contaminazione tra arte d’avanguardia e manifesti commerciali in Italia, con particolare attenzione agli anni tra le due guerre e al primo dopoguerra, durante il boom economico del Paese, è al centro di una mostra al Cima (Center for Italian Modern Art) di New York.  Sono circa 30 i manifesti esposti nello spazio a Soho dal 16 febbraio al 10 giugno, provenienti dalle principali istituzioni italiane e collezioni aziendali, e firmati da artisti come Erberto Carboni, Fortunato Depero, Nikolai Diulgheroff, Lucio Fontana, Max Huber, Bruno Munari, Marcello Nizzoli, Bob Noorda, Giovanni Pintori, Mario Sironi, Albe Steiner. Le loro opere hanno illustrato i prodotti di aziende che hanno fatto la storia dell’economia tricolore come Barilla, Campari, Olivetti, Fiat, Pirelli.

    “L’idea di base è stata di esaminare il rapporto tra arte di avanguardia italiana e una certa committenza commerciale illuminata che è esistita a partire dagli anni Venti e fino agli anni 60”, ha spiegato all’Ansa il curatore della mostra, Nicola Lucchi. «E’ un momento in cui le compagnie italiane scoprono il consumismo e si appoggiano a uffici di pubblicità interni che chiamano gli artisti a collaborare, e gli artisti di avanguardia e Futuristi per primi si propongono come interpreti dei prodotti – ha continuato – Questo genera un rapporto artistico importante che abbiamo cercato di esplorare nelle sue varie sfaccettature».

    Lucchi ha sottolineato che «i manifesti sono stati spesso descritti come derivati, ma la mostra mette in luce come, dal Futurismo in poi, le locandine italiane abbiano acquisito una forza visiva e comunicativa che ha elevato il mezzo a una forma di espressione artistica a sé stante, spingendo il confini delle tecniche litografiche, del fotomontaggio e della tipografia». «L’ambizione peculiare dei manifesti commerciali di fornire forme e contenuti seducenti alle masse, piuttosto che a un circolo elitario, li rende anche oggetto di interesse socioeconomico e filosofico», ha proseguito.

    Con la data di inizio nel 1926, anno in cui Depero ha esposto alla Biennale di Venezia un “quadro pubblicitario”, Squisito al selz, e una ideale data di chiusura nel 1957, anno in cui va in onda per la prima volta sulla Rai il Carosello, l’esibizione illustra quindi come il design dei manifesti commerciali italiani si sia mosso di pari passo con le correnti artistiche dei suoi tempi. E come contrappunto visivo e concettuale al percorso narrativo tracciato dai manifesti commerciali, la mostra comprende anche alcune opere di Mimmo Rotella. «Rotella inizia con l’arte informale e negli anni 50 ha l’illuminazione che in realtà le figure sono tutte intorno a lui, e sono i manifesti commerciali – dice il curatore – Il gesto è strapparli dalle pareti e metterli sulla tela».

  • C’è più lavoro che prima del Covid: in due anni un milione di posti

    Il lavoro cresce più del pre-Covid ed è stabile. La ripresa dell’occupazione, nonostante il rallentamento alla fine dell’anno scorso, riesce così a “riassorbire completamente” la caduta causata dalla pandemia: tanto che in due anni, tra il 2021 e il 2022, conta quasi un milione di nuovi posti. A certificare il bilancio positivo è il rapporto sul mercato del lavoro realizzato da ministero del Lavoro, Banca d’Italia e Anpal.

    I dati dicono che nel solo 2022 sono stati creati più di 380mila posti, un valore superiore a quello registrato nel 2019, prima dell’emergenza sanitaria, quando si erano toccati i 308mila. E questa crescita occupazionale è legata quasi esclusivamente alle assunzioni a tempo indeterminato: oltre 400mila i posti di lavoro stabili in più, a fronte di una sostanziale stazionarietà dei contratti a termine e di un calo di oltre 50mila dei contratti di apprendistato. Aggiungendo i risultati del 2021, con oltre 600mila posizioni lavorative in più, ecco che nell’ultimo biennio il settore privato ha creato quasi un milione di nuovi posti.

    Tuttavia si conferma il rallentamento del mercato del lavoro a fine dell’anno scorso. La domanda, sottolinea il rapporto, “è rimasta sostenuta fino all’inizio dell’estate, riportando l’occupazione sul sentiero di crescita pre-pandemico. Nei mesi successivi la dinamica è rimasta positiva ma si è indebolita”.

    E comunque non va allo stesso modo per tutti. Tra i settori, la ripresa occupazionale dell’ultimo biennio è stata infatti eterogenea. Il comparto del turismo, che maggiormente ha risentito della crisi sanitaria, malgrado il buon andamento della stagione estiva, rimane ancora sotto i livelli pre-Covid. Meglio, invece, per le costruzioni che, anche sulla spinta del Superbonus, hanno registrato tassi di crescita molto elevati a partire dall’estate del 2020; nonostante il più recente rallentamento, la domanda di lavoro in questo settore dovrebbe rimanere sostenuta, viene evidenziato, anche grazie ai piani di investimento previsti dal Pnrr. Un rallentamento che ha pesato nella seconda metà dell’anno scorso particolarmente sul Sud, dove di più il comparto edile aveva spinto l’occupazione. In generale comunque la crescita si è concentrata nel Centro Nord. A dicembre il numero dei contratti a termine ha ripreso a salire.

    A novembre, intanto, è risalito il fatturato dell’industria: dopo due mesi di flessioni, come indicato dall’Istat, è tornato a crescere su base mensile mettendo a segno un +0,9% con una dinamica positiva sul mercato interno (+0,6%) e su quello estero (+1,3%). Su base annua, la crescita è dell’11,5% (+10,1% sul mercato interno e +14,3% su quello estero). Tra i raggruppamenti principali di industrie, l’aumento tendenziale più alto si registra per l’energia (+19,5%) che, però, su base mensile scende dell’1,8%.

    Sul fronte delle imprese, restano in territorio positivo ma rallentano le nascite di nuove attività. Dopo il brusco stop del 2020 (quando il saldo si fermò a solo +19mila) e il rimbalzo del 2021 (+87mila), con il 2022 il bilancio tra aperture e chiusure si attesta a 48mila attività in più (+0,8%) rispetto all’anno precedente, come emerge dai dati Movimprese, elaborati da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio. Anche in questo caso, il contributo più rilevante al risultato annuale arriva dal settore delle costruzioni (+21mila). Nel confronto con il 2021 si vede però che le nuove aperture diminuiscono del 6% e invece aumentano le chiusure (+7,5%): in valori assoluti sono rispettivamente 313mila e 265mila.

  • Per fermare la violenza crescente non basta aumentare il numero di agenti

    L’elenco delle violenze che, ogni giorno ed ogni notte, si perpetrano in Italia è ormai veramente troppo lungo per poter continuare ad accettare il silenzio della politica. Non basta infatti la visita di un ministro o un aumento, certamente necessario ed urgente, delle forze di sicurezza che devono presidiare il territorio a risolvere l’incancrenito e dilagante problema.

    Le violenze sono per strada, stupri o rapine, nei locali, nei giardini e in famiglia dove i femminicidi non si fermano e spesso sono i figli a rimanere uccisi dal padre mentre difendono la madre e sempre e comunque rimangono traumatizzati a vita.

    La politica non comprende di avere avuto e di avere molte responsabilità per i toni eccessivamente accesi troppo spesso usati contro gli avversari, per non aver saputo intervenire con programmi scolastici che insegnassero la convivenza ed il rispetto, per aver lasciato per anni migliaia di giovani, non solo extracomunitari, senza aspettative di vita, per aver ignorato che una società basata sull’apparenza, sul possesso di beni spesso inutili ma simbolo di status, diventa una società di diseguaglianze sempre più marcate, per aver parlato solo di diritti e mai di doveri, anche per i propri rappresentanti.

    Leggi disattese o comunque troppo lente per poter effettivamente prevenire delitti di sangue, carceri che diventano università del crimine in spazi inumani, tribunali che lavorano con lentezze da lumaca, giustizia che in troppi casi non è sufficientemente applicata nei tempi necessari, personale di sicurezza, carabinieri o polizia, demotivato e con la quasi certezza che agli arresti segue la messa in libertà del fermato sono alcuni dei tanti altri problemi in attesa di soluzione.

    Potremmo continuare a lungo ma ciascuno di noi legge i giornali ed ascolta la televisione e sa bene che non basterà più rinchiudersi nel proprio privato per sfuggire alle violenze che ci circondano e che ogni ora, del giorno e della notte, possono essere messi a rischio se va bene gli averi e se no la vita di ognuno.

    L’attuale governo ha ereditato i silenzi e gli errori dei governi precedenti, la politica è stata troppo attenta a perseguire gli interessi di parte, le logiche di partito, per accorgersi del declino sempre più veloce della società ma ciò non toglie che questo governo ha il compito di agire e di agire subito su molti fronti, di intervenire in modo ampio ed organico ben prima di pensare all’autonomia differenziata o ad altre riforme che possono anche aspettare ancora qualche mese.

    Senza una nuova politica per le carceri, uno snellimento della giustizia, lo smantellamento dei ghetti per extracomunitari, un piano case popolari, un insegnamento specifico, in ogni grado di studi, fin dalle elementari, coinvolgendo i genitori, una diversa gestione dei luoghi di divertimento, con garanzia di sicurezza e modifica degli orari di apertura, una maggiore qualificazione di tutti coloro che lavorano nella sicurezza e un potenziamento della loro presenza sul territorio, non si potrà cominciare il percorso che deve portare ad una società diversa, più giusta e più capace di prevenire le violenze.

    Certo la violenza ed il sopruso sono in aumento in ogni parte del mondo ma questa non può essere una giustificazione ma invece lo spunto per analizzare, capire e finalmente agire, partendo anche dall’uso sbagliato e sempre più pericoloso della rete, per migliorare la società, e cioè noi stessi, in Italia.

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