Italia

  • L’effetto paradosso della terapia fiscale

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    In medicina viene indicato l’effetto paradosso come “il fenomeno per cui un determinato trattamento presenta una soglia, oltrepassata la quale si ottengono risultati di segno opposto”.

    In altre parole, l’eccesso di somministrazione di un farmaco può determinare nel paziente un effetto contrario alla stessa natura del farmaco come alla motivazione della sua scelta.

    In considerazione, ora, delle ipotesi relative alla prossima manovra finanziaria che sembrerebbe vedere un aggiornamento degli estimi catastali per i proprietari delle abitazioni, sulla base  dell’utilizzo dei fondi pubblici destinati ai cappotti ed ai bonus facciate come di una ulteriore tassazione degli “extra  profitti” nel  sistema bancario e forse nell’industria degli armamenti, si viene a creare un doppio effetto paradosso, molto simile a quello definito in medicina.

    Innanzitutto andrebbe preso in considerazione come all’interno di  un contesto economico e politico nel quale – ad ogni finanziaria si modifica l’assetto anche solo parziale delle normative fiscali e nello specifico sulle abitazioni private e su una tassazione aggiuntiva di non meglio definiti extraprofitti di specifici settori economici (*) – risulta stupefacente come ancora oggi non si trovi un rappresentante istituzionale in grado di comprendere il danno per l’intero Paese, in un’ottica di credibilità internazionale, di  questa terapia fiscale.

    Anche se la leva fiscale sia finalizzata, come un farmaco, al mantenimento in vita del paziente tuttavia il suo eccesso di somministrazione può tradursi in un danno permanente (la perdita di attrattività finanziaria) tale da suscitare, quindi,un effetto paradosso.

    In primo luogo, ed ecco il primo effetto paradosso, in quanto il nostro Paese invece di trovare beneficio da questa somministrazione di una continua legislazione con ripetuti adeguamenti fiscali per mantenere in vita il paziente, si trova a pagare un prezzo che potrebbe essere semplicemente identificato, appunto, nella mancata attrattività nei confronti degli investitori esteri, i quali  considerano la stabilità fiscale un parametro di valutazione fondamentale.

    Esiste,  poi, un secondo effetto paradosso che colpisce più da vicino e  nell’immediatezza i singoli cittadini o, mantenendosi nel contesto sanitario, i pazienti.

    Dato per definitivo l’obbligo imposto dall’Unione Europea di adeguamento nei prossimi anni delle abitazioni ai nuovi parametri “green” che, sempre secondo l’ideologia ambientalista, e come parziale giustificazione questi verrebbero “finanziati’ dai risparmi energetici, emerge evidente un pericoloso secondo effetto paradosso, in quanto il risparmio energetico definito come il supporto economico all’adeguamento normativo imposto dal Green Deal se nel nostro Paese dovesse comportare anche un automatico adeguamento degli estimi  catastali, allora verrebbe annullato ogni vantaggio in termini economici, determinando invece un ulteriore aumento della pressione fiscale.

    L’effetto combinato di queste continue somministrazioni di “terapie fiscali”, il cui unico obiettivo rimane quello di mantenere in vita la struttura ospedaliera (lo Stato) più che il paziente risulta disastroso. Basti ricordare come in Italia il reddito disponibile negli ultimi trent’anni risulti diminuito di -3,4% rispetto ad un aumento in Germania del +34,7 ed in Francia di oltre un +27%.

    A questi dati allarmanti relativi all’esito delle cure adottate, si aggiunga come  dal 2010 ad oggi la ricchezza del nostro Paese sia diminuita del -4% a fronte di un aumento in Francia di un +22% e del +51% in Germania ed addirittura del +57% in Gran Bretagna.

    La medicina fiscale adottata da ogni governo di conseguenza sta dimostrando da decenni i propri limiti che possono portare addirittura se non alla morte quantomeno ad un decisivo aggravamento della patologia dei pazienti (reddito disponibile).

    Dimostrando ancora una volta come la crisi italiana, cominciata nel 2008, ancora oggi risulti lontana da una sua risoluzione e rappresenti, più che un problema di terapia economica fiscale o politica, la massima manifestazione  di una crisi culturale senza precedenti.

    (*) Ci provò lo stesso governo Draghi con esiti disastrosi (-9,2 miliardi di gettito fiscale) con la tassazione delle società energetiche.

  • Libia prima sponda dell’Italia per l’approvvigionamento di petrolio

    Nei primi sette mesi del 2024, i dati dell’Unione energie per la mobilità (Unem) sulle importazioni di greggio in Italia delineano un quadro interessante e complesso delle dinamiche commerciali internazionali. In cima alla classifica dei paesi fornitori si trova la Libia, che si conferma il principale esportatore di petrolio verso l’Italia anche nel secondo trimestre dell’anno in corso. Nel periodo tra gennaio e luglio, l’Italia ha importato un totale di 7,39 milioni di tonnellate di greggio libico, pari al 22,3% del totale nazionale. Questo dato rappresenta una crescita significativa del 28,6% rispetto all’anno precedente, sottolineando l’importanza della Libia come partner strategico per le forniture di energia, nonostante la fragile situazione politica interna. Il dato subirà probabilmente una flessione nel trimestre in corso a causa del blocco petrolifero in Libia durato per tutto il mese di settembre.

    Al secondo posto ci sono i paesi dell’ex Unione Sovietica, in particolare Azerbaigian e Kazakhstan, che insieme hanno esportato verso l’Italia 10,63 milioni di tonnellate di greggio, coprendo il 32% delle importazioni totali. Tuttavia, questi paesi mostrano andamenti divergenti: mentre le importazioni dall’Azerbaigian sono diminuite del 13,8%, quelle dal Kazakhstan hanno registrato una crescita significativa del 29,7%, evidenziando un rafforzamento delle relazioni energetiche tra Italia e quest’ultimo. La terza area geografica di rilievo è il Medio Oriente, con l’Iraq che ha esportato 3,03 milioni di tonnellate, rappresentando il 9,1% del totale, nonostante un calo del 30,9% rispetto al 2023. L’Arabia Saudita segue con 2,15 milioni di tonnellate, pari al 6,5% del totale, ma anche qui si nota un calo importante del 23,8%. Complessivamente, le importazioni dall’intera area mediorientale si attestano a 5,48 milioni di tonnellate, rappresentando il 16,5% delle importazioni italiane, ma con una contrazione del 27,1%.

    Un’altra area di rilievo è l’Africa, che ha fornito il 35,9 per cento del greggio importato dall’Italia nel 2024, per un totale di 11,94 milioni di tonnellate. La Nigeria emerge come il principale fornitore africano dopo la Libia, con 2,1 milioni di tonnellate e un incremento del 31,3%. Anche paesi meno tradizionalmente noti per l’export petrolifero, come il Ghana e il Camerun, hanno mostrato un ruolo crescente, con un aumento rispettivamente del 104,3% e del 42,3% nelle loro esportazioni verso l’Italia. Infine, un dato interessante riguarda le importazioni dagli Stati Uniti, che ammontano a 3,21 milioni di tonnellate, coprendo il 9,7% delle importazioni totali italiane. Sebbene ci sia stato un calo del 14,7% rispetto all’anno precedente, gli Usa rimangono un fornitore importante. In generale, il 2024 ha visto una lieve diminuzione complessiva delle importazioni di greggio in Italia rispetto al 2023, con un calo del 3,3%.

  • La Bei eroga 166 milioni per 17 centrali solari

    La Banca europea per gli investimenti (Bei) e il produttore di energia Bnz hanno sottoscritto un prestito da 166 milioni di euro per la realizzazione di 17 centrali solari fotovoltaiche in Spagna, Italia e Portogallo. Si tratta della prima tranche di un prestito complessivo da 500 milioni di euro approvato dalla Bei a favore di Bnz per sostenere la generazione di 1,7 GW di energia solare fotovoltaica in Europa meridionale entro la fine del 2026. Bnz è un produttore indipendente di energia, controllato da Nuveen Infrastructure, che sviluppa, costruisce e gestisce progetti nell’ambito del solare fotovoltaico. Le 17 centrali fotovoltaiche genereranno energia verde in grado di soddisfare il consumo energetico medio annuo di oltre 390mila famiglie. Questi nuovi impianti saranno per lo più ubicati nelle regioni di coesione, dove il reddito pro-capite è inferiore alla media dell’Ue, confermando l’impegno della Bei a favore della crescita economica e della convergenza tra regioni. Il finanziamento contribuisce al raggiungimento degli obiettivi climatici della Bei, rafforzandone la posizione come ‘banca del clima’, una delle principali priorità delineate nella tabella di marcia strategica 2024-2027 del Gruppo Bei.

    “Questo nuovo investimento è un chiaro esempio di come la Bei stia promuovendo la transizione energetica, contribuendo a un modello energetico più sostenibile e sfruttando il grande potenziale offerto dai paesi dell’Europa meridionale in termini di energie rinnovabili, ha affermato Alessandro Izzo, direttore della Bei responsabile per le operazioni di equity, growth and project finance. “Il progetto rafforzerà la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e contribuirà all’autonomia strategica dell’Europa riducendo la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili”. Il progetto sostiene gli obiettivi di decarbonizzazione del green deal europeo ed è anche parte del piano d’azione della Bei a supporto di RePowerEu, il programma dell’Ue per porre fine alla dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili incrementando l’efficienza energetica e la produzione da fonti rinnovabili. Il finanziamento della Bei è sostenuto da InvestEu, il programma di punta con cui l’Ue mira a rendere disponibili oltre 372 miliardi di euro in investimenti aggiuntivi provenienti da fondi pubblici e privati per contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici dell’Unione nel periodo 2021-2027.

    Luis Selva, amministratore delegato di Bnz, ha osservato: “la nuova fase segnata dalla sottoscrizione del finanziamento mostra la solidità della nostra azienda e l’ambizione dei nostri programmi, oltre ad aprire nuovi scenari che ci consentono di sperimentare sul fronte della diversità tecnologica e geografica e di crescere in termini di volume e di team, con l’obiettivo di diventare uno dei maggiori produttori indipendenti di energia sul mercato. Vogliamo continuare a costruire un futuro più pulito e più sostenibile e l’appoggio di istituzioni finanziarie così importanti dimostra che condividiamo la stessa visione di lungo termine per un mondo migliore”. Secondo Francesco Cacciabue, responsabile a livello globale degli investimenti in energie pulite per Nuveen Infrastructure, “questo importante investimento segna un passo fondamentale per il progresso nel settore delle infrastrutture energetiche sostenibili nell’Europa meridionale. L’iniziativa darà un apporto significativo al raggiungimento degli obiettivi della Spagna, dell’Italia e del Portogallo in materia di energia da fonti rinnovabili e, più in generale, degli obiettivi climatici dell’Unione europea”.

  • Italia prima potenza d’Europa nel settore dell’agroalimentare bio

    L’Italia conquista la leadership Ue per il bio grazie alle 84mila aziende agricole attive sul territorio nazionale, più del doppio della Germania e un terzo in più della Francia. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Sinab, diffusa durante l’expo agricoltura a Siracusa in occasione della Giornata europea del biologico che si celebra oggi 23 settembre.

    Proprio a Ortigia Coldiretti sta raccontando l’agroalimentare italiano con un focus anche sull’agricoltura bio che è arrivata a coprire 2,5 milioni di ettari (+4,5% nel 2023 rispetto all’anno precedente), rappresentando un ettaro su cinque di superficie agricola nazionale, ormai vicinissima al target del 25 per cento di da raggiungere entro il 2030 fissato dalla strategia europea nell’ambito della Strategia Farm to Fork. A minacciare i record del bio italiano c’è però l’aumento delle importazioni di prodotti biologici dall’estero, cresciute del 40% nel 2023, in controtendenza rispetto al dato dell’Unione Europea. Prodotti che non assicurano la stessa qualità e sicurezza di quelli nazionali ma che finiscono spesso per essere venduti come tricolori grazie alla mancanza di un’etichettatura d’origine riconoscibile.

    Gli arrivi di cibo biologico extra Ue in Italia – spiega Coldiretti – sono passati dai 177 milioni di chili del 2022 ai 248 milioni del 2023, secondo l’ultimo rapporto della Commissione Ue, mentre quelle totali nell’Unione Europea sono diminuite del 9%. Il settore dove è stato più evidente l’aumento degli arrivi è quello dei cereali, magari usati per fare pasta, pane e altri prodotti con il logo del biologico. Aumenti record anche per gli ortaggi bio e l’olio d’oliva. Proprio per salvaguardare i consumi di prodotti degli italiani, che nel 2023 hanno raggiunto il valore di 3,8 miliardi di euro nella gdo, Coldiretti Bio ha elaborato un decalogo con i consigli per scegliere la qualità e difendersi dal rischio frodi. La prima regola è verificare sempre la presenza del logo europeo del biologico (la foglia bianca in campo verde) nell’etichetta del prodotto bio, verificando anche le indicazioni obbligatorie per il prodotto venduto sfuso e la certificazione del venditore. Importante anche controllare l’origine Italia che nella confezione deve essere sempre presente sotto il logo. Per assicurarsi prodotto bio 100 per cento Made in Italy meglio acquistare direttamente dalle aziende agricole biologiche nei punti vendita o nei mercati contadini come quelli di Campagna Amica.

    Allo stesso modo è buona pratica preferire prodotti biologici locali, coltivati vicini al luogo di consumo, magari freschi di stagione. Un contributo alla biodiversitù viene anche dallo scegliere specialità bio che recuperano varietà tradizionali e razze di animali autoctone e, soprattutto, che hanno subito trasformazioni minime evitando il bio ultraprocessato. Guardando alla confezione, vanno preferiti packaging essenziali ed ecosostenibili. Ma anche a tavola è importante adottare una dieta differenziata a base di tutti i prodotti biologici della Dieta Mediterranea come ad esempio verdura, pasta, olio evo, carne e pesce. Ma Coldiretti Bio sostiene anche la necessità di affermare in Europa al più presto il principio di reciprocità rispetto alle importazioni, ovvero stesse regole per il bio comunitario e quello dei Paesi terzi, poiché non è possibile accettare che entrino nel nostro Paese cibi coltivati secondo regole non consentite nella Ue. Fermare la concorrenza sleale delle importazioni a basso costo e valorizzare il vero prodotto tricolore sono le condizioni fondamentali per costruire filiere biologiche dal campo alla tavola.

  • Ok di Bruxelles all’acquisto di Vodafone Italia da parte di Swisscom

    La Commissione europea ha dato il via libera all’acquisizione di Vodafone Italia da parte di Swisscom ai sensi del Regolamento relativo alle sovvenzioni estere. Lo ha reso noto un comunicato della società di telecomunicazioni elvetica. “Questa decisione è un altro passo importante verso l’ottenimento delle autorizzazioni regolamentari necessarie per la conclusione della transazione”, ha riferito Swisscom. “A seguito del comunicato del 15 marzo 2024 in cui annunciava l’acquisizione di Vodafone Italia, come previsto dal Regolamento relativo alle sovvenzioni estere, il 19 agosto 2024 Swisscom ha notificato la transazione alla Commissione europea, direzione generale della Concorrenza. In data 23 settembre 2024, la Commissione europea ha annunciato che l’esame preliminare si è concluso e che la transazione può quindi essere completata senza riserve”, si legge nel comunicato.

    “Nel complesso, l’acquisizione di Vodafone Italia procede conformemente ai tempi prestabiliti. Swisscom si è assicurata il finanziamento per il prezzo di acquisto di 8 miliardi di euro a maggio 2024 e ha ricevuto il via libera incondizionato sia dalla presidenza del Consiglio dei ministri italiano (legislazione sul golden power) che dalla Commissione federale svizzera della concorrenza”, ha spiegato la società svizzera. “La transazione è tuttora soggetta ad altre autorizzazioni normative, tra cui quella dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato italiana. Quest’ultima ha annunciato l’11 settembre 2024 di aver avviato un’indagine approfondita sull’acquisizione ai sensi delle norme italiane in materia di controllo delle operazioni di concentrazione. Conformemente all’annuncio originale del 15 marzo 2024, Swisscom prevede che la transazione si concluda nel primo trimestre del 2025”, si conclude il comunicato.

  • 447 milioni di fondi Ue per l’alluvione in Romagna e Toscana del 2023

    Anche l’Italia usufruirà dello stanziamento di 1.028,54 euro che il Consiglio europeo ha destinato ai paesi colpiti da catastrofi naturali. All’Italia sono stati assegnati 446,64 per le gravi alluvioni che si sono verificate in Emilia Romagna nel maggio 2023 (378,83 milioni) e in Toscana nei mesi di ottobre e novembre 2023 (67,81 milioni). Il ricorso al Fondo di solidarietà dell’Unione europea è stato salutato positivamente da Coldiretti che, tuttavia, ha lamentato il ritardo dell’operatività del sostegno.

    Come si legge nel Il Punto di Coldiretti, “gli aiuti sono arrivati dopo un anno in cui le aziende italiane delle aree colpite hanno dovuto fronteggiare i gravi danni subiti. In Emilia Romagna”, si sottolinea, “le otto aziende su dieci che beneficeranno dei fondi (e che non hanno ancora ottenuto ristori) sono state travolte nei giorni scorsi dal nuovo devastante alluvione. Coldiretti ha perciò contestato i tempi lunghi della burocrazia che non riesce ad attivarsi rapidamente per affrontare le emergenze che gli agricoltori si trovano affrontare. Coldiretti ha indirizzato una lettera al Governo affinché chieda alla Commissione Ue di rendere operativi anche in Italia i fondi di coesione per un totale di 10 miliardi al 100% a fondo perduto”.

  • Il vero pericolo rappresentato dal progetto cinese

    Qualche mente elementare ed  espressione delle “competenze” proposte dai  governi nazionali, negli ultimi anni, si era illusa di ridare vigore al settore dell’industria, anche automobilistica nazionale, avviando accordi politici che  favorissero gli investimenti cinesi nel nostro Paese.

    Si scopre ora, e persino con stupore, che per investire in Italia, anche solo in una attività di semplice assemblaggio (decisamente diversa da una attività industriale espressione di una filiera produttiva),la casa automobilistica cinese Dongfeng, ampiamente supportata economicamente in patria dallo stato cinese, pretenda di imporre come clausola e condizione iniziale(1) l’ingresso di Huawei come  supporto digitale (la stessa giustamente espulsa dal mercato statunitense) e (2) l’utilizzo della AI sempre cinese.

    Non paghi di queste pretese assolutamente inaccettabili, in quanto l’impatto di sviluppo e quindi la ricaduta occupazionale sarebbero praticamente nulli per l’economia italiana ed europea, si pretende in più dal Governo italiano di assumere una posizione contraria alla imposizione dei dazi Ue sulle auto cinesi. La Cina utilizza quindi il ricatto economico per influenzare le scelte politiche di un paese sovrano come l’Italia che sconta la propria colpa di non essere stata in grado negli ultimi decenni di esprimere una propria visione da tradurre in una strategia politica, energetica ed economica.

    Emerge quindi evidente, anche a chi abbia sempre sostenuto in Italia ed Europa il mercato globale senza individuare la necessità di adottare un minimo di regole condivise, come la assolutamente ideologica transizione verso una mobilità elettrica rappresenti lo strumento invasivo attraverso il quale il regime cinese intenda ampliare la propria egemonia economica e politica (*). L’auto elettrica, in buona sostanza, come l’ideologia di cui risulta espressione, diventa il cavallo di Troia inserto nel mercato europeo con l’obiettivo di distruggere l’intero sistema industriale dell’automotive europeo che vale dodici milioni di posti di lavoro e mille miliardi di tasse. Un progetto finalizzato così ad aumentare l’influenza economica e politica nel continente europeo del colosso cinese il quale nello scenario internazionale si oppone al sistema occidentale, ovviamente con la colpevole complicità di una classe politica europea assolutamente inadeguata. La pretesa, infatti, di ottenere una politica accondiscendente come contropartita ad un investimento nel  sistema economico italiano dimostra quali siano gli obiettivi del regime cinese, molti ancora oggi non valutano le differenze con una democrazia, e quanto risulti pericoloso per l’intero occidente sia in termini economici che politici.

    Come logica conseguenza, allora, tutte quelle forze politiche ed istituzionali le quali, per semplice convenienza  e compromissione ideologica o, peggio, indolente negligenza, appoggino la  politica “ambientalista” per una risibile elettrificazione della mobilità fino al concetto più generale del Green Deal della Commissione Europea, si rendono complici di questo progetto politico cinese e quindi diventano esse stesse artefici di un attacco alle istituzioni democratiche occidentali.

    Si delinea, quindi,  uno scenario strategico e politico già evidente nel 2018 (**) relativo alla ingerenza cinese, ma che ha visto le massime autorità istituzionali italiane sempre molto disponibili nella creazione di accordi di collaborazione con il regime cinese, a cominciare dal Governo Conte 1 e 2 con l’appoggio delle più disparate maggioranze parlamentare, fino a quello in carica che spera di ottenere con il piattino in mano una qualche  elemosina in termini industriali.

    Quando si parla di declino culturale del nostro Paese non ci si riferisce tanto alla scolarità improbabile e taroccata dei rappresentanti politici, quanto alla palese incapacità di comprendere ed elaborare uno scenario futuro strategico, economico e politico.

    Dimostrare ancora oggi di non essere in grado di individuare e valutare gli obiettivi politici cinesi rappresenta appunto il peccato originale interamente attribuibile alla classe politica dirigente nazionale ed europea (**) .

    (*) 2024 https://www.ilpattosociale.it/attualita/lauto-di-troia/

    (**) 2018 https://www.ilpattosociale.it/attualita/il-peccato-originale/

  • Il fil rouge tra Draghi, Blackrock e Leonardo

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    Nel suo ultimo manifesto programmatico l’ex presidente della Bce e del Consiglio Mario Draghi ha indicato nello stop alla fornitura di gas dalla Russia il motivo per il quale si paga un costo dell’energia più alto. In verità, il nostro Paese soffre del “caro bollette” che incidono pesantemente sul bilancio familiare e minano alle basi la competitività delle imprese italiane in particolare modo quelle industriali, a causa di una strategia politica scellerata nell’approvvigionamento energetico che ha visto proprio in Draghi uno dei principali artefici e sostenitori.

    Fino dagli anni novanta, infatti, nel nostro Paese si è avviato un processo di privatizzazione di tutti gli asset pubblici (monopoli indivisibili) che si occupavano della produzione e distribuzione dell’energia e per di più non con l’obiettivo di diminuire il debito pubblico, ma semplicemente per una molto più modesta riduzione del deficit.

    In più, a conferma del proprio indirizzo strategico, durante il suo governo Draghi, mentre la Spagna introduceva il Price Cap per il gas a 42 euro, la Francia nazionalizzava EDF (società francese di produzione e distribuzione della energia elettrica) e la Germania raggiungeva un accordo con la Norvegia per la fornitura di 50 miliardi di gas per i prossimi quarant’anni, Draghi ha atteso l’introduzione tardiva di un ridicolo Price Cap dall’Unione Europea.

    Il combinato disposto della strategia di vendita di asset pubblici unita ad una sostanziale passività istituzionale durante il proprio governo, e comunque comune a tutti i governi degli ultimi trent’anni compreso quello in carica, ha determinato che le bollette spagnole risultino inferiori rispetto a quelle italiane di oltre il -50%, quelle francesi di oltre il -70% e quelle tedesche quasi del-40%.

    Uno dei principali fondi esteri che ha investito nelle società energetiche italiane è rappresentato da Blackrock, assieme a Vanguarde, il quale ha, più che legittimamente, trasferito sui prezzi finali alle utenze familiari ed industriali delle bollette la ricerca dei maggiori margini possibili con l’obiettivo di assicurare un alto e remunerativo Roi.

    Ora il medesimo fondo, in predicato di rilevare anche una quota di Sace, entra con oltre il 3% nell’azionariato di Leonardo, ex società a partecipazione pubblica, il cui core business è rappresentato dalla difesa e dalla sicurezza e il cui A.D. è, sarà un caso, un ex ministro del governo Draghi.

    Partendo dalla consapevolezza della strategia adottata dal fondo statunitense nel settore energetico, il quale ha ricercato il massimo profitto anche grazie ad una classe politica italiana assolutamente assente fino alla compiacente complicità, a differenza delle affermazioni di Mario Draghi si può arrivare alla conclusione che gli effetti devastanti in termini di costi aggiuntivi siano interamente attribuibili ed espressione dell’opera del fondo Blackrock.

    Parallelamente non è quindi da escludere che la medesima strategia possa avvenire adottata anche nel settore della Difesa e della sicurezza, dopo avere reso operativa l’acquisizione di una parte considerevole della quota azionaria (oltre il 3% appunto). Magari, ed anche in questo caso, potendo contare su di un implicito accordo con la politica italiana ed europea, la quale nei due ambiti istituzionali fino ad oggi non ha dimostrato alcuna intenzione né interesse per la ricerca di una strategia diplomatica di intermediazione nei conflitti, specialmente in quello russo ucraino, che potesse creare le condizioni minime al raggiungimento, prima di una tregua e successivamente di pace duratura.

    Viceversa, mentre la crisi industriale europea sta manifestando i propri effetti mettendo in serie crisi la stessa tenuta dello Stato Sociale, le massime cariche istituzionali europee non lesinano risorse per finanziare gli armamenti destinati all’Ucraina. Forse, ma ovviamente è una malevola congettura, proprio per non disturbare gli interessi di Blackrock. Ai posteri verrà attribuito il compito di fornire l’ardua sentenza in relazione alle priorità dimostrate dalle massime autorità istituzionali europee. Nel frattempo, si può tranquillamente constatare come un’altra quota di sovranità nazionale, l’ennesima, risulti ceduta ad un soggetto finanziario i cui obiettivi sono molto lontani da quelli che dovrebbero essere perseguiti dall’autorità politica e istituzionale.

    Un processo che troverebbe, per di più, una maggiore forza e facilità di esecuzione in termini di minori oneri finanziari necessari, se i nostri asset fossero espressi in una valuta debole (per sostenere l’export?) quale potrebbe essere la lira, con buona pace dei rappresentanti del “sovranismo monetario”.

    Mai come ora le stesse istituzioni nazionali ed europee si trovano sotto attacco non tanto da parte di una superpotenza straniera, quanto della vile alleanza tra finanza e quel che resta di una politica di basso profilo.

  • La Commissione riconosce la Sardegna e la Svezia indenni dalla peste suina africana

    La Commissione europea ha ufficialmente riconosciuto la Sardegna e la Svezia indenni dalla peste suina africana mediante una revisione del regime di regionalizzazione dell’UE adottata il 23 settembre. La peste suina africana è una malattia virale mortale che colpisce i suini domestici e selvatici.

    Per la Sardegna ciò segna la fine di un focolaio di peste suina africana di genotipo I sviluppatosi per la prima volta nel 1978. L’eliminazione della malattia è stata conseguita mediante un rigoroso programma di eradicazione e controllo, sostenuto dall’UE e guidato da un gruppo di esperti nazionali e regionali. Le azioni comprendevano in particolare una sorveglianza rafforzata dei cinghiali e dei suini domestici associata a misure di biosicurezza, nonché la formazione di operatori quali allevatori e cacciatori.

    In Svezia lo status di paese indenne da peste suina africana è stato concesso un anno dopo che la malattia è stata rilevata per la prima volta in un cinghiale morto nella contea del Västmanland. Questo risultato è dovuto alla rapida attuazione da parte delle autorità svedesi di misure per controllare ed eradicare la malattia, adattate sulla base delle raccomandazioni del gruppo veterinario di emergenza dell’UE (EUVET). Dalla breve epidemia di agosto-settembre dello scorso anno, in Svezia non sono stati segnalati nuovi casi.

    La Commissione continua a sostenere gli altri Stati membri affinché restino vigili e applichino la legislazione europea pertinente per combattere la malattia.

  • In attesa di Giustizia: tenetevi la farina di grilli, ridateci i bambini

    Difendere non è un lavoro, è un ministero e la difesa non è mai del reato ma delle garanzie che assistono i cittadini, a volte è un privilegio tali sono valori in campo.

    Per me lo è stato difendere Marinella Colombo: per quella che considero una scelta condivisibile non scrivo mai di vicende processuali personali in questa rubrica ma per Marinella è doveroso fare un’eccezione.

    Doveroso ma anche doloroso per ricordare questa donna coraggiosa, fulminata in poche settimane da una malattia inesorabile, che per amore dei propri figli ha sfidato la giustizia (si fa per dire) tedesca, quella italiana, lanciato segnali e richieste di intervento a quell’Europa tanto preoccupata di legalizzare il commercio della farina di grilli, ad imporre irrealizzabili interventi di manutenzione degli immobili nel nome della eco sostenibilità ma che continua a paludarsi – forse più a nascondersi – dietro il simulacro del mutuo riconoscimento delle decisioni sul falso presupposto che vi sia una identità culturale, di struttura e affidamento delle parti in causa tra i sistemi giudiziari UE senza muovere un passo nella direzione di un ravvicinamento di questi sistemi che, tra di loro, spesso non sono nemmeno lontani parenti.

    Marinella Colombo si è battuta contro il potentissimo Jugendamt, una struttura tedesca (tra l’altro di natura amministrativa, neppure legale) che decide sul destino dei figli  “bi-genitoriali”, cioè a dire con un genitore tedesco e l’altro di nazionalità diversa in caso di separazione o, comunque, di accudimento della prole: lo Jugendamt si potrebbe anche sopprimere e sostituire con un unico articolo di legge contenuto nel codice civile tedesco che preveda, in quei casi, che il minore resta sempre e comunque in Germania, affidato al genitore tedesco, fosse anche un serial killer o lo facesse abitare in una grotta nella Selva di Turingia.

    Forse ricorderò male ma fu Hitler a dire che “lo stato nazista deve considerare il bambino il bene più prezioso della nazione” ed è a Himmler che si deve il Progetto Lebensborn volto a realizzare le teorie eugenetiche sulla razza portando la popolazione sino alla soglia di centoventi milioni in una quarantina d’anni: chi mi legge abitualmente sa che “non le mando a dire” e questo Jugendamt mi sembra tanto una eredità dei tempi della croce uncinata.

    Marinella Colombo, sposata con un tedesco e madre di due figli piccoli al momento della separazione, avendo trovato un impiego in Italia ha sfidato la giustizia (si fa sempre per dire) tedesca per amore di due bambini che qualsiasi altra giurisdizione avrebbe affidato ad una madre giovane e colta di professione interprete e con ottime prospettive di lavoro in Italia…con tutti i diritti di visita, condivisione delle festività, contatto da parte del padre. Non lo Jugendamt, allineato ai dettami del “Progetto Sorgente di Vita” (Heil, Heinrich!): a Marinella sono stati tolti, negato qualsiasi contatto che non fosse in Germania e sotto l’occhiuto controllo di questa preoccupante istituzione e quei bambini se li è andati a prendere, è stata in fuga con loro per mesi inseguita da un Mandato d’ Arresto Europeo, formalmente legale come il processo cui è stata sottoposta in Italia per sottrazione di minori. Tutto ineccepibile perché in questo caso la forma è sostanza sebbene basata su presupposti ampiamente opinabili; ma tant’è, siamo partner europei e va sempre tutto bene quello che succede in uno dei Paesi Membri, anche la costituzione di un partito politico dei pedofili come pure è capitato, tutt’al più si rischia una ramanzina senza seguito da Strasburgo.

    A Strasburgo ci sono andato, con Marinella, grazie a Cristiana Muscardini, l’unica veramente pronta a mettersi in gioco: all’epoca avevo un insegnamento all’Università di Ferrara di Cooperazione Giudiziaria Internazionale e ho tenuto una relazione sul necessario ravvicinamento dei sistemi penali europei portando come esempio da non seguire quello della ingiustizia che stava subendo Marinella. Bravo, bravo ma adesso torna pure a casa: sulle tue parole e sulla denuncia di questa Signora Colombo possiamo tornare a dormire sonni tranquilli. E a casa sono tornato, per difendere Marinella insieme a quella splendida collega che è Laura Cossar che seguiva principalmente il versante del diritto di famiglia facendone una difesa dei principi e ben sapendo che si sarebbe andati incontro ad una condanna. Dura lex, sed lex: questa autentica eroina è stata condannata, ha scontato la sua pena (se non altro agli arresti domiciliari), ha raccontato la sua vicenda in un libro, si è battuta in tutte le sedi perché qualcosa cambiasse per la tutela dei minori in Germania tentando persino la “discesa in campo” politica e ha continuato a battersi anche dopo aver potuto riabbracciare i suoi figli, solo quando sono diventati maggiorenni e potuto scegliere liberamente di lasciare immediatamente la Germania per raggiungere la madre.

    Auf Wiedersehen, Jugendamt…chissà quanto hanno pesato questi interminabili lustri di dolore e battaglie sul fisico di una donna minuta ma indomabile e ora se n’è andata lasciandomi un vuoto difficile da colmare anche con il ricordo dei momenti passati insieme in nome della difesa di vincoli etici ed indicazioni culturali inderogabili e di una bellissima amicizia nata dalla stima reciproca seppure nella consapevolezza che la legge avrebbe sconfitto la giustizia.

    Buon viaggio Marinella, mi piace salutarti rubando le parole al Giulio Cesare di Shakespeare che mi sembrano scritte per te: non è importante sapere come finirà la battaglia, è importante che il giorno finisca e se ci rivedremo sorrideremo, altrimenti sarà stato comunque un bell’addio.

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