UE

  • La Commissione invita l’Italia a recepire correttamente la direttiva quadro sui rifiuti

    La Commissione ha deciso di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia(INFR(2024)2097) per il non corretto recepimento della direttiva quadro sui rifiuti. La direttiva quadro sui rifiuti è la legislazione quadro dell’UE volta a prevenire o ridurre la produzione di rifiuti, a ridurre l’impatto complessivo dell’uso delle risorse e a migliorarne l’efficienza: elementi fondamentali per la transizione verso un’economia circolare e per garantire la competitività a lungo termine dell’Unione. La direttiva modificata stabilisce obiettivi vincolanti per il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti urbani; introduce inoltre prescrizioni dirette agli Stati membri e volte a migliorare i loro sistemi di gestione dei rifiuti e l’uso efficiente delle risorse. Gli Stati membri erano tenuti a recepire le disposizioni della direttiva modificata nella legislazione nazionale entro il 5 luglio 2020. La Commissione ha già avviato procedure di infrazione nei confronti di altri 10 Stati membri (Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Cipro, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo e Romania). La Commissione ha constatato che l’Italia non ha recepito correttamente diverse disposizioni della direttiva modificata, tra cui quelle concernenti la responsabilità estesa del produttore, la garanzia di un riciclaggio di alta qualità, la raccolta differenziata dei rifiuti pericolosi e l’attuazione di un sistema elettronico di tracciabilità. La Commissione procede pertanto all’invio di una lettera di costituzione in mora all’Italia, che dispone ora di due mesi per rispondere e rimediare alle carenze segnalate dalla Commissione, trascorsi i quali, in assenza di una risposta soddisfacente, quest’ultima potrà decidere di inviare un parere motivato.

  • Relazione sullo Stato di diritto 2024, quinta edizione: l’UE è attrezzata meglio per affrontare le sfide in questo ambito

    La Commissione ha pubblicato la quinta relazione annuale sullo Stato di diritto, in cui esamina sistematicamente e obiettivamente gli sviluppi avvenuti in tutti gli Stati membri, in condizioni di parità. Rispetto al 2020, anno della prima edizione della relazione sullo Stato di diritto, gli Stati membri e l’UE nel suo complesso sono preparati decisamente meglio per individuare, prevenire e affrontare le crisi emergenti, il che contribuisce a rendere resilienti le nostre democrazie europee e ad alimentare la fiducia reciproca all’interno dell’Unione; contribuisce inoltre al buon funzionamento del mercato unico e a un contesto imprenditoriale che promuove la competitività e la crescita sostenibile.

    Dal 2020, anno della prima edizione, la relazione è diventata un autentico fattore di promozione di riforme positive: due terzi (il 68 %) delle raccomandazioni formulate nel 2023 sono state seguite in tutto o in parte. Tuttavia, in alcuni Stati membri permangono problemi sistematici e la situazione si è aggravata ulteriormente: tali motivi di preoccupazione sono affrontati nelle raccomandazioni della relazione di quest’anno.

    Tra i capitoli sui singoli paesi, la relazione di quest’anno comprende per la prima volta quattro capitoli sulla situazione in Albania, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia. Includere nella relazione sullo Stato di diritto questi paesi dell’allargamento, i più avanzati nel processo di adesione, sosterrà le loro azioni di riforma, aiuterà le loro autorità a progredire ulteriormente verso l’adesione e li preparerà a proseguire il lavoro nel settore dello Stato di diritto in quanto futuri Stati membri.

  • La Commissione pubblica nuovi orientamenti per fare maggiore chiarezza sui diritti dei passeggeri aerei

    La Commissione europea ha pubblicato orientamenti interpretativi aggiornati sui diritti dei passeggeri aerei. Tali orientamenti mirano ad accrescere il rispetto e a promuovere un’applicazione coerente della normativa da parte delle autorità nazionali. Dal 2016 la Commissione fornisce orientamenti per rispondere alle preoccupazioni comuni sollevate dagli organismi nazionali di controllo, dai passeggeri e dalle relative associazioni e dai rappresentanti del settore. L’aggiornamento tiene conto tra l’altro delle sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia dal 2016 a oggi, chiarendo alcune disposizioni. Sono stati inoltre pubblicati orientamenti riveduti sui diritti dei passeggeri con disabilità e a mobilità ridotta durante i viaggi aerei.

    Sebbene i diritti dei passeggeri siano definiti a livello dell’UE, la loro applicazione spetta ai fornitori di servizi di trasporto e la loro attuazione è responsabilità degli organismi nazionali. Le discrepanze tra le prassi nazionali possono generare confusione nei passeggeri, in particolare per quanto riguarda i viaggi transfrontalieri. Trovare un’assistenza adeguata può essere difficile.

    Una nuova indagine Eurobarometro rivela che molti europei si sentono ancora male informati sui diritti dei passeggeri anche se, rispetto a cinque anni fa, la loro consapevolezza è aumentata.

  • L’Unione europea partecipa a pieno titolo al registro dei danni per l’Ucraina

    La Commissione saluta con favore l’adozione da parte del Consiglio della decisione di modificare lo status dell’Unione nel registro dei danni per l’Ucraina: da membro associato l’Unione diventerà partecipante a pieno titolo. Il registro dei danni contiene le prove e le informazioni sulle richieste di risarcimento per danni, perdite o lesioni causati dalla guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e mira a garantire un risarcimento pieno ed effettivo all’Ucraina e al suo popolo. Al registro, istituito dal Consiglio d’Europa il 12 maggio 2023, hanno finora aderito 43 Stati membri di tale istituzione e l’UE, tra cui 26 Stati membri dell’Unione europea.

    Il 30 maggio 2024 la Commissione ha proposto al Consiglio di modificare lo status dell’Unione per rafforzare ulteriormente l’impegno dell’Unione a favore delle attività del registro. Diventando partecipante a pieno titolo, l’Unione mantiene e rafforza il suo impegno volto a garantire che tutte le violazioni del diritto internazionale commesse dalla Russia siano debitamente risarcite. Il cambiamento di status contribuisce inoltre alla stabilità finanziaria del registro, in quanto l’Unione si impegna a fornire un contributo finanziario annuo obbligatorio.

    A partire dall’aprile 2024 hanno iniziato a essere registrate le prime richieste di risarcimento relative a danni o alla distruzione di immobili residenziali, con un totale previsto di 300 000-600 000 richieste in tale categoria. Entro agosto potranno essere presentate altre dodici categorie di richieste, comprese quelle provenienti da persone particolarmente colpite dalla guerra e quelle relative al danneggiamento o alla distruzione delle infrastrutture critiche dell’Ucraina.

  • Von der Leyen contro Erdogan: per la Ue Cipro è una sola ed è tutta unita

    I ciprioti “meritano di vivere in un Paese riunito in condizioni di pace, convivenza, stabilità e prosperità”. Lo ha sottolineato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, in occasione del 50mo anniversario dello sbarco delle forze turche nell’isola. La questione di Cipro “è una questione europea”, ha aggiunto von der Leyen secondo quanto riferiscono i media di Nicosia. L’Ue, ha concluso von der Leyen, continuerà a sostenere gli sforzi di riunificazione in conformità con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

    Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha rilasciato una nota in occasione dell’anniversario dello sbarco, avvenuto nel 1974, in cui rende omaggio “a coloro che hanno perso la vita nel conflitto” e chiede un accordo di pace “in linea con il piano approvato dalle Nazioni Unite”. “Noi onoriamo coloro che sono scomparsi. E ci battiamo per uno Stato europeo unificato, basato sulle risoluzioni delle Nazioni Unite. Senza truppe di occupazione straniere”, ha dichiarato Mitsotakis, citando il poeta greco-cipriota Leonidas Malenis per descrivere Cipro come “una foglia verde-oro gettata sul mare”.

    La riunificazione è “l’unica strada percorribile per Cipro”, ha dichiarato il presidente cipriota, Nikos Christodoulides, in occasione dell’anniversario dello sbarco delle forze turche nell’isola, avvenuto 50 anni fa. “Non esiste nessun’altra opzione”, ha precisato il capo dello Stato parlando con i giornalisti a Nicosia nel giorno in cui l’omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, ha fatto invece visita nell’autoproclamata repubblica turca di Cipro del nord per le celebrazioni dell’anniversario. Come riporta l’agenzia di stampa “Anadolu”, Erdogan è partito il 20 luglio dall’aeroporto Ataturk di Istanbul ed è atterrato all’aeroporto Erklan, dove è stato accolto dal presidente de facto dell’autoproclamata repubblica cipriota del nord, Ersin Tatar, con una cerimonia di benvenuto a cui ha preso parte anche il premier Unal Ustel, insieme a rappresentanti istituzionali e diplomatici turchi.

    La Turchia definisce lo sbarco di 50 anni fa una “operazione di pace”: il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha scritto su X che Ankara “continuerà a difendere i diritti e gli interessi di Cipro”, sottolineando che “la pace e la tranquillità raggiunte sull’isola durano da mezzo secolo”. “Oggi commemoriamo anche i nostri martiri e veterani che hanno sacrificato la loro vita per l’esistenza dei turco-ciprioti, e che sono parte integrante della nostra nazione”, ha aggiunto Fidan.

    La Turchia “è aperta al dialogo per garantire la pace e arrivare a una soluzione permanente a Cipro”, ha detto Erdogan in occasione della sua visita. Come riporta la stampa turca, Erdogan si è detto “onorato” di celebrare la ricorrenza che “ha permesso al popolo turco-cipriota di ottenere la libertà”. “Ricordo con misericordia e gratitudine i nostri eroici martiri che hanno dato la vita per mantenere in vita il Paese. Possano le anime degli uomini coraggiosi caduti per il nostro Paese, la nostra bandiera, la nostra indipendenza e il nostro futuro riposare in pace”, ha affermato il presidente turco nel suo discorso. “La Turchia e la repubblica turca di Cipro del nord sono fianco a fianco. La nostra presenza qui oggi dimostra l’importanza che la nazione turca attribuisce alla causa di Cipro”, ha sottolineato Erdogan.

    Il presidente della Turchia ha spiegato che gli anni compresi tra il 1963 e il 1974 sono stati per i turco-ciprioti “un periodo pieno di sangue, lacrime e oppressione”. Secondo Erdogan, infatti, “il popolo turco-cipriota è stato escluso dallo Stato di cui è stato fondatore e partner, subendo un’oppressione disumana”. “Nel 1974, gli attacchi contro l’esistenza dei turco-ciprioti hanno raggiunto il loro apice. Esattamente 50 anni fa, il 20 luglio 1974, come patria e Paese garante abbiamo agito secondo i nostri diritti e doveri derivanti dagli accordi internazionali, con la responsabilità posta sulle nostre spalle dalla storia. Quel giorno abbiamo dimostrato al mondo intero che i turco-ciprioti non sono soli e non saranno mai lasciati soli”, ha affermato il presidente turco, ricordando che la cosiddetta “operazione di pace” a Cipro “ha salvato i turco-ciprioti dall’oppressione, ha portato loro libertà e prosperità e ha consentito di guardare al futuro con fiducia”. “Oggi celebriamo il 20 luglio come un simbolo della protezione dei diritti sovrani e dello status paritario del popolo turco-cipriota in linea con i suoi ideali di pace e stabilità”, ha sottolineato Erdogan. Il presidente turco ha poi accusato l’amministrazione della Repubblica di Cipro – riconosciuta a livello internazionale – a considerarsi come “l’unico sovrano dell’isola di Cipro”. “I greco-ciprioti non hanno intenzione di condividere il potere politico e la prosperità economica, che comprende le risorse naturali dell’isola, con i turco-ciprioti”, ha affermato Erdogan.

    L’isola di Cipro è oggi spartita dalla cosiddetta linea verde monitorata dall’Onu, che divide in due la nazione: a sud la Repubblica di Cipro riconosciuta dalla comunità internazionale, e nella parte settentrionale l’autoproclamata repubblica turca di Cipro del Nord. Nel 1974, la Turchia invase l’isola a seguito di un colpo di Stato militare che depose l’allora presidente cipriota, l’arcivescovo greco-ortodosso Makarios, alterando gli equilibri faticosamente raggiunti con il Trattato di Zurigo e Londra del 1960 tra il Regno Unito – ex potenza coloniale -, la Grecia e la Turchia, a cui le due comunità isolane facevano riferimento per lingua, cultura e politica. La comunità greco-cipriota costituiva all’epoca all’incirca il 78% dell’intera popolazione, mentre quella turca il 22%. Con quel Trattato si legittimava l’intervento militare di ciascun garante in caso di sensibile alterazione dello status politico dell’isola.

    L’intervento militare turco, ritenuto dalla Grecia e dai suoi sostenitori un’invasione, fu denominato da Ankara “Operazione di pace a Cipro”. Dopo una serie di negoziati, si è giunti a un cessate il fuoco che tuttavia non ha impedito alla Turchia di assumere il controllo di una superficie pari a circa il 36% dell’isola cipriota. La linea del cessate il fuoco dell’agosto 1974 è diventata la zona cuscinetto delle Nazioni Unite a Cipro (linea verde). Nel 1983 la repubblica turca di Cipro del Nord ha poi dichiarato l’indipendenza, anche se la Turchia è l’unico Paese che ne riconosce l’effettiva legittimità. La comunità internazionale considera questo territorio come parte della Repubblica di Cipro occupato dalla Turchia. L’occupazione è considerata illegale ai sensi del diritto internazionale, anche perché Cipro è diventato nel frattempo un Paese membro dell’Unione europea.

    Come riporta il quotidiano turco “Daily Sabah”, oggi rappresenta una fonte di tensione anche il controllo della zona economica esclusiva offshore dell’isola di Cipro, di cui oltre il 40% è stato rivendicato dalla Turchia. Ankara continua a non riconoscere la legittimità dell’amministrazione greco-cipriota e mantiene ancora nel nord circa 35mila militari. A causa degli embarghi internazionali, tutti i voli per l’autoproclamata repubblica di Cipro del nord devono effettuare almeno uno scalo in Turchia.

  • L’UE investirà 7 miliardi di euro in infrastrutture di trasporto sostenibili

    La Commissione europea ha selezionato 134 progetti nel settore dei trasporti che riceveranno oltre 7 miliardi di euro in sovvenzioni dell’UE nell’ambito del meccanismo per collegare l’Europa. Si tratta dell’invito più importante nell’ambito dell’attuale programma trasporti del meccanismo.

    Circa l’83% dei finanziamenti sosterrà progetti in linea con gli obiettivi climatici dell’UE, incentrati sul miglioramento e l’ammodernamento delle ferrovie, delle vie navigabili interne e delle rotte marittime all’interno della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T). I progetti ferroviari riceveranno l’80% dell’importo totale di 7 miliardi di euro.

    Tra i progetti più importanti figurano i collegamenti ferroviari transfrontalieri negli Stati membri baltici (Rail Baltica), tra la Francia e l’Italia (Lione-Torino) e tra la Danimarca e la Germania (tunnel Fehmarnbelt).

    Una ventina di porti marittimi in diversi paesi beneficeranno inoltre di un sostegno per l’ammodernamento delle infrastrutture, in particolare per la fornitura di energia elettrica da terra per le navi e il trasporto di energia rinnovabile.

    Tra i progetti selezionati, diversi aumenteranno la capacità dei corridoi di solidarietà UE-Ucraina, istituiti per agevolare le importazioni e le esportazioni tra l’Ucraina e l’UE, grazie al miglioramento delle infrastrutture stradali, dei valichi di frontiera ferroviari e all’integrazione del sistema ferroviario ucraino.

    Il 18 luglio entra inoltre in vigore il regolamento TEN-T riveduto, che contribuirà fortemente a promuovere modi di trasporto più sostenibili, a favorire la digitalizzazione e a migliorare la multimodalità tra i diversi modi di trasporto.

  • Mediatore per conto proprio

    Le amicizie fatte per opportunismo saranno gradite finché saranno utili.

    Lucio Anneo Seneca

    Il Consiglio dell’Unione europea, riconosciuto anche come il Consiglio dei ministri europei, è una delle più importanti istituzioni dell’Unione Europea. Insieme con il Parlamento europeo sono le due istituzioni che rappresentano il potere legislativo dell’Unione. Il 7 febbraio 1992 nei Paesi Bassi è stato approvato e firmato dai rappresentanti dei Paesi membri il Trattato dell’Unione europea. Il Trattato entrò poi in vigore il 1o novembre 1993. L’articolo 16 di quel Trattato stabilisce che il Consiglio dell’Unione europea sia composto da un rappresentante a livello ministeriale per ogni Stato membro, responsabile della materia che deve essere trattata. Sono dieci le strutture (note come Consigli), che trattano tutte le questioni di cui deve decidere il Consiglio. Tranne il Consiglio Affari esteri che viene presieduto dall’Alto rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza dell’Unione europea, tutti gli altri Consigli, spesso riferiti anche come riunioni, sono presieduti dal ministro competente del Paese membro che esercita, in quel periodo, la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea.

    La presidenza viene esercitata a turno, ogni sei mesi, dagli Stati membri dell’Unione. I vari rappresentanti dello Stato che detiene la presidenza durante quel semestre presiedono le riunioni a tutti i livelli. Il Trattato di Lisbona, approvato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1o dicembre 2009, ha stabilito, tra l’altro, che gli Stati membri previsti per presiedere il Consiglio dell’Unione europea debbano collaborare a gruppi di tre, noti anche come i “trio”. L’attuale trio è composto dalla Spagna, dal Belgio e dall’Ungheria.

    Dal 1o luglio scorso e fino al 31 dicembre 2024 la presidenza del Consiglio dell’Unione europea è passata all’Ungheria. Ed appena ha assunto la presidenza il primo ministro ungherese ha cominciato una serie di viaggi ed incontri, presentandosi come mediatore di pace. Il 2 luglio scorso è stato in visita ufficiale a Kiev. Una visita a sorpresa quella del primo ministro ungherese. Una visita, mentre in varie parti dell’Ucraina l’esercito invasore russo sferrava attacchi violenti contro la popolazione inerme, mietendo vittime innocenti. Il 2 luglio scorso il primo ministro ungherese ha incontrato il presidente ucraino. In seguito al loro incontro, il capo dell’ufficio presidenziale dell’Ucraina ha dichiarato che si era parlato e discusso del “futuro dell’Europa, della sicurezza, del diritto internazionale e della formula della pace”. Durante la comune conferenza stampa, il primo ministro ungherese ha chiesto al presidente ucraino “di prendere in considerazione se un cessate il fuoco rapido possa accelerare i negoziati di pace”. Mentre il presidente ucraino ha sottolineato: “Apprezziamo che la visita avvenga subito dopo l’inizio della presidenza ungherese dell’Unione europea”. Ma lui sostiene precise condizioni per arrivare alla pace, ben diverse da quelle russe.

    Dopo la visita a Kiev, il primo ministro ungherese che, dal 1o luglio scorso, è anche il presidente del Consiglio dell’Unione europea, ha fatto un’altra “visita a sorpresa”. Il 5 luglio è arrivato a Mosca, dove ha incontrato il presidente russo. Proprio lui che ha voluto, ideato ed attuato la crudele aggressione in Ucraina. Il motivo dichiarato della visita era di discutere della pace tra la Russia e l’Ucraina. Bisogna sottolineare però che il primo ministro ungherese ha una sua opinione ed un suo rapporto con il presidente russo. Una opinione ed un rapporto diverso da quello degli altri Paesi membri dell’Unione europea e delle istituzioni della stessa Unione. Il presidente ungherese, allo stesso tempo presidente del Consiglio dell’Unione europea fino al 31 dicembre 2024, ha dichiarato che la sua visita a Mosca era “una missione di pace”. Una visita fortemente voluta dal primo ministro ungherese e preparata in soli due giorni, come ha dichiarato il portavoce del presidente russo. Ma la visita non è stata coordinata neanche con il presidente ucraino, con il quale il mediatore ungherese si era incontrato proprio tre giorni prima. Lo hanno affermato fonti ufficiali ucraine. Durante la conferenza stampa congiunta il presidente russo ha dichiarato che “…aveva rifiutato il cessato il fuoco in Ucraina” proposto dal primo ministro ungherese, aggiungendo che “la Russia vuole una piena e definitiva conclusione del conflitto”. Mentre il primo ministro ungherese ha affermato che “…bisogna fare molti passi per avvicinare la fine della guerra”, ma ha considerato “un passo importante” l’incontro con il presidente russo. Aggiungendo: “continuerò a lavorare in questa direzione; per l’Europa la pace è la cosa più importante”.

    Dalle immediate reazioni di molti rappresentanti delle istituzioni europee si è capito chiaramente però che la visita a Mosca del primo ministro ungherese doveva essere considerata solo nell’ambito dei rapporti bilaterali tra i due Paesi. Il portavoce della Commissione europea ha dichiarato che la Commissione non era stata “…assolutamente informata della visita, che non è stata coordinata con noi né con nessun altro”. Mentre l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza ha dichiarato che la visita del primo ministro ungherese a Mosca “…si svolge esclusivamente nel quadro delle relazioni bilaterali tra Ungheria e Russia”. Aggiungendo, altresì, che il presidente ungherese “…non ha ricevuto alcun mandato dal Consiglio dell’Unione europea e non rappresenta l’Unione in alcuna forma”. Contrari a quella visita sono stati anche diversi alti rappresentanti di vari Paesi membri dell’Unione europea. Come il primo ministro della Svezia, il quale ha affermato che il suo omologo ungherese “…è solo, non parla a nome dell’Unione europea e non parla a nome di tutti gli altri capi di Stato e di governo [dei Paesi membri]”.

    In seguito alle due sopracitate visite, il primo ministro ungherese, l’8 luglio scorso, è andato in Cina ed ha incontrato il presidente cinese. Per il primo ministro ungherese quella sua terza era una “missione di pace 3.0”. E si riferiva alla pace tra la Russia ed Ucraina. Ma anche questa visita è stata considerata dai rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea come una sua iniziativa personale. Evidenziando e criticando anche l’uso improprio del logo della presidenza dell’Unione europea, da parte del primo ministro ungherese, in tutte le sue comunicazioni.

    La scorsa settimana Cristiana Muscardini, trattando l’incontro del primo ministro ungherese con il presidente russo, scriveva per il nostro lettore: “…dobbiamo fare chiarezza e portare allo scoperto chi fino ad ora, in ognuno degli Stati europei, ha solidarizzato, in modo più o meno palese, con Mosca perché la sicurezza delle nostre democrazie è messa a rischio e non si può più traccheggiare”. E faceva riferimento ai rapporti d’amicizia tra loro due. Poi chiudeva l’articolo scrivendo: “Piaccia o non piaccia ad alcuni governi, l’Europa deve darsi una politica estera ed una difesa comune, anche a fronte delle insicurezze americane, per questo, come è già stato fatto per la moneta unica si abbia il coraggio di partire con un gruppo di Stati, gli altri verranno poi, rimanere ancora immobili ed indecisi sarebbe un errore tragico dalle conseguenze irrimediabili” (Dopo la visita di Orban Putin bombarda gli ospedali dei bambini; 9 luglio 2024).

    Chi scrive queste righe pensa che con le sue tre visite in una settimana, il primo ministro ungherese si stia comportando come un mediatore per conto proprio. Senza nessun mandato dalle istituzioni dell’Unione europea, compreso il Consiglio dell’Unione europea che lui stesso presiede dal 1o luglio scorso. Ragion per cui chi scrive queste righe considera quelle visite come delle opportunità che possano diventare utili per colui che le programma e le attua. Ma bisogna ricordare sempre che le amicizie fatte per opportunismo saranno gradite finché saranno utili. Lo diceva Seneca e la storia lo conferma.

  • Dopo la visita di Orban Putin bombarda gli ospedali dei bambini

    Dopo il nuovo massacro compiuto da Putin in Ucraina, dopo i missili russi sull’ospedale dei bambini cosa intende fare Orban, il peripatetico presidente dell’Unione in carica per i prossimi sei mesi?

    Il risultato della visita di Orban a Putin è stato una nuova strage in Ucraina, cosa accadrà ora dopo l’incontro di Orban con il dittatore cinese?

    I sei mesi della sua presidenza passeranno presto, c’è anche l’estate di mezzo, ma se il buongiorno si vede dal mattino dopo la visita di Orban a Putin vi è stata un’ulteriore escalation delle violenze russe contro Kiev, cosa dobbiamo aspettarci ora?

    Orban ha preso il suo incarico come il grimaldello per aprire una falla in Europa? Come strumento per accreditarsi leader fuori dai confini del suo paese dove, per la prima volta, comincia a crescere la opposizione al suo autoritarismo? Anche il suo nuovo gruppo al Parlamento europeo non è stato certo organizzato per migliorare il funzionamento dell’Europa ma per evidenti intessi economici e politici.

    Dopo la nuova strage in Ucraina e l’evidente volontà di Orban di muoversi, durante la sua presidenza, al di fuori dalle regole dell’Unione, noi tutti, istituzioni europee e governi nazionali in primis, dobbiamo fare chiarezza e portare allo scoperto chi fino ad ora, in ognuno degli Stati europei, ha solidarizzato, in modo più o meno palese, con Mosca perché la sicurezza delle nostre democrazie è messa a rischio e non si può più traccheggiare.

    Piaccia o non piaccia ad alcuni governi l’Europa deve darsi una politica estera ed una difesa comune, anche a fronte delle insicurezze americane, per questo, come è già stato fatto per la moneta unica si abbia il coraggio di partire con un gruppo di Stati, gli altri verranno poi, rimanere ancora immobili ed indecisi sarebbe un errore tragico dalle conseguenze irrimediabili.

  • La Commissione approva una nuova indicazione geografica italiana

    La Commissione ha approvato l’aggiunta del “Cavolfiore della Piana del Sele” al registro delle indicazioni geografiche protette (IGP).

    Prodotto nella provincia di Salerno, il “Cavolfiore della Piana del Sele” ha qualità distintive dovute principalmente alle caratteristiche ambientali tipiche della zona di coltivazione. Il terreno agricolo è costituito da uno spesso strato di suolo di natura vulcanica e alluvionale, formatosi in conseguenza delle diverse eruzioni del Vesuvio e dell’attività alluvionale del fiume Sele e degli altri corsi d’acqua superficiali che si diramano sul territorio. Ciò ha generato suoli molto ricchi di macro e microelementi, che conferiscono al prodotto le sue esclusive caratteristiche di consistenza, adattamento alle diverse condizioni di cottura e sapidità.

    Questa nuova denominazione si aggiunge all’elenco di 3.612 prodotti già protetti.

  • La Commissione approva il sostegno pubblico erogato dall’Italia al servizio di traghetto Caremar

    La Commissione europea ha concluso che la compensazione degli obblighi di servizio pubblico concessa dal 1º gennaio 2009 al 31 luglio 2012 a Caremar S.p.A. (“Caremar”) per la gestione di servizi di traghetto in Italia è conforme alle norme dell’UE in materia di aiuti di Stato. Lo stesso vale per la compensazione concessa a Caremar nell’ambito del contratto di servizio pubblico concluso per il periodo compreso tra il 16 luglio 2015 e il 15 luglio 2024, dopo l’acquisizione di Caremar da parte dell’associazione temporanea di imprese SNAV/Rifim S.r.l. (“SNAV/Rifim”).

    Nell’ottobre 2011, a seguito di una serie di denunce, la Commissione aveva avviato un’indagine approfondita su diverse misure di sostegno pubblico a favore delle società dell’ex gruppo Tirrenia e dei loro rispettivi acquirenti. Nel novembre 2012 la Commissione ha esteso l’ambito dell’indagine per coprire anche le misure supplementari.

    Caremar fornisce servizi di trasporto marittimo che collegano l’Italia continentale con le isole del Golfo di Napoli e, fino al 1º giugno 2011, anche con le isole dell’Arcipelago Pontino. Questi servizi sono stati compensati dall’Italia sulla base di contratti di servizio pubblico.

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