UE

  • L’UE continua a combattere per eliminare le mutilazioni genitali femminili

    “Le mutilazioni genitali femminili sono una violazione dei diritti umani e una forma di violenza efferata nei confronti delle donne, delle ragazze e delle bambine. Si stima che abbiano subito mutilazioni genitali oltre 200 milioni di donne nel mondo, di cui almeno 600 000 in Europa. Si tratta di un modo per affermare il dominio ed esercitare il controllo sociale su donne, ragazze e bambine. Questa pratica, che comporta conseguenze fisiche e psicologiche gravi e permanenti, non trova giustificazione alcuna sotto il profilo medico o etico ed è inammissibile ovunque”. E’ quanto hanno dichiarato la Commissione europea e l’Alta rappresentante/Vicepresidente Kaja Kallas in occasione della Giornata internazionale della tolleranza zero contro le mutilazioni genitali femminili, che si celebra il 6 febbraio di ogni anno. Nel confermare il forte impegno dell’UE per debellare tale pratica in Europa e nel resto del mondo nella dichiarazione si legge ancora: “Siamo determinati a combattere ed eliminare le mutilazioni genitali femminili nell’UE e nel resto del mondo. Lo scorso anno abbiamo adottato la direttiva dell’UE sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, che impone agli Stati membri di includere la mutilazione genitale femminile come reato specifico nei rispettivi codici penali, di adottare misure preventive e predisporre azioni di formazione per gli operatori sanitari, di fornire alle sopravvissute un sostegno specialistico specifico e di raccogliere dati sui casi segnalati di mutilazioni genitali femminili.

    L’UE sostiene progetti per combattere le mutilazioni genitali femminili in tutto il mondo, dialogando con le comunità e trasformando le norme sociali attraverso un’azione collettiva. Dal 2016 l’UE collabora con diversi partner su programmi quali l’iniziativa Spotlight UE-ONU per porre fine a questa pratica raccapricciante.
    Ribadiamo il nostro impegno a collaborare con i governi, la società civile e le organizzazioni internazionali per far sì che la pratica delle mutilazioni genitali femminili sia universalmente condannata e debellata. L’Unione europea continuerà a collaborare con i partner mondiali per adottare una posizione di tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni genitali femminili e per costruire un mondo in cui tutte le bambine, le ragazze e le donne possano vivere libere da ogni forma di violenza e discriminazione”.

    Quello della MGF è un problema del quale Bruxelles, attraverso il Parlamento e la Commissione, se ne è occupato a più riprese attraverso risoluzioni, interrogazioni ed interventi in aula. Tra questi Il Patto Sociale ricorda il Documento di lavoro “Mutilazioni Genitali Femminili” che l’on. Cristiana Muscardini, incaricata dalla commissione per i diritti della donna, presentò al Parlamento europeo a settembre 2008, nel quale proponeva l’armonizzazione delle legislazioni dei Paesi europei contro il violento abominio. Ed il Parlamento, durante la sessione plenaria di febbraio 2009, approvava con 647 voti favorevoli, 10 contrari e 24 astensioni, la relazione condannando «fermamente» le MGF come «violazione dei diritti umani fondamentali» e «pesante attentato all’integrità psicofisica» delle donne e delle bambine che le subiscono. E chiedeva perciò “agli Stati membri di adottare disposizioni legislative specifiche sulle mutilazioni genitali femminili oppure, in base alla vigente legislazione, di perseguire penalmente chiunque le metta in atto”. Il Parlamento sollecitava quindi l’elaborazione di una chiara strategia globale e dei piani d’azione nell’intento di «bandire le MGF nell’Unione europea» e, attraverso meccanismi giuridici, amministrativi, preventivi, educativi e sociali, consentire alle vittime reali e potenziali di ottenere una valida protezione. Esortava poi a respingere la pratica della “puntura alternativa” ed ogni tipo di medicalizzazione, proposte come soluzione di mediazione tra la circoncisione del clitoride e il rispetto di tradizioni identitarie, «poiché ciò significherebbe soltanto giustificare e accettare la pratica della mutilazione genitale» nel territorio dell’UE.

  • Chinese fashion giant Shein re-enters India five years after ban

    Chinese fast fashion app Shein has relaunched in India five years after it was banned by Delhi, under a deal with Indian firm Reliance Retail.

    An official from Reliance Retail, who did not wish to be named, told the BBC the firm has entered a long-term licensing deal with the parent company to sell products manufactured and sourced in India on the platform. The group has not yet made an official announcement.

    Shein’s re-entry to the Indian market comes with strict terms, which include saving all data within the country, India’s Commerce Minister Piyush Goyal said in December.

    In 2020 India banned Shein and dozens of other Chinese apps including TikTok.

    It said this was in response to data security concerns and it followed a spike in tensions with China after clashes between the two countries’ armies in a disputed Himalayan border area.

    The app was launched in India on Friday night and has so far been downloaded by more than 10,000 people. It is offering fashionwear for as little as 199 rupees ($2.30; £1.90).

    Shein is currently delivering to consumers only in the cities of Delhi, Mumbai and Bengaluru, but will soon offer services across India, according to a notification on the app.

    Over the last decade, Shein has gone from a little-known brand among older shoppers to one of the biggest fast fashion retailers globally. Today, it ships to customers in 150 countries across the world.

    Before the ban it became a big hit in India as it gave people a variety of options to buy trendy designs at an affordable price. The ban initially left a vacuum in the Indian market which was later filled by many local players.

    Experts say that with Shein India, Reliance Retail – owned by Indian billionaire Mukesh Ambani – is diversifying from its existing strategy of selling international brands through its flagship Ajio online retailer.

    The revival comes with strict conditions that give Reliance Retail full control over its operations and data while Shein will be a technological partner, Goyal told the Indian parliament in December.

    All customer and application data will be stored in India and Shein will not have any access rights, he said.

    Goyal also clarified that the app was banned in India, not the “sale of Shein-branded products”.

    Shein will use India as a “supply source for its global operations” and will help Reliance Retail in “building the network” and training Indian garment manufacturers, as it aims to promote export of textile and garments from India, an official from Reliance Retail said.

    Shein’s comeback under the deal with Reliance Retail is a rare exception to India’s ban on more than 200 Chinese apps over the last five years.

    At the time, Indian officials said the ban followed many complaints against the apps for “stealing and surreptitiously transmitting users’ data in an unauthorised manner”.

    ByteDance’s TikTok and popular combat and survival game PlayerUnknown’s Battleground (PUBG) were also banned.

    However PubG was later rebranded and launched for the Indian market under the name Battlegrounds Mobile India (BGMI), which is held by Krafton India.

  • La Commissione adotta misure per affrontare i rischi derivanti dalle importazioni di basso valore vendute tramite rivenditori online di paesi terzi

    Tali azioni fanno parte della comunicazione sul commercio elettronico “Un pacchetto completo di strumenti dell’UE per un commercio elettronico sicuro e sostenibile”, che la Commissione propone incoraggindo azioni, tra l’altro, nei settori delle dogane e del commercio, quali l’avvio di controlli doganali, la protezione dei consumatori e le leggi sui servizi digitali e sui mercati digitali.

    L’anno scorso, circa 4,6 miliardi di spedizioni di basso valore, vale a dire merci con un valore non superiore a 150 EUR, sono entrate nel mercato dell’UE per un totale di 12 milioni di pacchi al giorno. Si tratta del doppio rispetto al 2023 e del triplo rispetto al 2022 e molte di queste merci sono risultate non conformi alla legislazione europea. Questa crescita esponenziale sta sollevando numerose preoccupazioni. Principalmente, ci sono sempre più prodotti nocivi che entrano nell’UE. Inoltre, i venditori europei, che rispettano i nostri elevati standard di prodotto, rischiano di essere danneggiati da pratiche sleali e dalla vendita di merci contraffatte attraverso i mercati online. Infine, il gran numero di pacchi spediti e trasportati ha un’impronta ambientale e climatica negativa.
    In Europa, i consumatori dovrebbero sfruttare appieno il potenziale del commercio elettronico e avere accesso a prodotti online convenienti, economici, sicuri e di alta qualità. Allo stesso modo, le imprese europee dovrebbero beneficiare di condizioni di parità nel mercato unico.
    Nella comunicazione la Commissione illustra tutti gli strumenti di cui l’UE dispone già e mette in evidenza le iniziative attualmente discusse dai colegislatori. Propone inoltre nuove azioni congiunte per affrontare le preoccupazioni derivanti dall’aumento di prodotti non sicuri, contraffatti e altrimenti non conformi o illeciti che entrano nel mercato:

    Riforma doganale, compresa la richiesta ai colegislatori di adottare rapidamente il pacchetto di riforma dell’unione doganale proposto, consentendo la rapida attuazione di nuove norme per garantire condizioni di parità nel settore del commercio elettronico. Tali misure comprendono la soppressione dell’esenzione dai dazi per le parcelle di valore inferiore a 150 EUR e il rafforzamento delle capacità di controllo, quali una migliore condivisione dei dati e una migliore valutazione dei rischi.

    Misure mirate per le merci importate, compreso l’avvio di controlli coordinati tra le autorità doganali e le autorità di vigilanza del mercato, nonché azioni coordinate in materia di sicurezza dei prodotti, come la prima indagine a tappeto sulla sicurezza dei prodotti. Ciò dovrebbe portare all’eliminazione dal mercato delle merci non conformi e contribuire alla raccolta di prove per alimentare l’analisi dei rischi e le azioni complementari. I futuri controlli saranno intensificati per taluni operatori, merci o flussi commerciali, su base continuativa, alla luce dell’analisi dei rischi.

    Proteggere i consumatori sui mercati online, evidenziando le pratiche di commercio elettronico come una chiara priorità nell’applicazione della legge sui servizi digitali, nonché strumenti come la legge sui mercati digitali e quelli che si applicano a tutti gli operatori commerciali: il regolamento sulla sicurezza generale dei prodotti, il regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori e la rete per la tutela dei consumatori.

    Utilizzo di strumenti digitali, che possono contribuire a facilitare la supervisione del panorama del commercio elettronico attraverso il passaporto digitale dei prodotti e nuovi strumenti di IA per l’individuazione di prodotti potenzialmente non conformi.

    Protezione dell’ambiente, compresa l’adozione del primo piano d’azione sul regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili e la richiesta di una rapida adozione della modifica mirata della direttiva quadro sui rifiuti.

    Responsabilizzare i consumatori e i professionisti attraverso campagne di sensibilizzazione sui diritti dei consumatori, i rischi e i meccanismi di ricorso.

    Cooperazione internazionale e commercio, compresa l’organizzazione di attività di formazione sulle norme dell’UE in materia di sicurezza dei prodotti e la valutazione di eventuali elementi di prova relativi al dumping e alle sovvenzioni.

    La Commissione invita gli Stati membri a riunirsi per svolgere un ruolo forte come Team Europa al fine di migliorare l’efficacia delle azioni intraprese dalle autorità nazionali e dalla Commissione.

    Anche la rete di cooperazione per la tutela dei consumatori (CPC) delle autorità nazionali per la tutela dei consumatori e la Commissione hanno informato Shein dell’avvio di un’azione coordinata.
    Entro un anno la Commissione valuterà l’effetto delle azioni annunciate e pubblicherà una relazione sui risultati dei controlli rafforzati.
    Se i quadri e le attività di applicazione esistenti non saranno sufficienti e adeguati saranno prese in considerazione ulteriori azioni e proposte per rafforzare l’attuazione e l’applicazione delle norme dell’UE.

  • Bruxelles rincorre Musk nello spazio

    Scudo spaziale europeo e industria spaziale europea. Sono queste le priorità per l’Ue delineate da Andrius Kubilius, commissario europeo per la Difesa e lo Spazio, durante la 17ma European Space Conference tenutasi a Bruxelles il 28 e 29 gennaio. Perché “chiunque controlli lo spazio controlla il futuro”, ha aggiunto Kubilius, specificando di considerare il XXI secolo come quello dominato dalla volta celeste. “Spazio e difesa sono strettamente interconnessi. Abbiamo bisogno di un Big Bang in difesa, e anche per lo spazio. Qual è il prossimo passo? Abbiamo bisogno di maggiori investimenti e di esaminare nuove idee e progetti che possiamo realizzare”, ha poi postato su X.

    A Bruxelles si lavora dunque su due fronti paralleli: la creazione di uno scudo spaziale europeo, ovvero un sistema di monitoraggio avanzato delle minacce militari dallo spazio, e lo sviluppo di un mercato unico, quale precondizione per creare un’industria spaziale europea

    L’obiettivo è chiaro, e come arrivarci anche: l’Europa deve investire di più, ha spiegato Kubilus, collaborare meglio e costruire una base industriale solida per competere con pesi massimi come Russia, Cina e Stati Uniti, già pienamente ingaggiati nella corsa alla tecnologia spaziale. Per Kubilius spazio e difesa vanno a braccetto: “Non può esserci difesa senza spazio, e non può esserci spazio senza industria“, ha ribadito. Il pensiero va ad esempio ai casi in cui attori ostili come la Russia hanno bloccato i satelliti e preso di mira i sensori con armi laser, rendendo palese l’interconnessione tra i due ambiti. Lo spazio inoltre potrebbe essere rilevante per un’agenzia di intelligence europea, perché può contribuire a raccogliere informazioni e fornire un allarme tempestivo contro le minacce, comprese quelle militari. “Dobbiamo essere in grado di difenderci da qualsiasi aggressore”, ha insistito Kubilius, motivo per cui, ha proseguito, “dobbiamo creare servizi completi di intelligence interoperabile”.

    Il Programma spaziale dell’Ue sotto Kubilius, fa sapere la Commissione, si concentrerà in modo particolare sulla fornitura di servizi essenziali e sul progresso di iniziative chiave. Una delle massime priorità è il pieno lancio dei programmi di punta dell’Unione, per favorire l’innovazione e la sicurezza spaziale:

    • Galileo, il sistema di posizionamento e navigazione satellitare civile europeo
    • Copernicus, la costellazione che monitora la Terra e tiene sott’occhio il clima, verrà implementata con i lanci dei satelliti Sentinel-1C e Sentinel-2C e con una nuova missione CO2M per migliorare le capacità di monitoraggio ambientale
    • EUSST, l’Unione Europea per la sorveglianza e il monitoraggio dello spazio, che nel 2024 ha ampliato la sua comunità di utenti – proteggendooltre 500 satelliti e fornendo servizi a più di 200 organizzazioni -, vedrà l’integrazione di nuovi sensori commerciali che rafforzeranno la capacità della rete di monitorare e proteggere gli asset spaziali
      • IRIS², il sistema di connettività dell’Europa, sta anch’esso progredendo, con la firma del contratto di concessione avviato a dicembre 2024 e la selezione del contraente prevista il prossimo giugno in occasione delle Giornate dell’industria dell’Ue. Si tratta di un’iniziativa che migliorerà l’infrastruttura di comunicazione satellitare europea, per scopi sia militari che civili.
    • GOVSATCOM, il sistema di comunicazioni sicuro per i governi.

    L’Europa insomma viaggia verso una “nuova era di governance spaziale“, ha annunciato su X Kubilius. Nel 2025 in effetti è in arrivo lo European Space Act. L’obiettivo è quello di ripulire le costellazioni disordinate di satelliti e detriti spaziali (i ‘debris’), gestire il traffico, frenare l’inquinamento luminoso dei veicoli spaziali e limitare l’inquinamento dei razzi.

    Il rischio però è che Bruxelles ceda al suo peggior vizio e iper-regolamentare anche lo spazio, soffocando ogni iniziativa e diminuendo la possibilità di stare al passo con Paesi che procedono spediti come razzi.
    Un rischio reso palpabile anche dalle parole della capa degli Affari esteri dell’Ue Kaja Kallas intervenuta ieri alla Conferenza: “È essenziale per tutti noi che lo spazio non rimanga un dominio non regolamentato”.

    E non è l’unico rischio: anche su questa materia, il blocco rischia di essere più che altro un’armata che si muove in ordine sparso. Se da una parte il commissario ha affermato che spingerà per ulteriori finanziamenti per l’industria spaziale nel prossimo bilancio settennale dell’Ue, dall’altra quello che serve è una visione comune incentrata su alcuni importanti progetti, anche in considerazione del fatto che gli enormi costi della corsa allo spazio rendono vantaggiosa la cooperazione tra i Ventisette.

    Invece l’industria spaziale europea è frammentata e alcuni Paesi più ‘avanzati’, vedi la Germania, pianificano le proprie leggi spaziali nazionali e già in passato si sono opposti alle precedenti bozze della legislazione, sostenendo che le regole avrebbero gravato sulle imprese con una nuova burocrazia onerosa.

    Anche l’Italia sembra aver preso altre strade, che nello specifico la portano nell’orbita degli Usa, tra i satelliti di Elon Musk e la sua Starlink.

    Proprio la dipendenza da Starlink, ovvero un’azienda in mano a un privato, Elon Musk, che attualmente è diventato il più stretto consigliere del presidente Usa Donald Trump e membro della sua amministrazione, nonché un attivista a favore dell’estrema destra, sembrerebbe aver dato una sveglia all’Europa. Che però appare decisamente in svantaggio. Il suo piano per mandare in orbita satelliti è insufficiente: prevede di inviare 290 satelliti entro il 2030, mentre Starlink ne ha già 6000 in orbita e punta a 30mila entro tre anni.

    Inoltre l’azienda di Musk gode di un vantaggio di posizione avendo già mandato su, nelle appetibili orbite basse, migliaia di satelliti. E come sempre chi prima arriva meglio alloggia, anche perché le orbite non possono ospitare un numero infinito di satelliti: già ora il rischio di collisioni e di sicurezza è alto, e per l’Europa c’è il rischio concreto di non trovare… spazio.

    Un segnale di slegatura nel blocco viene anche da una dichiarazione congiunta firmata a margine della Space Conference tra la Commissione europea e alcuni Stati membri (Francia, Germania, Lussemburgo, Portogallo, Spagna) per supportare l’implementazione di una missione pilota In-Space Operations and Services (ISOS), finalizzata ad accelerare lo sviluppo della capacità strategica dell’Europa di “agire nello spazio”. La firma rimarrà aperta affinché altri Stati possano unirsi nel prossimo futuro, ma intanto si parte con chi c’è. Sia detto per inciso, ultimamente si è parlato di adottare un approccio simile – chi c’è c’è – anche per realizzare il mercato dei capitali, che altrimenti rimarrebbe ancora bloccato dai diversi interessi nazionali.

    Tornando allo spazio, la missione pilota ISOS si concentrerà su applicazioni e servizi a utenti e risorse governative e commerciali, in vista di una futura infrastruttura adattiva nello spazio. Questa missione, afferma la Commissione, “guiderà la generazione di una nuova economia spaziale, estenderà le capacità di dimostrazione e convalida in orbita e migliorerà la resilienza e la sostenibilità dell’infrastruttura spaziale, massimizzando al contempo l’uso delle tecnologie spaziali dell’Ue”.

    Ottimista Timo Pesonen, direttore generale per l’industria della difesa e lo spazio presso la Commissione, che ha dichiarato: “ISOS è un vero punto di svolta per l’Europa“.

  • Nova Gorica si celebra capitale europea della cultura insieme a Gorizia

    In occasione della cerimonia di inaugurazione della Capitale europea della cultura, l’8 febbraio si terrà una manifestazione che unisce simbolicamente Gorizia e Nova Gorica con la presenza anche di Commissari europei: un corteo partirà dalla stazione di Gorizia alle 10. La cerimonia introduttiva sarà alle 16 in piazza Transalpina. Il corteo attraverserà Carinarnica alle 14 e le celebrazioni continueranno fino alle 18 con discorsi istituzionali e spettacoli. Dalle 19, borderless party.

    Il titolo di Capitale europea della cultura consente alle città di stimolare il loro sviluppo locale e regionale attraverso la cultura e comporta una serie di benefici culturali, economici e sociali a lungo termine, sia per le città che per le regioni circostanti. Per poter essere selezionate, le città dovevano istituire un programma culturale con una forte dimensione europea, promuovendo la partecipazione attiva delle loro comunità. La Commissione ha assegnato alle Capitali europee della cultura 2025 il premio Melina Mercouri, del valore di 1,5 milioni di euro, finanziato nell’ambito del programma «Europa creativa» in riconoscimento della qualità dei loro preparativi per l’anno in corso. Glenn Micallef, Commissario per l’equità intergenerazionale, la gioventù, la cultura e lo sport, ha dichiarato: «Congratulazioni alle nostre Capitali europee della cultura 2025, Chemnitz e Nova Gorica. Attendo con interesse un intero anno di celebrazioni che mettano in evidenza la diversità, le identità e i valori delle culture europee, evidenziando nel contempo ciò che riunisce i cittadini europei nel celebrare la nostra diversità, le nostre identità e i nostri valori. Si tratta inoltre di un’opportunità per riflettere sull’impatto di questa prestigiosa iniziativa negli ultimi 40 anni».

    La Piazza della Transalpina (Piazza dell’Europa in sloveno), centro delle celebrazioni, è uno dei diversi progetti finanziati dai fondi di coesione UE a Gorizia e Nova Gorica. La Piazza è stata restaurata grazie a 5,6 milioni di fondi europei che hanno trasformato questa simbolo di divisione in uno di unità, uno spazio condiviso di connessione transfrontaliera. Tra gli altri progetti finanziati, anche dal programma Interreg Italia-Slovenia, figurano la trasformazione di un ex ospedale in un moderno campus scolastico transfrontaliero per studenti italiani e sloveni (16,5 milioni) e la riconversione di un ex magazzino ferroviario in spazi culturali e per spettacoli (2,15 milioni).

  • I dazi statunitensi e l’incompetenza

    “Stellantism proprietaria dei marchi automobilistici Chrysler, Jeep e Dodge, ha annunciato che trasferirà 1.500 posti di lavoro dal Canada all’Illinois per produrre i nuovi Dodge Durango”.

    In un mondo ideale le aziende dovrebbero risultare libere di proporre i propri prodotti e servizi nei diversi mercati internazionali con l’obiettivo di garantire la perfetta concorrenza, un termine invece che nella complessità di un mercato globale ha oggi un valore scolastico.

    La presenza, infatti, nello scenario internazionale dei fondi privati con dotazioni finanziarie pari anche a tre volte il PIL dell’Italia, di per sé modifica la stessa struttura del mercato globale in quanto, a fronte di una presunta liberalizzazione dei servizi, questi operano per assumere ruoli di “rendita di posizione” finanziaria, che si traducono inevitabilmente in un peggioramento del servizio oppure con un aumento delle tariffe per l’utenza. Quindi i concetti scolastici nella realtà oggettiva rappresentano semplicemente un esercizio intellettuale con scarsa efficacia.

    Tornando alla realtà, negli ultimi 40 anni i paesi a basso costo di manodopera hanno utilizzato il proprio dumping salariale e normativo per attirare investimenti industriali, i quali assicuravano delle rese economiche alle imprese manifatturiere occidentali molto vicine a quelle garantite dal mercato finanziario. Questo ha portato alla progressiva deindustrializzazione con flessioni occupazionali devastanti, in particolare dell’Europa ma anche degli Stati Uniti. A questi ultimi poi va riconosciuta la primogenitura della strategia economica basata sulle delocalizzazioni produttive.

    Adesso, con l’obiettivo di invertire questo trend occupazionale e sociale, l’amministrazione statunitense ha deciso di utilizzare i dazi come leva a livello politico per ottenere, come è già poi successo, degli impegni aggiuntivi propri da quelle nazioni che altrimenti sarebbero state oggetto dell’imposizione dei dazi, come Messico e Canada.

    Inoltre, se l’obiettivo rimane quello di mantenere e sviluppare la filiera industriale nazionale e sviluppare gli investimenti all’interno del territorio statunitense con le inevitabili conseguenze di un positivo aumento dell’occupazione, in questa senso i primi effetti sembrano già visibili con il trasferimento, appunto, della produzione di Stellantis dal Canada l’Illinois. Questa decisione rappresenta di fatto il primo effetto reale della strategia dei dazi nello sviluppo dell’occupazione statunitense.

    Un processo che evidentemente in Europa non è stato ancora compreso in entrambe le sue valenze, visto e considerato come il mondo economico europeo non sia stato in grado di dimostrarsi capace di elaborare posizioni e risposte che vadano al di là della condanna dell’opzione dazi americana seguita da Trump.

    La stessa idea di rispondere da parte dei vertici dell’Unione Europea con una analoga risposta politica ed economica imperniata sull’adozione a loro volta di dazi dimostra il livello di comprensione della complessità internazionale.

    Paradossale poi come all’interno di una politica e strategia monetaria, sulla base della quale ancora oggi qualcuno inneggia alla svalutazione competitiva sperando in uno sviluppo e crescita del sistema economico ed industriale nazionale ed europeo, si sottovaluti come negli ultimi anni il dollaro si è apprezzato del 20% rendendo così nulli gli effetti economici dei dazi applicati.

    Ancora una volta le scelte politiche ed economiche dell’amministrazione statunitense, come dello Stato cinese, non vengono comprese nella loro complessità ed in relazione agli obiettivi finali.

    Sarà per questo ostinato conservatorismo europeo sulla base del quale i vertici politici istituzionali e burocratici dell’Unione Europea invece di modificare le priorità economiche in relazione allo scenario internazionale, continuano nel perseguire gli obiettivi espressione del più assoluto delirio ambientalista.

    Certamente ora l’Europa è l’unica macroarea economica e politica a trovarsi all’interno di una crisi economica di dimensioni epocali.

  • La presidente von der Leyen avvia un dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica e annuncia un piano d’azione

    La presidente della Commissione europea von der Leyen ha convocato i principali leader dell’industria europea, le parti sociali e i portatori di interessi per l’avvio del dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica europea. Tale dialogo segna l’inizio di un processo inclusivo e collaborativo volto a fronteggiare le sfide critiche che il settore si trova ad affrontare e a garantirne il costante successo in quanto importante motore dell’economia europea.

  • Un imprenditore dei fast-food ambasciatore degli Usa presso la Ue

    Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha scelto l’imprenditore Andrew Puzder come ambasciatore presso l’Unione europea. Lo ha annunciato nella notte attraverso il suo social Truth. Puzder, già amministratore delegato di Cke Restaurants (società madre delle catene di fast-food Carl’s Jr e Hardee’s), era stato scelto da Trump come segretario del Lavoro nel 2017, ma la sua nomina non si era concretizzata a causa delle accuse di violenza domestica mosse nei confronti di Puzder. Nel suo post, il presidente Usa ha definito ora Puzder un “avvocato di successo, imprenditore, commentatore economico e autore”. “Durante i suoi 17 anni come amministratore delegato (di Cke Restaurants), Andy ha guidato l’azienda lontano da gravi difficoltà finanziarie, consentendole di sopravvivere, stabilizzarsi e crescere. Andy farà un eccellente lavoro nel rappresentare gli interessi della nostra nazione in questa importante regione. Congratulazioni Andy!”, ha scritto Trump.

    Fu “Politico”, nel 2017, a diffondere una registrazione risalente al 1990 che impedì a Puzder di diventare segretario del Lavoro. Si trattava di un episodio del programma “The Oprah Winfrey Show”, durante la quale l’ex moglie dell’imprenditore, Lisa Fierstein, aveva parlato in incognito di violenze domestiche subite. Puzder ha sempre negato tali accuse e la stessa Fierstein le ha successivamente smentite nell’ambito di un accordo per la custodia dei figli, affermando che erano state utilizzate come tattica legale durante il divorzio. Tuttavia la vicenda, insieme all’ammissione di Puzder di aver impiegato illegalmente un’immigrata irregolare come domestica per diversi anni, aveva alienato all’imprenditore il sostegno di alcuni senatori repubblicani, compromettendone la nomina.

    La scelta di Puzder come ambasciatore presso l’Ue potrebbe riaccendere tali polemiche, sebbene il Partito repubblicano sembri ora più incline a sostenere le scelte di Trump per il suo governo. Puzder è sempre rimasto vicino alla cerchia di fedelissimi di Trump durante la sua prima amministrazione, entrando a far parte dell’America First Policy Institute come senior fellow. L’istituto, composto da sostenitori della linea politica di Trump, ha avuto un ruolo influente nella fase di transizione. Durante la campagna del 2024, Puzder ha sostenuto attivamente Trump scrivendo diversi editoriali favorevoli su testate conservatrici.

  • Dichiarazione dei membri del Consiglio europeo in occasione della Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto

    In occasione della Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto, i membri del Consiglio europeo hanno rilasciato la seguente dichiarazione:

    “Nell’onorare la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto, ricordiamo l’80º anniversario della liberazione del campo di concentramento e sterminio tedesco nazista di Auschwitz-Birkenau. Ricordiamo gli orrori senza precedenti dell’Olocausto. Sei milioni di ebrei e milioni di altre persone sono stati uccisi; 1,1 milioni solo ad Auschwitz.
    Oggi riscontriamo un aumento senza precedenti dell’antisemitismo nel nostro continente, cui non assistevamo dai tempi della seconda guerra mondiale. Condanniamo con la massima fermezza l’allarmante aumento degli episodi violenti di antisemitismo, del negazionismo e della distorta rappresentazione dell’Olocausto, nonché delle teorie del complotto e dei pregiudizi nei confronti degli ebrei.
    Oggi più che mai è essenziale tenere fede alla nostra responsabilità di onorare le vittime dell’Olocausto. Siamo determinati a combattere l’antisemitismo e a proteggere e sostenere la vita ebraica in Europa. Denunciamo tutte le forme di discriminazione, intolleranza, razzismo e xenofobia e adotteremo azioni risolute per affrontare queste minacce alle società democratiche.
    Il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani, comprese le libertà di espressione e di religione o di credo nonché i diritti delle persone appartenenti a minoranze, deve guidare e guiderà le nostre azioni in ogni momento, in linea con i valori su cui si fonda l’Unione europea e che sono comuni a tutti noi.

    ‘Mai più’ è ora”.

  • Le case automobilistiche europee potrebbero pagare le concorrenti cinesi per le emissioni di carbonio

    Le case automobilistiche europee, guidate da Volkswagen, rischiano di dover sborsare centinaia di milioni di euro ai produttori cinesi di veicoli elettrici per l’acquisto di crediti di carbonio, nel tentativo di evitare le pesanti multe previste dalle norme Ue sulle emissioni per il 2025. Lo riporta il Financial Times. In base alla normativa europea – ricorda il quotidiano britannico -, le case automobilistiche sono obbligate a ridurre le emissioni medie di CO2 delle loro flotte a 93,6 grammi per chilometro entro il 2025, e le aziende che supereranno questo limite saranno soggette a una multa di 95 euro per ogni grammo di CO2 in eccesso, moltiplicata per ogni auto venduta. Secondo gli analisti – scrive il Financial Times -, molte case automobilistiche dell’Ue si trovano di fronte a una scelta: accelerare la vendita di veicoli elettrici abbassandone i prezzi, pagare miliardi di euro di sanzioni o acquistare crediti di carbonio da produttori meno inquinanti. Tra i principali beneficiari di questa strategia ci sono i produttori cinesi come Byd, che vantano una solida posizione nel mercato europeo dei veicoli elettrici e dispongono di ampi pool di crediti da vendere.

    Secondo quanto riferisce il Financial Times, una delle soluzioni che molti gruppi sta adottando è il cosiddetto “pooling”, che permette di calcolare la media delle emissioni tra flotte di diverse aziende operanti nell’Unione europea. Gli analisti avvertono tuttavia che il costo dei crediti potrebbe ammontare a centinaia di milioni di euro per alcune case automobilistiche europee, in ritardo nella transizione verso la mobilità elettrica, e che l’accordo renderà meno competitiva l’industria europea, favorendo i rivali cinesi in un momento in cui Bruxelles ha imposto tariffe più alte sui veicoli elettrici cinesi per proteggere le case automobilistiche europee. Jens Gieseke, un legislatore di centro-destra del Parlamento europeo – riporta il Financial Times -, ha affermato che l’Ue ha commesso un “errore” nel consentire il pooling con le case automobilistiche statunitensi e cinesi, in quanto ciò potrebbe avvantaggiare i rivali delle case automobilistiche europee.

    Per l’analista di Ubs Patrick Hummel, secondo quanto scrive il quotidiano britannico -, lo Stato tedesco della Bassa Sassonia detiene una partecipazione del 20% in Volkswagen, mentre Renault è per il 15% di proprietà del governo, il che rende la condivisione dei gruppi con le case automobilistiche cinesi un argomento politicamente sensibile. L’Europa, sottolinea il Financial Times, è il continente che si sta riscaldando più velocemente al mondo, con un aumento delle temperature doppio rispetto alla media globale dagli anni ’80, dovuto anche alla vicinanza all’Artico in scioglimento. Questi fattori rendono ancora più pressante la necessità di rispettare gli obiettivi climatici stabiliti da Bruxelles.

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