Europa

  • Commissione europea: da istituzione democratica ad organo sovrano

    Ogni democrazia esprime una sintesi che dovrebbe rappresentare l’essenza stessa del pensiero democratico e dal quale si intendono trarre i principi ispiratori da inserire all’interno di una istituzione nazionale od internazionale.

    Come logica conseguenza in un simile quadro istituzionale, allora, a garanzia proprio del carattere democratico, oltre alla classica divisione dei poteri, i quali vengono definiti come esercizio di specifiche attribuzioni ma anche come fonte di equilibrio nei confronti degli altri poteri, la democrazia viene determinata anche dalla definizione delle procedure adottate nelle elezioni e, conseguentemente, nei rapporti tra gli istituti.

    Indipendentemente dalla considerazione che si possa nutrire per l’Unione Europea e soprattutto per l’attuale Commissione Europea e dal fatto che abbia ottenuto la fiducia, le diverse procedure previste in caso di ottenimento della fiducia o della sua perdita evidenziano una volontà politica (ben poco espressione di garanzie costituzionali) finalizzata a garantire una tutela superiore alla Commissione, anche rispetto ai principi costituzionali adottati nei singoli stati membri.

    Partendo da quanto stabilito dalla nostra Carta Costituzionale qualsiasi governo si regge ed ottiene la propria legittimazione governativa dal supporto fornito dalla maggioranza parlamentare che lo sostiene. Il venir meno dell’appoggio di un singolo partito della coalizione che possa modificare, anche se per pochi decimali, il valore numerico definito dalla maggioranza parlamentare apre una crisi di governo.

    Anche In Europa, pur essendo la Commissione Europea nominata dal Consiglio Europeo, questa, per raggiungere la propria legittimazione e la certificazione istituzionale, deve ottenere la fiducia del Parlamento Europeo con una maggioranza semplice.

    Viceversa, una mozione di sfiducia verso la Commissione, la quale certifichi la rottura del rapporto fiduciario tra la stessa Commissione ed il Parlamento Europeo, prevede una maggioranza qualificata dei due terzi dei votanti ma, in considerazione dei 705 parlamentari europei, la mozione di censura deve essere approvata da almeno 376 deputati, indipendentemente dal numero di deputati presenti alla votazione.

    In altre parole, se la Commissione rappresenta il legittimo potere esecutivo all’interno dell’Unione europea sostenuto proprio da una maggioranza parlamentare, per togliere la fiducia alla Commissione europea viene definita una procedura ed il conseguimento di una maggioranza diversa da quella richiesta per l’ottenimento della fiducia.

    Questa scelta definisce un quadro decisamente sbilanciato a favore del potere esecutivo in nome di un ipotetica volontà di stabilità politica, il cui obiettivo ovviamente si applica in deroga ai principi democratici.

    Una volontà politica che rappresenta probabilmente il vero peccato originale della stessa Unione Europea e che modifica irreparabilmente il quadro democratico europeo, trasformando la Commissione Europea da rappresentante legittima di un potere esecutivo sulla base della fiducia parlamentare ad un organo sovrano.

  • L’UE annuncia un nuovo pacchetto di accordi da 2,3 miliardi di euro in occasione della conferenza sulla ripresa dell’Ucraina 2025

    La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato un nuovo pacchetto di accordi da 2,3 miliardi di euro con istituzioni finanziarie pubbliche internazionali e bilaterali per sostenere gli sforzi di ripresa e ricostruzione dell’Ucraina, dimostrando il fermo impegno dell’UE a favore della ripresa dell’Ucraina e del suo futuro nell’Unione.

    Il nuovo pacchetto di accordi da 2,3 miliardi di euro, firmato con istituzioni finanziarie pubbliche internazionali e bilaterali nell’ambito del quadro per gli investimenti in Ucraina, comprende 1,8 miliardi di euro in garanzie sui prestiti e 580 milioni di euro in sovvenzioni. Si prevede che mobiliterà fino a 10 miliardi di euro di investimenti in Ucraina.

    La conferenza sulla ripresa dell’Ucraina 2025 di Roma ha l’obiettivo di mantenere l’attenzione internazionale sulla ripresa dell’Ucraina, durante la guerra e dopo. Si tratta di una piattaforma volta ad allineare il sostegno politico e a mobilitare finanziamenti. L’UE sta adottando misure per sostenere gli sforzi di ripresa e ricostruzione dell’Ucraina, ma sta anche rafforzando le istituzioni del paese e promuovendo la sostenibilità a lungo termine. In tale contesto, la conferenza sarà l’occasione per presentare iniziative chiave volte a rafforzare le capacità dell’Ucraina e legami più stretti con l’UE.

  • La Commissione chiede riscontri sulla legge europea a favore dell’innovazione per aiutare gli innovatori ad accedere ai mercati e ad espandersi

    La Commissione europea ha pubblicato un invito a presentare contributi e una consultazione pubblica, invitando tutte le parti interessate a contribuire alla futura legge europea a favore dell’innovazione, un obiettivo fondamentale della strategia dell’UE su start-up e scale-up. La legge faciliterà l’immissione sul mercato di idee innovative in tutti i settori. Affronterà le sfide nella commercializzazione dei risultati della ricerca, rafforzerà la collaborazione tra l’industria e il mondo accademico e migliorerà l’accesso delle imprese innovative ai mercati, alla finanza, ai talenti e alle infrastrutture. Genererà inoltre un ambiente normativo, strategico e di investimento più favorevole all’innovazione in tutta l’UE, dando agli innovatori europei gli strumenti per crescere, espandersi e competere.

    La legge europea a favore dell’innovazione è una delle iniziative faro nell’ambito della strategia dell’UE su start-up e scale-up, adottata nel maggio 2025.

    L’invito a presentare contributi e la consultazione pubblica sono aperti fino al 3 ottobre 2025 sul portale della Commissione “Di’ la tua“.

  • Preparazione alle crisi e sicurezza sanitaria: strategie dell’UE per la costituzione di scorte e le contromisure mediche

    La Commissione europea ha avviato due iniziative nell’ambito del programma dell’Unione per la preparazione alle crisi: una strategia di costituzione delle scorte dell’UE e una strategia sulle contromisure mediche. Entrambe concepite per migliorare l’accesso ai beni essenziali per i cittadini e le società, le imprese e le economie europei, garantiscono in ogni momento la continuità dell’approvvigionamento di beni essenziali e forniture mediche salvavita, in particolare durante crisi quali gravi blackout energetici, catastrofi naturali, conflitti o pandemie.

    Strategia di costituzione delle scorte dell’UE: salvaguardare gli approvvigionamenti essenziali prima delle crisi

    La strategia di costituzione delle scorte dell’UE è concepita per garantire beni essenziali, quali cibo, acqua, petrolio, carburante e medicinali, in caso di crisi. Si tratta del primo approccio globale dell’UE alla costituzione di scorte.

    Strategia sulle contromisure mediche: rafforzare la preparazione alle crisi sanitarie

    Con l’aumento dei focolai di malattie e la crescente resistenza antimicrobica, aggravati dai cambiamenti climatici, dal deterioramento della biodiversità e degli ecosistemi e dalle sfide geopolitiche, la strategia dell’UE sulle contromisure mediche mira ad accelerare lo sviluppo, la produzione, la diffusione e l’accessibilità degli strumenti medici salvavita.

  • Il cielo di piombo nel futuro europeo

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    L’ideologia nella contemporaneità troppo spesso esprime unicamente la capacità o, peggio, la volontà politica di negare le realtà oggettive.

    Quanto sta avvenendo all’interno dell’Unione Europea ne rappresenta un esempio eclatante e preoccupante in un’ottica futura della stessa istituzione. Va ricordato come siano solo cinque gli stati membri, Germania, Italia, Francia, Spagna e Polonia che contribuiscono alla creazione di quasi 12.000 miliardi del Pil europeo (per semplificazione si adotta il valore a prezzi correnti piuttosto di quello a parità di potere d’acquisto [Ppa]) il quale, con l’apporto marginale degli altri ventidue componenti (22 per 5.000 miliardi di Pil), arriva a malapena ai 17.000 miliardi (*).

    In altre parole, il cuore industriale ed economico dell’Unione Europea risulta circoscritto a queste cinque nazioni e rappresenta oltre il 70% dell’intero PIL comunitario, mentre il restante 30% si può attribuire ai residuali ventidue (22) non citati. Già questa fotografia economica dovrebbe indurre l’intera istituzione europea ad una politica di tutela e conservazione del cuore pulsante economico europeo che ne garantisce la stessa sopravvivenza economica e valenza istituzionale nello scenario internazionale.

    Passando, poi, al fronte delle emissioni sempre a questi cinque Stati a forte trazione industriale viene attribuito un valore complessivo pari al 5,4% delle emissioni globali (**), mentre nella sua complessità l’Unione Europea rilascia circa il 7-7,5% delle emissioni globale.

    La Cina presenta un PIL di circa 17.800 miliardi di euro in crescita, ma al suo sistema industriale ed economico vanno attribuite il 28% delle emissioni globali, tanto da renderla il primo paese inquinante del mondo (gli Stati Uniti con un Pil di 26.990 mld di euro emettono il 21% delle emissioni globali).

    Nel confronto con l’economia cinese, quindi, l’Unione Europea produce una ricchezza complessiva di poco inferiore a quella cinese (17.000 mld in Ue rispetto ai 17.870.000 in Cina***) ma emette un quarto delle sostanze inquinanti rispetto al colosso cinese.

    Nello specifico, poi, il cuore pulsante economico e soprattutto industriale europeo (che solo nel settore Automotive garantisce 13 milioni di posti di lavoro), rappresentato dai cinque stati citati prima, Germania, Italia, Francia, Spagna e Polonia produce un PIL pari ad oltre il 65% di quello cinese ma è responsabile di emissioni inferiori di cinque volte (1/5) rispetto a quelle del gigante cinese.

    Il modello economico europeo, in altre parole, soprattutto nella sua parte industriale dovrebbe essere definito come la perfetta sintesi dell’evoluzione tecnologica ed industriale frutto di investimenti finanziari e professionali, la quale mira ad un efficientamento continuo del sistema, con l’obiettivo di ottimizzare i costi energetici e quindi la sostenibilità economica.

    Una tale superiorità dimostrata da questi numeri meriterebbe, come accennato prima, la totale ed assoluta tutela nei confronti dei prodotti di altri sistemi industriali come quello cinese, il cui sistema industriale rispetto alle emissioni risulta a forte impatto ambientale.

    Questa mancanza di attenzione o, peggio ancora, la volontà di azzerare l’asset storico dell’economia europea in nome di una infantile “transizione energetica ed ecologica” porterà inevitabilmente l’intera Europa verso un disastro molto simile, in termini economici, a quello del secondo conflitto mondiale.

    Una simile strategia rappresenta, in altri termini, una politica eversiva finalizzata al rovesciamento economico della stessa dell’Unione Europea.

    Una volontà di distruggere ogni asset industriale confermata dall’ultima proposta presentata dalla Presidente della Commissione Europea la quale vuole imporre l’introduzione dell’obbligo di riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040.

    Mentre gli Stati Uniti hanno azzerato ogni aiuto finanziario alla insostenibile transizione elettrica e, contemporaneamente, Cina ed India hanno firmato un accordo per costruire decine e decine di nuove centrali elettriche a carbone, oltre alle 1.161 già operative in Cina che assicurano oltre il 70% della energia elettrica prodotta dal carbone.

    Le conseguenze di tale ennesimo delirio ricadranno maggiormente sulle cinque nazioni che rappresentano il 70% del Pil ma solo marginalmente sulle altre ventidue che raggiungono a malapena il 30%.

    In ultima analisi, il periodo caratterizzato dalla operatività delle due ultime Commissioni europee esprime, nei contenuti e nella forma, delle analogie con quello degli “anni di piombo” durante i quali anche una parte delle istituzioni deviate operavano con gruppi terroristici per il sovvertimento del sistema democratico.

    Ora il ruolo della istituzione deviata sembra perfetto per la Commissione europea e la maggioranza che la sostiene mentre la complicità con gruppi esterni si traduce nei finanziamenti a gruppi di integralisti ecologisti e media ad essi collegati che intendono sovvertire non più l’ordinamento democratico ma l’essenza del sistema economico occidentale e conseguentemente i propri sostenitori.

    Nel periodo 1968/82 gli anni di piombo hanno causato circa 350 vittime ed oltre mille feriti, mentre il futuro di piombo originato dalle stesse istituzioni europee darà origine a 13 milioni di disoccupati, localizzati perlopiù nelle cinque nazioni. Quelle cinque che da sole determinano quel benessere diffuso di cui ancora oggi gode l’intera Unione Europea.

    (*) Germania Pil 4307 Mld di euro, Francia Pil 2903 Mld di euro, Italia Pil 2200 Mld di euro, Spagna Pil 1583 Mld di euro, Polonia Pil 849 Mld di euro

    (**) Germania 2% delle emissioni globali, Italia 1% delle emissioni globali, Francia 1% delle emissioni globali, Spagna 0,7% delle emissioni globali, Polonia 0,7% delle emissioni globali

    (***) a parità di potere d’acquisto i valori in verità cambiano a favore della Cina che registra un Pil di oltre 27.200 Mld di dollari mentre la Ue si ferma a 17.700

  • Tabella di marcia per premiare le azioni a favore della natura e stimolare i finanziamenti privati

    La Commissione europea ha presentato una “tabella di marcia verso i crediti per la natura” per incentivare gli investimenti privati a favore di azioni che proteggono e preservano la natura e premiare coloro che intraprendono tali azioni e vi investono.

    I crediti per la natura rappresentano un’opportunità sia per le imprese sia per il ripristino della natura: promuoveranno la biodiversità e preserveranno gli habitat generando allo stesso tempo entrate per coloro che lavorano per proteggere la natura e per gli investitori. Affronteranno la sfida del degrado della natura e dei cambiamenti climatici, sostenendo al contempo i più ampi obiettivi dell’UE in materia di competitività e resilienza, come indicato nella bussola per la competitività e nel patto per l’industria pulita.

  • ReArm Europe aiuterà l’innovazione ma creerà poca occupazione, dice l’Economista

    Per la prima volta da decenni, il mondo ricco si sta lanciando in una massiccia ri-militarizzazione. Secondo un editoriale del settimanale “The Economist”, le guerre in Ucraina e Medio Oriente, la minaccia di un conflitto su Taiwan e l’approccio instabile del presidente statunitense, Donald Trump, alle alleanze hanno reso il rafforzamento della difesa nazionale una priorità urgente. Per questo, il 25 giugno i Paesi Nato hanno deciso di alzare l’obiettivo di spesa militare al 3,5% del PIl, con un ulteriore 1,5% a voci legate alla sicurezza. Se tale obiettivo sarà raggiunto entro il 2035, si spenderanno ogni anno 800 miliardi di dollari (circa 684 miliardi di euro) in più in termini reali rispetto al periodo precedente all’invasione russa dell’Ucraina. Queste cifre, avverte il “The Economist”, rischiano di mettere a dura prova le finanze pubbliche, poiché la conseguenza economica più ovvia dell’aumento dei bilanci per la difesa sarà la pressione sui conti pubblici. “I debiti sono già elevati e i governi sono sottoposti a crescenti pressioni finanziarie a causa dell’invecchiamento della popolazione e dei tassi d’interesse più alti”, scrive il settimanale. Per coprire l’aumento delle spese, molti governi dovranno tagliare la spesa sociale o aumentare i disavanzi. Inoltre, usare le spese militari come leva per creare occupazione, come promesso dal primo ministro britannico, Keir Starmer, sarebbe un errore: “Tali argomentazioni sono sbagliate e politicamente fuorvianti”.

    Secondo il “The Economist”, i benefici potrebbero arrivare solo dalla ricerca e sviluppo in ambito militare: “L’innovazione militare può stimolare la produttività privata”. Ma sul fronte dell’occupazione, le speranze sono ridotte. “La produzione militare, come gran parte della manifattura moderna, è altamente specializzata e automatizzata. Ciò significa che il riarmo creerà meno posti di lavoro rispetto a quelli persi a causa delle nuove tecnologie o della concorrenza straniera”, scrive il settimanale, che spiega: “Secondo una stima, l’aumento della spesa per la difesa nei Paesi europei della Nato potrebbe generare 500 mila posti di lavoro, un numero irrisorio se confrontato con i 30 milioni di lavoratori nel settore manifatturiero dell’Ue”.

    Infine, il “The Economist” mette in guardia dal rischio di inefficienze legate al nazionalismo industriale europeo; sottolineando come uno dei problemi principali della spesa militare europea è che troppi Paesi vogliono produrre in proprio l’equipaggiamento: “Dodici modelli di carri armati nei Paesi Ue, contro uno solo negli Stati Uniti, sono l’emblema di sprechi e scarsa interoperabilità”. Il messaggio finale del “The Economist” è chiaro: “Per avere successo nella nuova corsa al riarmo, i governi dovranno spiegare onestamente agli elettori che la spesa è necessaria per la sicurezza. Se tenteranno di ottenere tutto con un solo bilancio, non faranno bene nulla. Non ha senso cercare di stimolare la crescita se il risultato è essere invasi”.

    Londra e Berlino intanto lavorano al patto d’acciaio del XXI secolo. I governi della Germania e del Regno Unito – come riferisce il portale di informazione “Politico” che cita cinque fonti a conoscenza della questione – sarebbero pronti a firmare un trattato che include una clausola di mutua assistenza in caso di minaccia per uno dei due Paesi. Due funzionari britannici hanno dichiarato a “Politico” che “il testo del trattato è prossimo alla conclusione” e che “la firma è prevista per il 17 luglio, prima che i due Parlamenti si sciolgano per la pausa estiva”. Sebbene il trattato “probabilmente riaffermerà l’impegno di entrambe le nazioni nei confronti della Nato come pietra angolare della loro difesa collettiva, l’inclusione della clausola sottolinea la spinta degli alleati europei a collaborare più strettamente in materia di sicurezza, mentre gli Stati Uniti si ritirano dall’alleanza di difesa transatlantica”. Si prevede inoltre che il documento contenga ulteriori misure per contrastare l’immigrazione clandestina, i trasporti, la ricerca e l’innovazione e un impegno a promuovere gli scambi transfrontalieri. “Il trattato riguarderà l’intera gamma delle nostre relazioni”, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri tedesco.

  • L’UE investe 2,8 miliardi di euro in 94 progetti nel settore dei trasporti per promuovere la mobilità sostenibile e connessa in tutta Europa

    La Commissione europea ha selezionato 94 progetti nel settore dei trasporti che riceveranno quasi 2,8 miliardi di euro in sovvenzioni dell’UE nell’ambito del meccanismo per collegare l’Europa (MCE). Modernizzando le ferrovie, le vie navigabili interne e le rotte marittime attraverso la rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), i progetti non solo contribuiranno a collegare meglio le regioni e le città europee – da nord a sud, da est a ovest – ma renderanno anche il mercato interno dell’UE più competitivo e più resiliente.

    Stanziando il 77% dei finanziamenti totali a favore del trasporto ferroviario, l’UE dà la priorità a importanti ammodernamenti delle infrastrutture. Tra i progetti chiave figura la costruzione della Rail Baltica nella regione baltica e in Polonia, mentre linee ferroviarie ad alta velocità saranno sviluppate in Repubblica Ceca e Polonia, riducendo i tempi di viaggio e aumentando la connettività tra le regioni europee.

    L’UE sta investendo anche in progetti che ridurranno l’impatto ambientale del trasporto marittimo e per vie navigabili interne. I porti di Irlanda, Cipro, Malta, Croazia e Polonia saranno ammodernati con l’elettricità da terra per ridurre al minimo le emissioni delle navi all’ormeggio.

    L’investimento andrà anche a beneficio della mobilità urbana, con finanziamenti stanziati per preparare la costruzione o l’ammodernamento di nodi passeggeri multimodali in città come Lovanio, Norrköping, Nizza, Marsiglia e Bolzano. L’UE porta avanti l’impegno a rafforzare i corridoi di solidarietà UE-Ucraina, con progetti volti a migliorare la connettività ferroviaria e i valichi di frontiera tra la Slovacchia e l’Ucraina e tra la Romania e la Moldova. Saranno inoltre effettuati investimenti per aumentare la capacità dei porti polacchi, mentre il sostegno dell’UE aiuterà l’Ucraina ad adottare lo scartamento ferroviario standard dell’UE, facilitando il traffico ferroviario transfrontaliero senza soluzione di continuità alla frontiera polacca e stimolando il commercio regionale.

  • Monitoraggio dell’inquinamento nell’UE: riuscito il lancio di Sentinel-4

    Il Sentinel-4 di Copernicus, in orbita a seguito del lancio da Cape Canaveral del 1o luglio 2025, rappresenta un importante passo avanti negli sforzi dell’Europa per monitorare la qualità dell’aria.

    Si tratta della prima missione Copernicus in orbita geostazionaria dedicata al monitoraggio delle condizioni atmosferiche in Europa, che potenzia notevolmente le capacità dell’UE di osservare la Terra. Sentinel-4 è dotato di uno spettrometro UVN (Ultraviolet Visible Near-infrared) avanzato, appositamente costruito per misurare con precisione inquinanti atmosferici critici come l’ozono (O3), il biossido di azoto (NO2), la formaldeide (HCHO), il biossido di zolfo (SO2) e gli aerosol.

    Una volta operativa, la missione fornirà dati orari fondamentali sulla composizione atmosferica. Queste informazioni consentiranno al servizio di monitoraggio atmosferico di Copernicus (CAMS) di offrire approfondimenti in tempo reale a scienziati, responsabili politici e agenzie ambientali, a sostegno degli sforzi per mitigare l’inquinamento e migliorare la qualità dell’aria in tutta Europa. La missione contribuisce direttamente alle politiche ambientali dell’UE, tra cui la direttiva sulla qualità dell’aria ambiente e il piano d’azione “inquinamento zero”.

    Copernicus costituisce la componente di osservazione della Terra del programma spaziale dell’UE.

  • Quadro di valutazione UE della giustizia 2025: si rafforzano i sistemi giudiziari nell’Unione

    La Commissione europea ha pubblicato la tredicesima edizione del quadro di valutazione UE della giustizia, una relazione annuale che fornisce dati comparativi sull’efficienza, la qualità e l’indipendenza dei sistemi giudiziari tra gli Stati membri dell’UE, dalla quale emerge che nella maggior parte degli Stati membri i cittadini percepiscono l’indipendenza della magistratura come migliorata o stabile rispetto all’anno scorso.

    Il quadro di valutazione di quest’anno presenta anche nuovi indicatori relativi al mercato unico, sottolineando il ruolo essenziale di sistemi giudiziari efficienti e indipendenti nel promuovere un contesto di mercato equo e competitivo. Ad esempio, emerge che le imprese di 16 Stati membri apprezzano l’autonomia delle rispettive autorità nazionali garanti della concorrenza.

    I risultati del quadro di valutazione UE della giustizia contribuiscono al monitoraggio effettuato nell’ambito del ciclo annuale sullo Stato di diritto e del semestre europeo, e confluiranno nella relazione sullo Stato di diritto 2025 della Commissione, nonché nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Parallelamente alla relazione, la Commissione pubblica anche i risultati delle indagini Eurobarometro sulla percezione, da parte del pubblico e delle imprese, dell’indipendenza della magistratura in ciascuno Stato membro. Le indagini rivelano che oltre la metà dei cittadini e delle imprese considera positivamente l’indipendenza dei propri sistemi giudiziari.

Pulsante per tornare all'inizio