Albania

  • Proposta delirante di un autocrate in gravi difficoltà

    L’uomo non è spiegabile e, in ogni caso, bisogna indagare i suoi segreti

    non nelle sue ragioni ma piuttosto nei suoi sogni e deliri.

    Ernesto Sabato

    Fino al 1815 era noto come lo Stato Pontificio. Organizzato e funzionante come una monarchia assoluta, aveva come suo massimo rappresentante, con i pieni poteri, il Pontefice. Fino ad allora era anche uno degli Stati italiani, come il Regno di Sicilia, il Regno di Napoli, il Granducato di Toscana ed altre entità statali. Ma il 20 settembre 1870 il Regno d’Italia conquistò Roma. In seguito, dopo il plebiscito del 2 ottobre 1870, anche i territori della Santa Sede sono stati annessi al Regno d’Italia. Alcuni mesi dopo, nel maggio 1871 il Parlamento stabilì anche i diritti della Santa Sede come parte integrante del Regno d’Italia. Il Papa veniva riconosciuto ancora come la massima autorità, ma alla Santa Sede è stato riconosciuto solo il possesso e non la proprietà degli edifici a Roma e dintorni. Il papa di allora, Pio IX, non riconobbe la decisione del Parlamento e si dichiarò prigioniero in Vaticano. Una simile situazione tesa tra il Regno d’Italia e la Santa Sede durò fino al 1929, quando, dopo lunghe trattative, l’11 febbraio 1929 si firmarono i Patti Lateranensi. Dal concordato tra l’Italia e la Santa Sede il 7 giugno 1929 è stato costituito e riconosciuto lo Stato sovrano della Città del Vaticano, esteso su un territorio molto limitato, entro le mura leonine, compresa anche la piazza San Pietro. I Patti Lateranensi, sono ormai sanciti dall’articolo 7 della Costituzione della Repubblica italiana.

    Quest’anno si è svolta la 79ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Dal 22 e al 23 settembre 2024, l’Assemblea ha ospitato il Vertice del futuro. In quel vertice sono stati trattati diversi temi. Per il Segretario generale delle Nazioni Unite quel vertice dovrebbe rappresentare “…un’opportunità unica per ricostruire la fiducia e riallineare le istituzioni multilaterali obsolete con il mondo di oggi, basandosi su equità e solidarietà”.

    Durante il sopracitato vertice, il 22 settembre scorso ha preso la parola anche il primo ministro albanese. Nel frattempo i suoi clamorosi abusi di potere, i continui scandali che lo coinvolgono direttamente, insieme con alcuni suoi stretti famigliari e collaboratori, il controllo da lui personalmente e/o da chi per lui del sistema “riformato” della giustizia, la galoppante corruzione partendo dai più alti livelli, sono stati trattati ed evidenziati anche dai giornali e dalle televisioni di vari Paesi europei ed di oltreoceano. Il nostro lettore è stato informato, a tempo debito, di tutto ciò. Così come è stato spesso informato, durante questi ultimi anni, della restaurazione e del continuo consolidamento di una nuova dittatura sui generis in Albania. Una dittatura camuffata da una facciata di pluripartitismo, ma che arresta e tiene tuttora isolato in casa, senza nessuna prova, il capo dell’opposizione. E tutti lo sanno che è stato il primo ministro a chiederlo. Come fanno anche altri suoi simili, in Russia, in Turchia, in Bielorussia, in Venezuela ed altrove nel mondo. Una dittatura, quella restaurata in Albania, espressione della pericolosa alleanza tra il potere politico, rappresentato proprio dal primo ministro, la criminalità organizzata locale ed internazionale e determinati raggruppamenti occulti molto potenti finanziariamente.

    Una grave e molto preoccupante realtà questa vissuta e sofferta in Albania. Una realtà che ha costretto durante questi ultimi anni circa un terzo della popolazione, soprattutto i giovani, a lasciare la madrepatria per cercare un futuro migliore all’estero. Una realtà questa che non riesce più a nascondere neanche la ben organizzata e potente propaganda governativa. Una realtà che ha vistosamente messo in serie difficoltà anche il diretto responsabile, il primo ministro albanese.

    Ebbene, il 22 settembre scorso, lui ha preso la parola al Vertice del futuro, organizzato nell’ambito della 79ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. E come fa sempre quando si trova in gravi difficoltà, l’autocrata albanese ha cercato, anche questa volta, di spostare l’attenzione, sia dell’aula che dell’opinione pubblica in Albania, con delle “stranezze”. E questa volta ha scelto di proclamare la costituzione di uno Stato sovrano della comunità religiosa bektashì dentro il territorio della capitale albanese. Come la Città del Vaticano a Roma. Bisogna sottolineare che in Albania coesistono pacificamente alcune comunità religiose, le più note delle quali sono la comunità musulmana sunnita, che rappresenta la maggior parte della popolazione, la comunità cristiana ortodossa, quella cattolica e la comunità bektashì, che sono dei musulmani sciiti della confessione islamica sufi. Ci sono anche altre comunità religiose minori. Risulterebbe che la comunità dei bektashì rappresenta meno del 10% dell’intera popolazione albanese. E riferendosi a quella comunità il primo ministro albanese ha dichiarato il 22 settembre scorso che avrebbe in mente di “…trasformare il centro dell’Ordine [comunità] dei bektashì, al centro di Tirana, in un centro di tolleranza e di coesistenza”. Ed intendeva quelle tra le varie religioni. Ma è un fatto storicamente e pubblicamente noto che in Albania le diverse comunità religiose hanno sempre coesistito e convissuto in armonia tra di loro. Perciò solo questo importante fatto contrasta con le dichiarazioni del primo ministro. Uno strano e, per molti, delirante annuncio quello suo, che è stato anticipato da un articolo pubblicato il 21 settembre scorso, dal noto quotidiano statunitense The New York Times. In quell’articolo era stato citato il primo ministro per aver confidato al giornalista che voleva portare avanti una sua idea: quella di costituire un piccolo Stato, un’enclave, seguendo il modello del Vaticano. Un’enclave che verrebbe governata dai bektashì. Ma già solo con questa affermazione dimostra che o non conosce la storia, oppure sta ingannando. Sì perché si tratta di due realtà e modelli ben differenti per varie ragioni; storiche, culturali, demografiche ed altro.

    Il primo ministro ha dichiarato al The New York Times che “L’Albania cerca di trasformare in uno Stato sovrano con la propria amministrazione, i propri passaporti e le proprie frontiere” la comunità dei bektashì. E conferma che nel prossimo futuro “…presenterà i piani per l’entità che sarà chiamata lo Stato Sovrano dell’Ordine dei Bektashì”. Lui ha altresì affermato al giornalista che si trattava di un piano che lo sapevano solo pochissimi suoi stretti collaboratori. Ma lui, prima di tutto, doveva informare e poi consultare i rappresentanti delle comunità religiose in Albania ed altri gruppi di interesse. Doveva informare soprattutto il diretto interessato, il dirigente della comunità bektashì in Albania. E proprio quest’ultimo ha confermato subito dopo la pubblicazione dell’articolo che “La notizia che l’Albania potrebbe dare la sovranità all’Ordine dei Bektashì … ci ha stupiti. Noi non abbiamo richiesto e non pretendiamo di creare uno Stato musulmano. L’iniziativa è totalmente del primo ministro”. Ma il primo ministro doveva, sempre obbligatoriamente, discutere questo suo “strano piano” in parlamento. Si perché per portare avanti questa sua proposta, questo piano, dovrebbe fare anche degli emendamenti costituzionali. Il comma 2 del primo articolo della Costituzione sancisce che “La Repubblica d’Albania è uno Stato unitario ed indivisibile”. Proprio così! Costituire uno Stato sovrano dentro lo Stato albanese significa violare la Costituzione. Ed il primo ministro, con la sua delirante proposta, lo ha fatto.

    Chi scrive queste righe informa il nostro lettore che in seguito alle sopracitate dichiarazioni del primo ministro le reazioni sono state immediate. Reazioni che si oppongono fortemente alla sua proposta delirante. Reazioni fatte dai vertici della comunità musulmana in Albania, da molti noti analisti, storici e religiosi. Aveva ragione Ernesto Sabato, l’uomo non è spiegabile e, in ogni caso, bisogna indagare i suoi segreti non nelle sue ragioni ma piuttosto nei suoi sogni e deliri.

  • Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia

    Se la democrazia è distrutta, tutti i diritti sono distrutti.

    Karl Popper; da “La società aperta e i suoi nemici”, 1945

    Della democrazia, come concetto e come realtà vissuta, da molto tempo ormai si parla, si scrive e si dibatte spesso in tutte le parti del mondo. Si tratta di una delle forme dell’organizzazione e del funzionamento dello Stato, concepita e messa in atto già nella Grecia anticha. Le città-Stato erano tipiche di quel periodo. E nelle città-Stato della Grecia antica, soprattutto ad Atene, funzionava la polis e cioè una forma di organizzazione sociale e politica. La polis si basava sulla diretta partecipazione degli abitanti liberi della città nelle attività comuni ed era caratterizzata da quella che i greci antichi chiamavano isonomia. Una parola che significava uguaglianza di diritti dei cittadini di fronte alla legge. Ad Atene dal VI secolo a.C. la democrazia era una realtà. Il potere spettava a tutti i cittadini liberi e anche a tutti gli stranieri che avevano ottenuto la cittadinanza ateniese. La democrazia nella città-Stato di Atene funzionava, basandosi su tre principi. Il primo era proprio l’isonomia. Il secondo, era l’isogoria, che significava il diritto della libertà di parola. Ed il terzo principio su cui si basava la democrazia funzionante ad Atene era l’isotimia – il diritto della parità di pretendere e di competere per tutte le cariche pubbliche. Da allora, nel corso dei secoli, il concetto e le forme del funzionamento della democrazia si sono evolute ed adattate alla realtà. Ormai con la democrazia si intende una forma di organizzazione dello Stato dove il potere esecutivo, quello legislativo ed il potere giudiziario sono separati ed indipendenti l’uno dall’altro. In uno Stato democratico la sovranità appartiene al popolo che la esercita tramite i loro rappresentanti scelti in seguito a delle libere elezioni a cui partecipano tutti i cittadini che hanno il diritto di voto, previsto dalla legge.

    L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 10 dicembre 1948 ha approvato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tra i diritti dell’essere umano è stato annoverato anche il diritto alla democrazia. L’articolo 21 della Dichiarazione sancisce proprio questo diritto. Il primo comma dell’articolo afferma: “Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti”. Il secondo comma afferma: “Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio Paese”. In seguito, il terzo comma dell’articolo 21 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancisce che “La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione”. Si tratta di diritti che erano riconosciuti anche nella Grecia antica ed in seguito, soprattutto durante questi due ultimi secoli, in tutti i Paesi dove è stata attuata un’organizzazione democratica dello Stato.

    Domenica scorsa è stata celebrata la diciassettesima Giornata internazionale della democrazia. Era l’8 novembre 2007 quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la sua Risoluzione A/RES/62/7 ha proclamato il 15 settembre come la Giornata internazionale della democrazia. Una decisione quella che esprime la vitale necessità di preservare tutto quello che si è ottenuto nel corso dei secoli con tanti sacrifici. Una decisione che esprime anche l’impegno di non indietreggiare. Sì, perché il rischio di indietreggiare e di consentire la restaurazione ed il consolidamento di forme totalitarie di funzionamento e dell’organizzazione dello Stato è ben presente e si sta verificando, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, in diverse parti del mondo. Europa compresa. Sabato scorso, in occasione delle celebrazioni della diciassettesima Giornata internazionale della democrazia, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, nel suo messaggio ha, tra l’altro, affermato che i diritti dell’essere umano “…sono sotto attacco in tutto il mondo. Le libertà vengono erose, lo spazio civico si sta riducendo, la polarizzazione si intensifica e la sfiducia cresce”.

    Der Spiegel (Lo spechio, n,d,a,), una rivista tedesca con una tiratura media di circa un milione di copie alla settimana, è un settimanale molto noto ed influente a livello internazionale. Lo conferma anche The Economist, un altrettanto noto settimanale inglese d’informazione. Venerdì scorso, 13 settembre, nelle pagine del settimanale Der Spiegel c’era un lungo articolo investigativo che analizzava la preoccupante realtà in Albania. L’autore dell’articolo, un noto giornalista, trattava in base a molti fatti accaduti e documentati, nonché ad interviste fatte da lui o da altri media internazionali, tra cui anche da RAI 3, la drammatica realtà albanese e la galoppante corruzione che coinvolge tutti. Anche i più alti rappresentanti governativi, primo ministro compreso. L’autore dell’articolo trattava, altresì, il comportamento ambiguo di alcuni alti rappresentanti dell’Unione europea, di deterimati Paesi membri dell’Unione e degli Stati Uniti d’America.

    Nel capitolo intitolato “La corruzione a tutti i livelli” l’autore dell’articolo di Der Spiegel faceva riferimento al Segretario di Stato statunitense che nel febbraio scorso era in una visita ufficiale in Albania. Una visita di cui il nostro lettore è stato informato (Sostegno da Oltreoceano ad un autocrate corrotto; 20 febbraio 2024). L’autore di queste righe, riferendosi alla visita del segretario di Stato statunitense, in quell’articolo informava il nostro lettore anche che “….il segretario di Stato ha considerato il primo ministro albanese come “un illustre dirigente e un ottimo primo ministro” (Sic!). Chissà a cosa si riferiva? Ma non di certo alla vera, vissuta e sofferta realtà albanese”. Nell’articolo pubblicato la scorsa settimana da Der Spiegel l’autore scriveva che il Segretario di Stato statunitense “…ha trovato delle parole lodevoli “per il primo ministro albanese e per la riforma del sistema della giustizia, dichiarando che “i funzionari corrotti adesso stanno assumendo la loro responsabilità”.  E poi aggiungeva che “….i rappresentanti della criminalità organizzata sono [ormai] in carcere e stanno perdendo la loro ricchezza. Questo è un grande cambiamento”. Ma in seguito l’autore dell’articolo si riferiva al rapporto ufficiale per il 2023 del Dipartimento di Stato, diretto proprio dal Segretario di Stato statunitense. In quel rapporto critico della situazione in Albania era stato evidenziato, tra l’altro, che la corruzione è attiva “…in tutti i dicasteri e a tutti i livelli del governo”. L’autore dell’articolo di Der Spiegel aggiungeva: “questo vuol dire fino in cima”. E si riferiva proprio al primo ministro albanese. Citando poi un ex ministro da lui intervistato, ma che voleva rimanere anonimo, l’autore dell’articolo sottolineava che “…la fusione degli interessi politici e mediatici con quelli della criminalità e degli oligarchi” è alla base del sistema che usa il primo ministro albanese. L’ex ministro aggiungeva che “Tutto questo si fa con la benedizione dell’Unione europea e degli Stati Uniti d’America”. Poi l’autore dell’articolo sottolineava che il primo ministro albanese “…ha portato tutto il Paese alla criminalità. Adesso l’Albania è adatta ad un caso di studio sulla corruzione. Ed aggiungeva che il primo ministro, un furbo, “….riesce [però] a trovare delle conoscenze in Occidente”. L’articolo pubblicato il 13 settembre scorso su Der Spiegel continuava facendo una dettagliata analisi della drammatica e preoccupante realtà albanese, con tante citazioni di fatti accaduti e pubblicamente noti.

    Chi scrive queste righe trova molto realistico l’articolo pubblicato da Der Spiegel. Egli da anni ormai ha informato con la dovuta e richiesta oggettività il nostro lettore sulla drammatica e molto preoccupante realtà albanese e sulla restaurazione ed il continuo consolidamento, da qualche anno, di una nuova dittatura in Albania. Una dittatura che ha sgretolato la nascente democrazia. E se la democrazia è distrutta, tutti i diritti sono distrutti. Così scriveva nel 1945 Karl Popper.

  • Delirio autocratico

    I deliri di onnipotenza, anche se piacevoli, non cessano

    di essere deliri e, a effetto concluso, presentano il conto.

    Umberto Galimberti; da “L’ospite inquietante”

    Piana degli Albanesi è un comune di meno di 6000 abitanti nella provincia di Palermo. Gli abitanti sono, nella maggior parte, i discendenti degli albanesi che arrivarono in Sicilia alla fine del XV secolo, periodo in cui l’Impero ottomano invase il territorio dove vivevano gli albanesi, dall’altra parte del mare Adriatico e quello Ionio. Da diversi documenti storici risulta che Piana degli Albanesi si costituì nel 1488. E come data si fa riferimento al 30 agosto. Gli abitanti di Piana degli Albanesi, noti come arbëresh, chiamano il loro paese come Hora e Arbëreshëve (Paese degli arbëresh ; n.d.a.). Si tratta del centro più rinomato degli italo-albanesi/arbëresh non solo in Sicilia ma in tutta l’Italia. Piana degli Albanesi è, altresì, il centro dove sono state conservate la lingua che si parlava sei secoli fa, nonché le particolari caratteristiche etniche, le tradizioni culturali e religiose (rito greco-cattolico) e anche gli abbigliamenti dell’epoca. Nella Piana degli Albanesi si coltiva la memoria storica del paese dove erano nati e vissuti i loro antenati, prima di attraversare il mare, scappando dalle barbarie degli ottomani. Nel corso degli secoli, ma soprattutto durante il secolo passato, Piana degli Albanesi diventò anche un noto centro della letteratura arbëresh, grazie al contributo attivo di molti suoi abitanti. Era proprio lì che, nel 1903, si è tenuto il terzo congresso linguistico d’ortografia albanese. Un congresso dove sono stati trattati diversi temi linguistici, della letteratura, ma anche politici. Piana degli Albanesi è nota anche per la tradizione musicale degli antenati. Una tradizione che ormai fa parte del registro delle Eredità Immateriali della Sicilia, riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO).

    Dal 2017 nella Piana degli Albanesi si celebra la fondazione della loro comunità nel 1488. E come data è stata scelta quella del 30 agosto. Quest’anno, dal 25 al 31 agosto, è stata celebrata la settima ricorrenza, il cui obiettivo è stato “Un modo per raccontare la nostra tradizione secolare”. Nel corso dei sette giorni di celebrazione sono state molte e diverse le attività artistiche e culturali  svolte. Bisogna evidenziare soprattutto l’apertura della “villetta Skanderbeg” e l’inaugurazione del Museo “Musarb”, un museo della cultura arbëresh, nonché l’inaugurazione di una statua bronzea alta circa 3 metri, dell’Eroe nazionale albanese, Giorgio Castriota Skanderbeg. Una donazione dell’Associazione svizzera Hora e Skanderbeut (Il Paese di Scanderbeg; n.d.a.).

    Giorgio Castriota, noto come Scanderbeg, è l’Eroe nazionale albanese per eccellenza. Lui è stato un noto principe, validissimo condottiero, stratega e diplomatico. Dopo diversi anni trascorsi in Turchia come comandante militare, nel novembre 1443 è tornato nel suo Paese natale con un gruppo di circa trecento combattenti albanesi. Dopo aver preso il castello della famiglia, allora in possesso degli ottomani, Giorgio Castriota cominciò subito a contattare i più noti ed influenti nobili, suoi compatrioti, per costituire un’Alleanza contro l’Impero. Alleanza costituita il 2 marzo 1444. In seguito, il 14 luglio 1444 Giorgio Castriota dichiarò guerra al sultano turco. Da allora e per circa 25 anni, fino alla sua morte, il 17 gennaio 1468, affrontò con successo e respinse molti attacchi degli eserciti di due sultani ottomani. Da molti documenti storici risulta che egli veniva considerato come colui che bloccò l’avanzata turca verso l’occidente. Riconoscendo il molto apprezzabile contributo di Scanderbeg, Papa Callisto III diede a lui l’appellativo di Athleta Christi et Defensor Fidei (Atleta di Cristo e Difensore della Fede; n.d.a.). Mentre papa Pio II lo considerava come un “Nuovo Alessandro”, riferendosi ad Alessandro Magno. Giorgio Castriota nel 1459 è arrivato in Italia personalmente per aiutare Ferdinando I, Re di Napoli, nella lotta contro Giovanni d’Angiò. Lo stesso ha fatto anche nel 1462. Per tutta la sua nota e molto stimata attività, Giorgio Castriota, detto Scanderbeg, è l’Eroe nazionale degli albanesi.

    Il 30 agosto scorso, come previsto e stabilito dal programma, alle ore 17.00 di fronte all’edificio del comune a Piana degli Albanesi, è stata inaugurata la statua bronzea di Giorgio Castriota, alta circa tre metri. Ma dai tratti somatici però la statua somigliava poco all’Eroe nazionale degli albanesi. Ed era molto vistosa quella mancanza di somiglianza. Sì, perché ci sono diverse incisioni di quel periodo storico, conservate in diversi musei, sia in Albania che in altri Paesi, che lo confermano. Ma, chissà perché, il volto della statua aveva molto in comune con quello dell’attuale primo ministro albanese però. Un fatto che può essere facilmente notato da tutti. Basta guardare una fotografia della statua e paragonarla con una del primo ministro. Un fatto questo che è stato subito notato, evidenziato e criticato sia da vari professionisti che dal vasto pubblico. Ragion per cui sono stati inseriti in rete molti fotomontaggi ironici che stigmatizzavano quella somiglianza. Così come sono state molte le espresse indignazioni per la trasfigurazione dell’immagine del’Eroe nazionale, tanto caro e stimato dagli albanesi.

    Le cattive lingue hanno parlato e parlano tuttora spesso delle “scelte” del primo ministro albanese legate alle apparenze. Anzi, le cattive lingue sono convinte che il primo ministro abbia adottato, dall’inizio del suo percorso politico, la scelta di basare tutto sulle apparenze. Ignorando così i suoi doveri e le sue responsabilità istituzionali che lo dovrebbero obbligare a tutt’altro che alle apparenze e alla propaganda. Il nostro lettore è stato spesso informato anche di questa sua scelta. Così come è stato spesso informato durante questi anni, sempre fatti documentati alla mano, che lui, il primo ministro rappresenta il potere politico in una molto pericolosa ed attiva alleanza con la criminalità organizzata locale ed internazionale e con alcuni raggruppamenti occulti internazionali, molto potenti finanziariamente e che hanno degli interessi anche in Albania.

    Alcuni anni fa, ed esattamente nel 2017, una “devota collaboratrice” del primo ministro albanese, esclamando, chiamò proprio lui Scanderbeg, come l’Eroe nazionale degli albanesi. Fatto che suscitò clamore, indignazione e risate ironiche. Ma l’abominevole atteggiamento dell’ubbidiente “collaboratrice” faceva comodo al diretto interessato. Anzi, le cattive lingue erano convinte che lei semplicemente seguiva l’ordine preso. Sì, perché anche il primo ministro, in seguito, chiamava lei con il nome della sorella di Giorgio Castriota. E continua a farlo. Guarda caso però a fine luglio scorso lei è stata eletta, dalla maggioranza governativa, come presidente del Parlamento, dopo le dimissioni per “ragioni di salute” di una sua collega, E guarda caso, è stata proprio lei che il 30 agosto scorso, nella Piana degli Albanesi, ha scoperto la statua di Giorgio Castriota. Chissà perché?! Le cattive lingue però continuano a dire che lei, l’ormai presidente del Parlamento, ha sempre solo e semplicemente detto ad alta voce ed in pubblico quello che al suo superiore, il primo ministro, piaceva molto sentire.

    Chi scrive queste righe pensa che non sia stato “per caso” che i tratti somatici della statua dell’Eroe nazionale albanese, inaugurata il 30 agosto scorso nella Piana degli Albanesi, avessero ben poco in comune con il volto dell’Eroe. Tratti che, invece, erano molto simili a quegli del primo ministro albanese. Umberto Galimberti, da buon conoscitore della psiche umana, ci insegna che i deliri di onnipotenza, anche se piacevoli, non cessano di essere deliri e, a effetto concluso, presentano il conto. Di certo i deliri autocratici del primo ministro hanno già presentato molti conti salatissimi ai cittadini albanesi. E continueranno a farlo.

  • Una gola profonda che accusa e rivela gravi verità

    Un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo

    Publilio Siro

    Quando si parla di una “gola profonda”, di solito si intende una persona che sa e rivela delle notizie importanti, riservate e che pochi sanno. Un’espressione che è stata usata, per la prima volta, da Bob Woodward, un giornalista del noto giornale statunitense The Washington Post. Lui insieme con un altro giornalista, Carl Bernstein, pubblicarono nel 1974 il libro All the president’s men (Tutti gli uomini del presidente; n.d.a.). Un libro che si riferiva a quello che ormai è noto come lo scandalo Watergate, che portò alle dimissioni, il 9 agosto 1974, del presidente Richard Nixon. E da allora l’espressione “gola profonda” viene usata soprattutto quando si tratta dell’intricato mondo dei malaffari, ma anche a determinati rapporti occulti che coinvolgono rappresentanti politici.

    Era il 14 luglio 2023 quando il Parlamento albanese approvò la richiesta della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una richiesta quella che chiedeva l’arresto di un deputato della maggioranza governativa, il quale è stato anche vice primo ministro (2021-2022). Lui però dal 2013 è stato, altresì, anche ministro dello sviluppo economico, ministro delle finanze e alla fine, ministro di Stato per la Ricostruzione del Paese, dopo il terremoto del 2019. Proprio lui per il quale il primo ministro, alcune settimane prima che si chiedesse il suo arresto, aveva detto che lui era “…uno dei collaboratori con il quale mi sono incontrato di più, ho comunicato di più al telefono, ho discusso di più per molte delle nostre decisioni durante questi anni”. Il vice primo ministro era accusato  di abuso d’ufficio, di corruzione passiva, di illegittimo vantaggio di interessi e di riciclaggio di denaro. Chi conosce la vera e vissuta realtà albanese di questi ultimi anni sa benissimo che i dirigenti della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata non fanno niente senza avere avuto prima il beneplacito partito da molto alto. Lui però, l’ex vice primo ministro, proprio in quel periodo, quando si chiedeva il suo arresto al Parlamento, era all’estero. Le cattive lingue dissero allora che, avvisato in tempo, era riuscito a fuggire ed in seguito a chiedere anche asilo politico in un Paese europeo. Il nostro lettore è stato informato di questa faccenda (Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato, 17 luglio 2023; Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile, 24 luglio 2023).

    Ovviamente l’ex vice primo ministro non era uno stinco di santo. Come persona molto vicina al primo ministro e come ministro in ministeri dove si gestivano ingenti somme di denaro pubblico, lui era spesso oggetto di critiche e pubbliche accuse, sia dai rappresentanti dell’opposizione, sia da alcuni media ancora non controllati dal restaurato regime che si sta consolidando da alcuni anni in Albania. Ma a onor del vero lui, quando era ministro delle finanze, non ha dato parere favorevole ai progetti degli inceneritori, tanto ambiti dal primo ministro, dal sindaco della capitale e da alcuni ministri e alti funzionari del governo. Si trattava di un’impresa, quella dei tre inceneritori, di “…un investimento per il quale non possiamo non essere fieri”, come esclamava euforico il primo ministro nel aprile 2017. Il nostro lettore è ormai da alcuni anni ben informato dello scandalo. Ragion per cui nella sopracitata richiesta della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata indirizzata al Parlamento, guarda caso, l’ex vice primo ministro non è stato accusato della violazione delle leggi in vigore che regolano le procedure messe in atto nel caso dei tre inceneritori e anche gli obblighi istituzionali del ministro. Violazioni delle procedure che porterebbero portare poi direttamente al primo ministro. Come mai e chissà perché?! Ma i dirigenti della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, i quali, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo alla mano, risultano agire solo dopo aver avuto degli ordini partiti dagli uffici del primo ministro e/o di chi per lui. E quando serve chiudono occhi, orecchie e mente. Lo hanno fatto non di rado e come se niente fosse, anche per dei casi clamorosi ben documentati e denunciati ufficialmente. Lo stanno palesemente facendo anche in queste ultime settimane per alcuni scandali che coinvolgono direttamente il primo ministro, suoi famigliari ed altri.

    Era il 1o febbraio scorso quando, dall’esilio in Svizzera, l’ex vice primo ministro è stato intervistato da un giornalista di un media molto critica al primo ministro e che lui non riesce a controllare. Chi scrive queste righe informava allora il nostro lettore, scrivendo: “…Ebbene giovedì scorso 1o febbraio, l’ex primo ministro ha fatto delle rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere. Lui ha accusato direttamente il primo ministro ed il sindaco della capitale come ideatori e approfittatori dei progetti degli inceneritori. Lui ha fatto delle rivelazioni che non lasciano dubbi […] Lui ha dichiarato, tra l’altro: “Porterò sulla schiena la mia croce. Ma non porterò la croce di nessun altro”. E si riferiva al primo ministro albanese. L’ex vice primo ministro ha accusato anche il sistema “riformato” della giustizia che sta cercando di difendere il primo ministro ed il sindaco della capitale per lo scandalo degli inceneritori. Lui ha dichiarato che se si aprisse il dossier degli inceneritori “gli albanesi si spaventerebbero” (Rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere; 6 febbraio 2024).

    L’ex vice primo ministro il 29 luglio scorso, sempre dall’esilio, ha rilasciato una seconda intervista allo stesso giornalista che l’aveva intervistato sei mesi prima, il 1o febbraio. Durante una lunga e ben dettagliata intervista, lui ha di nuovo accusato il primo ministro albanese ed alcuni dei suoi più stretti collaboratori e famigliari. Ha, altresì, accusato il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, come una persona che non fa niente senza essere stato ordinato dal primo ministro, elencando alcuni casi concreti. L’ex vice primo ministro, ha detto che il primo ministro è “…uno delle sei persone responsabili se gli succede qualcosa” e che ha anche dei documenti e registrazioni che lo dimostreranno.  Lui ha riconfermato che il primo ministro ed il sindaco della capitale sono i veri proprietari del inceneritore della capitale.

    Il 29 luglio scorso, il giornalista ha chiesto all’ex vice primo ministro se era pronto a confrontarsi con il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. La sua risposta era che il procuratore non ha il coraggio di farlo, aggiungendo: “Avrebbe avuto il coraggio se fosse pulito nella sua integrità come procuratore e come [dirigente della] istituzione….Non ha il coraggio. Le carte ci sono, ma non vuol vederle. Dove sono gli 80 milioni di dollari dell’inceneritore di Tirana? Segui il denaro! Dove sono?”. Per l’ex vice primo ministro, il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata è “controllato politicamente … e non dalla legge”. L’ex vice primo ministro, durante la sua intervista del 29 luglio scorso ha accusato anche gli stretti famigliari del primo ministro come diretti approfittatori di ingenti somme di denaro pubblico, affermando che ci sono delle intercettazioni ambientali che lo testimoniano. Ma durante l’intervista del 29 luglio scorso l’ex primo ministro ha rivelato anche altre gravi e clamorose verità. Verità che purtroppo non saranno confermate anche dalle istituzioni “riformate” del sistema della giustizia, la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata per prima.

    Chi scrive queste righe pensa che le dichiarazioni fatte il 29 luglio scorso dal vice primo ministro albanese, così come quelle fatte sei mesi fa, il 1o febbraio, sono delle importanti rivelazioni uscite da una “gola profonda”. Così come le sue accuse.  Perché lui dovrebbe sapere tante cose riservate, molto riservate, a conoscenza di pochissime persone. Publilio Siro pensava che un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo. Ma il vice primo ministro non scherzava. Anzi!

  • Diritti violati in uno Stato che finge di essere di diritto

    Nel nostro paese la menzogna è diventata non solo

    una categoria morale, ma un pilastro dello Stato.

    Aleksandr Isaevič Solženicyn

    Uno dei concetti che distinguono il sistema democratico dell’organizzazione dello Stato è quello dello Stato di diritto. Si tratta di una determinata forma di funzionamento del sistema giuridico di un Paese democratico, in cui tutti i poteri politici e pubblici sono obbligati ad agire rispettando i limiti previsti e sanciti dalle leggi in vigore. In tutti i Paesi dove è funzionante lo Stato di diritto si tutelano e sono rispettati dalla legge anche tutti i diritti dell’essere umano. Lo stesso concetto dello Stato di diritto ha cominciato ad essere elaborato circa due secoli fa, quando cominciarono anche i movimenti di massa contro le monarchie che rappresentavano degli Stati assoluti dove i poteri venivano determinati e gestiti dal monarca. E nell’ambito dello Stato di diritto bisognava che venissero limitati, per legge, proprio i poteri dello Stato. Bisognava che si riconoscessero i diritti fondamentali ed inalienabili dell’essere umano. Bisognava, tra l’altro, che il potere esecutivo, quello legislativo ed il potere giudiziari, venissero separati e diventassero indipendenti.

    È necessario comunque distinguere il concetto dello Stato di diritto da quello dello Stato legale. Sono due concetti che si usano comunemente e che, non di rado, si confondono nonostante rappresentino due concetti diversi. Tutti e due si basano su uno stretto legame tra lo Stato e le leggi, le quali determinano anche i diritti. Ma tra loro esiste una netta differenza. Si, perché lo Stato di diritto è funzionante in un Paese dove si applica la forma democratica dell’organizzazione dello Stato, la quale garantisce i diritti, compresi anche quelli dell’essere umano. Mentre le leggi in vigore si applicano anche nei Paesi dittatoriali, dove molti diritti dell’essere umano, ma non solo, si calpestano. Perciò uno Stato legale non obbligatoriamente è anche uno Stato democratico. Invece uno Stato democratico, obbligatoriamente, è e dovrebbe essere uno Stato di diritto.

    I Padri fondatori, firmando a Roma il 25 marzo 1957 i Trattati che diedero vita all’allora Comunità economica europea, hanno sancito anche l’importanza dello Stato di diritto, delle libertà innate ed inalienabili ed i valori fondamentali dell’essere umano. Il secondo articolo del Trattato sull’Unione europea sancisce che “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.

    Dal 2020 la Commissione europea pubblica, ogni anno, una Relazione sullo Stato di diritto in cui si analizza e si presenta la sua situazione e gli sviluppi in tutti i Paesi membri dell’Unione. Il 24 luglio scorso è stata resa pubblica la quinta Relazione della Commissione sullo Stato di diritto. Per la prima volta quest’anno la Relazione, oltre ai capitoli dedicati a ciascuno dei Paesi membri  dell’Unione europea, comprendeva anche quattro aggiunti capitoli che si riferivano ai quattro Paesi che hanno aperto i negoziati dell’adesione all’Unione europea. E cioè l’Albania, il Montenegro, la  Macedonia del Nord e la Serbia. Una decisione quella che evidenzia la necessità di sostenere e di aiutare le autorità di questi Paesi candidati anche a raggiungere gli obiettivi previsti che riguardano lo Stato di diritto. L’inclusione di questi quattro Paesi nella Relazione annuale della Commissione europea rappresentava “la principale novità” della relazione stessa. Nei rispettivi capitoli vengono analizzate le realtà, con l’obiettivo di evidenziare le situazioni per quanto riguarda il sistema giudiziario, la corruzione, il rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini e dei media.

    Nel capitolo sull’Albania della quinta Relazione sullo Stato di diritto della Commissione europea, pubblicata il 24 luglio scorso, si evidenziavano delle problematiche riguardanti anche il sistema giudiziario ed il funzionamento dello Stato di diritto. Bisogna sottolineare che, per la prima volta, la Relazione evidenzia delle preoccupazioni, mentre in precedenza, dal 2014, tutti i Rapporti della Commissione europea sull’Albania “elogiavano i successi del governo”. Perciò la sopracitata Relazione, nonostante il “linguaggio diplomatico”, conferma una realtà preoccupante. Una realtà che certe attività lobbistiche occulte, profumatamente pagate dal primo ministro e/o da chi per lui, cercano sempre di camuffare. Una realtà vissuta e spesso anche sofferta che riguarda la galoppante corruzione, partendo dai più alti livelli delle istituzioni governative. Una realtà quella che cercano di camuffare le occulte attività lobbistiche, che riguarda quello che in Albania è palese, e cioè che il sistema “riformato” della giustizia è totalmente controllato. Così come è palese, fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, che in Albania si è restaurato e si sta sempre più consolidando un regime, una nuova dittatura sui generis, come alleanza occulta e pericolosa del potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. Uno soprattutto, finanziato da un noto multimiliardario speculatore di borsa di oltreoceano, che con le sue fondazioni presenti e ben attive anche in Albania e in altri Paesi dei Balcani occidentali, determina non poche decisioni governative importanti.

    Nel capitolo sull’Albania della quinta Relazione sullo Stato di diritto della Commissione europea si analizzava la situazione partendo dall’approvazione unanime del Parlamento della Riforma del sistema di giustizia, il 22 luglio 2016. E si evidenziavano anche delle problematiche. Ma per chi conosce bene la realtà albanese, quelle problematiche non sono le più preoccupanti, anzi! Nella Relazione si afferma, comunque, che ci sono dei “tentativi di interferenza e pressione sul sistema giudiziario da parte di funzionari pubblici o politici“. Mentre per quanto riguarda la corruzione, una vera e pericolosa cancrena che sta divorando tutto il bene pubblico in Albania, la Relazione evidenzia solo che la corruzione “è diffusa in molti settori, anche durante le campagne elettorali”. Aggiungendo, altresì, che il quadro giuridico “troppo complesso” limita le misure preventive. La Relazione evidenzia anche delle problematiche che riguardano i media, sottolineando che condizionano il buon funzionamento dello Stato di diritto in Albania. Destano preoccupazione la mancata indipendenza dell’emittente pubblica. Nella Relazione della Commissione europea si legge che c’è una “limitata regolamentazione sulla trasparenza della proprietà dei media” e che non si garantisce “un’equa allocazione della pubblicità statale e di altre risorse statali”. La sopracitata Relazione afferma che “le aggressioni verbali e fisiche, le campagne diffamatorie e le azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica sono motivo di preoccupazione”.

    Chi scrive queste righe la scorsa settimana informava il nostro lettore che “…il sistema della giustizia in Albania purtroppo, è solo un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia. I massimi rappresentanti delle “riformate” istituzioni di quel sistema sono purtroppo diventati dei servi che seguono solo gli ordini di chi comanda in Albania.” (Un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia; 22 luglio 2024). Egli è altresì convinto che in Albania sempre più diritti vengono violati. E trova molto significative le parole di Solženicyn, noto scrittore russo e primo Nobel per la letteratura, il quale affermava che “Nel nostro paese la menzogna è diventata non solo una categoria morale, ma un pilastro dello Stato”. Cosa che, da alcuni anni, si potrebbe dire anche dell’Albania, di uno Stato che finge di essere di diritto.

  • Un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia

    Servitù è il vero nome di quell’obbedienza che non è virtù.

    Lorenzo Milani

    Il sistema della giustizia è uno dei pilastri sui quali si fonda uno Stato. Come tale è perciò molto importante per la costituzione di una sana e funzionante democrazia. La storia, dall’antichità ad oggi, ce lo insegna. Un sistema di giustizia che funziona in base alle leggi in vigore rappresenta una garanzia per i cittadini. Così com’è una garanzia anche per lo sviluppo multidimensionale del Paese dove quel sistema è operativo.

    Da quando gli esseri umani hanno cominciato a vivere in comunità hanno sentito anche il bisogno di avere delle regole per gestire la loro vita. Regole che si adattavano alle condizioni sociali delle comunità e che, con il passare del tempo, stabilivano i diritti e i doveri di ciascuno nei rapporti con gli altri. Gli esseri umani, in base alle tante diverse e spesso anche sofferte esperienze di vita vissuta, sono diventati consapevoli della necessità di quelle regole. Regole che in seguito sono state anche scritte e tramandate di generazione in generazione. L’insieme di quelle regole era anche l’embrione delle future legislazioni in vari Paesi. E coloro che si erano incaricati di controllate l’applicazione di quelle regole erano anche gli antichi funzionari dei sistemi di giustizia.

    Uno dei più noti storici della Grecia antica, Strabone, vissuto circa venti secoli fa, ci ha lasciato, tra l’altro, anche delle preziose informazioni legate alle leggi e a coloro che se ne erano occupati. Uno di essi era Zaleuco di Locri vissuto nel VII secolo a.C.. Strabone considerava addirittura che le leggi stabilite da Zaleuco di Locri, riconosciute anche come il suo Codice o legislazione, sono state le prime leggi scritte ed applicate dagli antichi greci stabiliti nella Magna Grecia. Leggi che, allo stesso tempo, rispecchiavano anche le esperienze delle altre città dell’antica Grecia. In base a dei diversi documenti scritti, risulterebbe che la legislazione di Zaleuco abbia consolidato il buon funzionamento dell’allora sistema giuridico, servendo come base per i secoli a venire. Demostene, noto oratore e politico ateniese, vissuto circa ventitré secoli fa, affermava che parte integrante della legislazione di Zaleuco era anche una legge, secondo la quale “…l’abrogazione o la modifica di una legge poteva essere proposta solo dopo essersi presentati dinnanzi all’assemblea con un laccio al collo che, in caso di rifiuto della proposta, sarebbe diventato strumento di morte per il proponente”. L’esistenza di una simile legge l’avrebbe confermata anche lo storico Polibio, vissuto nel secondo secolo a.c. Secondo documenti a lui riferiti, risulterebbe che Zaleuco di Locri avesse stabilito che “…nel caso in cui, rispetto all’interpretazione di un decreto, magistrato e cittadino presentassero opinioni differenti dovrebbero entrambi presentarsi davanti all’assemblea cittadina, indossando un laccio che sarebbe poi stato stretto attorno al collo di colui la cui interpretazione si sarebbe rivelata errata”. Un rigido obbligo, quello proposto da Zaleuco di Locri, che ideava ed evidenziava l’esigenza della massima responsabilità, sia da parte dei legislatori che proponevano, abrogavano e modificavano le leggi, che dei giudici che interpretavano quelle leggi. Ma anche dei cittadini che pretendevano i loro diritti.

    Nei secoli successivi e soprattutto durante il periodo dell’illuminismo europeo sono stati elaborati nuovi concetti nel campo della giurisprudenza e sono stati stabiliti anche nuovi principi riguardanti le forme dell’organizzazione e del funzionamento dello Stato, in tutte le forme all’epoca conosciute e funzionanti. Principi che stabilivano anche le garanzie del funzionamento normale di una democrazia. Tra i più noti filosofi che hanno trattato ed elaborato i principi del funzionamento della democrazia c’è stato anche Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, comunemente noto come Montesquieu. Nel 1748, dopo ben quattordici anni di studi e di lavoro, pubblicò un insieme di trentuno libri, raccolti in due volumi ed intitolato De l’esprit des lois (Spirito delle leggi; n.d.a.). Un’opera quella che rappresentava un trattato in cui Montesquieu evidenziava e definiva i tre poteri che dovevano essere divisi ed indipendenti. E si riferiva al potere legislativo, al potere esecutivo e a quello giudiziario. Ovviamente Montesquieu si riferiva all’organizzazione dello Stato dell’epoca in cui viveva. Per lui il potere legislativo “…verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo”. Invece il potere esecutivo “…deve essere nelle mani d’un monarca, perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d’una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi”. Mentre il potere giudiziario doveva essere “la bouche de la lois” (la bocca della legge; n.d.a.).

    Da allora sono passati altri secoli, durante i quali si sono evolute anche le forme dell’organizzazione dello Stato, orientandosi verso la forma democratica che si basava sul principio della separazione dei poteri, elaborato da Montesquieu. Ma, purtroppo, ci sono degli Stati in cui la democrazia non funziona come dovrebbe. E ci sono, in diverse parti del mondo, anche Stati in cui la democrazia è solo una facciata per camuffare una realtà ben diversa. Stati dove non funziona più il principio della separazione dei poteri e dove un autocrate controlla tutto e tutti. Uno dei Paesi dove da circa dieci anni si è restaurata e si sta consolidando una nuova dittatura sui generis è anche l’Albania. E perciò, si tratta di un Paese dove anche il potere giudiziario non è più indipendente dai due altri poteri. Ma per camuffare questa preoccupante realtà, nel 2015, l’attuale primo ministro, durante il suo primo mandato, presentò quella che è stata echeggiata dalla propaganda governativa come una innovatrice riforma del sistema giudiziario. E già dalla prima bozza si capì subito che si trattava di una “riforma” che mirava la messa sotto controllo del sistema della giustizia. Una “riforma” che purtroppo, fatti accaduti, documentati e resi pubblici alla mano, è stata fortemente appoggiata anche dai “rappresentanti internazionali” in Albania. Le cattive lingue, già da allora, dicevano che un simile loro comportamento era dovuto a dei progetti voluti, ideati e poi anche messi in atto da un multimiliardario speculatore di borsa da oltreoceano. Le cattive lingue dicevano e tuttora dicono che un simile comportamento dei “rappresentanti internazionali” in Albania era ed è altresì dovuto a degli ingenti finanziamenti per la “riforma” della giustizia sia da oltreoceano, che dalle istituzioni dell’Unione europea. Finanziamenti che si devono giustificare, mettendo in rilievo “l’utilità della riforma”. Il nostro lettore è stato da allora in poi molto spesso informato di tutto ciò.

    Era proprio il 22 luglio 2016 quando tutti i 140 deputati del parlamento albanese, alle ore 1.30 del mattino, in piena unanimità, hanno votato gli emendamenti costituzionali che avrebbero aperto la strada all’attuazione della riforma di giustizia. Da allora sono passati ben otto anni ormai. Ma purtroppo, sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, risulta che il sistema di giustizia è stato messo sotto il controllo del primo ministro. Proprio come era stato voluto da chi ha ideata la “riforma”. Un sistema che nonostante le innumerevoli prove documentate che testimoniano il diretto coinvolgimento del primo ministro, dei suoi stretti familiari e collaboratori in clamorosi scandali milionari, non vede, non sente e non capisce niente. Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe, fatti alla mano, è convinto che il sistema della giustizia in Albania purtroppo, è solo un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia. I massimi rappresentanti delle “riformate” istituzioni di quel sistema sono purtroppo diventati dei servi che seguono solo gli ordini di chi comanda in Albania. Aveva ragione don Lorenzo Milani, servitù è il vero nome di quell’obbedienza che non è virtù. Chissà cosa avrebbe proposto Zaleuco di Locri per coloro che hanno ideato e attuato la “riforma” del sistema albanese di giustizia?! Primo ministro in testa.

  • Abusi scandalosi con la salute dei cittadini

    Le istituzioni passano attraverso tre periodi:

    quello dei servizi, quello dei privilegi, quello degli abusi.

    François René de Chateaubriand

    “Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto”. Così cominciava il Giuramento scritto da Ippocrate tra il V ed il IV secolo avanti Cristo. Egli giurava, tra l’altro, “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa”. E poi garantiva: “In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi”. Il testo del Giuramento finiva con l’affermazione: “E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”. Si trattava di un giuramento che doveva essere fatto da tutti coloro che si prestavano ad esercitare la professione del medico. Nel corso dei secoli il testo del Giuramento di Ippocrate è stato modificato, senza però cambiare la sostanza degli impegni solennemente presi. Il testo attualmente in vigore comincia con l’affermazione: “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro….”. Un medico giura anche di attenersi “…ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona”. Il medico finisce il suo giuramento affermando: “E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”. Così giurano i nuovi medici, ovunque, prima di iniziare la loro professione, prima di impegnarsi a salvare vite umane.

    Questo giuramento lo hanno fatto tutti i medici che esercitano anche in Albania. Ma non tutti loro, purtroppo, hanno rispettato il giuramento fatto. Sono stati molti i casi in cui i pazienti sono stati costretti a pagare quello che doveva essere coperto/rimborsato dai fondi statali. E questo non era un fatto sconosciuto. Anzi! Lo testimonia anche quanto è stato reso pubblicamente noto martedì scorso, 25 giugno. Alcuni medici e specialisti dell’ospedale oncologico della capitale sono stati accusati del reato di abuso d’ufficio. Risulterebbe che loro, invece di trattare i pazienti oncologici presso l’ospedale, li orientavano presso delle strutture private. Disgraziatamente molti pazienti terminali sono stati costretti a pagare un servizio e delle cure che dovevano essere rese gratuitamente dall’ospedale pubblico. In più è stato reso noto che mancavano quasi tutti i medicinali che dovevano essere disponibili presso le strutture pubbliche. Mentre nelle cliniche private, dove esercitavano alcuni dei medici accusati, i medicinali non mancavano. Anzi! Però si doveva pagare caro. Purtroppo, non tutti i pazienti potevano affrontare simili spese, perciò sono state tante le fatali conseguenze. Risulterebbe che, addirittura, spesso i medicinali necessari per la chemioterapia, ma non solo, arrivavano nelle cliniche private anche dall’ospedale pubblico. Ma risulterebbe anche un altro fatto clamoroso che non poteva essere stato attuato solo dall’abuso dei medici. Si tratta dell’apparecchio per la cobaltoterapia. Un apparecchio che era stato installato presso l’ospedale oncologico della capitale nel 2021. Ma purtroppo, da allora ad oggi, risulterebbe che quell’apparecchio non sia stato mai messo in funzione. E non solo. In piena violazione delle normative internazionali per le sorgenti radioattive di cui è munito, l’apparecchio è stato messo in un ambiente non protetto dalle radiazioni. E tutto questo non poteva, mai e poi mai, accadere senza l’approvazione dei dirigenti. E non solo di quelli dell’ospedale, ma anche di quelli del ministero della Sanità. Come mai e chissà perché?! Ma le cattive lingue da anni parlano e dicono quello che è stato reso noto la scorsa settimana. Le cattive lingue non hanno parlato però solo di quello che accadeva presso l’ospedale oncologico. Hanno parlato e parlano tuttora anche di quello che accade in tutti gli ospedali pubblici, e non solo nella capitale albanese. Ma coloro che sono stati e sono i veri responsabili, a tutti i livelli, del funzionamento normale delle strutture ospedaliere ed ambulatorie in Albania non hanno fatto niente perché tutto ciò non si verificasse e non accadesse. E le conseguenze di una simile irresponsabilità, così come dell’irresponsabilità dei medici, anche se non di tutti loro, sono state spesso fatali per i semplici cittadini albanesi. Per tutti coloro che non potevano affrontare le spese presso le cliniche private dove lavoravano e/o erano proprietari anche medici del servizio pubblico.

    L’attuale primo ministro albanese ha cominciato il suo primo mandato nel settembre 2013, dopo aver vinto le elezioni il 23 giugno dello stesso anno. Uno dei “punti forti” della sua campagna elettorale allora era “il servizio sanitario gratuito”. Fatti accaduti da allora in poi, fatti tutti documentati e pubblicamente noti alla mano però, testimoniano la falsità di questa promessa. Anzi, tra i primi scandali con gli appalti pubblici, clientelistici e milionari ci sono stati proprio quelli effettuati nel sistema della sanità pubblica. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tali scandali. Nel novembre scorso il nostro lettore veniva informato che “…Nelle ultime settimane sono stati resi noti altri dati e fatti che riguardano alcuni altri scandali clamorosi nel settore della sanità pubblica. […]. Si tratta di scandali milionari che hanno privato i poveri cittadini albanesi dei servizi sanitari di prima necessità. Servizi vitali che loro non possono permettersi, finanziariamente, per averli nelle strutture private. Si tratta di scandali che da molti anni ormai stanno arricchendo gli amici sia del primo ministro che di alcuni ministri della Sanità. Tra i più noti e clamorosi ci sono lo scandalo del controllo sanitario, conosciuto come il servizio “Check up”, e quello degli sterilizzatori” (Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro; 27 novembre 2023). Alcuni anni fa, trattando l’irresponsabilità dei massimi rappresentanti governativi, primo ministro compreso, l’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore: “Un altro peccato madornale quello loro, che invece di gestire responsabilmente un settore così importante come quello della Sanità pubblica, hanno parlato soltanto di immaginari successi e hanno sperperato i fondi pubblici devoluti alla Sanità, dividendoli con certi oligarchi, loro sostenitori elettorali” (Dio salvi l’Albania e gli albanesi!; 16 marzo 2020).

    Oggi, di fronte ad una simile e molto evidente realtà, il primo ministro albanese ha cercato di nuovo, come sempre, di scaricare le sue colpe ad altri. Oggi ha scelto i medici. Una preda facile, dopo lo scandalo sopracitato. Ma i medici hanno abusato, beneficiando di quello che il sistema corrotto, capeggiato proprio dal primo ministro, permette. Oggi, il primo ministro ha scoperto che quello che hanno fatto i medici dell’ospedale oncologico era “un crimine non semplicemente contro i malati, ma [contro] tutta l’umanità” (Sic!). Chissà come si dovrebbe chiamare allora quello che lui, il primo ministro ed i suoi collaboratori fanno ogni giorno contro i cittadini albanesi?!

    Chi scrive queste righe è convinto che alcuni medici hanno disonorato il Giuramento di Ippocrate.  Ma il primo ministri ha consapevolmente violato e disonorato la Costituzione della Repubblica, sulla quale ha giurato fedeltà. E, non a caso, durante questi anni si sono verificati anche degli abusi scandalosi con la salute dei cittadini. Aveva ragione François René de Chateaubriand: le istituzioni passano attraverso tre periodi: quello dei servizi, quello dei privilegi, quello degli abusi.

  • Abusi confermati con i fondi europei

    L’abuso è il contrassegno del possesso e del potere.

    Paul Valéry, da “Quaderni, 1894/1945”

    All’inizio del 1999 al Parlamento europeo si discuteva di una mozione di censura nei confronti della Commissione europea. Si accusava la commissaria europea per la scienza, la ricerca e lo sviluppo di “presunti casi di frode, cattiva gestione e nepotismo in seno alla Commissione europea”. Accuse che la diretta interessata aveva respinto. Il 16 marzo 1999 però l’allora presidente della Commissione europea aveva annunciato “le dimissioni sue e dell’intero collegio”. E fino a settembre 1999 la Commissione ha svolto solo delle attività necessarie previste dalle normative in vigore. Il 28 aprile 1999 è stato costituito l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Office européen de lutte anti-fraude – OLAF; n.d.a.). L’OLAF é un organismo indipendente all’interno della Commissione Europea. Il suo obiettivo istituzionale allora era quello di evidenziare e combattere “le frodi, la corruzione e qualsiasi attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea”. Da allora però sono aumentati i compiti istituzionali di OLAF. Uno di quei compiti è quello di indagare sugli abusi dei fondi comunitari attuati anche nei Paesi candidati all’adesione all’Unione europea. E tra i fondi ci sono anche quelli previsti per promuovere e sostenere dei progetti di sviluppo delle aree rurali. Si tratta di finanziamenti effettuati tramite i programmi settennali IPARD (Instrument for Pre-Accession Assistance and Rural Development – Lo Strumento di assistenza pre-adesione per lo sviluppo rurale; n.d.a.).

    Uno dei Paesi che approfitta dei finanziamenti IPARD è anche l’Albania. Attualmente sono attivi i finanziamenti nell’ambito del programma IPARD III. Ci sono diversi obiettivi previsti da questo programma. Si tratta di obiettivi istituzionalmente confermati, da conseguire nel periodo 2021 – 2027. Obiettivi che riguardano l’agevolazione dello sviluppo delle imprese, la loro crescita e, di conseguenza, la crescita dell’occupazione nelle aree rurali. Il programma IPARD III prevede anche “…l’aumento della competitività nel settore agroalimentare e il miglioramento dello sviluppo comunitario e del capitale sociale in quelle aree rurali” dov’è attivo il programma. L’istituzione incaricata per la gestione del programma è la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (The Directorate-General for Agriculture and Rural Development), nota anche come DG AGRI. Trattandosi però di finanziamenti europei per i Paesi candidati all’adesione all’Unione europea, o potenzialmente tali, diventa obbligatorio anche il controllo della gestione di quei finanziamenti. Controllo effettuato da OLAF.

    In Albania le istituzioni governative direttamente coinvolte nell’uso di quei finanziamenti sono il ministero dell’Agricoltura e l’Agenzia per lo sviluppo agricolo e rurale. Ed è proprio quest’ultima che gestisce, a livello nazionale, i finanziamenti dei programmi IPARD.  Purtroppo però, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, risulterebbero degli abusi continui e ben evidenziati di quei finanziamenti. Si tratta di fatti resi pubblici e denunciati ufficialmente anche presso le strutture dell’Unione europea, OLAF compresa. Il nostro lettore è stato informato di questi abusi a tempo debito (Abusi anche con i finanziamenti europei, 19 settembre 2023; Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro, 27 novembre 2023). Basandosi su quelle denunce OLAF ha, in seguito, effettuato delle indagini focalizzate soprattutto sulla distribuzione dei finanziamenti a fondo perduto previsti e destinati ai beneficiari agricoltori albanesi.

    Ebbene in base a quelle indagini avviate dall’inizio del 2021 e dalle conclusioni preliminari, il 16 luglio 2023 la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale ha ufficialmente inviato alle istituzioni albanesi una lettera confermando la sospensione temporanea del sostegno finanziario nell’ambito dei programmi IPARD. Con quella lettera si comunicava ufficialmente alle responsabili istituzioni albanesi “la sospensione temporanea del sostegno finanziario nell’ambito dei programmi IPARD”. E tra le istituzioni c’erano anche il ministero dell’Agricoltura, il ministero delle Finanze e l’Agenzia per lo sviluppo agricolo e rurale. La notizia però è stata tenuta segreta dalle istituzioni, come spesso accade in simili casi in Albania. Notizia che comunque non poteva rimanere tale per molto tempo. E così è stato. La Delegazione dell’Unione europea in Albania il 19 luglio 2023 ha distribuito un comunicato ufficiale, con il quale confermava che la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale “ha informato il governo albanese di aver preso delle misure precauzionali in base ad un’informazione iniziale diramata dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), in seguito alle indagine su delle accuse di corruzione riguardanti l’attuazione del programma IPARD II”. In più in quel comunicato diramato si sottolineava che “…in via preventiva, a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, la Commissione europea ha temporaneamente sospeso i rimborsi alle autorità albanesi per le spese sostenute nell’ambito del programma IPARD II”.

    In seguito è stato confermato, altresì, che nella stessa lettera ufficiale, inviata il 14 luglio scorso dalla Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale alle autorità albanesi, non si informava solo della sopracitata sospensione dei pagamenti. L’autore di queste righe informava il nostro lettore nel settembre dell’anno scorso che “…oltre alla sospensione dei rimborsi, l’Albania potrebbe essere espulsa anche dal programma di finanziamenti IPARD III (2021 – 2027), attivo ormai da tre anni. Le cause di una simile e possibile espulsione, nel caso accadesse, sarebbero la gestione corruttiva e gli abusi dei finanziamenti europei stanziati per l’agricoltura e per lo sviluppo delle aree rurali in Albania” (Abusi anche con i finanziamenti europei; 19 settembre 2023).

    Ebbene le scorsa settimana è stato reso pubblico il rapporto ufficiale dell’OLAF per il 2023. In quel rapporto si affermava che OLAF ha investigato basandosi sulle “…gravi accuse riguardanti l’uso improprio dei fondi dell’Unione europea provenienti dallo strumento di assistenza pre-adesione per lo sviluppo rurale (IPARD II) in Albania”. Un’accusa fatta e confermata dalle indagini dell’OLAF si riferiva alla denuncia secondo la quale coloro che avevano presentato la richiesta per avere dei finanziamenti dal programma IPARD II “erano obbligati a pagare un’elevata percentuale della loro sovvenzione a società di consulenza ‘preselezionate’, che avrebbero poi agevolato i contratti con l’Agenzia albanese per lo sviluppo rurale e l’agricoltura (ARDA), che distribuiva i fondi”. In base alle indagini fatte e alle derivanti e fondate conclusioni, OLAF raccomandava alle istituzioni competenti dell’Unione europea “…di impedire che 112 milioni di euro di futuri finanziamenti (IPARD III) all’Albania provengano da spese indebite, fino a quando non saranno messe in atto misure correttive per proteggere gli interessi finanziari dell’UE da qualsiasi attività illegale”. Aggiungendo in seguito che “Considerate le possibili attività criminali scoperte durante l’indagine, l’OLAF ha inviato copia dei risultati anche alle autorità giudiziarie albanesi”.

    Chi scrive queste righe è convinto che le autorità giudiziarie albanesi, ubbidienti al primo ministro e/o a chi per lui, insabbieranno anche quel rapporto dell’OLAF sugli abusi dei fondi europei. Come hanno fatto con delle innumerevoli altre clamorose denunce in precedenza. Aveva ragione Paul Valéry, l’abuso è il contrassegno del possesso e del potere.

  • Rappresentanti corrotti di servizi segreti internazionali in azione

    Fra gli errori ci sono quelli che puzzano di fogna e quelli che odorano di bucato.

    Indro Montanelli

    Era il 21 gennaio 2023 quando, all’aeroporto internazionale John Fitzgerald Kennedy di New York, veniva arrestato un uomo di 54 anni. Si trattava di un alto ed importante ex funzionario dell’Ufficio Federale di Investigazione degli Stati Uniti d’America (Federal Bureau of Investigation – FBI; n.d.a.), con ventidue anni di carriera presso quell’Ufficio. Lui nel 2016, prima di trasferirsi a New York, era a capo dei servizi di controspionaggio dell’FBI a Washington DC. In seguito, dall’inizio d’ottobre 2016 fino al 2018, quando è andato in pensione, ha diretto la più importante divisione del servizio di controspionaggio statunitense con sede a New York. Le accuse a suo carico, fatte dalle autorità competenti di Washington DC e di New York, erano diverse. Era stato accusato della violazione delle sanzioni poste dal governo statunitense a determinati oligarchi russi e soprattutto ad uno di loro, noto per essere molto vicino al presidente russo. In più veniva accusato di non aver dichiarato diversi suoi viaggi ed incontri all’estero e di essere stato impegnato personalmente nel riciclaggio di denaro sporco. Un’altra accusa era quella di aver ricevuto 225.000 dollari, non dichiarati, da un ex agente dei servizi segreti albanesi. Per settimane i più importanti media statunitensi, ma non solo, hanno trattato il caso. Caso di cui è stato informato anche il nostro lettore (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023; Un regime corrotto e che corrompe, 13 febbraio 2023; Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe, 20 febbraio 2023; Un autocrate corrotto e che corrompe, ormai in preda al panico, 27 febbraio 2023; La messinscena con un ‘sostegno’ avuto in un periodo difficile, 10 luglio 2023 ecc.).

    L’autore di queste righe scriveva nel gennaio 2023 che il sopracitato oligarca russo “…insieme con l’ex alto funzionario dell’FBI hanno registrato ufficialmente, da alcuni anni, delle attività di impresa e di consulenza in Albania” (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023). Dalle indagini risultava altresì che, tra le persone che avevano collaborato con l’ex alto funzionario del FBI, era anche un “consigliere esterno” del primo ministro albanese che ha goduto da lui di un “trattamento speciale”. L’autore di queste righe scriveva che “…Si tratta di una persona che ha avuto però “utili rapporti di conoscenza” anche con i dirigenti delle organizzazioni malavitose e trafficanti di stupefacenti in Messico. Rappresentanti che il “consigliere esterno” ha accompagnato nell’ufficio del primo ministro due anni fa” (Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe; 20 febbraio 2023). Bisogna sottolineare però che dalle dichiarazioni ufficiali delle autorità statunitensi rese pubbliche sul caso dell’ex alto funzionario dell’FBI, il nome del primo ministro albanese veniva citato per ben 14 volte come persona coinvolta. Lui stesso, nel settembre 2022 aveva dichiarato, proprio riferendosi all’ex alto funzionario del FBI, che “il capo del controspionaggio dell’FBI è stato ed è mio amico, non si discute!”.

    Errare humanum est, perseverare autem diabolicum dicevano i latini. Con la loro esperienza e saggezza essi ci insegnano che commettere errori è umano, ma perseverare è diabolico. Però nel caso del primo ministro albanese, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati sia in Albania che in altri Paesi, fatti testimoniati e denunciati alla mano, risulterebbe che lui è un individuo che non sbaglia per caso. Lui continua, persevera con le sue scelte che non sono degli “errori”, bensì sono obblighi dovuti alla criminalità organizzata e ai clan occulti con i quali da anni collabora e ne approfitta.

    Il 12 giugno scorso alcuni media in Romania rendevano pubblico uno scandalo internazionale in cui risulterebbe attivamente coinvolto l’ex vice direttore del Servizio dell’Intelligenza Romena, un ex generale ormai  in pensione. Mercoledì scorso, in mattinata, lui ha affrontato i procuratori della Direzione nazionale Anticorruzione a Bucarest, essendo accusato di corruzione, ricatto ed altro. Le indagini nei suoi confronti sono state avviate il 24 maggio scorso. Il media televisivo România TV, che trasmette notizie 24 ore, affermava che l’ex vice direttore del Servizio dell’Intelligenza Romena, una persona vicina “…ad alcuni importanti politici albanesi” ha aiutato la sua amante di “…farsi parte di una rete internazionale del traffico della droga. La cocaina arrivava dal Messico in Albania, direttamente dal cartello Sinaloa, in grandi quantità e poi veniva trasferita a Bucarest, tramite un percorso segreto”. Si evidenziava che il ruolo dell’ex generale “era, indubbiamente, un ruolo strategico”. I media romeni hanno pubblicato anche una fotografia in cui apparivano tre persone. C’erano l’ex generale in pensione e la sua amante. E con loro c’era anche il sopracitato “consigliere esterno” del primo ministro albanese. La foto era stata scattata a Berlino.

    România TV specifica che “…il generale in pensione aveva un contratto di consulenza con l’Albania, dove consigliava politici di alto livello. E più precisamente il primo ministro”.

    Il media romeno evidenzia, tra l’altro, che l’ex vice direttore del Servizio dell’Intelligenza Romena da circa quattro anni “…ha fatto quello che sapeva fare meglio; è stato infiltrato profondamente nel sottosuolo della mafia in Albania attuando una serie di legami; legami pericolosi […] con i vertici degli ambienti criminali e politici in Albania”. Specificando che lui, l’ex vice direttore del Servizio dell’Intelligenza Romena era in continuo contatto con il “consigliere esterno” ed affidato del primo ministro albanese”. In più si specificava che il “consigliere esterno” è noto in Albania come la persona che “…aiuta il primo ministro nei suoi rapporti con l’imprenditoria e l’ambiente criminale albanese”. In seguito si evidenziano anche i rapporti del noto cartello di Sinaloa, che gestisce il traffico della cocaina con la criminalità organizzata albanese. In base a quei rapporti “…i trafficanti messicani hanno cominciato a riciclare grandi quantità di denaro in Albania”.

    Due settimane fa l’autore di queste righe informava il nostro lettore del programma Report dedicato alla realtà albanese, trasmesso su RAI 3 il 2 giugno scorso. Durante l’intervista il giornalista ha rinfacciato al primo ministro di essersi incontrato nel suo ufficio con “…un trafficante albanese, membro attivo di un noto cartello messicano che gestisce la cocaina della Colombia”. E poi il giornalista ha detto al primo ministro: “Per me, come giornalista, il fatto che il capo del Consiglio dei ministri dell’Albania si incontra con una persona che, in seguito, si scopre riciclare il denaro del cartello Sinaloa e [di essere] uno dei membri più importanti [del cartello], è una notizia ed io le chiederò di questo. Non avrei fatto bene il mio mestiere se non glielo avessi chiesto.” (Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo; 3 giugno 2024). E anche in questo caso era presente anche il “consigliere esterno” del primo ministro! La stessa persona che risultava anche nelle indagini dell’ex alto funzionario del FBI. Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe seguirà questo nuovo scandalo ed informerà il nostro lettore delle attività pericolose di certi rappresentanti corrotti di servizi segreti internazionali. Egli però è convinto che gli “errori” del primo ministro albanese sono, parafrasando Indro Montanelli, quelli che puzzano di fogna. E puzzano davvero.

  • Parlano di principi, ma agiscono seguendo gli interessi

    Gli uomini chiamano amicizia una società di interessi, uno scambio d’aiuti, un commercio in somma, in cui l’amor proprio spera di potere guadagnare qualche cosa.

    François de La Rochefoucauld

    Francesco de Sanctis era un buon conoscitore della letteratura italiana ed un noto critico letterario del diciannovesimo secolo. Lui è anche l’autore del libro “Storia della letteratura italiana”, in cui si tratta il pensiero del grande filosofo, scrittore ed uomo politico Niccolò Machiavelli, espresso nella sua opera molto nota Il Principe. Un’opera che viene considerata anche come la base della scienza politica moderna. Francesco de Sanctis, nel quindicesimo capitolo del suo sopracitato libro scrive: “Ci è un piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha gittato nell’ombra le altre sue opere. L’autore è stato giudicato da questo libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e scientifico, ma nel suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un codice di tirannia, fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi, e il successo loda l’opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina”. Ormai il detto “Il fine giustifica  i mezzi” è molto noto ed usato in molte lingue del mondo. Un detto che però non è di Machiavelli, bensì, secondo gli studiosi, coniato proprio da Francesco de Sanctis nel suo libro “Storia della letteratura italiana” su Niccolò Machiavelli ed il machiavellismo.

    La scorsa settimana si sono svolte le elezioni europee. Elezioni dalle quali sono stati scelti dagli elettori dei ventisette Paesi membri dell’Unione i 720 eurodeputati del Parlamento europeo. Elezioni che sono state svolte, a seconda del Paese, tra il 6 ed il 9 giugno scorso. L’Italia è stato l’unico Paese dove si è votato sabato 8 e domenica 9 giugno. Il risultato definitivo delle elezioni ha testimoniato una crescita dei partiti di destra che hanno vinto in diversi Paesi come la Francia, l’Italia, la Germania, l’Austria, la Polonia ecc. In Francia il presidente della Repubblica, dopo il deludente risultato del suo partito, ha decretato le elezioni legislative anticipate il 30 giugno ed il 7 luglio prossimi. La situazione politica è delicata anche in Germania, dopo la sconfitta dei partiti che compongono l’attuale governo. L’Italia è stato l’unico Paese dell’Unione europea dove il risultato delle elezioni ha confermato la vittoria del partito guidato dalla Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma la Presidente del Consiglio dei Ministri del’Italia deve essere molto attenta a certi rapporti con qualche suo omologo. Soprattutto quando si sa tutto sulla loro totale inaffidabilità. Individui che, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti documentati, testimoniati, denunciati e pubblicamente noti alla mano, sono degli innati bugiardi ed ingannatori. Individui che quando si trovano in difficoltà fanno di tutto, costi quel che costi, per salvarsi. Individui che con i principi ed i valori non hanno niente in comune. Ragion per cui la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, premiata dagli italiani nelle appena passate elezioni europee, deve essere molto attenta quando fa degli accordi con simili individui. Perché ha delle responsabilità istituzionali e non solo. Ma devono essere molto attenti e responsabili anche i suoi consiglieri e collaboratori che sono obbligati a raccogliere tutte le necessarie informazioni e poi riferirle alla Presidente del Consiglio dei Ministri, prima che lei prenda delle determinate decisioni. Decisioni che potrebbero essere motivate anche da interessi e/o promesse elettorali che, come tali, devono essere rispettate. Ma tutto in base ai principi morali e non spinti da certi interessi mai resi pubblici.

    La settimana scorsa era l’ultima delle campagne elettorali per le elezioni europee. Normalmente durante un simile periodo si programmano delle attività elettorali, degli incontri che sono valutati necessari per aumentare la possibilità di consenso degli elettori. Ebbene, coloro che avevano programmato le attività in cui doveva essere presente anche la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia avevano scelto una visita in Albania. Visita che è stata realizzata il 5 giugno scorso, solo tre giorni prima della fine della campagna elettorale. Durante quella visita la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha incontrato il suo omologo albanese e poi tutti e due insieme si sono spostati in una località sulla costa adriatica ad una settantina di chilometri dalla capitale albanese. Sono andati lì perché proprio in quell’area è stato previsto di costruire due centri di accoglienza per migliaia di profughi. Tutto previsto dal “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma nel pomeriggio del 6 novembre 2023 dalla Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia e dal suo “caro amico”, il primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato sia di quel Protocollo, che dei successivi sviluppi a lui legati (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023; Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024 ecc…). Molto significativa è stata un’intervista del primo ministro albanese, circa tre settimane fa, ad un giornalista del quotidiano La Repubblica. Un’intervista durante la quale il primo ministro albanese aveva “perso” l’entusiasmo sulla bontà di quel Protocollo. L’autore di queste righe esprimeva al nostro lettore la sua convinzione che “…non bisogna mai accordarsi con individui inaffidabili come il primo ministro albanese”. E poi aggiungeva: “Proprio con lui che il 18 novembre 2021 dichiarava convinto e perentorio che “l’Albania non sarà mai un Paese dove Paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”. Ma quella sua “determinazione” la ha “dimenticata” il 6 novembre scorso, firmando l’Accordo sui migranti con l’Italia. Mentre adesso sta “dimenticando” proprio la bontà di quell’Accordo […].Chissà che ne pensa adesso del suo “caro amico”, il primo ministro albanese, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia?!” (Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024).  Invece durante l’incontro avuto il 5 giugno scorso con la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, il suo “caro amico” ha cambiato di nuovo la sua opinione sull’Accordo. Chissà perché?! Si sa però che il 5 giugno scorso c’è stata solo una visita nei centri e niente più. Si sa anche che non sono stati rispettati neanche i limiti di tempo previsti dal Protocollo.

    La Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha fatto però delle dichiarazioni che non hanno niente a che fare con la vera, vissuta e spesso sofferta realtà in Albania. Basta pensare che si tratta di un Paese dove in meno di dieci anni la popolazione è stata quasi dimezzata proprio perché gli albanesi stessi hanno dovuto fare la difficile e spesso sofferta scelta di diventare, anche loro, dei profughi. Lo sapeva questo la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia? Lo sapeva lei che, ben diversamente da quello che lei ha dichiarato il 5 giugno scorso, l’Albania è veramente diventato un narcostato? Una verità quella sulla quale riferiscono i rapporti ufficiali delle strutture internazionali specializzate, comprese quelle dell’Unione europea. Una preoccupante realtà quella che, da alcuni anni ormai, la stanno denunciando anche diversi noti procuratori e giudici antimafia italiani. Chissà perché non sapeva questo noto fatto la Presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia?! Oppure lo sapeva ed ha cercato di sostenere il suo “caro amico” che si trova in grosse difficoltà, proprio perché lui deve molto anche alla criminalità organizzata.

    Chi scrive queste righe è convinto che, purtroppo, sono non pochi coloro che, avendo delle cariche istituzionali di alto livello, parlano di principi, ma agiscono seguendo gli interessi. Aveva ragione François de La Rochefoucauld quando affermava che gli uomini chiamano amicizia una società di interessi, uno scambio d’aiuti, un commercio insomma, in cui l’amor proprio spera di potere guadagnare qualche cosa. Ma si sa però che il fine giustifica i mezzi.

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