Albania

  • Appoggiano un autocrate corrotto in cambio di proficui accordi

    L’interesse parla ogni genere di lingua e interpreta ogni genere di personaggio,

    perfino quello del disinteressato.

    François de La Rochefoucauld; da “Massime”, 1678

    È passata soltanto una settimana dal giorno in cui si sono svolte le elezioni parlamentari in Albania. Nel frattempo il nostro lettore è stato informato, sempre con la dovuta oggettività e soltanto riferendosi ai fatti accaduti, documentati e pubblicamente noti, sia delle aspettative prima delle elezioni che di quello che è accaduto l’11 maggio scorso, il giorno delle elezioni (In attesa di altri abusi elettorali, 6 maggio 2025; Un autocrate che ottiene il quarto mandato con abusi elettorali, 12 maggio). Ma purtroppo durante questi giorni sono stati evidenziati, documentati e ufficialmente denunciati altri innumerevoli fatti legati a dei clamorosi abusi elettorali. Perciò si potrebbe dire che si è trattato di un processo, ben organizzato ed altrettanto ben attuato, per condizionare e manipolare il risultato delle elezioni. Si è trattato di un vero e proprio massacro elettorale.

    E solo grazie ad un simile processo, grazie a quel massacro elettorale, il primo ministro albanese ha avuto il suo quarto mandato consecutivo. Un fatto simile, tenendo presente anche la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese, si è verificato soltanto in altri regimi dittatoriali, come quello in Russia, in Bielorussia, in Turchia, per non andare oltre l’Europa. Gli abusi elettorali sono stati evidenziati, documentati e ufficialmente denunciati presso le strutture del sistema “riformato” della giustizia. Ma, chissà perché, quelle “strutture specializzate” non reagiscono. Invece è un loro obbligo costituzionale, nonché un impegno ufficialmente annunciato prima che cominciasse la campagna elettorale, intervenire per prevenire e combattere qualsiasi abuso elettorale. Purtroppo ancora niente ha costretto ad agire le “strutture specializzate” del sistema “riformato” della giustizia in Albania. Un sistema che però ubbidisce subito agli ordini partiti dagli uffici del primo ministro e dei suoi più stretti collaboratori. Come accade in tutti i sistemi dittatoriali nel mondo.

    Ormai, a conteggio dei voti quasi concluso, risulta che il partito del primo ministro albanese ha ottenuto molti più seggi parlamentati rispetto a quelli della precedente legislatura. Seggi ottenuti però mentre il numero degli elettori che hanno “votato” per il primo ministro ed i suoi candidati è stato inferiore, se si fa riferimento alle precedenti elezioni parlamentari del 2021. L’11 maggio scorso hanno votato, per la prima volta, anche i cittadini albanesi che vivono all’estero. Ma con il voto degli emigranti c’è stata una vera e propria strage elettorale. È risultato che ci sono stati più voti che schede elettorali mandati per posta! Non solo, ma a conteggio ormai concluso, risulta che il partito del primo ministro ha ottenuto dagli emigranti più del 61% dei voti considerati validi. Invece lo stesso partito ha ottenuto dagli elettori che vivono in Albania solo circa 52% dei voti. E pensare che la maggior parte degli emigranti albanesi sono stati costretti a lasciare tutto e cercare la fortuna in altri Paesi proprio per i continui abusi del potere e del bene pubblico da parte del primo ministro, dei suoi ministri e di tanti funzionari del governo centrale e delle amministrazioni locali. Un’altra “stranezza” di queste “elezioni” in Albania è legata ai voti dei carcerati, la maggior parte dei quali si trovano lì per furti ed altre cose simili. A conteggio concluso però, risulta che i carcerati hanno votato quasi tutti per il ministro degli Interni! Una specie di sindrome di Stoccolma.

    Per seguire sia tutto il processo pre-elettorale, che le elezioni parlamentari dell’11 maggio scorso, in Albania sono stati presenti molti osservatori internazionali, rappresentanti di diverse istituzioni. Ma i più numerosi sono stati gli osservatori dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights – l‘Ufficio per le Istituzioni democratiche e i Diritti umani; n.d.a.). ODIHR è una struttura molto importante della ben nota OSCE (Organization for Security and Co-operation in Europe – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; n.d.a.). Ebbene, un giorno dopo le elezioni la coordinatrice della Missione di ODIHR ha presentato il rapporto preliminare. In quel rapporto sono stati evidenziati, raggruppandoli, significativi abusi elettorali. Durante quella presentazione era presente anche il capo della delegazione del Parlamento europeo, il quale ha, tra l’altro, dichiarato che “…Gli aspetti che hanno a che fare con la corruzione ed altre cose che vanno oltre alle elezioni, verranno certamente trattati, siate sicuri”. Ed ha aggiunto che “…questo Paese [l’Albania] non entrerà nell’Unione europea così com’è oggi”.

    E mentre aumentava di ora in ora il numero dei clamorosi abusi elettorali, che evidenziavano non un processo con qualche irregolarità, bensì un vero e proprio massacro elettorale, il primo ministro albanese riceveva gli auguri per la sua “meritata vittoria elettorale” (Sic!). La prima che lo ha augurato, la sera del 12 maggio scorso, è stata la presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia. Lei, che il primo ministro albanese la chiama ormai la mia “sorella”, scriveva: “ …la profonda amicizia e la collaborazione strategica che lega le nostre due nazioni si è ulteriormente rafforzata grazie a iniziative comuni, frutto di un dialogo costruttivo e di una volontà condivisa per affrontare le sfide globali con soluzioni innovative…”. E sempre mentre il conteggio dei voti continuava, al primo ministro sono arrivati gli auguri, in albanese, del presidente francese, che gli scriveva: “Auguri caro amico per la tua vittoria….”. Invece il cancelliere tedesco gli scriveva, sempre in albanese: “Auguri per la sua rielezione! Tanti auguri! Sono impaziente di continuare la nostra collaborazione…”. Mentre il premier britannico scriveva, in inglese però: “Auguri per la sua vittoria storica.  Attendo impaziente di continuare la nostra collaborazione…”.

    Sempre mentre il conteggio dei voti continuava, il presidente del Consiglio europeo scriveva al suo “caro amico”, il primo ministro albanese: “I più calorosi auguri per questi impressionanti risultati elettorali..”. Al primo ministro albanese non potevano mancare gli auguri della presidente della Commissione europea. Lei gli scriveva: “Auguri per la vittoria elettorale! Sotto la sua guida l’Albania ha fatto dei grandi progressi verso la nostra Unione [europea]…”. Questi però sono stati soltanto una parte degli auguri ricevuti dal primo ministro albanese, mentre il conteggio dei voti continuava. E soprattutto mentre aumentava il numero degli abusi elettorali evidenziati e denunciati. Chissà perché questa fretta per augurare a un autocrate che ha voluto, programmato ed attuato un massacro elettorale. Ormai si sa però, da diverse fonti mediatiche internazionali, che il presidente francese, il cancelliere tedesco ed il premier britannico hanno reso noti i loro progetti per avere in Albania dei centri dove trasferire migliaia di detenuti problematici e pericolosi. Tutto è stato reso noto la scorsa settimana, mentre in Albania si evidenziava, sempre di più, il massacro elettorale. Bisogna sottolineare che si tratta di progetti simili a quello ormai operativo, in seguito alla firma il 6 novembre 2023, dell’Accordo tra l’Italia e l’Albania sui profughi. L’Albania rischia così di diventare un Guantanamo in Europa.

    Chi scrive queste righe è convinto che i “grandi dell’Europa” appoggiano un autocrate corrotto, come il primo ministro albanese, in cambio di proficui accordi. Chi scrive queste righe pensa che in cambio il primo ministro albanese cerca di ottenere l’appoggio o, almeno, il silenzio dei “grandi dell’Europa” di fronte ai tanti e continui abusi di potere, agli innumerevoli scandali, alla galoppante corruzione diffusa a tutti i livelli, partendo dai più alti. Abusi, scandali e atti corruttivi che, fatti pubblicamente noti alla mano, coinvolgono direttamente il primo ministro. E purtroppo i “grandi dell’Europa” lo appoggiano. Aveva ragione François de La Rochefoucauld: l’interesse parla ogni genere di lingua e interpreta ogni genere di personaggio, perfino quello del disinteressato.

  • Un autocrate che ottiene il quarto mandato con abusi elettorali

    Quanto più grande il potere, tanto più pericoloso l’abuso.

    Edmund Burke

    Domenica scorsa, 11 maggio, in Albania si sono svolte le elezioni parlamentari. E si sapeva già anche il vincitore. Tutti coloro che conoscono la vera e vissuta realtà albanese erano quasi convinti che il primo ministro avrebbe ottenuto il suo quarto mandato consecutivo. Ed ormai, a elezioni finite, mentre si stanno contando i voti, risulterebbe, dati provvisori alla mano, che il primo ministro ha raggiunto il suo principale obiettivo, quello di ottenere un altro mandato. Non solo, ma sembrerebbe che lui raggiungerà anche un altro ambizioso obiettivo, dichiarato già all’inizio della campagna elettorale. Potrebbe avere una maggioranza parlamentare che gli permetterebbe di far passare anche leggi che richiedono l’approvazione con i due terzi dei deputati.

    Le aspettative per il raggiungimento del risultato elettorale voluto dal primo ministro si basavano sul funzionamento di una strategia ben elaborata e collaudata durante tutte le elezioni precedenti, gestite dai governi capeggiati dall’attuale primo ministro, al potere dal 2013. Una strategia, quella, basata sulla connivenza e sulla sempre più attiva collaborazione del potere politico, centrale e locale, con la criminalità organizzata. Una strategia basata anche sull’uso dell’amministrazione pubblica durante tutte le fasi delle elezioni. Una strategia basata sull’uso di tutte le istituzioni governative e statali, polizia di Stato compresa, in funzione della realizzazione degli obiettivi elettorali del primo ministro. La strategia per garantire il raggiungimento degli obiettivi elettorali del primo ministro albanese si basa fortemente, fatti pubblicamente noti e denunciati alla mano, anche sulla totale ubbidienza delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia alla volontà del primo ministro. Quanto è accaduto, purtroppo, durante gli ultimi mesi in Albania, testimonia, indubbiamente, proprio questa misera, vigliacca, spregevole e pericolosa ubbidienza. Un’ubbidienza, quella, verificata precedentemente in tante occasioni pubblicamente note. Una preoccupante e pericolosa ubbidienza che, purtroppo, è stata verificata anche durante l’ultima campagna elettorale.

    Bisogna evidenziare che il primo ministro albanese si presenta nelle elezioni, sia parlamentari che locali, con la sigla del partito socialista. Lui da quando è diventato, nel 2005, il dirigente del partito socialista, è riuscito a controllare personalmente quel partito. Un partito, successore del famigerato partito comunista, che, da anni ormai, è diventato un raggruppamento occulto e che con il partito socialista ha in comune soltanto il logo. Un partito, quello socialista, del quale il primo ministro si ricorda soltanto durante le campagne elettorali. Ma anche in casi simili lui mette sempre il suo nome prima di quello del partito. Lo ha fatto anche durante la campagna elettorale finita venerdì scorso. E così facendo, lui personalizza anche il partito.

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato sui tanti abusi elettorali accaduti durante la campagna elettorale in Albania. L’autore di queste righe scriveva che “Adesso, nonostante tutti i fallimenti riguardanti le precedenti promesse elettorali, il primo ministro punta a ottenere, costi quel che costi, il suo quarto mandato consecutivo. In caso contrario per lui potrebbero generarsi grossi e seri problemi, soprattutto di carattere penale”. Ed aggiungeva: “… certamente, il primo ministro, trovandosi ad affrontare i suoi continui fallimenti, i suoi continui ed evidenti abusi di potere, nonché le conseguenze della galoppante e molto diffusa corruzione, che lo coinvolge direttamente, adesso punta proprio al supporto della criminalità organizzata e dei raggruppamenti occulti internazionali, per condizionare e manipolare di nuovo il risultato delle elezioni del prossimo 11 maggio” (In attesa di altri abusi elettorali; 6 maggio 2025).

    Purtroppo queste previsioni sono state tutte verificate. Lo testimonia inconfutabilmente quanto è accaduto, registrato e denunciato sia nelle precedenti settimane, sia domenica scorsa, 11 maggio, durante il giorno delle elezioni. Abusi che sono stati resi pubblici dall’opposizione e da alcuni, pochissimi, media ancora non controllati direttamente dal primo ministro e/o da chi per lui. Abusi che sono stati ufficialmente denunciati, come prevede la legge elettorale in vigore, presso le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. Bisogna evidenziare che prima dell’inizio della campagna elettorale per le elezioni parlamentari svolte domenica scorsa, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata., insieme con la Commissione elettorale Centrale e la Polizia di Stato hanno costituito un gruppo d’azione specializzato che doveva prevenire tutti gli abusi elettorali da loro evidenziati e/o denunciati dall’opposizione, i media e semplici cittadini. Bisogna però sottolineare, sempre fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, che in Albania se non si prevengono gli abusi elettorali, niente ha poi valore. Sì, perché nonostante si tratti di abusi ufficialmente denunciati, una volta che l’attuale primo ministro “vince” il suo mandato, chissà perché e chissà come, tutti gli abusi elettorali denunciati ufficialmente si dimenticano.

    Ebbene, anche durante queste ultime settimane di campagna elettorale sono state tante le denunce ufficiali, presentate ufficialmente dai rappresentanti dell’opposizione, sia presso la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, sia presso la Commissione elettorale Centrale e/o presso la Polizia di Stato. Ma,  guarda caso però, niente è accaduto. Chissà perché?! Un caso emblematico è accaduto domenica scorsa, il giorno delle elezioni. Un caso denunciato da un cittadino presso uno dei pochissimi media televisivi non controllati dal primo ministro e/o da chi per lui. In seguito una giornalista del media, insieme con un operatore, si sono recati sul posto indicato dal cittadino. Si trattava di un ambiente, a piano terra, di un palazzo a circa trenta metri di distanza da un seggio elettorale e alcune centinaia di metri dalla sede della Direzione locale della Polizia di Stato. Le immagini trasmesse in diretta dalla televisione hanno mostrato che dentro quell’ambiente, una stanza, c’erano alcune persone intorno a tavoli dove si vedevano tanti fogli di carta accatastati, computer portatili ed altro. Una donna, presa all’improvviso, dopo qualche secondo, si è alzata ed ha chiuso la porta. Poi, dopo un po’ di tempo, la porta si è riaperta, ma questa volta da dentro e sono uscite, con la testa coperta e, correndo, sono fuggite tutte le persone che si trovavano dentro. Dalle immagini si vedeva chiaramente che i fuggitivi avevano preso tutto, carte e computer, lasciando i tavoli “puliti”. In seguito si è saputo che era un ufficio elettorale e la signora che aprì la porta era la direttrice dell’Agenzia dell’Innovazione e l’Eccellenza. Chissà cosa faceva lì?!

    La giornalista prima e poi un rappresentante dell’opposizione, arrivato sul posto, hanno telefonato alla polizia di Stato e alla Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata. Ma, nonostante ciò, la pattuglia della polizia è arrivata con più di un’ora di ritardo. Poi è arrivato anche il rappresentante della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata. Ma questo è solo uno dei tanti clamorosi casi denunciati solo domenica scorsa 11 maggio. Però, nel frattempo, funzionava la sopracitata strategia del primo ministro per “vincere” la elezioni. E grazie a quella strategia, con l’appoggio anche della criminalità organizzata, come è risultato dalle tante denunce fatte, il primo ministro sta ottenendo il suo quarto mandato consecutivo.

    Chi scrive queste righe seguirà il processo del conteggio del voti, tuttora in corso ed, in seguito, informerà il nostro lettore. Per il momento si sa che un autocrate, il primo ministro albanese, si sta preparando ad ottenere il suo quarto mandato con degli innumerevoli abusi elettorali e grazie a un clamoroso abuso di potere. Ed è proprio il caso di ricordare che, come affermava Edmund Burke, quanto più grande il potere, tanto più pericoloso l’abuso. Questo si sta verificando in Albania.

  • In attesa di altri abusi elettorali

    Le elezioni favoriscono i chiacchieroni.

    Georges Bernanos, da “I grandi cimiteri sotto la luna”; 1938

    Domenica prossima, 11 maggio, in Albania si svolgeranno le elezioni parlamentari. Ormai è in corso l’ultima settimana della campagna elettorale. In gara ci sono il partito socialista guidato dal primo ministro, il quale chiede il suo quarto mandato consecutivo e dall’altra parte si presenta una vasta alleanza di partiti dell’opposizione, rappresentata ufficialmente dallo storico dirigente del partito democratico, ex presidente della Repubblica (1992-1997) ed ex primo ministro (2005-2013). Gareggiano da soli, o riuniti in piccole alleanze, anche alcuni nuovi partiti.

    Normalmente, durante una campagna elettorale, tutti i partiti in gara presentano i loro programmi che intendono realizzare durante gli anni della futura legislatura. Ed in base a quei programmi, chiedono anche il voto dei cittadini. Ebbene, durante l’attuale campagna elettorale in Albania tutti i partiti hanno presentato i propri programmi tranne quello socialista del primo ministro, il quale, invece di un programma, ha soltanto “promesso” che sarà lui e solo lui a garantire per i cittadini albanesi il “passaporto europeo” (Sic!). E non è stata una semplice “dimenticanza” il fatto di non presentare un programma. Il primo ministro non poteva presentare più un programma. Sì, perché durante le tre precedenti campagne per le elezioni parlamentari, nonché quelle per le elezioni amministrative, lui, avendo presentato dei “programmi ambiziosi”, ha esaurito tutte le promesse che poteva fare durante questa campagna elettorale in corso. Sì, proprio così. Perché lui, il primo ministro albanese, durante tutte le campagne elettorali, da quando è salito al potere nel 2013, ha promesso mari e monti. Ma, fatti accaduti, ufficialmente evidenziati e pubblicamente noti alla mano, non ha realizzato una, solo una, di tutte quelle promesse fatte. Ragion per cui, adesso, non potendo presentare più un programma elettorale, sta cercando di ingannare di nuovo gli albanesi con la promessa del “passaporto europeo”.

    Ma sempre riferendosi a tantissimi fatti accaduti, a fatti pubblicamente noti ed ormai ufficialmente evidenziati anche da diversi rapporti delle istituzioni internazionali specializzate, risulta che gli albanesi, da anni, non hanno più bisogno del “passaporto europeo” promesso adesso, in campagna elettorale, dal primo ministro. Si perché da anni ormai, gli albanesi, nonostante non abbiano avuto un “passaporto europeo”, come tutti i cittadini dei Paesi membri dell’Unione europea, hanno però trovato altri modi per lasciare la madre patria e cercare fortuna all’estero. Come facevano durante il secolo scorso, ma anche prima, molti cittadini europei, italiani compresi, che cercavano fortuna in altri Paesi, sia in Europa che oltreoceano.

    Bisogna sottolineare però che in questi ultimi anni, gli albanesi che hanno lasciato il paese natale sono quasi un terzo dell’intera popolazione registrata dal censimento del 2011, due anni prima che l’attuale primo ministro avesse cominciato il suo primo mandato. Un fatto drammatico questo, con delle preoccupanti conseguenze per il futuro dell’Albania. Una realtà causata solo e soltanto dal malgoverno di questi tre mandati del primo ministro che hanno permesso a lui ed ai suoi “stretti collaboratori” di abusare del potere e restaurare e consolidare un nuovo regime, una dittatura sui generis, camuffata da una facciata di pluripartitismo. Il nostro lettore da anni ormai è stato informato, sempre con la dovuta e richiesta oggettività e sempre fatti pubblicamente noti alla mano, di una simile, preoccupante e molto pericolosa realtà.

    Una realtà, quella albanese, che durante questi ultimi mesi è evidenziata e denunciata anche da diversi noti media internazionali, sia televisivi che della carta stampata. Una realtà però che il primo ministro e la sua potente propaganda, grazie anche a dei supporti lobbistici internazionali, profumatamente pagati, ha cercato di nascondere e camuffare. E spesso, purtroppo, ci sono anche riusciti, presentando, soprattutto all’estero, una realtà illusoria ed ingannevole, che niente aveva a che fare con la vera, vissuta e spesso sofferta realtà. Realtà, quella “dipinta” dal primo ministro albanese ed enfatizzata dalla propaganda governativa, nonché dai tanti media al servizio che, purtroppo, è stata “apprezzata ed applaudita”, durante questi ultimi anni, anche da alcuni alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea, soprattutto quelli della Commissione. Chissà perché?! Le cattive lingue, anche in queste occasioni, parlavano però convinte di supporti ottenuti in seguito a degli interventi lobbistici finanziati e gestiti da un noto multimiliardario speculatore di borse statunitense. E si trattava proprio di quella realtà che, tra l’altro, ha costretto quasi un terzo dell’intera popolazione albanese a lasciare la madre patria e cercare la fortuna in vari Paesi europei. Con tutte le incognite e le inevitabili conseguenze.

    Adesso, nonostante tutti i fallimenti riguardanti le precedenti promesse elettorali, il primo ministro punta a ottenere, costi quel che costi, il suo quarto mandato consecutivo. In caso contrario per lui potrebbero generarsi grossi e seri problemi, soprattutto di carattere penale. Sì, perché lui, durante questi dodici anni che ha esercitato i suoi tre mandati da primo ministro, ma anche prima, quando era il sindaco della capitale (2000-2011), ha abusato del potere conferito. Ma anche con gli altri poteri da lui usurpati. Come quello della giustizia. Un fatto pubblicamente noto questo, del quale anche il nostro lettore è stato spesso informato. Così come è stato spesso informato, sempre con la dovuta e richiesta oggettività, della costituzione in Albania di una pericolosa e molto preoccupante alleanza tra il potere politico, istituzionalmente rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata ed alcuni raggruppamenti occulti internazionali.

    Un’alleanza questa che, in cambio di grossi benefici, ha permesso al primo ministro di rimanere al potere, condizionando e manipolando anche i risultati elettorali. E certamente, il primo ministro, trovandosi ad affrontare i suoi continui fallimenti, i suoi continui ed evidenti abusi di potere, nonché le conseguenze della galoppante e molto diffusa corruzione, che lo coinvolge direttamente, adesso punta proprio al supporto della criminalità organizzata e dei raggruppamenti occulti internazionali, per condizionare e manipolare di nuovo il risultato delle elezioni del prossimo 11 maggio. Come fanno anche i non pochi suoi simili in altri Paesi del mondo. Quanto sta accadendo da anni in Russia, in Bielorussia, in Turchia, in Venezuela, in Corea del Nord ed in diversi Paesi africani, arabi ed asiatici, rappresenta sempre un’inconfutabile ed eloquente testimonianza.

    Bisogna sottolineare che in Albania gli abusi elettorali cominciano ad essere effettuati alcuni mesi prima, intensificandosi poi fino al giorno delle elezioni. Bisogna però sottolineare anche l’eclatante e pericolosa “passività” di tutte le istituzione del sistema “riformato” della giustizia, di fronte alle tante denunce degli evidenti abusi elettorali fatti prima e durante la campagna in corso. Abusi che coinvolgono direttamente i “sostenitori” del primo ministro, criminalità organizzata compresa.

    Chi scrive queste righe informa il nostro lettore che si tratta di abusi elettorali evidenziati anche dai rapporti dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human RightsUfficio per le Istituzioni democratiche e i Diritti umani dell’OSCE; n.d.a.), compreso quello preliminare di fine aprile scorso. Ma anche da una risoluzione del Partito Popolare europeo, votata all’unanimità il 30 aprile scorso. Perciò, tutto fa presagire altri abusi che potrebbero condizionare il risultato delle elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo in Albania. Lo scrittore francese Georges Bernanos, circa un secolo fa, affermava che le elezioni favoriscono i chiacchieroni. Ed il primo ministro ha sempre dimostrato che è un chiacchierone. Lo sta facendo anche adesso, in campagna elettorale.

  • Insegnamenti sempre utili e validi

    Stranamente, non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso,

    ma continuiamo a non sapere che cosa succede.

    Papa Francesco

    Proprio una settimana fa, il 21 aprile, il Santo Padre Francesco ha lasciato questo mondo per andare alla casa del Padre. Ma i suoi insegnamenti rimarranno e serviranno a molte, moltissime persone, come guida. E di insegnamenti, durante tutti questi anni di pontificato, il Santo Padre ne ha lasciati tanti. Insegnamenti che, se appropriati, aiuteranno a diventare migliore ogni singola persona. Ma se quegli insegnamenti saranno appropriati ed, in seguito, anche realizzati da coloro che hanno delle responsabilità istituzionali importanti, in ogni singolo Paese e/o a livello internazionale, allora anche il mondo diventerà migliore

    Papa Francesco ha sempre condannato le guerre in corso in diverse parti del mondo, nonché la corsa sfrenata agli armamenti. Il Santo Padre, da anni, era convinto che si trattava di “una terza guerra mondiale combattuta a pezzi”. Lo ha affermato anche il 21 febbraio 2021, durante l’udienza al Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. “…. Oggi in questo contesto di guerra mondiale a pezzetti, vediamo come sempre che c’è la mancanza del diritto, sempre. Le dittature nascono e crescono senza diritto”. Mentre alcune settimane fa, dal Policlinico Gemelli dove era ricoverato, il Santo Padre ha fatto riferimento ad “una terza guerra mondiale all’orizzonte”. Così facendo, egli ha, altresì, smascherato anche alcuni dei “grandi del mondo” i quali, con la loro ipocrisia, hanno cercato, per vari motivi, di ingannare la gente.

    Papa Francesco ha condannato sempre le dittature, ovunque esse siano attive e soffochino le libertà ed i diritti innati dell’essere umano. Il 18 giugno 2018, durante la sua meditazione mattutina nella cappella di Santa Marta, il Santo Padre affermava che “…. Il primo passo di ogni dittatura è la manipolazione senza scrupoli della libera comunicazione, attraverso la seduzione degli scandali e le calunnie, per indebolire la vita democratica e condannare persone e istituzioni. Un sistema che è stato applicato anche dalle dittature del secolo scorso. […]. Ma che riscontriamo ancora oggi in molti Paesi, come pure nella vita di ogni giorno”. Papa Francesco, in seguito, ha aggiunto convinto che “…. Le dittature, tutte, hanno incominciato così, con l’adulterare la comunicazione, per mettere la comunicazione nelle mani di una persona senza scrupolo, di un governo senza scrupolo”.

    Una realtà preoccupante quella generata dalle dittature, dai regimi totalitari, nonostante le ingannatrici apparenze propagandistiche, che si verifica in diversi Paesi del mondo. Anche in Albania, dove da anni è stata restaurata e si sta continuamente consolidando una nuova dittatura sui generis. Una dittatura che si presenta come espressione di una pericolosa ed attiva alleanza tra il potere politico, rappresentato istituzionalmente dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati clan occulti internazionali. Una dittatura che cerca però di camuffarsi dietro una ingannatrice parvenza di pluripartitismo. Purtroppo una simile dittatura ha avuto, per dei “motivi geostrategici” e per altri “interessi”, il supporto di alcune istituzioni internazionali, comprese quelle dell’Unione europea, nonché di alcuni alti rappresentanti governativi e statali di determinati Paesi membri dell’Unione. Il nostro lettore da anni è stato informato sempre con la dovuta oggettività di una simile realtà molto preoccupante. Una realtà, quella albanese, che da alcuni mesi viene denunciata anche da diversi noti media europei e statunitensi, sia televisivi che della carta stampata. Anche la scorsa settimana il nostro lettore è stato informato di tutto ciò (Gravi accuse da una nota rete televisiva europea; 22 aprile 2025).

    Papa Francesco ha sempre condannato, senza mezzi termini, anche la corruzione ed i corrotti. Il 9 dicembre 2019, durante la Giornata internazionale contro la corruzione, il Santo Padre ha detto, tra l’altro, che “La corruzione avvilisce la dignità della persona e frantuma tutti gli ideali buoni e belli. Tutta la società è chiamata a impegnarsi concretamente per contrastare il cancro della corruzione che, con l’illusione di guadagni rapidi e facili, in realtà impoverisce tutti”. Per lui la corruzione è “una brama del potere e dell’avere”. E, durante la sopracitata celebrazione, ha ribadito che la corruzione non si può combattere con il silenzio, aggiungendo che “…. Dobbiamo parlarne, denunciarle i mali, comprenderla per poter mostrare la volontà di far valere la misericordia sulla meschinità, la bellezza sul nulla”. Già nel aprile 2013, poche settimane dalla sua elezione, il Santo Padre Francesco affermava: “Peccatori sì, corrotti no!”, sottolineando che “… per il peccato esiste il perdono, per la corruzione no”. Sempre nel aprile 2013 papa Francesco diceva che “….Il corrotto passa la vita in mezzo alle scorciatoie dell’opportunismo […] e fa in modo che qualsiasi autorità morale in grado di criticarlo sia eliminata”. E aggiungeva che “Il corrotto non conosce la fraternità o l’amicizia, ma la complicità”. Invece durante la sua visita in Mongolia all’inizio di settembre 2023, il Santo Padre Francesco ha dichiarato convinto che la corruzione rappresenta “una grave minaccia per lo sviluppo di ogni gruppo umano, alimentando una mentalità utilitaristica e senza scrupoli che impoverisce intere nazioni”.

    Papa Francesco ha parlato spesso dei funzionari corrotti, compresi i giudici. Lo ha fatto anche il 30 marzo 2020, quando era appena cominciato il drammatico periodo della pandemia. Durante la sua omelia nella messa a Santa Marta, il Santo Padre ha fatto riferimento ai due giudici corrotti e alla donna innocente chiamata Susanna, come racconta il profeta Daniele (Dn 13, 1-9. 15-17. 19-30. 33-62). I due giudici volevano abusare fisicamente della bellissima Susanna. Invece lei ha scelto di resistere alle loro richieste, consapevole delle drammatiche conseguenze. Ma Dio però ha salvato Susanna, condannando invece i due giudici corrotti. Il Santo padre, durante la sopracitata omelia ha detto che Dio non perdona i corrotti “…. semplicemente perché il corrotto è incapace di chiedere perdono, è andato oltre. Si è stancato? No, non si è stancato: non è capace. La corruzione gli ha tolto anche quella capacità che tutti abbiamo di vergognarci, di chiedere perdono. No, il corrotto è sicuro, va avanti, distrugge, sfrutta la gente, come questa donna, tutto, tutto, va avanti. Si è messo al posto di Dio”.

    Purtroppo dei funzionari corrotti ci sono in quasi tutti i Paesi del mondo. Ma in quei Paesi dove funziona il principio della separazione dei poteri di Montesquieu, dove funzionano tutte le strutture dello Stato democratico, se un funzionario corrotto, giudici compresi, viene colto in flagranza, allora lui viene anche condannato secondo le leggi in vigore. Cosa che, purtroppo, non accade da alcuni anni in Albania, dove il principio della separazione dei poteri non funziona più. Dove tutti i poteri, il legislativo, l’esecutivo e quello giudiziario sono controllati personalmente da una sola persona, dal primo ministro e/o da chi per lui. Anche di questa preoccupante e molto pericolosa realtà il nostro lettore, da anni ormai, è stato continuamente informato, sempre fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo alla mano. Così come il nostro lettore è stato, altresì, informato che alcuni “rappresentanti internazionali”, compresi anche quelli delle istituzioni dell’Unione europea, “applaudono” tutti i “successi” [mai] raggiunti dal sistema “riformato” della giustizia.

    Chi scrive queste righe è convinto che gli insegnamenti lasciati dal Santo Padre Francesco sono e saranno sempre utili e validi. Bisogna solo saper farli propri ed agire di conseguenza. Anche in un mondo in cui, come affermava Papa Francesco, stranamente, non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso, ma continuiamo a non sapere che cosa succede.

  • Gravi accuse da una nota rete televisiva europea

    Un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo.

    Publilio Siro

    Quasi un anno prima del crollo del muro di Berlino, avvenuto il 9 novembre 1989, a Bonn è stato deciso di costituire un’emittente televisiva comune franco-tedesca, con una vocazione culturale. Si trattava allora di un progetto sostenuto e reso pubblico durante il vertice di Bonn (3-4 novembre 1988), in presenza del presidente francese François Mitterrand e del cancelliere tedesco Helmut Kohl. In seguito, il 30 aprile 1991, a Strasburgo è stata ufficialmente costituita la rete comune televisiva franco-tedesca nominata l’Associazione Relativa alla Televisione Europea (Association Relative à la Télévision Européenne – ARTE; n.d.a.). Una rete comune che, in base al contratto di fondazione, doveva “….concepire, realizzare e trasmettere o fare trasmettere […] programmi […] che abbiano un contenuto culturale ed internazionale in senso lato e volti a promuovere la comprensione ed il ravvicinamento dei popoli in Europa”. La rete comune televisiva di servizio pubblico franco-tedesca ARTE è stata in seguito inaugurata il 30 maggio 1992 a Strasburgo, dove si trova tuttora anche la sua sede. Uno degli obiettivi dell’ARTE è quello di permettere al pubblico di scoprire e conoscere la cultura dei loro Paesi europei vicini. Da allora ARTE risulta essere una rete molto seguita a livello europeo.

    Martedì scorso, 15 aprile, ARTE ha trasmesso in prima serata un lungo documentario di circa un’ora. Il titolo era “Droga, dollari, diplomazia/L’Albania e l’Unione europea”. Il documentario è stato trasmesso, oltre che in Francia ed in Germania, anche da altri media televisivi europei. Gli autori avevano fatto molte ricerche investigative, interviste e quanto era necessario per produrre quel documentario e rendere pubblica la vera e vissuta realtà albanese. Una realtà che ormai, soprattutto in questi ultimi mesi, è stata evidenziata da diversi noti media televisivi e della carta stampata europei e statunitensi. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tutto ciò (Autocrati disponibili a tutto in cambio di favori, 11 marzo 2024; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo, 3 giugno 2024; Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia, 16 settembre 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024 ecc…). E tutti i media hanno evidenziato, riferendosi alla preoccupante e pericolosa attuale realtà albanese, il continuo abuso di potere e la diffusa e galoppante corruzione, partendo dai più alti livelli istituzionali. Così come hanno evidenziato la connivenza del potere politico, istituzionalmente rappresentato dal primo ministro, con la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali, molto potenti finanziariamente. Hanno altresì evidenziato il controllo, da parte del potere politico, partendo dal primo ministro, del sistema “riformato della giustizia, nonché l’ipocrisia di alcuni alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea.

    Ebbene, gli autori del sopracitato documentario, trasmesso la sera del 15 aprile scorso dalla rete televisiva europea ARTE, affermavano che “… Fino all’inizio degli anni ’90 [del secolo scorso] l’Albania era una sorta di Corea del Nord in Europa. Isolata sia dall’Oriente che dall’Occidente”. Gli autori del documentario evidenziavano, tra l’altro, che il beneficiario della preoccupante realtà albanese “…è il primo ministro Edi Rama con la sua cricca e le strutture mafiose del Paese”. In più, riferendosi al governo albanese, affermavano che “…è coinvolto nel traffico internazionale delle droghe fino ai più alti livelli”. Sempre riferendosi al primo ministro albanese, gli autori del documentario affermavano che “…. durante questi ultimi anni lui ha capovolto l’Albania per creare un sistema che gli si adatta completamente”. Aggiungendo che da quando il primo ministro albanese è salito al potere “….sono stati raddoppiati gli impiegati delle strutture statali. E molti di questi impiegati devono esprimere la loro gratitudine con un supporto politico”.

    Il documentario trasmesso la sera del 15 aprile scorso dalla rete televisiva europea ARTE tratta anche il controllo personale del sistema della giustizia da parte del primo ministro albanese. Gli autori sottolineano, tra l’altro, che “…gli alti funzionari del nuovo sistema della giustizia [in Albania] sono parenti stretti dei ministri”. Per gli autori, “…anche se in Albania ufficialmente [dalla caduta del comunismo] è stato costituito un sistema pluripartitico, molti importanti rappresentanti politici dell’opposizione sono in carcere. Da undici anni tutti i fili li muove il primo ministro….”. Ed evidenziano che “…. Soprattutto sono gli avversari di Rama i bersagli [del sistema] della giustizia”. Gli autori fanno riferimento agli arresti, in piena violazione delle leggi in vigore, sia del dirigente del partito democratico albanese, il quale è anche il dirigente attuale dell’opposizione, sia del dirigente del secondo partito dell’opposizione, che è stato fino al 2022 il presidente della Repubblica, mentre prima è stato anche presidente del Parlamento e primo ministro.

    Gli autori del documentario trasmesso la sera del 15 aprile scorso dalla rete televisiva europea ARTE trattano anche il traffico delle droghe che entrano in Albania dal porto di Durazzo. Loro sottolineano che “…La porta d’ingresso è il porto più grande dell’Albania. Esattamente qui a Durazzo entra una grande quantità di droga, generando così una grande quantità di denaro sporco. […] Il commercio delle droghe fiorisce. Si presume che persone molto vicine agli attuali governanti sono in Columbia, ma anche in Messico, per dirigere il traffico internazionale delle droghe”. Gli autori del sopracitato documentario sono convinti che la criminalità organizzata albanese è molto potente. Sottolineano che “…i cartelli della droga sono strettamente legati alla politica. Loro finanziano le campagne elettorali, assicurano fondi pubblici e sostengono i politici. Nonostante le televisioni locali trattino la lotta contro la mafia delle droghe, i criminali degli alti livelli influenzano nella scelta dei ministri. Due ex ministri degli Interni di Edi Rama sono stati legati al traffico della droga e hanno dato le loro dimissioni soltanto dopo le pressioni pubbliche”. Gli autori del documentario sottolineano, altresì, che “…Le decisioni sul traffico delle droghe si prendono nei più alti livelli [della politica]”. Ed evidenziano che anche il fratello minore del primo ministro “….è coinvolto nel traffico delle droghe ed è stato accusato [dall’opposizione] che insieme con una banda di trafficanti ha portato grandi quantità di cocaina nei Paesi dell’Unione europea nel 2014”.

    Dopo aver analizzato la preoccupante realtà albanese, gli autori del documentario “Droga, dollari, diplomazia/L’Albania e l’Unione europea” affermano che “…. L’Albania è un Paese candidato all’adesione nell’Unione europea dal 2014. E per contrastare i Paesi aggressivi come la Cina e la Russia, l’Unione europea è pronta a chiudere gli occhi di fronte alle tante carenze nell’ambito della democrazia e della libertà dei media”. E alla fine fanno la domanda: “….È l’Albania pronta per l’Europa? Ed è l’Europa pronta ad accettare un Paese dove […] sono attive delle strutture mafiose?”.

    Chi scrive queste righe da anni ha informato il nostro lettore della realtà albanese. La stessa che è descritta dagli autori del documentario “Droga, dollari, diplomazia/L’Albania e l’Unione europea”, trasmesso la sera del 15 aprile scorso dalla rete televisiva europea ARTE. Si tratta veramente di gravi accuse. Ed è il caso di ricordare quanto affermava più di venti secoli fa il noto drammaturgo della Roma antica Publilio Siro. E cioè che un’accusa grave nuoce anche se è fatta per scherzo.

  • Dichiarazioni che non rappresentano la vera realtà

    La politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso.

    Franz Liszt

    Oggi, lunedì 14 aprile, a Lussemburgo si è riunito il Consiglio degli Affari esteri, presieduto dall’Alta rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza. Il Consiglio Affari esteri è una delle strutture del Consiglio dell’Unione europea, ed è composto dai ministri degli Esteri degli Stati membri dell’Unione. Non bisogna confondere però il Consiglio europeo con il Consiglio dell’Unione europea. Il Consiglio europeo è composto da tutti i capi di Stato o di governo dei Paesi membri dell’Unione europea e decide su importanti questioni di natura politica dell’Unione. Invece il Consiglio dell’Unione europea, noto anche come il Consiglio dei ministri europei, è composto a livello di ministri e rappresenta i governi degli Stati membri.

    Il programma della sopracitata riunione del Consiglio degli Affari esteri prevedeva la discussione su temi di attualità, tra i quali l’aggressione della Russia in Ucraina e gli ultimissimi sviluppi, dopo il bombardamento nella città ucraina di Sumy, durante la mattinata della Domenica delle Palme, che ha causato 34 vittime innocenti tra i quali anche due bambini. In più, nel corso di una colazione di lavoro lunedì mattina, i ministri degli Esteri dei Paesi membri dell’Unione europea hanno discusso dell’attuale situazione nei Balcani occidentali e dell’allargamento dell’Unione ai Paesi balcanici.

    Sempre nella mattinata di oggi, lunedì 14 aprile, il presidente del Consiglio europeo ha avuto un incontro a Bruxelles con il primo ministro albanese. Dopo quell’incontro, tutti e due hanno fatto delle dichiarazioni davanti ai giornalisti. Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, che prima di diventare tale il 1o dicembre 2024 è stato per nove anni (2015-2024) anche primo ministro del Portogallo e per dieci anni (2014-2024) il segretario generale del partito socialista portoghese, è stato ottimista sul progresso dell’Albania nel suo percorso europeo. Ha detto ai giornalisti che “Prima di tutto è sempre un piacere incontrarsi e parlare con Rama (il primo ministro albanese; n.d.a.)”. In seguito il presidente del Consiglio europeo ha sottolineato che “…è molto incoraggiante vedere il progresso che ha fatto l’Albania durante questo suo percorso”.

    Invece il primo ministro albanese, in carica dal 2013 e presidente del partito socialista albanese dal 2005, sempre durante la comune conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo, ha detto, riferendosi al presidente del Consiglio europeo che lo valuta “molto per la sua saggezza e la sua attenzione”. E poi ha aggiunto: “…Oggi è una giornata molto buona per noi, perché abbiamo un’altra conferenza ed apriamo altri capitoli (dei negoziati per l’adesione; n.d.a.)”. Poi riferendosi di nuovo al presidente del Consiglio europeo ha sottolineato: “…gli sono molto riconoscente per il tempo a me dedicato e per il [nostro] colloquio legato al nostro progresso in questo processo [europeo]. … Sono molto incoraggiato da questi sviluppi e ci siamo molto dedicati ad adempiere i nostri obblighi dell’ambizioso calendario per chiudere i negoziati nel 2027”.

    Il nostro lettore è stato informato nelle precedenti settimane che l’11 maggio prossimo in Albania si svolgeranno le elezioni parlamentari. Il nostro lettore è stato altresì informato che il primo ministro, non avendo mantenuto nessuna, proprio nessuna promessa elettorale fatta nelle precedenti campagne elettorali, quelle del 2013, 2017 e 2021, adesso, durante l’attuale campagna elettorale iniziata ufficialmente venerdì scorso, ha scelto di usare il “passaporto  europeo” come la carta vincente. Il primo ministro albanese ha impostato tutta la sua campagna elettorale sulla “promessa” che gli albanesi devono votare lui per entrare nell’Unione europea, perché solo lui lo può fare. Ed in questo ambito, ha usato anche l’occasione presentatasi oggi a Bruxelles con il presidente del Consiglio europeo. E sempre, nell’ambito della sua campagna elettorale, il primo ministro albanese aveva scritto già nel suo sito social che “Lunedì in Unione europea per la quarta conferenza dei negoziati ed un’altra serie di capitoli che si apriranno. Questi sono i più intensivi negoziati nella storia dell’integrazione. E quando pensi che il Montenegro sta negoziando dal 2012, mentre noi dall’anno scorso e quando pensi anche che il nostro calendario è solo di tre anni, cioè chiudiamo (i negoziati; n.d.a.) nel 2027 e siamo pronti ad entrare nell’Unione europea….”. Ed ha avuto, purtroppo, anche la tanto voluta ed ambita “valutazione” del presidente del Consiglio europeo per il “progresso che ha fatto l’Albania durante questo suo percorso [europeo].” (Sic!).

    Ma, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, si sa che la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese e ben diversa da quella “dipinta” dal primo ministro albanese. Si tratta di una realtà che non ha niente in comune neanche con quella a cui si riferiscono alcuni alti rappresentanti dell’Unione europea, il presidente del Consiglio europeo compreso. Lo aveva fatto prima anche la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato, durante una sua visita ufficiale in Albania tra il 12 ed il 14 marzo scorso. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito. Anche lei, la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato, ha espresso la sua soddisfazione ed ottimismo per i progressi fatti dall’Albania nel suo percorso per l’adesione nell’Unione europeo. L’autore di queste righe scriveva due settimane fa per il nostro lettore che per la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato “…l’Albania è sulla giusta strada [perciò] merita ed ha un posto nell’Unione europea” (Sic!). In più, anche lei aveva dichiarato convinta che l’Albania concluderà con successo i negoziati, appena iniziati, con l’Unione europea entro il 2027.” (Soltanto per merito e non per interessi occulti; 31 marzo 2025).

    Riferendosi però agli obblighi che ogni Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, nonché alle esperienze precedenti e pubblicamente note, si sa che il percorso europeo è molto impegnativo. È stato tale per dei Paesi che non hanno avuto a che fare con l’abuso del potere, con la galoppante e ben radicata corruzione, partendo dai più alti livelli istituzionali. Il percorso europeo è stato molto impegnativo anche per dei Paesi che non hanno dovuto affrontare la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali, finanziariamente molto potenti. Il percorso europeo è stato, altresì, molto impegnativo per dei Paesi candidati dove i principi della democrazia sono stati sempre rispettati. Il percorso europeo è stato molto impegnativo per dei Paesi candidati dove è stato sempre rispettato anche il principio della separazione dei poteri di Montesquieu. Mentre in Albania l’abuso del potere, la galoppante e ben radicata corruzione, la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti, il controllo del sistema “riformato” della giustizia personalmente dal primo ministro sono, purtroppo, delle realtà pubblicamente note. Chissà perché questa realtà però “sfugge” ad alcuni alti rappresentanti dell’Unione europea?! Ed, in più, in queste condizioni, come si potrebbero concludere i negoziati nel 2027, come è “convinto” il primo ministro albanese?!

    Chi scrive queste righe pensa che le dichiarazioni, sia del presidente del Consiglio europeo, sia della commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato non rappresentano la vera realtà albanese. Dichiarazioni che potrebbero essere dovute a delle disinformazioni. E questo non è normale. Ma potrebbero essere dovute anche a delle attività lobbistiche, che spesso sostengono il primo ministro albanese in difficoltà. E proprio allora “l’opportunismo politico” entra in scena. Nonostante Franz Liszt, noto musicista, non avesse niente a che fare con la politica, aveva ragione però quando affermava che la politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso.

  • Di nuovo inganni elettorali di un autocrate corrotto

    Non si dimentichi mai che si è eletti per operare; e non si opera per essere eletti.

    La confusione dei fini risulterebbe nefasta.

    Giulio Andreotti; da “Il potere logora… ma è meglio non perderlo”, 1990

    “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità.”. Così è stato scritto all’inizio del testo originale della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, approvata il 2 luglio 1776 durante il Congresso di Filadelfia. Ne erano convinti gli autori del testo, i membri della “Commissione dei cinque”, composta da Thomas Jefferson, John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman. Solo due giorni dopo, la sera del 4 luglio, i rappresentanti delle tredici colonie della costa orientale del continente americano, noti come i Padri Fondatori (Founding Fathers; n.d.a.), hanno ratificato il testo della Dichiarazione. Testo che nei giorni successivi, è stato firmato da tutti i cinquantacinque delegati del Congresso di Filadelfia. Con quella firma i Padri Fondatori hanno proclamato l’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, composta allora da tredici Stati federali, dalla Corona britannica, rappresentata dal re Giorgio III.

    In seguito alla sopracitata frase iniziale della Dichiarazione dell’Indipendenza, gli autori del testo sottolineavano che “…ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”. I membri della “Commissione dei cinque” che hanno scritto la Dichiarazione dell’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, riferendosi alle tante esperienze della società umana nel corso dei secoli, affermavano che “…l’esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d’un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all’assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l’avvenire”. Proprio così.

    Da allora sono passati circa due secoli e mezzo. Ma quanto è stato scritto nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America rimane ancora attuale. Si, perché in diverse parti del mondo anche adesso ci sono degli autocrati che abusano del potere conferito loro. E cercano di controllare tutti i poteri, calpestando anche i diritti inalienabili dell’essere umano e i principi sui quali si fondano le società democratiche. In diverse parti del mondo ci sono degli autocrati, dei dittatori, i quali hanno ideato e stanno attuando delle strategie, dei disegni per “ridurre gli uomini all’assolutismo”. Ragion per cui ribellarsi contro quegli autocrati/dittatori diventa un dovere ed un diritto dei cittadini. Rimane sempre molto significativo ed attuale anche quanto ha affermato uno dei membri della sopracitata “Commissione dei cinque”, Benjamin Franklin. Egli era convinto che “Ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio”.

    In diverse parti del mondo questa convinzione di Benjamin Franklin dovrebbe motivare e spingere i cittadini a ribellarsi contro gli autocrati. Anche in Albania. Si tratta di un Paese membro della NATO (North Atlantic Treaty OrganizationOrganizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord; n.d.a.) dal 2009. Mentre dal 2014 l’Albania è anche un Paese candidato all’adesione all’Unione europea. Un riconoscimento, quest’ultimo, dovuto ai progressi fatti durante gli anni precedenti. Ma purtroppo, dal 2013, da quando ha cominciato il suo primo mandato l’attuale primo ministro, il processo di adesione non ha fatto quasi nessun altro progresso. Anzi! Fatto questo confermato dalle continue decisioni del Consiglio europeo durante questi ultimi dieci anni. Il nostro lettore è stato informato spesso di questa situazione di stallo, sempre fatti documentati alla mano.

    In Albania, l’11 maggio prossimo, si svolgeranno le elezioni parlamentari. Ma siccome il primo ministro non ha mantenuto nessuna delle promesse elettorali che ha fatto durante le tre precedenti elezioni parlamentari, adesso sta cercando di ingannare di nuovo. Inganna perché ormai non è rimasto niente da promettere, visto che ha ingannato con le precedenti “promesse elettorali” che sono diventate in seguito semplicemente degli inganni elettorali. Mentre la realtà pubblicamente nota in Albania, la vera, vissuta e spesso sofferta realtà, testimonia ben altro. Testimonia di tanti, innumerevoli ormai, casi di malgoverno, come scelte prestabilite e consapevoli del primo ministro. Di colui che, invece, ha il dovere istituzionale di fare proprio il contrario, gestire nel migliore dei modi la cosa pubblica. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia anche innumerevoli casi di abuso del potere conferito ed in seguito anche usurpato. Così come testimonia, altresì, la consapevole violazione del principio della separazione dei poteri e l’oppressione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia continuamente ed inconfutabilmente gli innumerevoli casi della galoppante corruzione, partendo dai massimi livelli istituzionali, quello del primo ministro incluso.

    La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti pubblicamente ed ufficialmente noti e denunciati alla mano, il preoccupante e pericoloso controllo delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia da parte del primo ministro e/o di chi per lui. La realtà di questi ultimi anni in Albania testimonia chiaramente anche la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e l’uso di quest’ultima per garantire la “vittoria elettorale”. La realtà albanese di questi ultimi anni testimonia, una continua, ben ideata ed attuata attività che permette il riciclaggio del denaro sporco a livello internazionale. Un fatto questo confermato ormai da alcuni anni anche dai rapporti ufficiali delle istituzioni specializzate come MONEYVAL (Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.) e FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, n.d.a.), nota anche come GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria; n.d.a.). Ragion per cui, dal 2020, hanno inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia”. Il che significava che l’Albania deve essere un Paese “sorvegliato e sotto un allargato monitoraggio”.

    Ma soprattutto la realtà albanese, quella vera, vissuta e spesso sofferta durante questi ultimi anni, testimonia il consolidamento di una nuova dittatura sui generis, come espressione di un’alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Ed in una simile realtà, venerdì prossimo comincia ufficialmente la campagna elettorale in Albania. Ma siccome il primo ministro non ha niente da “promettere”, adesso ha scelto di ingannare gli albanesi con il “passaporto europeo”. Il nostro lettore è stato informato di questa “scelta” del primo ministro la scorsa settimana. (Soltanto per merito e non per interessi occulti; 31 marzo 2025).

    Chi scrive queste righe pensa che si tratta semplicemente di altri inganni elettorali di un autocrate corrotto ed in grosse difficoltà. Il primo ministro albanese, nelle condizioni in cui si trova, ignora consapevolmente il consiglio di Giulio Andreotti. E cioé che non bisogna mai dimenticare “che si è eletti per operare; e non si opera per essere eletti. La confusione dei fini risulterebbe nefasta”.

  • Soltanto per merito e non per interessi occulti

    I mediocri del ‘Politically Correct’ negano sempre il merito.

    Oriana Fallaci; da “La forza della ragione”, 2004 

    Il progetto dell’Europa unita, ideato dai Padri fondatori subito dopo la seconda guerra mondiale, si basava, tra l’altro, anche su nobili e pacifici interessi comuni a tutti i Paesi aderenti. Paesi che erano sei quando il 25 marzo 1957 si costituì la Comunità economica europea con la firma del trattato di Roma. Una Comunità che dal 1o novembre 1993, con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, divenne l’attuale Unione europea. Su tutti i documenti ufficiali dell’Unione europea si fa rifermiento, tra l’altro, anche ai principi e ai valori fondamentali dell’umanità e agli interesi nobili e pacifici comuni a tutti i Paesi aderenti. E anche i Paesi che hanno avviato il loro percorso per aderire all’Unione europea,devono rispettare gli stessi principi, valori e interessi.

    Durante la seduta del Consiglio europeo a Copenaghen, nel 1993, sono stati approvati anche quelli che ormai sono noti come i criteri di Copenaghen. Si tratta di tre criteri che ogni Paese che ha ufficializzato la sua volontà a diventare Paese membro dell’Unione europea deve rispettare. Criteri che in seguito sono stati elaborati di nuovo durante la seduta del Consiglio europeo a Madrid nel 1995. I criteri di Copenaghen sono tre: il criterio politico, il criterio economico e quello dell’acquis comunitario. Il primo criterio, quello politico, obbliga ogni Paese che vuole aderire all’Unione europea ad avere delle “istituzioni stabili, che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, il rispetto delle minoranze e la loro tutela”. Il secondo criterio, quello economico, chiede che ogni paese candidato deve garantire “l’esistenza di un’economia di mercato affidabile, con la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione”. Mentre il terzo criterio, quello dell’acquis comunitario (dal francese “[droit] acquis communautaire”, “[diritto] acquisito comunitario”; n.d.a.), rappresenta il dovere, per ogni Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, di “accettare gli obblighi derivanti dall’adesione e, segnatamente, gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria”.

    I tre criteri di Copenaghen devono essere adempiti e rispettati da tutti i Paesi che hanno avviato il loro percorso europeo. Anche dall’Albania, che ormai da più di venti anni ha ufficialmente espresso la sua volontà di diventare un Paese membro dell’Unione europea. Era il 31 gennaio 2003 quando l’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi ha dichiarato l’apertura dei negoziati tra l’Unione europea e l’Albania per l’Accordo di Stabilizzazione e di Associazione. Con la decisione del Consiglio europeo del 26 febbraio 2009, entrato in vigore il 1o aprile 2009, si conferma la “conclusione dell’Accordo di Stabilizzazione e di Associazione tra l’Unione europea da una parte, e la Repubblica di Albania, dall’altra”. Il 28 aprile 2009 l’Albania ha presentato ufficialmente la richiesta per aderire all’Unione europea. In seguito, durante la seduta del 26 – 27 giugno 2014, il Consiglio europeo ha deciso la proclamazione dell’Albania come Paese candidato all’adesione nell’Unione europea.

    Da allora sono ormai passati undici anni e, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, comprese diverse decisioni del Consiglio europeo, purtroppo l’Albania non ha fatto quasi nessun progresso nel suo percorso europeo, tranne l’apertura di sette dei complessivi trentatré capitoli previsti dal processo di adesione per ogni Paese candidato. E tutti solo alla fine dell’anno scorso. I primi cinque capitoli, che sono stati formalmente aperti il 15 ottobre 2024, sono il capitolo 5 (appalti pubblici), il 18 (statistiche), i 23 e 24 (i cosiddetti capitoli sullo Stato di diritto: sistema giudiziario e diritti fondamentali da un lato, giustizia, libertà e sicurezza dall’altro) ed il capitolo 32 (controllo finanziario). Mentre il 17 dicembre scorso sono aperti il capitolo 30 per le relazioni esterne e il capitolo 31 per la politica estera, la sicurezza e la difesa. Dalle precedenti esperienze degli altri Paesi che stanno attuando il loro percorso europeo risulta però che per concludere tutti i capitoli previsti dalle procedure dei negoziati tra il Paese candidato e le istituzioni dell’Unione europea occorrono non meno di quattro o cinque anni. Invece, sempre in base alle precedenti esperienze degli altri Paesi, occorrono anche non meno di due o tre anni per diventare poi parte integrante dell’Unione europea, come Paese membro.

    Nell’ambito dei negoziati dell’adesione all’Unione europea, ogni Paese candidato deve adempiere almeno tutto ciò che prevede il primo criterio di Copenaghen: il criterio politico. E cioè, come sopracitato, la presenza nel Paese candidato di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, il rispetto delle minoranze e la loro tutela. Mentre la Commissione europea monitora la situazione nel Paese candidato ed in base alla realtà osservata redige poi, annualmente, un rapporto. Bisogna purtroppo evidenziare che, fatti accaduti e pubblicamente noti alla mano, quasi tutti i rapporti annuali della Commissione europea sull’Albania, dal 2014 in poi, non sono stati realistici, anzi! Fatto questo confermato ogni anno dalle ragioni che hanno portato alle decisioni negative del Consiglio europeo sull’Albania. Il nostro lettore è stato spesso informato di questi sviluppi e di simili preoccupanti realtà, sempre con la dovuta e richiesta oggettività, che hanno costretto il Consiglio europeo a prendere quelle decisioni. E sempre sono stati evidenziati casi clamorosi dell’abuso di potere, di malgoverno, della violazione del principio della separazione dei poteri, dell’oppressione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini, nonché della galoppante corruzione, partendo dai massimi livelli istituzionali ed altro. Chissà perché però i rapporti della Commissione europea sull’Albania, dal 2014 ad oggi, sono stati sempre “ottimisti”. Le cattive lingue però hanno sempre detto convinte che dei gruppi lobbistici, finanziati da un noto multimiliardario speculatore di borsa statunitense, sostenitore dell’attuale primo ministro albanese, il quale ha cominciato il suo primo mandato nel settembre 2013, sono riusciti a “convincere” alcuni alti funzionari della Commissione europea a redigere quei rapporti sull’Albania.

    In Albania tra una decina di giorni comincia ufficialmente la campagna elettorale per le elezioni parlamentari del 11 maggio prossimo. Il primo ministro, per spostare l’attenzione dalla molto preoccupante realtà in cui sono costretti a vivere gli albanesi, sta usando la carta dell’adesione all’Unione europea. Lui, non potendo ormai offrire niente, cerca di nuovo di ingannare, questa volta con il “passaporto europeo”. E purtroppo, di nuovo, ha avuto il supporto degli alti funzionari della Commissione europea. Durante una visita in Albania, tra il 12 ed il 14 marzo scorso, la commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato era molto soddisfatta e ottimista dei progressi dell’Albania nel suo percorso europeo. Per lei “…l’Albania è sulla giusta strada [perciò] merita ed ha un posto nell’Unione europea” (Sic!). Ed ha dichiarato convinta che l’Albania concluderà con successo i negoziati, appena iniziati, con l’Unione europea entro il 2027.

    Chi scrive queste righe pensa che simili dichiarazioni della commissaria europea per l’allargamento e la politica di vicinato non hanno niente a che vedere con la vera, vissuta, preoccupante e sofferta realtà albanese. Allora perché lei, come altri suoi colleghi, appoggia il primo ministro albanese? Proprio lui che è il diretto responsabile della drammatica, preoccupante e molto pericolosa realtà albanese. Anche per altri Paesi europei. Chi scrive queste righe è convinto che l’Albania deve diventare un Paese membro dell’Unione europea soltanto per merito e non per interessi occulti. Mentre, come affermava Oriana Fallaci, i mediocri del ‘Politically Correct’ negano sempre il merito. Ed alcuni di loro sono anche alti funzionari delle istituzioni dell’Unione europea.

  • Opportunismo camaleontico ed altro

    L’opportunista segue con tenacia la direzione del vento:

    anche quando fiuta odore di merda.

    Dino Basili; da “I violini di Chagall”

    La saggezza umana, maturata ed arricchita nei secoli, ci arriva anche tramite le favole. Ogni popolo ha le sue. Ma ci sono altre, molto note e significative, che, tramandate dall’antichità, oltrepassano i confini delle nazioni. Una delle favole scritte da Esopo, elaborata in seguito da Fedro e poi rielaborata di nuovo da Jean de La Fontaine, è anche la favola “La grenouille et le bœuf” (La rana e il bue; n.d.a.). La rana, “grande non più d’un ovo di gallina”, invidiosa qual è, vuol somigliare al bue “bello e grasso e grosso”. E comincia a gonfiarsi “a più non posso per non esser del bove più piccina”. E chiedeva sempre se era “ben grossa” come il bue. Le amiche però le dicevano che non lo era ancora. Ed invidiosa, la rana “si gonfia e gonfia e gonfia” ed infine “scoppia come una vescica”. La terza strofa della favola scritta da Jean de La Fontaine non esiste nelle due precedenti. Si tratta perciò di un’adattamento alle realtà politiche e sociali del ‘600. Bisogna però sottolineare che Jean de La Fontaine apprezza la franchezza, il coraggio e la lealtà del popolo, mentre ripudia ed ironizza la falsità, l’ipocrisia, la vanità ed il narcisismo dell’alta società. “Borghesi, ch’è più il fumo che l’arrosto,/ signori ambiziosi e senza testa,/ o gente a cui ripugna stare a posto,/ quante sono le rane come questa!”. Il significato ed il simbolismo di questa favola sono molto attuali.

    Anche adesso ci sono dei “signori ambiziosi e senza testa”, come scriveva Jean de la Fontaine. Con il loro comportamento spesso irresponsabile, con il loro narcisismo, ma, allo stesso tempo, anche con la loro arroganza, alcuni “grandi del mondo”, mentre pretendono le loro scelte di “convenienza strategica, economica e geopolitica”, stanno attirando e preoccupando l’opinione pubblica, sia a livello locale che internazionale. Nel frattempo, a livello locale, c’è qualche piccolo dittatore sui generis che cerca di apparire “grande e grosso”, come la rana della favola. E cerca di attirare l’attenzione pubblica, finché e fin dove può, “gonfiandosi” in senso figurato. Ma dovrebbe essere attento, perché non si sa mai l’atteggiamento dei “grandi” e, in seguito, potrebbe “scoppiar come una vescica”. Come la rana della favola.

    Attualmente c’è qualche autocrate in difficoltà che cerca di adattarsi ai continui sviluppi, spesso anche imprevisti a livello internazionale ed attirare l’attenzione e l’amicizia dei “grandi”. Tipico e molto significativo è il caso del primo ministro albanese. Lui, nel marzo del 2016, quando negli Stati Uniti d’America era già cominciata la campagna per le elezioni presidenziali dell’8 novembre 2016, ha fatto pubblicamente delle dichiarazioni clamorose e molto offensive contro il candidato che vinse poi le elezioni. Lo stesso che attualmente è il presidente degli Stati Uniti d’America. Era il 26 marzo 2016 quando, durante un’intervista, il primo ministro albanese dichiarava convinto che “è vergognoso per gli Stati Uniti d’America eleggere un presidente come Donald Trump!…Se Trump sarà presidente, questa sarà una disgrazia per gli Stati Uniti!”. In seguito, il 14 aprile 2016, un giornalista della CNN, il quale, riferendosi alla sopracitata dichiarazione, si rivolgeva al primo ministro albanese, dicendogli che “l’etica diplomatica richiede che i dirigenti internazionali non commentino le elezioni negli altri Paesi”. Il primo ministro gli ha risposto, dichiarando che “la pace nei Balcani potrebbe essere messa in pericolo dalle idee e dai comportamenti di Trump!”.

    Sempre riferendosi all’allora candidatura di Trump, durante un’intervista alla “Foreign Policy”, il primo ministro albanese aveva dichiarato che “Trump sta discreditando gli Stati Uniti agli occhi di ognuno che considera gli Stati Uniti come la città raggiante nella collina”. Mentre, in un’altra intervista rilasciata alla “Voice of America”, lui, da noto narcisista qual è, ha dichiarato: “Io credo che coloro che in Albania si schierano con Trump prima che con me, nonostante le differenze che abbiamo, meritano pietà” (Sic!). Tornato dagli Stati Uniti, il primo ministro albanese ha dichiarato ad una televisione in Kosovo che “se accadrà che Trump sarà eletto il primo (cioè presidente; n.d.a.) degli Stati Uniti, questa potrebbe essere una disgrazia per il Paese”. Ed in seguito aveva aggiunto convinto che “si deteriorerebbero le relazioni diplomatiche tra l’Albania e gli Stati Uniti. Perciò non sia dato dal Signore che gli americani scegliessero Trump come presidente”.

    In seguito alle sopracitate dichiarazioni del primo ministro albanese nella primavera del 2016, ha reagito, tramite “Fox News”, anche uno dei collaboratori di Trump. Lui ha affermato che “Questa settimana è stato a Washington l’amico di George Soros (il primo ministro albanese; n.d.a.)… Quest’uomo, parlando di Donald Trump, ha detto che lui rappresenta un pericolo per la civiltà!”. E poi ha aggiunto: “Noi dobbiamo dire a questi politici europei di non ficcare il naso nella nostra politica interna”.

    Ma adesso, che Trump è diventato il presidente degli Stati Uniti d’America, il primo ministro albanese, da opportunista camaleontico e senza vergogna alcuna, ha cambiato completamente le sue dichiarazioni nei confronti di Trump. Anche perché quest’ultimo ha pubblicamente rinnovato la sua determinazione per considerare George Soros, il “protettore” del primo ministro albanese, come un suo nemico da combattere a tutti i costi. Ma anche perché lui, il primo ministro albanese, è direttamente coinvolto in alcuni scandali ancora sotto inchiesta negli Stati Uniti. Ragion per cui il 9 febbraio scorso, riferendosi alla dichiarazione di Trump fatta il 20 gennaio scorso, e cioè che “Dio mi ha salvato per far sì che l’America possa ritornare grande…”, il primo ministro albanese, da Madrid, dove si trovava per un’attività internazionale, ha fatto una molto “sincera e sentita” dichiarazione. “…Dio ha salvato Donald Trump per risvegliare l’Europa. E se così è, Trump è una benedizione per l’Europa”. E da allora ad oggi, il primo ministro albanese, da innato e voltagabbana senza scrupoli qual è, spera di attirare l’attenzione dell’aministrazione statunitense a suo favore. E per riuscirci, concede progetti edilizi miliardari al genero del presidente statunitense. Il nostro lettore è stato informato, a tempo debito, di questi progetti (Poteri ed interessi occulti nei Balcani ed altrove; 25 marzo 2024). Questo radicale e camaleontico cambiamento nelle dichiarazioni del primo ministro albanese non poteva passare inosservato. Ma lui ha “giustificato” tutto dichiarando che “…nel 2016 non avevo tutti i capelli bianchi. Ero giovane e lui (Donald Trump; n.d.a.) non era il presidente, era un candidato. Ho potuto vederlo in azione da vicino e, sicuramente, ho cambiato opinione.” (Sic!).

    Nonostante le stature e l’importanza geopolitica a livello internazionale, bisogna evidenziare però una certa somiglianza nel modo in cui sia il primo ministro albanese che il presidente statunitense cambiano le loro dichiarazioni. Il primo ministro albanese nei confronti del presidente degli Stati Uniti d’America e quest’ultimo nei confronti del presidente dell’Ucraina. Il 19 febbraio scorso Trump considerava Zelensky “un dittatore”. Mentre solo una settimana dopo, alla domanda di un giornalista “Chiamerebbe ancora Zelensky un dittatore?”, Trump ha risposto: “L’ho chiamato un dittatore? Non ci credo. Prossima domanda”. E quanto sta accadendo in queste ultime settimane tra Trump e Zelensky è ormai di dominio pubblico. Ed è molto preoccupante.

    Chi scrive queste righe pensa che, nonostante tutto, si tratta sempre di opportunismo camaleontico sia da parte dei “grandi del mondo” che dei piccoli dittatori locali. Aveva ragione Dino Basili: l’opportunista segue con tenacia la direzione del vento, anche quando fiuta odore di merda.

  • Totale disorientamento diplomatico di un regime corrotto

    Dove sono troppi a comandare nasce la confusione.

    Luigi Einaudi

    Il 24 febbraio scorso ricorrevano tre anni dall’inizio dell’aggressione russa sull’Ucraina. Un’aggressione voluta ed ordinata personalmente dal dittatore russo. Un’aggressione che ha causato, ad ora, decine di migliaia di vittime e tante, tantissime sofferenze. Basta fare riferimento al drammatico massacro di Bucha per rendere l’idea della crudeltà e l’efferatezza dei militari russi, nell’ambito di quella che il dittatore russo ha sempre chiamato “un’operazione speciale”.

    E proprio il 24 febbraio scorso, alla ricorrenza del terzo anniversario dell’aggressione, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato due risoluzioni sull’Ucraina. Una delle due risoluzioni, presentata dalla stessa Ucraina ed appoggiata dall’Unione europea, affermava che l’aggressione russa “ha continuato per tre anni e continua ad avere delle ripercussioni distruttive a lungo termine non solo per l’Ucraina, ma anche per altre regioni e la stabilità globale”. Questa risoluzione ha ottenuto 93 voti a favore, 65 astensioni e 10 voti contrari, tra cui quelli degli Stati Uniti d’America e della Russia. Mentre la seconda risoluzione, presentata dagli Stati Uniti d’America e nominata “Path to Peace” (La via verso la pace; n.d.a.), in poche righe si riferiva ad una rapida fine del conflitto e ad una “pace duratura” tra l’Ucraina e la Russia. Ma in quella risoluzione non si faceva mai riferimento alla tutela dell’integrità territoriale dell’Ucraina, mentre la Russia non veniva mai considerata come il Paese aggressore.

    La Francia, uno dei cinque Paesi con il diritto al veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha presentato però due emendamenti al testo della risoluzione statunitense. Il primo emendamento chiedeva “….una pace giusta, duratura e complessiva tra Ucraina e Federazione Russa”. Tutto nell’ambito ed in pieno rispetto “della Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e i principi di sovranità, eguaglianza e integrità territoriale degli Stati”. Mentre con il secondo emendamento si chiedeva l’impegno per garantire “… la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, comprese le sue acque territoriali”. E siccome l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato i due emendamenti presentati dalla Francia, il Paese proponente della risoluzione, gli Stati Uniti d’America, durante il voto finale, hanno deciso di astenersi. Il testo modificato della risoluzione presentata dagli Stati Uniti d’America è stato approvato con 93 voti favorevoli, 73 astensioni (tra cui anche quello statunitense) e 8 contrari.

    Bisogna sottolineare che le risoluzioni approvate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite non sono vincolanti per i 193 Paesi membri. Invece le decisioni prese dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono vincolanti per tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite. Bisogna sottolineare, altresì, che il Consiglio di Sicurezza è l’organo esecutivo delle Nazioni Unite ed è composto da 15 Paesi. Cinque sono i Paesi membri permanenti con il diritto di veto (Stati Uniti d’America, Russia, Cina, regno Unito e Francia), mentre gli altri dieci hanno solo un mandato di due anni.

    Ebbene, gli Stati Uniti d’America hanno ripresentato, nel pomeriggio del 24 febbraio scorso, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la loro breve risoluzione sull’Ucraina. Questa volta il Consiglio ha approvato la risoluzione statunitense, in cui si chiedeva “una rapida fine della guerra”, con 10 voti a favore e cinque astensioni (Regno Unito, Francia, Slovenia, Danimarca e Grecia). Il Consiglio di Sicurezza ha così adottato la risoluzione riproposta dagli Stati Uniti d’America, che chiede una pace in Ucraina senza riconoscerne “l’integrità territoriale” del Paese. Nel testo della risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si afferma, tra l’altro, che bisogna “ribadire che lo scopo principale delle Nazioni Unite è mantenere la pace e la sicurezza internazionale e risolvere pacificamente le controversie”. In più si chiede di “implorare una rapida fine del conflitto e sollecitare inoltre una pace duratura tra l’Ucraina e la Federazione Russa”. Dopo la votazione nel Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatore della Russia presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha dichiarato che “…la risoluzione è un passo che va nella giusta direzione”, mentre, riferendosi agli emendamenti presentati dai rappresentanti europei, dopo aver dichiarato per due volte il suo veto, ha affermato che si trattava “dell’ennesimo ultimatum anti-russo”.

    Durante le sopracitate votazioni del 24 febbraio scorso, sia nell’Assemblea generale, che poi nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, si è verificato anche un confuso e del tutto ridicolo comportamento della delegazione dell’Albania presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Lo confermano fonti mediatiche ben informate. Secondo quelle fonti, che non sono state né smentite e neanche contestate in seguito, l’ambasciatrice albanese presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite si è trovata e non solo una vota, in situazioni molto imbarazzanti. Prima delle votazioni del 24 febbraio scorso, la delegazione albanese è stata tra le rappresentanze diplomatiche che hanno sostenuto la risoluzione dell’Ucraina prima della votazione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il che significherebbe che anche durante la votazione della stessa risoluzione la delegazione albanese dovrebbe dare il suo consenso. E ovviamente quello non era l’opinione e la convinzione personale dell’ambasciatrice albanese. Erano proprio le direttive arrivate da chi di dovere in Albania. E secondo le stesse fonti mediatiche, visto l’importanza del caso, niente poteva essere fatto senza il beneplacito del primo ministro. Di colui che pubblicamente si era schierato dalla parte dell’Ucraina e dell’Unione europea. Di colui che si vantava pubblicamente di aver fortemente contestato, a settembre scorso, l’ambasciatore russo presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, durante l’ultima sezione dell’Assemblea generale.

    Ma dopo l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America il 20 gennaio scorso, il primo ministro albanese sta facendo di tutto per essere “ben visto” dalla nuova amministrazione statunitense. Anche perché, come si sa pubblicamente, lui è una persona sponsorizzata e sostenuta in tutto e per tutto da Geroge Soros. E siccome il nuovo presidente statunitense ha dichiarato guerra a tutto campo a Soros, il primo ministro albanese sta cercando, costi quel che costi, di presentarsi come un forte sostenitore del presidente statunitense, negando il suo benefattore. Ma non solo; il primo ministro albanese risulterebbe coinvolto in atti corruttivi sui quali stanno indagando alcune commissioni del Congresso e del Senato statunitense. Ragion per cui lui adesso sta cercando di essere “collaborativo” con la nuova amministrazione, così com’è anche con il genero dell’attuale presidente statunitense. Il nostro lettore, a tempo debito, è stato informato di questa “collaborazione”.

    Ebbene, siccome la risoluzione dell’Ucraina non ha avuto l’appoggio degli Stati Uniti, e siccome loro avrebbero presentato un’altra risoluzione, allora l’ambasciatrice albanese è stata ordinata di sostenere la risoluzione statunitense come proponente. Come aveva fatto prima con la risoluzione dell’Ucraina. E questo radicale cambiamento di comportamento solo nell’arco di poche ore!

    Chi scrive queste righe considera il sopracitato comportamento della delegazione albanese come un totale disorientamento diplomatico di un regime corrotto. E siccome adesso il primo ministro albanese deve “ubbidire” a molti, allora diventa attuale quanto affermava Luigi Einaudi. E cioè che dove sono troppi a comandare, nasce la confusione. E il primo ministro albanese attualmente, non è solo confuso, è soprattutto spaventato per tutto quello che ha fatto.

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