Albania

  • Fallimento programmato e preoccupante di una ‘riforma’

    Per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono.

    Giovanni Giolitti

    Era il 4 settembre 1961 quando il Congresso statunitense approvò il Foreign Assistance Act (la Legge sull’Assistenza estera; n.d.a.). Dopo quell’approvazione l’allora presidente democratico degli Stati Uniti d’America, John Fitzgerald Kennedy, firmò un ordine esecutivo con il quale si ufficializzò la costituzione dell’USAID (United States Agency for International Development – Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale; n.d.a.). Si trattava di un’agenzia che doveva gestire tutti gli aiuti internazionali statunitensi per vari Paesi del mondo. Aiuti che fino ad allora facevano parte del “Piano Marshall” per la ripresa, la ricostruzione dell’Europa occidentale. Il piano è stato annunciato pubblicamente il 5 giugno 1947 dall’allora Segretario di Stato George Marshall, dal quale prese anche il nome.

    USAID, dalla sua costituzione e fino a pochi giorni fa, ha gestito ingenti somme miliardarie per finanziare diversi progetti e programmi di assistenza in veri campi ed in molti Paesi del mondo. Da fonti ufficiali, risulterebbe che solo durante l’anno fiscale 2023 USAID ha gestito più di 40 miliardi di dollari. Si tratta di finanziamenti erogati per attuare progetti ideati da raggruppamenti politici della sinistra. Ragion per cui l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America durante la sua campagna elettorale, nell’ambito della sua ormai nota strategia MAGA (Make America Great Again – Rendiamo l’America di  nuovo grande; n.d.a.), aveva promesso la sospensione e anche l’annullamento dei finanziamenti per simili progetti. Promesse che ha mantenuto già dal primo giorno del suo insediamento, quando ha firmato il decreto del congelamento, per 90 giorni, di tutti i finanziamenti e gli aiuti degli Stati Uniti per altri Paesi. Finanziamenti quelli che devono essere riallineati con le priorità del programma del presidente statunitense. E tra quei finanziamenti c’erano anche quelli gestiti dall’USAID.

    Lunedì scorso, 3 febbraio 2025, il presidente Trump ha dichiarato ai giornalisti che USAID doveva essere chiusa “molto tempo fa”. Lui ha altresì dichiarato che l’USAID “è gestita da un gruppo di pazzi estremisti di sinistra radicali.[…]. Li faremo andar via e poi prenderemo una decisione”. E già dal 1o febbraio scorso molti dirigenti dell’agenzia sono stati avvisati di essere messi in congedo forzato, mentre alcuni altri sono stati licenziati. Il 4 febbraio scorso il presidente Trump ha incaricato il Segretario di Stato come dirigente ad interim dell’USAID. Il Segretario di Stato, dopo il suo incarico, ha dichiarato che verranno fatte delle analisi e delle verifiche sui finanziamenti e l’operato dell’USAID. E per ogni finanziamento saranno fatte tre domande: “Rende l’America più sicura? Rende l’America più forte? Rende l’America più prospera?”. Sì, perché i nuovi dirigenti del Dipartimento di Stato sono convinti che “…l’agenzia si è da tempo allontanata dalla sua missione originale di promuovere con responsabilità gli interessi americani all’estero”.

    Uno dei Paesi che, dopo la caduta del regime comunista, ha beneficiato dei finanziamenti dell’USAID è anche l’Albania. Finanziamenti ai quali, quasi sempre, sono stati aggiunti quelli fatti dalla Fondazione per la Società Aperta (Open Society Foundations; n.d.a.), fondata nel 1993 da George Soros, il multimiliardario, speculatore di borsa statunitense e l’ideatore, tra l’altro, del “Mercoledì nero” nella Borsa di Londra del 16 settembre 1992. Sono stati dei finanziamenti che hanno sostenuto progetti di vario genere, tra cui anche quelli per la democratizzazione del Paese, dopo quarantacinque anni sotto una spietata dittatura comunista. Ma, durante questi ultimi dieci anni, la maggior parte dei finanziamenti del USAID e quelli della Fondazione per la Società Aperta, sono stati devoluti alla consultazione e alla stesura della riforma del sistema della giustizia in Albania, approvata all’unanimità, nelle primissime ore del 22 luglio 2016, dal Parlamento albanese.

    Si tratta di una riforma che, da allora, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, non ha mai raggiunto gli obiettivi dichiarati sulla carta. Obiettivi che dovevano garantire il funzionamento del sistema della giustizia, in base al principio della separazione dei poteri di Montesquieu. E cioè doveva essere uno dei tre poteri separati ed indipendenti, insieme con il potere legislativo e quello esecutivo. Ma che, invece, è stata una “riforma” che ha garantito al primo ministro albanese il suo personale controllo del sistema. E da quanto sta pubblicamente emergendo durante questi ultimi giorni, risulta che tutti i “consiglieri” della “riforma” del sistema della giustizia, stranieri e albanesi, sono stati pagati dai finanziamenti sia dall’USAID che dalla Fondazione per la Società Aperta, proprio per rendere possibile un simile controllo. Una “riforma” quella che risulta essere stata un fallimento ideato, voluto e programmato da coloro che lo hanno finanziato e da colui che ne doveva beneficiare, il primo ministro albanese.

    Durante la scorsa settimana, dopo la sospensione dei finanziamenti dell’USAID, sono state rese pubblicamente note molte informazioni, ricavate da documentazioni ufficiali, che confermano, senza equivoci, proprio il vero obiettivo della “riforma” del sistema della giustizia. Dalle stesse documentazioni risulterebbe che sono stati finanziati ingenti somme per il diretto e permanente coinvolgimento di alcune organizzazioni locali molto vicine al primo ministro. Oltre alla struttura rappresentante in Albania della Fondazione per la Società Aperta, un’altra organizzazione locale, la cui direttrice è stata una ex compagna del primo ministro ed ormai compagna dell’ex ministro degli Interni ed attualmente capo del gruppo parlamentare del partito socialista, capeggiato proprio dal primo ministro, ha “fortemente contribuito” per rendere attiva la “riforma” del sistema della giustizia in Albania. Si tratta dell’organizzazione non governativa East West Management Institute (Istituto della Gestione Est – Ovest; n.d.a.), la cui direttrice ha ricevuto per molti anni, e fino alla scorsa settimana, ingenti finanziamenti proprio dall’USAID. Dalla documentazione ufficiale risulta che la sua organizzazione ha ricevuto, solo durante l’ultimo anno fiscale, 31.2 milioni di dollari. In più, sempre in base alla documentazione ufficiale, dall’inizio dell’attuale anno fiscale e cioè dall’ottobre scorso, e fino alla scorsa settimana, l’organizzazione ha ricevuto circa 10 milioni di dollari dall’USAID. La stessa direttrice ha dichiarato ufficialmente di aver avuto, mediamente, uno stipendio di 100 mila dollari all’anno sempre dagli stessi finanziamenti. E ovviamente nessuno può mettere in dubbio il “valoroso contributo” dell’organizzazione da lei diretta, nell’ambito della “riforma” del sistema della giustizia in Albania.

    Il nostro lettore da anni è stato continuamente informato della totale ubbidienza delle strutture del sistema “riformato” della giustizia agli ordini e alla volontà del primo ministro albanese. Così come è stato informato che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha conferito, il 9 dicembre scorso, il premio “Campioni Globali dell’Anticorruzione per il 2024” anche al dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una delle persone che ubbidisce in una maniera vergognosa ed in violazione delle leggi in vigore agli ordini del primo ministro (Riconoscimenti irreali e ingannevoli che offendono l’intelligenza; 16 dicembre 2024). Tutto grazie alle attività lobbistiche finanziate dalla Fondazione per la Società Aperta.

    Chi scrive queste righe è convinto che si tratta di finanziamenti occulti che hanno appoggiato un autocrate ed il suo regime, nonché il fallimento programmato e preoccupante di una “riforma”, quella del sistema della giustizia in Albania. Aveva ragione Giovanni Giolitti: per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono.

  • Un autocrate colpevole che cerca di nascondersi codardamente

    Il colpevole, anche se sta nascosto, non ha mai la certezza di poter restare nascosto, poiché la sua coscienza l’accusa e lo svela a sé stesso: il colpevole vive in continua trepidazione.

    Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato delle accuse fatte al primo ministro albanese da un suo stretto collaboratore (Altre rivelazioni clamorose che accusano un autocrate corrotto; 28 gennaio 2025). Si tratta dell’ex vice primo ministro (2021-2022). Ma lui dal 2013 è stato anche ministro dello sviluppo economico, ministro delle finanze e, in seguito, ministro di Stato per la Ricostruzione del Paese, dopo il terremoto del 2019. E sempre il suo diretto superiore è stato l’attuale primo ministo albanese. Uno stretto collaboratore che, ad un certo momento e non si sa ancora il perché, è diventato una persona “non gradita”. Ragion per cui il primo ministro ha deciso di consegnarlo alla Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una Struttura quella che, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti pubblicamente noti e anche denunciati alla mano, risulta essere sotto il diretto e totale controllo del primo ministro. Ma lui, nel frattempo, era riuscito a fuggire all’estero. E dalla Svizzera, dove ormai si trova e gode dello stato di avente asilo politico, l’ex vice primo ministro ha rilasciato una lunga intervista ad una delle poche emittenti televisive in Albania non controllate dal primo ministro.

    Durante l’intervista del 27 gennaio scorso, oltre alle tante pesanti accuse fatte dall’ex vice primo ministro nei confronti del primo ministro albanese, ha attirato l’attenzione pubblica un particolare. L’accusatore ha sempre chiamato l’accusato come “il capo dell’organizzazione criminale” e ha anche spiegato il perché. Bisogna sottolineare che l’accusatore è una di quelle poche persone che conosce bene cosa ha realmente fatto il primo ministro durante tutti questi anni. Sì, lo ha affermato, poco tempo prima che venisse emesso l’ordine per l’arresto dell’ex vice primo ministro, proprio il primo ministro. Lui, durante una sua intervista aveva dichiarato che l’ex vice primo ministro era uno dei suoi collaboratori “…con il quale mi sono incontrato molto frequentemente; ho comunicato di più telefonicamente, ho discusso per la maggior parte delle [nostre] decisioni prese durante questi anni.”! Ragion per cui bisogna che tutte le accuse fatte dal vice primo ministro albanese, sia durante la sopracitata intervista del 27 gennaio scorso, sia quelle fatte durante le due precedenti interviste (1o febbraio 2024 e 29 luglio 2024) nei confronti del primo ministro vengano considerate con la massima attenzione da chi di dovere. Ma purtroppo chi ha il dovere istituzionale di trattare quelle accuse, e cioè la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, durante tutto il suo operato, dal 25 novembre 2019, quando è stata costituita, ad oggi, ha testimoniato, sempre fatti alla mano, che consapevolmente calpesta i doveri istituzionali, sanciti dalla legge. Un fatto questo sottolineato anche dall’ex vice primo ministro, durante la sua ultima intervista. In base a tanti fatti da lui evidenziati, risulta che quella Struttura è vergognosamente ubbidiente alla volontà del primo ministro.

    Durante la sua lunga intervista del 27 gennaio scorso, l’ex vice primo ministro albanese ha fatto delle accuse molto pesanti nei confronti del primo ministro. Ed ha pubblicamente dichiarato la sua piena disponibilità a presentarsi davanti a qualsiasi tribunale, basta che non sia in Albania, dove lui può essere ucciso. Lui ha parlato della famigerata strategia della cannabizzazione del Paese, proposta dall’attuale primo ministro all’inizio del suo primo mandato. L’accusatore, insieme con quattro altri ministri hanno presentato allora, durante una riunione, tutte le loro contrarietà ad una simile strategia. Ma il primo ministro ha imposto la sua volontà. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di quella attuata strategia e delle sue gravi conseguenze.

    L’ex vice primo ministro ha affermato durante la sua intervista del 27 gennaio scorso che il primo ministro, insieme con sua moglie, ha frequentato almeno due volte un noto e lussuoso centro per la disintossicazione a Merano in Italia. A proposito, le cattive lingue da anni stanno dicendo convinte che il primo ministro fa un uso continuo di droghe pesanti. L’ex vice primo ministro ha anche affermato che ogni volta che il primo ministro e sua moglie hanno frequentato il centro sono stati in compagnia di un noto costruttore albanese e di sua moglie. E, guarda caso, quel costruttore ha vinto molti appalti pubblici! L’ex vice primo ministro ha sfidato tutti, compresa la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, invitandoli a verificare queste sue dichiarazioni!

    L’ex vice primo ministro ha dichiarato, sotto la sua piena responsabilità, che è stato per due volte presente quando il primo ministro, insieme ad un altro ministro e a due imprenditori turchi, hanno trattato un “affare” che riguardava l’apertura di un traforo nel sud dell’Albania. Ebbene quell’“affare” è stato concluso e reso attivo. Ma per i contribuenti albanesi ha aumentato di 50 milioni di euro il costo del precedente contratto. Però da fatti pubblicamente ormai noti alla mano risulta che gli imprenditori turchi hanno dato in subappalto i lavori alla stessa ditta che aveva vinto prima l’appalto proprio per il valore precedentemente stabilito! Anche in quel caso le cattive lingue hanno detto convinte che i 50 milioni di euro sono stati spartiti tra il primo ministro e i turchi.

    Durante l’intervista del 27 gennaio scorso, l’ex vice primo ministro ha dichiarato, sotto la sua piena responsabilità che un famigliare molto stretto del primo ministro da anni sta approfittando milioni di euro dagli appalti con l’agenzia che si occupa della protezione cibernetica in Albania.

    L’ex vice primo ministro ha accusato pubblicamente, sempre sotto la sua piena responsabilità, che il primo ministro gli aveva chiesto nel 2018, quando era ministro delle Finanze, di modificare la legge e permettere ad un imprenditore israelita di acquistare il diritto di trattare il debito pubblico dell’Albania, dando anche molti dettagli. Ha anche affermato però che lui, dopo aver consultato gli specialisti del ministero, aveva informato il primo ministro che non si poteva fare, perché la legge lo vietava. In più l’ex vice primo ministro ha accusato pubblicamente che il primo ministro voleva dare allo stesso imprenditore israelita un terreno nel territorio dal consolato albanese a New York per costruire. Un fatto questo che l’ex vice primo ministro aveva saputo dall’allora ministro degli Esteri, il quale ha chiesto il suo parere. Bisogna sottolineare che l’amico del primo ministro, l’imprenditore israelita, è attualmente molto attivo in Albania. Ma queste erano solo alcune delle accuse fatte dall’ex vice primo ministro durante la sua intervista. Lui ha, tra l’altro, parlato anche di tanti voli charter del primo ministro pagati da un imprenditore in cambio di appalti vinti. Ha accusato il primo ministro di aver assistito ad un partita di pallacanestro negli Stati Uniti d’America, approfittando di un biglietto che costava non meno di 28.000 dollari, domandando chi gli avesse pagato quel biglietto. E ne ha fatto anche altre di simili accuse.

    Chi scrive queste righe informa però il nostro lettore che il primo ministro albanese, ad oggi, non ha detto una sola parola riguardo alle pesanti accuse a lui fatte. Proprio colui che non perde occasione di apparire, di parlare, di ironizzare e di accusare gli altri. Lui adesso si sta comportando come un autocrate colpevole che cerca di nascondersi codardamente. Ma Lucio Anneo Seneca ci insegna che il colpevole, anche se sta nascosto, non ha mai la certezza di poter restare nascosto, poiché la sua coscienza l’accusa e lo svela a sé stesso: il colpevole vive in continua trepidazione. Di certo il primo ministro albanese sta passando dei giorni molto difficili. Lui sa anche il perché.

  • Altre rivelazioni clamorose che accusano un autocrate corrotto

    Chi commette una piccola colpa cade sotto i rigori della legge,

    ma i grandi colpevoli hanno l’onore del trionfo.

    Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65

    Che in Albania da anni ormai sia stata restaurata una nuova dittatura sui generis non rappresenta più una novità. Almeno per tutte le persone che conoscono la vera, vissuta e spesso anche sofferta realtà albanese. Che in Albania, da anni ormai, sia stato consapevolmente calpestato il principio di Montesquieu sulla separazione dei poteri si può facilmente verificare. Che in Albania da anni ormai esistono solo sulla carta i tre poteri indipendenti tra di loro non lo ammettono solo i diretti interessati, coloro che volutamente hanno generato una simile e pericolosa situazione e anche la schiera dei soliti approfittatori e leccapiedi. Che in Albania il potere esecutivo controlli con mano di ferro i due altri, e cioè il potere legislativo e quello giudiziario, si sa, è un dato di fatto. Ed il controllo di quest’ultimo è stato istituzionalizzato dal 21 luglio 2016, con l’approvazione in parlamento della “riforma” del sistema della giustizia. Una “riforma” quella che è stata ideata, programmata, assistita in tutte le fasi della sua stesura, fino all’approvazione finale, soprattutto da un raggruppamento occulto di oltreoceano, capeggiato da uno speculatore di borsa. Proprio colui che ha ideato ed il 16 settembre 1992 ha anche attuatto quello che ormai viene riconosciuto come il mercoledì nero (Black Wednesday; n.d.a.) della Borsa di Londra. E proprio le organizzazioni che fanno capo a questa persona, dopo l’approvazione della “riforma” del sistema della giustizia in Albania, si sono vantate della loro “validissima assistenza”. Ma non sono state solo loro. Purtroppo la “riforma” del sistema della giustizia in Albania è stata assistita e finanziata anche dalle strutture della Commissione europea. E anche loro si sono dichiarati “orgogliosi”.

    Montesquieu, nella sua opera De l’Esprit des lois (Spirito delle leggi; n.d.a.) pubblicata nel 1748, tra l’altro sottolineava: “Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti”. Una sua convinzione che si adatta a tutti i dittatori, gli autocrati e i loro simili. Compreso anche l’ormai noto autocrate albanese, il primo ministro che è al potere da dodici anni e controlla tutto e tutti. Montesquieu aveva però anche la soluzione per non permettere una simile realtà. Lui ne era convinto e affermava: “Perché non si possa abusare del potere occorre che […] il potere arresti il potere”. Ma in Albania la vera, vissuta e spesso sofferta realtà, fatti accaduti e che continuano quotidianamente ad accadere, fatti noti e denunciati alla mano, testimoniano proprio il contrario. E cioè che non solo il potere non può arrestare l’altro potere, ma che un solo potere, quello esecutivo, controlla gli altri due poteri. Compreso anche quello che ormai viene riconosciuto come il quarto potere, il potere mediatico. Un potere non esistente come tale quando Montesquieu scriveva la sua opera De l’Esprit des lois.

    Il nostro lettore da quasi dieci anni ormai è stato informato, con la dovuta e richiesta oggettività della realtà albanese. Di quella realtà che, purtroppo, non viene conosciuta all’estero perché è stato investito molto e in varie forme, per camuffarla. Il nostro lettore da anni ormai è stato informato che in Albania si sta consolidando una nuova e pericolosa dittatura sui generis. Una dittatura che cerca di camuffarsi dietro una facciata di pluripartitismo e di falso liberalismo. Il nostro lettore è stato informato, fatti alla mano, che si tratta di un’alleanza tra il potere politico, rappresentato istituzionalmente da dodici anni ormai, dallo stesso individuo, il primo ministro, la criminalità organizzata, locale ed internazionale, compresa quella italiana ed alcuni raggruppamenti occulti, il più attivo dei quali è quello capeggiato dell’ideatore del mercoledì nero nella Borsa di Londra. Un raggruppamento quello che ha individuato, scelto e sostenuto, da molti anni ormai, l’attuale primo ministro albanese. Ma non solo lui. Ovviamente per realizzare ed ottenere quello che hanno programmato di avere nella regione balcanica. E per permettere la realizzazione delle loro strategie garantiscono anche il funzionamento di determinate attività lobbistiche, dietro i necessari e lauti finanziamenti. Attività lobbistiche quelle che spesso arrivano a convincere, purtroppo, non pochi alti funzionari delle istituzioni internazionali, comprese quelle dell’Unione europea.

    In Albania però alcuni media, riescono ancora a resistere alle varie forme di pressione da parte del regime del primo ministro. E proprio uno di questi, un’emittente televisiva, ha trasmesso lunedì, in prima serata, una lunga intervista dell’ex vice primo ministro (2021-2022) e stretto collaboratore dell’attuale primo ministro albanese. Un’intervista fatta in Svizzera, dove da quasi due anni si trova l’ex vice primo ministro, dopo essere riuscito a fuggire e scappare all’arresto richiesto nei suoi confronti dalla Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Si tratta però di una struttura che, innumerevoli fatti pubblicamente noti alla mano, risulta ubbidire agli ordini impartiti dai massimi livelli governativi, soprattutto dallo stesso primo ministro. Anche di questo il nostro lettore è stato informato a più riprese. Chissà perché il primo ministro ha deciso di arrestare il suo stretto collaboratore per molti anni? Le cattive lingue ne hanno parlato tanto. Hanno detto che il primo ministro, trovandosi in grosse difficoltà, è disposto a consegnare alla giustizia anche i suoi più stretti collaboratori. E così lui cerca di far sembrare che il sistema “riformato” della giustizia funziona e che perciò se lui, il primo ministro, non viene indagato significa che è innocente. Questo e tanto altro dicevano allora le cattive lingue.

    Ebbene l’ex vice primo ministro dalla Svizzera dove si trova e dove ormai gode dello stato di avente asilo politico, ha rilasciato la sua terza intervista alla stessa emittente televisiva non controllata dal primo ministro. L’intervista, durata per circa tre ore, è stata trasmessa lunedì scorso, in prima serata. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito delle altre due precedenti interviste (1o febbraio 2024 e 29 luglio 2024) e delle forti accuse fatte dall’ex vice primo ministro albanese (2021 – 2022), soprattutto nei confronti dell’attuale primo ministro (Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato, 17 luglio 2023; Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile, 24 luglio 2023; Rivelazioni riguardanti ruberie milionarie ed abuso del potere; 6 febbraio 2024; Altre clamorose testimonianze di corruzione ed abuso di potere, 8 aprile 2024; Una gola profonda che accusa e rivela gravi verità, 7 agosto 2024 ecc…).

    Durante la lunga intervista di lunedì scorso, l’ex vice primo ministro ha fatto altre rivelazioni clamorose che accusano direttamente e senza equivoci l’attuale primo ministro albanese ed alcuni suoi molto stretti famigliari e collaboratori. Lui ha dichiarato che è pronto e sempre disponibile a testimoniare davanti ai tribunali, ma non in Albania. Sì perché, come ha affermato, in Albania lui rischia la vita. Ma anche perché in Albania il sistema “riformato” della giustizia è controllato ed ubbidisce agli ordini del primo ministro. Durante tutta la sua lunga sopracitata intervista, l’ex vice primo ministro chiamava sempre il primo ministro albanese ‘il capo dell’organizzazione criminale’ e ha spiegato anche il perché. Così come ha spesso evidenziato, fatti alla mano, la totale e vergognosa ubbidienza del sistema “riformato” della giustizia alla volontà del primo ministro.

    Chi scrive queste righe informerà il nostro lettore delle specifiche accuse fatte durante l’intervista sopracitata, in attesa di altre rivelazioni, analisi e, se mai, anche di una reazione da parte del diretto accusato, il primo ministro. Ma purtroppo in Albania succede quello che affermava Seneca circa ventuno secoli fa. E cioè che chi commette una piccola colpa cade sotto i rigori della legge, ma i grandi colpevoli hanno l’onore del trionfo.

  • Accordo con un autocrate che è anche un buffone quando serve

    Talvolta il comportamento pragmatico è necessario; ma chi cerca di fare di necessità virtù, conclude poco, anzi spesso peggiora quello che è chiamato a riparare.

    Ralf Dahrendorf, Per un nuovo liberalismo, 1987

    Le numerose favole di Esopo, un noto scrittore della Grecia antica, vissuto circa ventisei secoli fa, sono state e continuano ad essere una fonte di ispirazione. Favole che, per il loro valore educativo e morale, continano ad essere attuali e rappresentano una fonte di insegnamento per molti. Ebbene, dai tanti insegnamenti di Esopo ce n’è uno che si riferisce alle false amicizie. La sua saggezza ci insegna e ci ammonisce che un amico incerto è peggio di un nemico dichiarato. Un insegnamento, sempre attuale per il genere umano. Un insegnamento dal quale devono imparare anche tutti coloro che hanno delle responsabilità pubbliche ed istituzionali, sia a livello locale che internazionale.

    L’autore di queste righe ha pienamente condiviso l’articolo di Cristiana Muscardini “La sicurezza, i dati sensibili, Musk”, pubblicato su “Il Patto Sociale” l’8 gennaio scorso. Lei, dopo aver trattato il tema della sicurezza nazionale e quello delle “amicizie con i grandi del mondo”, logicamente si poneva la domanda: “È possibile che di fronte al potere, al miraggio di una tecnologia sempre più oltre, al desiderio di sentirsi amici ed apprezzati da chi, da uomo più ricco, si sta trasformando nell’uomo più potente del mondo, chi ci governa sia accecato, incapace di comprendere i pericoli immediati ed a lungo termine, vanificando le speranze che tanti avevano avuto, speranze di libertà, indipendenza, democrazia vera?”. Una domanda sulla quale si deve riflettere.

    Dal 14 al 16 gennaio scorso ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, si è svolto il Vertice mondiale sull’Energia del futuro (World Future Energy Summit; n.d.a.). Durante quel vertice, il 15 gennaio, è stato firmato anche un’Accordo tra l’Italia, gli Emirati Arabi Uniti e l’Albania. Si tratta di un accordo per la produzione di energia rinnovabile in Albania con impianti prodotti negli Emirati da esportare poi in Italia, tramite un elettrodotto sottomarino. L’accordo, che dovrebbe essere operativo tra tre anni, sarà valido per cinque anni ed avrà un costo di circa 1 miliardo di Euro. L’accordo prevede la produzione fino a 3 GW di energia elettrica da fonti rinnovabili. Fonti che, secondo un comunicato congiunto dei tre Paesi firmatari, sono “il fotovoltaico solare, l’eolico e delle soluzioni ibride con potenziale di accumulo tramite batterie”.

    Nella cerimonia della firma dell’accordo erano presenti l’anfitrione, il presidente degli Emirati Arabi Uniti, la presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia ed il primo ministro dell’Albania. L’accordo, per gli Emirati Arabi Uniti è stato firmato dal ministro dell’Industria e delle Tecnologie Avanzate degli Emirati il quale, allo stesso tempo, è anche il presidente di Masdar, una nota impresa privata a livello mondiale nel settore delle energie rinnovabili. Ma lui però è anche l’Amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company, la compagnia statale per l’estrazione del petrolio negli Emirati Arabi Uniti. Per l’Italia l’Accordo è stato firmato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, mentre per l’Albania dalla vice primo ministro e ministro delle Infrastrutture e dell’Energia. E dopo la firma dell’accordo hanno fatto le loro dichiarazioni sia la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ed il suo omologo albanese, sia il ministro dell’Industria e delle Tecnologie Avanzate degli Emirati Arabi Uniti. Dichiarazioni che sono state riportate dai media in Italia ed il nostro lettore ha avuto la possibilità di conoscerle.

    In Albania non si sapeva niente dell’accordo energetico firmato il 15 gennaio scorso ad Abu Dhabi. Ma ormai questo fatto da anni non è più una novità, Perciò questo modo di agire del Primo Ministro albanese non stupisce nessuno. Tutto si è saputo soltanto dopo che in Italia i media hanno parlato di questo accordo. Quanto è accaduto in Italia, riferendosi proprio al sopracitato accordo, comprese le reazioni critiche, soprattutto da parte dei rappresentanti dell’opposizione, ma anche dai media, ormai è di dominio pubblico anche in Albania. Invece nessuna reazione in difesa dell’accordo da parte del Primo Ministro, che non perde occasione, anche per delle cose futili, di reagire e di dire la sua. Purtroppo non c’è stata nessuna notizia e/o reazione neanche dai media controllati e vergognosamente ubbidienti.

    Appena è stata resa nota pubblicamente in Italia la firma dell’accordo sono state immediate anche le reazioni in Albania. Reazioni fatte da quei pochi media ancora non controllati dal primo ministro e/o da chi per lui. Reazioni che denunciavano la totale mancanza di trasparenza sull’accordo, sul suo contenuto ed altro. Ma sia i media che ne hanno parlato, sia i rappresentanti dell’opposizione politica, nelle loro reazioni critiche, hanno altresì sottolineato che in Albania questo “modo di procedere”, e cioè la totale mancanza di trasparenza in casi del genere, è ormai una consuetudine. Il primo ministro albanese, da autocrate onnipotente qual è diventato, calpesta consapevolmente gli obblighi costituzionali e quelli delle leggi in vigore. Lui ignora ormai da anni tutte le istituzioni e decide da solo e/o con quei pochi suoi stretti collaboratori ed alcuni oligarchi, suoi clienti. Ma nella memoria collettiva in Albania è ancora presente un altro caso simile, quello dell’accordo sui migranti firmato il 6 novembre 2023 a Roma. Anche in quel caso è stata verificata la stessa totale mancanza della dovuta ed obbligatoria trasparenza, come la scorsa settimana, dopo che si è saputo del sopracitato accordo energetico. Ragion per cui in quasi tutte le reazioni molto critiche fatte in Albania si faceva riferimento, oltre che all’accordo energetico firmato il 15 gennaio scorso, anche all’accordo sui migranti e al suo fallimento, almeno fino ad ora.

    In Albania le reazioni critiche, legate all’accordo energetico firmato mercoledì scorso ad Abu Dhabi, si riferivano anche ad alcuni passaggi delle dichiarazioni del primo ministro albanese. Dopo la firma dell’accordo lui ha detto, tra l’altro, che “l’Albania è al 100% con l’energia rinnovabile. Ora stiamo diversificando con il solare”. Ma, come sempre, da innato bugiardo qual è, il primo ministro non ha detto tutta la verità. Sì perché la verità è che quasi tutta la produzione dell’energia elettrica in Albania, circa il 98%, è quella idroelettrica! Ovviamente non ha parlato neanche dei clamorosi ed evidenziati abusi legati alla vendita, sotto prezzo, dell’energia elettrica generata in Albania e l’acquisto, con prezzi non giustificabili dell’energia elettrica dal mercato energetico internazionale. Perché l’Albania non riesce a produrre tutto il suo fabbisogno energetico. Il primo ministro non ha neanche ammesso che l’Albania non ha una strategia nazionale approvata per l’energia.

    Dai media italiani si è saputo che durante il Vertice mondiale sull’Energia del futuro ad Abu Dhabi il primo ministro albanese ha approfittato dell’occasione per fare, come spesso accade in simili casi, anche il buffone. Si perché proprio il 15 gennaio era anche il 48o compleanno della presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia. Lui le aveva portato un regalo. Inginocchiandosi davanti alla sua “cara sorella”, l’ha chiamata “Her Majesty” e le ha presentato un foulard di seta bianco con delle strisce in grigio e nero. Questo e tutto il resto hanno messo in difficoltà la festeggiata. Ma lui ha molto bisogno di apparire a fianco di qualche “grande del mondo”, facendo anche il buffone, soprattutto adesso, prima delle elezioni politiche dell’11 maggio prossimo. E soprattutto in un così difficile momento per lui, dovuto agli innumerevoli scandali che coinvolgono, lui, alcuni suoi familiari molto stretti ed altri. Ragion per cui l’appoggio della sua “cara sorella” diventa vitale.

    Chi scrive queste righe trova però molto significativo l’insegnamento di Esopo, secondo cui un amico incerto è peggio di un nemico dichiarato. Egli trova altresì saggio quanto scriveva il noto sociologo, politologo e politico Ralf Dahrendorf. E cioè che talvolta il comportamento pragmatico è necessario; ma chi cerca di fare di necessità virtù conclude poco, anzi spesso peggiora quello che è chiamato a riparare. Ad ognuno però la propria scelta. Ma anche le inevitabili conseguenze!

  • Nuove denunce ad un regime che cerca di camuffarsi

    Quando il demonio si traveste gli spuntano la coda, gli zoccoli o le corna.

    Proverbio

    La saggezza popolare ci offre sempre dei valorosi e molto utili insegnamenti. Ma non tutti ne fanno beneficio. La saggezza popolare, arricchita e maturata nell’arco dei secoli, da innumerevoli fatti accaduti, esperienze vissute e conseguenze sofferte, ci insegna, tra l’altro, che anche la verità, prima o poi, viene fuori.

    Nei paesi in cui sono stati restaurati dei regimi totalitari, alcune verità sconvenienti, che riguardano i gestori del regime, vengono camuffate e nascoste non solo dai diretti interessati, ma anche dalle strutture del regime, anche se nel periodo in cui viviamo non sempre ci si riesce. Grazie anche ai media. E proprio grazie ad alcuni noti media internazionali, durante gli ultimi mesi, si stanno denunciando delle realtà preoccupanti che prima non si conoscevano. Almeno fuori dai confini degli stessi paesi. Ed insieme con le problematiche si analizzano e si rendono note anche le pericolose conseguenze, che potrebbero coinvolgere molti altri, superando le frontiere statali.

    Un regime totalitario è stato restaurato durante questo ultimo decennio, non in uno sperduto Paese africano, asiatico o chissà dove, bensì in Europa. Si tratta, fatti alla mano, di una dittatura sui generis, che cerca di camuffarsi da una parvenza di pluripartitismo. Ma in realtà la sua pericolosità aumenta essendo un’alleanza del potere politico, con la criminalità organizzata ed alcuni raggruppamenti occulti internazionali, soprattutto di oltreoceano, molto potenti finanziariamente. E queste verità stanno venendo rese pubbliche ormai anche da alcuni noti media internazionali, sia europei che statunitensi. Verità che denunciano la preoccupante e pericolosa realtà in Albania. Si, in Albania, un Paese sulle coste del mar Adriatico e quello Ionio. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito e sempre con la dovuta e richiesta oggettività di una simile e preoccupante realtà (Autocrati disponibili a tutto in cambio di favori, 11 marzo 2024; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo, 3 giugno 2024; Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia; 16 settembre 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024; Un regime che cerca di apparire come uno Stato di diritto, 28 Ottobre 2024 ecc…).

    Il rappresentante, almeno istituzionalmente, di questo regime, è il primo ministro albanese. Proprio colui che, ogni giorno che passa, si trova sempre più impantanato in diverse faccende corruttive e abusive. Ed insieme con lui anche alcuni sui stretti famigliari e collaboratori. Ragion per cui lui, da innato bugiardo ingannatore senza scrupolo alcuno, quando serve, e soprattutto in presenza di alti rappresentanti governativi e istituzionali internazionali, fa anche il buffone, l’istrione, per attirare l’attenzione e se serve anche per spostarla da quelle verità molto scomode che lo riguardano personalmente. Ma adesso, viste le tante difficoltà che lo preoccupano direttamente, a lui non bastano solo i soliti “rappresentanti internazionali” accreditati in Albania. E neanche determinati funzionari della Commissione europea, come fino a pochi anni fa. Da qualche tempo il primo ministro albanese sta cercando di essere “utile, disponibile e collaborativo” per alcuni suoi parigrado europei. Ed in alcuni casi anche ci riesce. Lo testimoniano certi accordi internazionali, molto discussi negli ultimi mesi. Così come lo testimoniano alcuni supporti pubblici a lui dati da determinati alti rappresentanti governativi e dell’Unione europea.

    Uno di quei “supporti” il primo ministro albanese lo ha avuto quasi un anno fa, il 15 febbraio 2024. E quel “supporto” glielo ha dato proprio il segretario di Stato degli Stati Uniti d’America, arrivato appositamente e per pochissime ore in Albania. Durante una conferenza stampa comune, il segretario di Stato statunitense ha considerato il primo ministro albanese come “un illustre dirigente e un ottimo primo ministro”. Chissà cosa sapeva il segretario di Stato che sfuggiva alla maggior parte dei cittadini albanesi?! Ma di certo non rappresentava la vera, vissuta e sofferta realtà albanese. Si, perché se il segretario di Stato avesse letto solo l’ultimo rapporto pubblicato proprio dal Dipartimento di Stato che lui dirige, doveva avere avuto dei “buoni motivi” per dire quelle parole. In quel rapporto sull’Albania, tra l’altro, si affermava chiaramente e senza equivoci, che “…la corruzione esiste in tutte le diramazioni e in tutti i livelli del governo”. Un’affermazione quella che non escludeva neanche il più alto livello governativo, e cioè proprio quello del primo ministro. Le cattive lingue dissero allora che quella visita di poche ore in Albania del segretario di Stato degli Stati Uniti d’America era stata organizzata dalla stessa lobby che supporta il primo ministro albanese e che, allo stesso tempo, vede attivamente coinvolti famigliari molto stretti del segretario di Stato statunitense che lascerà l’incarica tra pochissimi giorni.

    Il 20 novembre scorso la rivista indipendente francese “XXI”, specializzata in articoli approfonditi, pubblicava un lungo articolo sulla realtà albanese, focalizzandosi sul primo ministro del Paese. L’articolo era intitolato “Crimine e business. Rama, un cane da guardia utile per l’Europa”. L’autore dell’articolo, uno studioso di storia ed un buon conoscitore dei Balcani, avendo analizzato per anni la realtà albanese, è convinto che il nuovo regime restaurato in Albania si basa su una “combinazione dell’autoritarismo, della corruzione, del clientelismo, della criminalità organizzata, [ma] con un orientamento pro europeo”. All’inizio dell’articolo, l’autore, descrivendo il primo ministro, evidenzia che lui lascia aspettare gli ospiti prima di riceverli e una volta incontrati, dice: ”’Ero al telefono con Angela Merkel’ – oppure con qualche altro potente personaggio mondiale”. Sempre riferendosi al primo ministro albanese, l’autore del sopracitato articolo scrive che lui “sa di essere utile per gli occidentali, i quali sono più interessati alla stabilità regionale che allo Stato di diritto”. Si perché gli occidentali “sono consapevoli che il sistema monolitico del potere che lui [il primo ministro] ha reso operativo ha poco in comune con le richieste democratiche ad un Paese candidato per aderire all’Unione europea”. Nel suo dettagliato articolo, l’autore tratta molti aspetti della preoccupante realtà albanese. Una basata denuncia contro il nuovo regime totalitario che si sta pericolosamente consolidando in Albania.

    Un’altra denuncia contro lo stesso regime è stata pubblicata dalla rivista New Eastern Europe” il 18 dicembre scorso. L’autore dell’articolo è un buon conoscitore dei Balcani ed uno studioso della politica dell’allargamento dell’Unione europea. Lui afferma tra l’altro, che in Albania il sistema della giustizia “è soggetto della pressione e delle influenze politiche, i media hanno un’indipendenza limitata, la corruzione è ben diffusa…”. E poi convinto afferma che un simile degrado è dovuto proprio all’operato del primo ministro. L’autore dell’articolo è altresì convinto che il primo ministro albanese “…ha anche tollerato la presenza della criminalità organizzata, con la quale lui è stato accusato di condividere progetti molto redditizi”.

    Chi scrive queste righe condivide quanto è stato scritto nei due sopracitati articoli e considera il loro contenuto come delle nuove denunce ad un regime che cerca faticosamente e a tutti i costi di camuffarsi. Tutto in seguito ad altre denunce fatte soprattutto negli ultimi mesi, da altri giornalisti che scrivono per dei noti media e giornali europei e statunitensi. Il primo ministro albanese deve perciò sapere che quando il demonio si traveste gli spuntano la coda, gli zoccoli o le corna.

  • Riconoscimenti irreali e ingannevoli che offendono l’intelligenza

    Nella corruzione di questo mondo, la mano dorata del delitto può scansare

    la giustizia e si vede spesso la legge farsi accaparrare dalla sua preda.

    William Shakespeare, da “Amleto”

    L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato il 31 ottobre 2003 la Convenzione contro la Corruzione. Tra l’altro la Convenzione affermava che le Nazioni Unite erano “…preoccupate per la gravità delle problematiche e delle minacce che la corruzione rappresenta per la stabilità e la sicurezza delle società”. Una preoccupazione quella che si basava sulla convinzione, espressa nella sopracitata Convenzione, che la corruzione logora e danneggia “…le istituzioni e i valori della democrazia, i valori etici e della giustizia, mettendo a repentaglio lo sviluppo sostenibile e lo Stato di diritto”. La stessa Convenzione ha proclamato la Giornata internazionale contro la corruzione, che si celebra, da allora, ogni 9 dicembre.

    Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, dal 2021, ha cominciato a conferire un premio intitolato ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ (Global Anti-Corruption Champions; n.d.a.). Si tratta di un riconoscimento che ha come obiettivo quello di “…onorare delle persone, in tutto il mondo, che fanno degli sforzi straordinari per combattere la corruzione”. Un premio che adesso viene legato proprio alla Giornata internazionale contro la corruzione e, perciò, le persone premiate si proclamano proprio il 9 dicembre.

    Nel primo anno dell’assegnazione di questo premio però i nomi dei premiati sono stati resi noti il 23 febbraio 2021. Allora il Segretario di Stato statunitense ha proclamato dodici ‘Campioni globali dell’anticorruzione’. Secondo lui loro “…hanno instancabilmente lavorato, spesso affrontandosi con delle inimicizie, per difendere la trasparenza, per combattere la corruzione e per garantire il rendiconto nei propri Paesi”. Tra i dodici premiati c’era anche un giudice albanese. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tutto ciò. L’autore di queste righe scriveva, riferendosi a questa scelta, che lui, il giudice albanese, era “…una persona molto “chiacchierata” … Non solo perché è un ex inquisitore del regime comunista”. Aggiungendo che “…si tratta anche di un “uomo della legge” che, dati e fatti accaduti alla mano, ha continuamente infranto la legge. Anche quando, per rimanere in carica come giudice della Corte Suprema, nonostante il suo mandato fosse finito da sei anni, ha usato dei “trucchetti” ed ha beneficiato del diretto appoggio governativo. Si tratta di un “giusto” che aveva “dimenticato” di dichiarare parte dei beni in suo possedimento, come prevede proprio la legge! […] Tutto fa pensare ad una densa e ben pagata attività lobbistica” (Un vergognoso, offensivo e preoccupante sostegno alla dittatura;1 marzo 2021).

    Il 9 dicembre scorso, proprio alla ricorrenza della Giornata internazionale contro la corruzione, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha reso pubblico i nomi dei Campioni Globali dell’Anticorruzione per il 2024. Ebbene, tra i dieci nuovi premiati c’era, di nuovo, un albanese. Ma questa volta non un giudice, ma un procuratore. Anzi, il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Un’istituzione costituita nel novembre 2019, nell’ambito della riforma del sistema della giustizia. Una riforma approvata dal Parlamento albanese nel luglio del 2016, sulla quale l’autore di queste righe ha spesso informato il nostro lettore con la dovuta e richiesta oggettività e sempre in base a tanti fatti, dati, denunce e documenti resi pubblici. Una riforma, quella del sistema della giustizia in Albania, che è stata ideata, consigliata ed assistita dagli specialisti e dai rappresentanti dalla Fondazione per la Società Aperta (Open Society Foundations; n.d.a.), fondata nel 1993 da George Soros, il noto multimiliardario e speculatore di borsa statunitense. Un fatto questo, dichiarato con tanto vanto e in diverse occasioni, anche dal dirigente della Fondazione per la Società Aperta in Albania. Si tratta di una riforma finanziata sia dagli Stati Uniti d’America che dall’Unione europea. Ragion per cui, bisogna dimostrare in tutti i modi che si tratta di un “successo” per giustificare i milioni spesi. Una riforma che doveva fare giustizia e condannare tutti i colpevoli, partendo dai massimi rappresentanti della politica, nel caso avessero commesso dei crimini di ogni genere, come abusi con il denaro pubblico, corruzione attiva e passiva e ben altro. Ma purtroppo, sempre fatti, dati, denunce e documenti resi pubblici alla mano, ormai risulta essere una “riforma” che ha messo tutte le istituzioni del sistema della giustizia sotto il diretto controllo del primo ministro e/o di chi per lui. Anche di questo fatto il nostro lettore è stato spesso informato con la dovuta e richiesta oggettività.

    Durante la cerimonia della premiazione, il 9 dicembre scorso, il Segretario di Stato statunitense ha detto: “…Gli Stati Uniti hanno lanciato il Premio ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ nel 2021 per riconoscere le persone che hanno adottato misure straordinarie per contrastare la corruzione, nonché per dimostrare la solidarietà degli Stati Uniti con questi partner eroici’. E poi ha aggiunto: “Oggi, in occasione della Giornata internazionale contro la corruzione, riconosciamo 10 campioni della lotta alla corruzione che hanno guidato o sostenuto riforme e indagini che stanno portando un mondo più giusto e trasparente per i loro concittadini”. Ed uno di questi “partner eroici” era anche il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Chissà perché?! Ma le cattive lingue hanno subito detto che si trattava di nuovo, come nel 2021, di una “scelta” ed una sponsorizzazione fatta dalle potenti lobby negli Stati Uniti, quelle che sostengono da anni il primo ministro albanese, in cambio di “servizi e ubbidienza”, proprio per dimostrare il successo della “riforma” del sistema della giustizia in Albania. E soprattutto perché si tratta di una riforma ideata e sostenuta proprio da una di queste lobby.

    Durante questi ultimi anni il nostro lettore è stato spesso informato, sempre fatti alla mano, anche dell’operato della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata in Albania e dell’ormai nota “ubbidienza” del dirigente della Struttura, appena premiato, alle “direttive” che gli arrivavano dalle massime autorità governative, primo ministro in testa. Sono tante, veramente tante le denunce che da anni “dormono” negli uffici della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. E si tratta di denunce che coinvolgono direttamente il primo ministro, suoi famigliari ed alcuni suoi stretti collaboratori. Si tratta di una realtà confermata anche dalle dichiarazioni fatte dal noto procuratore antimafia italiano Nicola Gratteri. E proprio lui, già nel 2019, dichiarava convinto che “In Europa, nel futuro, credo che ci impegneremo molto con l’Albania”. Anche di questo il nostro lettore è stato sempre informato (Pericolose e preoccupanti presenze mafiose, 1 febbraio 2021; Similitudini tra l’Afghanistan e l’Albania, 30 agosto 2021; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024…). Ma nonostante ciò proprio il dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata in Albania è stato tra i dieci ‘Campioni Globali dell’Anticorruzione’ per il 2024! Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe, riferendosi al sopracitato riconoscimento, è convinto che si tratta di un riconoscimento irreale e ingannevole, che offende l’intelligenza degli albanesi. E trova attuale quanto scriveva Shakespeare più di quattro secoli fa. E cioè che nella corruzione di questo mondo, la mano dorata del delitto può scansare la giustizia e si vede spesso la legge farsi accaparrare dalla sua preda. Un insegnamento che non hanno tenuto presente nel Dipartimento di Stato statunitense.

  • Tollerare certi autocrati comporta sempre gravi conseguenze

    Quando il diluvio ci minaccia, non bisogna temere di bagnarsi i piedi.

    Anton Čechov, Da “Il duello”; 1891

    La seconda guerra mondiale era finita da circa quindici anni, mentre il mondo, geopoliticamente parlando, risultava diviso in due campi avversari ed ostili. Quello democratico dei Paesi occidentali e il campo comunista, capeggiato dall’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, nota come l’Unione Sovietica. Era il tempo in cui gli Stati Uniti d’America avevano tentato di invadere, nell’aprile 1961 la Baia dei Porci in Cuba. Mentre in Italia ed in Turchia erano stati già installati missili a medio raggio PGM-19 Jupiter. Il che ha portato all’accordo segreto tra l’Unione Sovietica e Cuba per l’installazione sul territorio cubano dei missili, compresi anche quelli con testate nucleari. Dalle fotografie fatte da un aereo militare statunitense si vedevano chiaramente delle rampe con dei missili, situate a circa 140 chilometri dalle coste degli Stati Uniti d’America. Il che ha portato, nell’ottobre 1962, ad un blocco navale statunitense intorno alle coste cubane. Un blocco che venne tolto in seguito, il 20 novembre 1962, dopo lunghi e difficili negoziati tra i rappresentanti del presidente degli Stati Uniti e quelli del Segretario generale del Partito comunista sovietico.

    In una simile realtà geopolitica e geostrategica, per contrastare la crescente e preoccupante influenza di varie forme delle ideologie di sinistra, soprattutto quella comunista, nel 1961 si costituì a Santiago, la capitale del Cile, l’Unione Democratica Cristiana Mondiale. Si trattava di un raggruppamento di molti partiti di orientamento democristiano. Dopo aver cambiato alcuni nomi, dal 1999 l’organizzazione è finalmente nota come l’Internazionale Democratica Centrista (IDC – The Centrist Democrat International, CDI; n.d.a.). Attualmente in questa organizzazione si trovano raggruppati 109 partiti da 83 Paesi diversi, soprattutto dell’Europa e dell’America Latina. Durante questi quasi sei decenni a questa organizzazione hanno aderito altresì, altri partiti politici, sia di orientamento centrista che conservatore moderato. Parte integrante e attiva di questa organizzazione è anche il Partito Popolare europeo (PPE), il maggior partito dell’Unione europea. Un partito che è stato costituito nel luglio 1976. PPE rappresenta un vasto raggruppamento di partiti politici di centro-destra dei Paesi membri dell’Unione e di altri Paesi europei.

    Il 18 novembre scorso, l’Internazionale Democratica Centrista ha approvato all’unanimità una risoluzione sulla situazione politica in Albania. Si tratta di un documento ufficiale molto critico nei confronti del governo albanese, che rispecchia l’ormai ben nota e molto preoccupante realtà albanese. Una realtà  vissuta e sofferta da anni per la maggior parte della popolazione del Paese. Una realtà che, come tale, ha costretto circa un terzo dell’intera popolazione a scappare all’estero, con la speranza di una vita migliore. Una realtà, quella albanese, che ormai, soprattutto durante gli ultimi mesi, è stata trattata con oggettività da molti noti media europei e statunitensi. Il nostro lettore è stato informato di questi sviluppi a più riprese, sempre fatti alla mano (Autocrati disponibili a tutto in cambio di favori, 11 marzo 2024; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo, 3 giugno 2024; Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia; 16 settembre 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024 ecc…).

    Ebbene, la risoluzione sulla situazione in Albania dell’Internazionale Democratica Centrista ha tra l’altro evidenziato che durante questi ultimi 11 anni “….tutti i poteri sono stati concentrati nelle mani di una sola persona”. E si riferiva al primo ministro. Poi sottolineava che “…Simile alle situazioni in Bielorussia ed in Tunisia, i dirigenti dell’opposizione, i deputati del Parlamento ed i funzionari del governo locale, rappresentanti scelti dell’opposizione si affrontano con persecuzioni politiche e con imprigionamenti”. Poi nella sopracitata risoluzione si afferma che preoccupa molto “….la sfrenata corruzione, così come i legami e le influenze problematiche della criminalità organizzata”.  Aggiungendo che “la criminalità organizzata, in stretta connivenza con i cartelli della droga dell’America Latina, che sono ben diffusi in molti Paesi europei, stanno usando l’economia e la situazione politica albanese per il riciclaggio del denaro, dimostrando così un preoccupante miscuglio dello Stato e delle imprese criminali”. In seguito la sopracitata risoluzione sull’Albania dell’Internazionale Democratica Centrista tratta anche il diretto coinvolgimento delle strutture del governo centrale e locale, della polizia di Stato e molto altro, spesso anche in stretta collaborazione con la criminalità organizzata locale, che vengono usate per condizionare il voto, intimidendo i cittadini, oppure comprare il loro voto, durante le elezioni politiche ed amministrative.

    Un capitolo di questa risoluzione è stato dedicato al sistema della giustizia in Albania, affermando che “….L’Internazionale Democratica Centrista sottolinea la necessità di un [sistema] giuridico imparziale ed indipendente […]. Ci sono delle preoccupazioni legittime che le istituzioni chiave [del sistema della giustizia], che si suppone funzionare in modo imparziale, come garanti della democrazia e dello Stato di diritto, nella loro maggior parte sono diventate dei potenti strumenti della maggioranza socialista per sopprimere gli avversari politici”. Poi la risoluzione sottolinea che il sistema della giustizia “…non si può usare come arma politica a preparare il terreno per le manipolazioni elettorali, ricordandoci le tattiche dei sistemi autoritari”. In seguito la risoluzione si riferisce agli arresti politici, agli imprigionamenti, in piena violazione delle leggi in vigore, dei massimi dirigenti dell’opposizione. Una realtà questa ormai nota anche per il nostro lettore (Inconfutabili testimonianze di una dittatura in azione, 23 ottobre 2023; Preoccupante ubbidienza delle istituzioni al regime dittatoriale, 7 novembre 2023; Un dittatore corrotto e disposto a tutto, 20 dicembre 2023; Preoccupanti e pericolose somiglianze; 16 gennaio 2024; Sostegno da Oltreoceano ad un autocrate corrotto, 20 febbraio 2024; Un regime che cerca di apparire come uno Stato di diritto, 28 Ottobre 2024).

    Un’altra risoluzione sulla preoccupante situazione in Albania è stata approvata all’unanimità il 22 novembre scorso anche dal Partito Popolare europeo. La risoluzione affermava che “…La realtà dell’integrità istituzionale si riflette come corruzione endemica e mancanza di libere ed oneste elezioni, secondo gli standard dell’OSCE (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; n.d.a.). La risoluzione condannava “Ogni supponibile persecuzione politica dei dirigenti dell’opposizione”. Condannava anche “…i legami della criminalità organizzata con l’élite politica e con i funzionari delle forze dell’ordine”.

    Chi scrive queste righe condivide quanto si afferma nelle due sopracitate risoluzioni. Egli è però convinto che il diretto responsabile di una simile e preoccupante situazione in Albania sia il primo ministro. Colui che, con la sua ben nota sfacciataggine, riesce a ingannare e/o diventare “utile” per alcuni dirigenti dei Paesi dell’Unione europea e dell’Unione stessa. Si, perchè loro, non di rado, sono più interessati alla stabilità regionale e ad altri “servizi garantiti” dal primo ministro albanese che al funzionamento dello Stato di diritto in Albania. Tollerare però un autocrate come lui comporta gravi conseguenze, non solo per gli albanesi. Ma siccome essi sono i diretti interessati, almeno gli albanesi si devono rendere conto che, come scriveva Anton Čechov, quando il diluvio ci minaccia, non bisogna temere di bagnarsi i piedi. Si devono perciò ribellare contro il primo ministro, nonostante la “tolleranza interessata” nei suoi confronti di alcuni dirigenti europei.

  • Preoccupante traffico di rifiuti pericolosi

    Grazie a Dio gli uomini non possono ancora volare

    e sporcare i cieli, così come fanno con la terra!

    Henry David Thoreau

    Sul pianeta in cui viviamo, da quando fa parte dell’universo, ci sono stati sempre dei materiali che la natura stessa conservava o che scartava. In seguito, milioni di anni dopo, quando l’essere umano è diventato consapevole ed attivo, faceva lo stesso. Poi, con lo sviluppo delle attività e con l’avvio delle industrie, sono diventati sempre di più anche i materiali da scartare o eliminare. E tra quei materiali ci sono anche delle sostanze pericolose e dannose per la salute dell’essere umano, per le altre specie viventi e per l’ambiente che ci circonda e dove si vive. Però le quantità di quei materiali prodotte nei Pesi sviluppati ormai sono tali che si cerca di spostarli in Paesi meno sviluppati, in diverse parti del mondo. Paesi, questi ultimi, dove spesso manca anche la piena consapevolezza dei tanti pericoli, nonché delle tante gravi conseguenze che si devono affrontare. Purtroppo, negli ultimi decenni, non di rado si sono verificati e continuano a verificarsi molti casi di traffici illeciti transfrontalieri di simili rifiuti, pieni di diverse sostanze pericolose e nocive.

    L’aumento di simili traffici illeciti rese necessaria anche una comune e consapevole reazione a livello globale. Un obiettivo raggiunto nell’ultimo decenio del secolo scorso dopo lunghe trattative ed il diretto coinvolgimento del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. Un Programma che rappresenta un’organizzazione internazionale operativa dal 1972 in varie parti del mondo. Il compito del Programma è quello di prendere delle decisioni sulle politiche da attuare e sulle attività da svolgere nell’ambito della protezione dell’ambiente. Ebbene, in seguito ad un serio impegno del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, finalmente è stato elaborato e redatto il testo di una convenzione internazionale sul trattamento dei rifiuti pericolosi. Una convenzione firmata il 22 marzo 1989 a Basilea, in Svizzera. Si tratta della Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento. Una Convenzione che ormai  è semplicemente nota come la Convenzione di Basilea e che ha come suo principale obiettivo quello di impedire il trasferimento dei rifiuti pericolosi e dannosi per la salute dai Paesi sviluppati, dove quei rifiuti si producono, ai Paesi in via di sviluppo scelti per depositarli. La Convenzione di Basilea è entrata in vigore il 5 maggio 1992 e da allora è stata ratificata da 189 Paesi.

    In seguito all’entrata in vigore della Convenzione di Basilea, nel 1997 è stata costituita la Rete d’Azione di Basilea (Basel Action Network – BAN; n.d.a.) con sede a Seattle negli Stati Uniti d’America. Si tratta di una rete di organizzazioni specializzate che operano in varie parti del mondo per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti pericolosi, diffondere la consapevolezza sugli impatti ambientali dei rifiuti, nonché promuovere e difendere la sostenibilità ambientale. Gli specialisti di Basel Action Network, per raggiungere questi obiettivi, usano metodi e modi diversi, indagini segrete comprese. Durante la loro ormai lunga attività hanno potuto seguire molti traffici di rifiuti pericolosi in varie parti del pianeta, dalle località di partenza e fino alla destinazione. E grazie alla loro attività si sono evidenziate violazioni delle leggi in vigore e della stessa Convenzione di Basilea, oltre che da Paesi in via di sviluppo, anche da Paesi molto evoluti dell’Europa occidentale. Paesi che sfruttano proprio Paesi poveri e bisognosi, per depositare i loro rifiuti pericolosi.

    Esattamente quattro mesi fa, il 4 luglio 2024, dal porto di Durazzo in Albania sono partite due navi con un carico di circa 2800 tonnellate di rifiuti pericolosi. Ma per più di un mese nessuno, tranne i diretti interessati, non sapeva niente di quel trasporto illecito. Di quel traffico era stato informato però il direttore esecutivo del Basel Action Network. Lui stesso, all’inizio dello scorso agosto ha reso noto quanto era accaduto. Durante un’intervista rilasciata il 21 agosto scorso per una televisione albanese non controllata dal primo ministro, lui ha affermato che il 15 luglio scorso era arrivata una lettera che informava di un carico di rifiuti partiti dal porto di Durazzo in Albania. “Sono dei rifiuti pericolosi. Colui che ci ha scritto aveva ragione”, ha dichiarato l’intervistato. Aggiungendo che “…Siamo stati informati che il carico era uscito dal porto [di Durazzo] ed era diretto in Thailandia. Abbiamo subito contattato il governo albanese e ci hanno detto che non avevano nessuna informazione…. Da quel momento le autorità albanesi non ha risposto alle nostre domande”. Il direttore esecutivo del Basel Action Network ha altresì affermato, durante alla sopracitata intervista, che un altro carico di rifiuti pericolosi era arrivato in Cina all’inizio di quest’anno. “Vogliamo capire chi sono i produttori e gli esportatori, se [i rifiuti] arrivano dall’Europa oppure dall’Albania”, ha aggiunto lui durante l’intervista.

    Il direttore esecutivo del Basel Action Network aveva informato anche i rappresentanti dell’OLAF (Office européen de lutte anti-fraude – l’Ufficio europeo per la lotta antifrode; n.d.a.). Si tratta di un organismo indipendente all’interno della Commissione Europea costituito il 28 aprile 1999. Il suo obiettivo istituzionale allora era quello di evidenziare e combattere “le frodi, la corruzione e qualsiasi attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea”. Da allora però sono aumentati i compiti istituzionali di OLAF. E tra loro ci sono anche le indagini dei traffici illeciti che potrebbero coinvolgere i Paesi membri dell’Unione europea e i Paesi candidati all’adesione all’Unione, come l’Albania. Ad un media statunitense che si stava informando di questo trasporto, l’ufficio per l’informazione dell’OLAF ha risposto: “Noi non siamo in grado di dare dei dettagli legati ai casi che OLAF può trattare, perché si devono proteggere i dati di ogni inchiesta in corso e dei possibili processi giudiziari che possono seguire”.

    Il carico dei rifiuti pericolosi partito il 4 luglio dal porto albanese di Durazzo era destinato ad arrivare nel porto Laem Chabang, della provincia Chon Buri di Thailandia. Il Dipartimento degli Affari industriali di Thailandia, contattato sempre dal direttore esecutivo del Basel Action Network, ha risposto che “…le rispettive agenzie governative non sono state informate e non hanno dato il loro consenso per simili carichi [di rifiuti pericolosi]. … Noi stiamo coordinando e monitorando tutto per impedire questo traffico illecito”. Nel frattempo, dopo che si è saputo del traffico dei rifiuti pericolosi, le autorità albanesi, colte in flagranza di reato, sono state molto confuse e  si contraddicevano a vicenda. Hanno però ribadito che non avrebbero permesso che quel carico potesse rientrare in Albania. Ma così non è stato. Quel carico di circa 2800 tonnellate di rifiuti pericolosi è ritornato il 28 ottobre scorso nel porto di Durazzo con una nave che tuttora sta a circa un chilometro di distanza e senza essere ancorata nelle banchine. Il direttore esecutivo del Basel Action Network ha chiesto alle autorità albanesi di aprire i container in presenza di osservatori indipendenti e di fare le analisi dei rifiuti in diversi laboratori certificati. Le autorità albanesi, nel frattempo, cercano di fare lo struzzo e di non assumere le loro responsabilità. Responsabilità che derivano anche dalla Convenzione di Basilea che l’Albania ha ratificato. Mentre le cattive lingue affermano convinte che quel traffico, come anche molti altri, che da alcuni anni ormai si svolgono tranquillamente, non si possono fare senza il beneplacito dei più alti livelli del potere politico.

    Chi scrive queste righe condivide la convinzione delle cattive lingue su quel preoccupante traffico di rifiuti pericolosi. E parafrasando il noto scrittore e filosofo Henry David Thoreau, si potrebbe dire che grazie a Dio il primo ministro albanese e i suoi stretti collaboratori, criminalità organizzata compresa, non possono ancora volare e sporcare i cieli, così come fanno con la terra!

  • Un regime che cerca di apparire come uno Stato di diritto

    Più grande è la fetta presa dallo Stato, più piccola sarà la torta a disposizione di tutti.

    Margaret Thatcher

    Spesso si parla e si dibatte sul concetto dello ‘Stato di diritto’. E spesso questo concetto si confonde con quello dello ‘Stato legale’, nonostante ci sia una significativa differenza tra di loro. Si tratta di concetti che in comune hanno solo il rispetto delle leggi da parte delle istituzioni dello Stato. Cosa che accade però anche nei sistemi autocratici e dittatoriali. Invece in uno ‘Stato di diritto’ vengono rispettati e garantiti per legge tutti i diritti e le libertà dell’essere umano. E si tratta di diritti e libertà innate. Mentre molti diritti e libertà dell’essere umano non sono riconosciuti per legge dai regimi autocratici e dittatoriali. Ragion per cui non si rispettano e neanche si garantiscono.

    Il concetto dello ‘Stato di diritto’ è stato trattato già nella Grecia antica. Aristotele, circa ventitre secoli fa affermava che “… È più opportuno che sia la legge a governare che uno qualsiasi dei cittadini; secondo lo stesso principio, se è vantaggioso porre il potere supremo in alcune persone particolari; queste dovrebbero essere nominate solo custodi e servitori delle leggi”. In seguito il concetto è stato ulteriormente elaborato, adattandolo alle realtà del periodo storico, sia nel Regno Unito che in altri Paesi europei. Il concetto dello ‘Stato di diritto’ ha molto in comune con quello che è noto come Rule of Law (Imperio del Diritto; n.d.a.), fino al punto che si identificano. Nell’Enciclopedia Britannica con Rule of Law si intende un “meccanismo, processo, istituzione, pratica o norma che sostiene l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, garantisce una forma di governo non arbitraria e, più in generale, impedisce l’uso arbitrario del potere”.

    “Tutti sono attori dello Stato di diritto”. È una frase che esprime la convinzione dei dirigenti del World Justice Project (WJP – Progetto della Giustizia nel mondo; n.d.a.), fondato nel 2006 negli Stati Uniti d’America. Proprio nello stesso anno in cui un’altra organizzazione, Jeunes Européens Fédéralistes (JEF – Giovani Federalisti Europei; n.d.a.), nell’ambito delle attività denominate Democracy Under Pressure (Democrazia sotto Pressione; n.d.a.), cominciò a denunciare la violazione dei diritti dell’uomo in Bielorussia. Un Paese che allora veniva considerato come “l’ultima dittatura in Europa”.

    World Justice Project è un’organizzazione che secondo molti specialisti ed opinionisti risulta essere una delle più note organizzazioni, a livello internazionale, nel campo degli studi dettagliati e dell’informazione sullo Stato di diritto e della sua promozione. World Justice Project prepara e pubblica ogni anno anche un rapporto, il Rule of Law Index (Indice sullo Stato di diritto; n.d.a.). Un rapporto che raccoglie, elabora ed analizza molti dati che riguardano il rispetto della legge, attualmente in 142 Paesi del mondo. Sono dati raccolti direttamente, intervistando i cittadini e che servono a evidenziare il rispetto delle leggi e dei diritti fondamentali dell’essere umano. Il rapporto annuale Rule of Law Index viene redatto come una classifica di tutti i Paesi sotto analisi e che si basa sul rispetto delle libertà e dei diritti dei cittadini, sanciti dalla legge. Vengono perciò analizzati le cosiddette otto macro dimensioni dello Stato di diritto. E cioè la limitazione dei poteri governativi, l’assenza di corruzione, l’open government, i diritti fondamentali, l’ordine e la sicurezza, l’applicazione della legge, la giustizia civile e la giustizia penale.

    Mercoledì scorso, 23 ottobre, è stato pubblicato il rapporto Rule of Law Index per il 2024. In quel rapporto sono stati presentati i risultati delle analisi multidimensionali, fatte dagli specialisti del World Justice Project, per  tutti i 142 Paesi presi in considerazione. L’Albania era uno di loro. Ebbene, per il settimo anno consecutivo l’Albania registra solo dei continui regressi. Soprattutto per quando riguarda la corruzione. Riferendosi  all’indice “Assenza di corruzione” l’Albania si classifica alla 107a posizione tra i 142 Paesi analizzati. Dai dati elaborati risulta che l’Albania si percepisce come il Paese più corrotto dell’Europa. Ragion per cui entra nella “zona rosa” della corruzione, dova l’applicazione ed il rispetto delle leggi in vigore lasciano molto a desiderare.

    La corruzione, partendo dai più alti livelli delle istituzioni pubbliche in Albania, è analizzata e trattata in questi ultimi mesi anche da molti media internazionali. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò a tempo debito (Autocrati disponibili a tutto in cambio di favori, 11 marzo 2024; Clamorosi abusi rivelati da un programma televisivo investigativo, 23 aprile 2024; Altre verità rivelate da un programma televisivo investigativo, 7 maggio 2024; Nuove verità inquietanti da un programma televisivo investigativo, 3 giugno 2024; Riflessioni durante la Giornata internazionale della democrazia; 16 settembre 2024; Minacce ai giornalisti europei che denunciano una grave realtà, 7 ottobre 2024 ecc…). In un articolo pubblicato il 24 ottobre scorso dal noto quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, riferendosi alla corruzione in Albania si sottolinea che molti funzionari delle istituzioni dell’Unione europea affermano privatamente che “…la corruzione esiste in tutti i campi ed è ben presente nella vita pubblica”. Nello stesso articolo si fa riferimento anche al rapporto per il 2023 del Dipartimento di Stato statunitense, in cui si afferma che “…la corruzione esiste in tutte le diramazioni e in tutti i livelli del governo”. Mentre un altro media statunitense, il Fox News Digital, parte integrante della ben nota catena televisiva Fox News, sempre il 24 ottobre scorso sottolineava che “…La corruzione, soprattutto nel sistema giudiziario, è molto diffusa in Albania e i tribunali sono spesso sotto pressione e influenza politica”.

    Anche il noto settimanale francese Nouvel Obs, lo stesso giorno, il 24 ottobre scorso, affermava che dopo undici anni che il primo ministro è al potere “…l’Albania è ancora uno dei Paesi più corrotti dell’Europa […]. Un narcostato che si sta svuotando dei suoi abitanti”.

    I media internazionali la scorsa settimana si riferivano anche al sistema “riformato” della giustizia.

    Radio France Internationale, una ben nota emittente radiofonica pubblica francese, sottolineava che “…In Albania la riforma del sistema della giustizia si presenta come un successo dalla comunità internazionale, sembra che serve molto a rafforzare l’attuale potere [politico], invece di assicurare la vera trasparenza”. Un fatto questo che “…aumenta le preoccupazioni sull’indipendenza delle istituzioni del sistema della giustizia”. Il nostro lettore da anni ormai è stato informato, sempre con la dovuta e richiesta oggettività, del controllo delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia in Albania da parte del primo ministro e/o di chi per lui. Soprattutto della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata che ormai, fatti accaduti anche in questi giorni alla mano, è diventata un’arma nelle mani del primo ministro per eliminare gli avversari politici. Lo testimoniano gli arresti domiciliari da dieci mesi ormai e senza prove del capo dell’opposizione, ex presidente della Repubblica ed ex primo ministro. Così come lo testimonia l’arresto brutale lunedì scorso, 21 ottobre, di un altro ex presidente della Repubblica, ex presidente del Parlamento ed ex primo ministro. Quest’ultimo è stato precedentemente alleato con l’attuale primo ministro (2013-2017), per poi diventare un suo avversario politico. Anche di questi arresti hanno scritto i media internazionali la scorsa settimana.

    Chi scrive queste righe è convinto che in Albania dal 2013 è stato restaurato un regime autocratico. Si tratta di una nuova dittatura sui generis, di un regime che cerca di apparire come uno Stato di diritto. Ma non lo è per niente. Spetta ai cittadini albanesi reagire, perché, come affermava Margaret Thatcher, più grande è la fetta presa dallo Stato, più piccola sarà la torta a disposizione di tutti. E lo Stato in Albania non è uno Stato di diritto ma, bensì, uno Stato corrotto e che abusa.

  • Cosa potrebbe accadere in seguito e delle scelte pragmatiche

    Sì, ne era convinto John Maxwell Coetzee, noto scrittore sudafricano e vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 2003. Per lui “il pragmatismo vince sempre sui principi”. Aggiungendo anche che “è così che vanno le cose, l’universo si muove, la terra cambia sotto i nostri piedi; i principi sono sempre un passo indietro”. Una sua convinzione basata sulla sua lunga esperienza di vita sia in Sudafrica che in altri Paesi ed espressa nel suo libro Summertime (Tempo d’estate, n.d.a.), pubblicato nel 2009. Il sostantivo ‘pragmatismo’ ha le sue origini nella lingua greca antica. In quella lingua prâgma significava un ‘fatto, una cosa concreta’. Nei dizionari e nelle enciclopedie con la parola pragmatismo si intende una scelta, un comportamento che punta a far prevalere e preferire i risultati concreti e pratici più che i principi e/o i valori morali.

    Venerdì 18 ottobre è stata resa nota la decisione della sezione per i diritti della persona e immigrazione del Tribunale di Roma sui primi profughi arrivati in Albania con la nave “Libra” della marina militare italiana due giorni prima, il 16 ottobre. Un trasferimento fatto in base all’Accordo, noto come il “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”, firmato a Roma il 6 novembre 2023 dalla Presidente del Consiglio dei ministri italiano e dal primo ministro albanese. Un Protocollo ratificato in seguito, nel febbraio scorso, sia dal Parlamento italiano che da quello albanese.

    I giudici del Tribunale di Roma non hanno convalidato il trattenimento dei dodici profughi nei due Cpr (centri di permanenza per il rimpatrio; n.d.a.). La decisione sanciva che “…il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”. Per i giudici della sezione per i diritti della persona e immigrazione del Tribunale di Roma…“I due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia.”.

    Il 4 ottobre scorso la Corte di giustizia dell’Unione europea si è espressa in seguito ad una richiesta presentata dalla Repubblica Ceca, in base ad una domanda di protezione presentata da un cittadino moldavo. Una domanda rifiutata perché le autorità ceche avevano ritenuto la Moldavia come un Paese sicuro, ad eccezione di una sua parte, la Transnistria. Bisogna sottolineare che il diritto dell’Unione europea riconosce come sicuro tutto il territorio di un Paese terzo in questione, e non solo una sua parte. Ebbene, proprio in base a quella norma di diritto, il 4 ottobre scorso la Corte di giustizia dell’Unione europea ha deciso che “…i criteri che consentono di designare un Paese terzo come di origine sicura devono essere rispettati in tutto il suo territorio”. Bisogna tenere presente che le decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea condizionano anche le sentenze dei sistemi giudiziari di tutti i Paesi dell’Unione, Italia compresa.

    Ovviamente le reazioni in Italia dei massimi rappresentanti sia dell’opposizione che della maggioranza, per ovvi motivi diversi, sono state molto dure.

    Le reazioni sono state tante, forti e motivate anche in Albania, criticando l’Accordo e mettendo in evidenza il suo fallimento. Reazioni fatte però solo dai rappresentati dell’opposizione, da quei pochi media che il primo ministro non riesce a controllare, da noti analisti e dagli abitanti delle aree dove sono stati costruiti i due Cpr. Delle forti reazioni, come quelle fatte dopo la firma dell’Accordo il 6 novembre scorso. Reazioni che allora erano molto critiche soprattutto nei confronti del primo ministro, che aveva fatto tutto senza la ben che minima trasparenza, in piena violazione della Costituzione. Allora il primo ministro albanese, alcuni suoi ministri e tutti i media da lui controllati hanno difeso con entusiasmo l’Accordo. Le cattive lingue dicevano allora che lo facevano per avere il supporto della presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia, nonché degli alti rappresentanti italiani nel Consiglio europeo e nelle altre istituzioni dell’Unione. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di tutto ciò (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi, 14 novembre 2023; Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano, 21 novembre 2023; Mai accordarsi con individui inaffidabili, 27 maggio 2024; ecc…). Ma in seguito “l’entusiasmo” del primo ministro albanese sull’Accordo” cominciò a svanire. Lui cominciò a “liberarsi” dalle sue responsabilità già da alcuni mesi fa. Durante un’intervista rilasciata ad un giornalista de La Repubblica nel maggio scorso lui, riferendosi proprio all’Accordo, ha dichiarato che “Ci saranno ricorsi, verrà bloccato dalla burocrazia italiana e dalle regole Ue”. Invece adesso, dopo la sopracitata decisione del Tribunale di Roma il primo ministro non ha detto una sola parola. Si nasconde come fa sempre quando si trova in difficoltà. Chissà perché?!

    Nel frattempo il primo ministro albanese continua vigliaccamente a tacere. Fa male perciò la sua “cara amica Giorgia” a fidarsi di lui. Lei che con l’Accordo del 6 novembre 2023 sui migranti con l’Albania, tra il pragmatismo ed i principi ha scelto il primo. “Il pragmatismo vince sempre sui principi; è così che vanno le cose”, scriveva John Maxwell Coetzee nel suo libro “Tempo d’estate”. Chissà se funzionerà anche questa volta? Di una cosa però la presidente italiana deve essere attenta, dell’infedeltà del suo “caro amico”, il primo ministro albanese.

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