Avvocati

  • Toghe&Teglie: insalata di patate e bottarga

    Buona settimana a tutti i lettori, sono Manuel Sarno, curatore anche della rubrica sulla Giustizia e fondatore del Gruppo Toghe & Teglie: questa volta dovrete sopportarmi in due sezioni de Il Patto Sociale, qui con qualcosa di più digeribile delle news sulle mirabolanti imprese delle Procure.

    Vi propongo un piatto semplicissimo che per davvero non richiede indicazione puntuale delle quantità e che ho imparato a fare frequentando il minuscolo e delizioso ristorante gestito a Milano da Pietro Paolo Virdis, ex centravanti della Nazionale, e da sua moglie. Nessun altro: lui in sala – termine generoso, saranno dieci posti a sedere in tutto – a servire e la signora in cucina.

    Si tratta di una preparazione che può essere presentata sia come antipasto che come contorno e, perché no? Persino un piatto unico se non si è affamati…e, comunque, dipende dalla porzione!

    Molto bene, siete pronti? Procuratevi delle patate con la buccia rossa e la pasta gialla che sono le migliori un po’ per tutti gli usi, compresa la bollitura, e fatele cuocere in abbondante acqua salata.

    Mentre le patate cuociono grattugiate o tagliate a scagliette della bottarga fresca di muggine o di tonno evitando come una malattia infettiva quella già in polvere, giacente da tempo immemorabile in vasetti ed esposta sugli scaffali dei supermercati.

    Quando le patate saranno cotte, pelatele e tagliatele come preferite: va benissimo anche divise a metà eliminando una fettina del sottostante per farle stare dritte sul piatto e conditele con olio evo, regolate di sale senza esagerare e aggiungete una spolverata di pepe profumato.

    La guarnizione con la bottarga è, altrettanto, a scelta: nel piatto in foto avevo scelto di farla a scaglie e stenderla sul piatto poggiandovi sopra le patate a tocchetti ma può essere benissimo aspersa sopra sia a scaglie che – come detto – grattugiandola.

    Non serve altro, se non impiattare un po’ meglio di quanto io sia capace e mettersi a tavola.

    Alla prossima!

  • Toghe&teglie: carciofi in salsa

    Bentrovati cari lettori da Nicoletta Ughi del Gruppo Toghe & Teglie…e a chi di voi non piacerebbe trovare all’uscio una pisana come me se vi portasse in dono un piattino di codesti carciofi? Dovrete, invece, darvi da fare ed accontentarvi di leggerne la ricetta e darvi da fare per prepararli: ma è molto semplice.

    Procuratevi i carciofi – e la stagione è proprio quella giusta – puliteli bene dalle spine e dalle foglie più dure e fateli sbollentare in acqua molto calda.

    Per la salsina di condimento dovrete darvi un pochetto più da fare: in una ciotola spremete il succo di un’arancia (o più a seconda di dimensione del frutto oppure della quantità di salsa necessaria) ed unitene la scorza precedentemente grattugiata e messa da parte, aggiungete tre cucchiai di olio evo, uno di prezzemolo finemente tritato, mezzo spicchio d’aglio, un cucchiaino di paprica dolce affumicata, un pizzico di zucchero ed infine regolate di sale e pepe.

    Mescolate bene per fare amalgamare gli ingredienti, inserite in una padella e mettete a fuoco medio-basso per scaldare il condimento ma badando ad evitare che soffrigga.

    Nel frattempo tagliate i carciofi a metà, disponeteli su un piatto di portata per il servizio ed ultimate la preparazione versandovi sopra la salsina tiepida.

    Poi non ditemi che le’ difficile da fare…resta solo il tradizionale problemino che qui si va ad occhio e sentimento con le dosi ma ormai vi sarete abituati.

    Buona cucina a tutti!

  • Toghe&Teglie: linguine scampi, zafferano e burrata

    Ben ritrovati cari lettori, sono Pietro Adami, veronese, uno dei “padri fondatori” del Gruppo Toghe&Teglie: era da un po’ che mancavo con una mia ricetta da questa rubrica, più che altro perché preferisco lasciare spazio ad altri colleghi e amici evitando di sembrare privilegiato.

    Io sono uno di quelli che ama sperimentare, non leggo Giallo Zafferano o il Cucchiaio d’Argento, vado ai fornelli e mi baso su quello che ho in cambusa o su qualche idea golosa che mi è venuta pensando a come abbinare sapori ed ingredienti…come la preparazione che vi propongo con quantità rigorosamente ad occhio e sentimento.

    Procuratevi degli scampi, considerate almeno quattro o cinque a porzione per non patire la fame, puliteli, estraete la carne e con teste e carapace preparate un fumetto.

    Nel frattempo tagliuzzate la polpa al coltello e mettetela a marinare con un cucchiaino di Jack Daniel’s al miele, due di Porto ed un pesto di agrumi (limone, arancio e cedro in pari quantità) mandorle (circa 1/4 del totale) realizzato al mortaio o altro recipiente utile, qualche cappero e olio EVO.

    A parte, e sempre al coltello, sminuzzate della burratina mettendola in attesa del suo turno in una ciotola.

    Ora buttate la pasta aggiungendo all’acqua un po’ di brodo vegetale e metà del fumetto preparato all’inizio e a 3 minuti da quanto suggerito scolatela e inseritela in una padella per terminare risottandola con un po’ della sua acqua di cottura ed altro fumetto: e qui l’assaggio è fondamentale per dosare i sapori e la sapidità.

    A questo punto potete impiattare aggiungendo gli scampetti lasciati fino a quel momento in marinatura avendoli, nel frattempo, amalgamati anche alla burrata.

    In aggiunta ci sta bene qualche goccia di olio al basilico e conviene usare delle linguine allo zafferano se non volete utilizzare quello in polvere da inserire alla spadellata finale.

    Buon appetito e buon 2025 a tutti!

  • Toghe&Teglie: ‘o gatto’ i patan

    Buon Anno, buona Epifania a tutti da Emilia De Biase della sezione lombarda di Toghe & Teglie: quella della settimana è una ricetta facile facile, ma, ahivoi! con dosi a casaccio, “a occhio e sentimento”, come mio solito.

    Badate bene che non è una specialità vicentina come il baccalà di Marianna de Giudici pubblicata di recente ma tipicamente campana come le mie origini.

    Passiamo subito all’opera: fate bollire per una mezz’oretta scarsa una decina di patate di misure varie, in acqua salata, senza sbucciarle.

    A cottura ultimata, da verificare con i rebbi di una forchetta penetrando nel cuore delle patate, pelatele mentre sono ancora bollenti aiutandovi con guanti e posate, schiacciatele con l’apposito schiacciapatate in una terrina capiente, aggiungete qualche fiocco di burro, due o tre rossi d’uova, sale, pepe, parmigiano a volontà e mozzarella di bufala a tocchetti, salame rigorosamente napoletano e prosciutto cotto a dadini e mescolate.

    Ora versate il composto in una teglia col fondo e i bordi imburrati e cosparsi di pan grattato. Compattate bene con una marisa (o analogo utensile) dandogli la forma della teglia e ricopritelo con altro pan grattato, ancora tanto parmigiano grattugiato e fiocchi di burro a spiovere: per la prova costume, ripassate a maggio/giugno.

    E’ il momento di infornare a 200° in forno preriscaldato, preferibilmente statico (ma io preferisco invece la velocità e l’uniformità di quello ventilato) e fate andare fino a doratura piena: servirà all’incirca una mezz’ora di cottura e, comunque, regolatevi in base a quando si sarà formata una appetitosa crosticina ed, aprendo il forno, il profumo vi avrà invaso anche l’anima.

    A qualcuno piace caldo (comm’ ‘o gezz del film con Marilyn), a me piace anche freddo: voi provate…se rimane qualcosa dopo il primo servizio in tavola appena fatto.

    Statemi bene!

  • Toghe&Teglie: baccalà alla vicentina

    Eccomi! Sono Marianna de’ Giudici della sezione veneziana di Toghe & Teglie, incaricata da tutti i miei amici e colleghi ed a nome del Gruppo di fare gli auguri a tutti voi lettori, accompagnandoli con una mia recente preparazione che segue il disciplinare della Venerabile Confraternita del Baccalà…e non ricominciamo a lamentare la mancata indicazione delle dosi perché il procedimento è quello originale ma ho fatto tutto “a occhio”.

    Per prima cosa tagliate finissime due cipolle bianche e fatele appassire in molto olio evo finché non si saranno “sfaldate” (bisogna contare almeno una quarantina di minuti a fuoco basso).

    A questo punto sciogliete nel soffritto tre sarde spinate e dissalate e spegnete il fuoco. Nel frattempo avrete tagliato a pezzi (ciascuno di circa 4/5 cm.) il baccalà (suggerisco l’impiego di filetti già ammollati … altrimenti è improponibile!), mondatelo della pelle e togliete le spine (un lavoraccio) e passatelo nella farina bianca.

    La ricetta originale vuole che quando le sarde sono sciolte si spenga il fuoco e si aggiunga del prezzemolo: non ne vedete traccia nella foto poiché a me il prezzemolo non piace e ho saltato questo passaggio.

    Ora mettete un fondo di soffritto in una pentola di coccio, aggiungete il baccalà infarinato e cospargete con il resto del soffritto, ricoprite con del latte intero (latte, eh?! Non strani miscugli senza questo, senza quello, con pochi grassi: latte di mucca intero!) finché non arriva a livello del baccalà, aggiungete una molto generosa spolverata di grana padano e un bicchiere di olio evo, aggiustate di pepe e pochissimo sale.

    Finito? Magari… messo sul fuoco e lasciato andare a fuoco basso per quattro ore senza mai mescolarlo ma muovendolo ogni ora.

    Procedimento non particolarmente complesso ma sicuramente lungo…del resto le cose buone non si improvvisano e questa è una pietanza di bontà divina, ideale per festeggiare la fine di un bisestile e l’inizio di un nuovo anno.

    Auguri, auguri, auguri!

  • Toghe&Teglie: linguine al ragù di triglie

    Buon Natale a tutti voi! Sono Rossella Perricone, della sezione girgentana del Gruppo Toghe & Teglie…onorata di essere stata prescelta con una mia ricetta per questo numero del Patto Sociale ma, si sa, al Sud abbiano una lunga tradizione di primi a base di pesce per la cena della Vigilia…e non è solo pasta a vongole!

    La mia è semplicissima, tutto dipende dalla materia prima. Per quattro persone: triglie (non trigliette che, poi, è difficile togliere le lische e quelle che ho usato io pesavano circa gr 200 l’una) ne ho prese dieci perché il pesce deve arricchire il piatto… 300 grammi di pomodorino ciliegino, 2 spicchi d’aglio, prezzemolo a volontà, una manciata di uvetta e pinoli – in Sicilia non ce li facciamo mancare mai – e del peperoncino fresco, finocchietto, menta e basilico freschi q.b., olio evo, un cucchiaio di marsala che – pure – dalle nostre parti usiamo abitualmente in cucina.

    Per le linguine, la quantità è “a sentimento”: con le dosi che ho indicato per questo condimento 600 grammi bastano. Dite che per quattro persone, oltre a due chili di triglie è troppo? A parte che le triglie non le mangerete per intero ma queste sono dosi minime in Sicilia e, comunque, liberi di misurarle in proporzioni minori.

    Ah, servono anche delle mandorle tostate, una decina anche di queste, da frantumare.

    Passiamo al procedimento:

    In una pentola mettete le triglie intere con la testa, ben lavate, unendo prezzemolo, aglio ed un poco di peperoncino. Ricopritele di acqua e mettete sul fuoco a fiamma bassa.  Dopo qualche minuto di bollore, spegnete, togliete le triglie, filtrate il brodo e conservatelo da parte.

    Ora pulite le triglie, togliete le lische e la testa, aiutandovi con una pinzetta.

    In una padella mettete olio evo, prezzemolo, menta, basilico, ed il finocchietto, uno spicchio d’aglio (a me piace a pezzetti), pinoli ed uvetta.  Appena questi ingredienti soffriggono un po’ aggiungete i pomodorini e rosolate bene, infine unite le triglie a pezzetti regolando di sale. Dopo qualche minuto sfumate con il marsala e spegnete il fuoco.

    Ora calate le linguine e a metà cottura mettetele in padella ultimando la cottura aggiungendo mano a mano il brodo in cui avevate cucinato le triglie.

    In ultimo, al servizio e direttamente nel piatto, una spolverata di mandorle ed un goccio d’olio.

    Auguri di cuore, scialatevi in cucina con i suggerimenti culinari di tutti noi!

  • Toghe&Teglie: i canederli home made

    Buona settimana, cari lettori! Sono ancora Anna Paola Klinger della sezione Veneziana (non veneta, eh? Che sono cose diverse…) di Toghe & Teglie: avete trovato recentemente in questa rubrica la mia ricetta di una torta a base di pane raffermo ed altri ingredienti “in esaurimento” da non sprecare e questa settimana vi propongo un altro criterio per sfruttare il pane raffermo e, magari, qualcos’altro che ritrovate in dispensa che sia utilizzabile.

    I canederli! A chi non piacciono? Però fuori dal Trentino e zone limitrofe non si trovano proprio dappertutto, soprattutto di buona qualità…e, allora, fateli a casa: è molto più semplice di quanto si possa pensare e vado a dimostrarvelo.

    Per la mia più recente preparazione (dalla foto potete vedere quanti ne siano venuti con le dosi che vado ad indicare) ho usato 250 grammi di pane raffermo tagliato a dadini e poi messi in ammollo in una ciotola, bagnandoli con circa 200 ml. di latte intero già mescolato con il rosso di due uova.

    Ho lasciato riposare il composto per un po’, almeno una mezz’ora, e poi ho unito 150 grammi di speck tagliato anche quello a dadini molto piccoli e uno scalogno intero tritato e appassito velocemente in padella, 75 grammi di caciotta sminuzzata e dell’erba cipollina tritata anche lei.

    Bisogna mano a mano verificare se l’impasto risulti troppo umido: in questo caso basta aggiungere pochissima farina bianca per “salati” misurando ad occhio quantità ed effetto finale perché deve essere umido e un po’ appiccicoso ma non troppo.

    Con le mani bagnate ho realizzato, come si vede dodici canederli da cuocere in brodo bollente (meglio se di biancostato, fatto in casa) per circa quindici minuti e da servire spolverando con una generosa grattugiata di parmigiano o, se lo trovate, di ottimo grana trentino. In alternativa, i canederli, sempre fatti bollire nel brodo, possono essere scolati e conditi con burro fuso insieme a qualche foglia di salvia e sempre rifiniti con il formaggio grattugiato al momento del servizio.

    Alla prossima!

  • In attesa di Giustizia: le audaci corbellerie dei solito noti

    Probabilmente aveva ragione il Prof. Gaetano Pecorella quando, a chi gli domandava come mai avesse spostato il suo asse politico dalla estrema sinistra a Forza Italia, rispondeva che lui non si era mai mosso da quello che considerava l’unico credo: le garanzie processuali, un patrimonio disperso dall’area progressista transitata al più bieco giustizialismo e – nel tempo – divenute cavallo di battaglia (un po’ per opportunità, bisogna ammetterlo) del centrodestra, con le dovute eccezioni che confermano la regola…

    Con la riforma sulla separazione delle carriere al momento silenziata e passata in secondo piano rispetto a quella sul premierato, la madre di tutte le battaglie è diventato il contrasto alla proposta di legge volta ad istituire la giornata del ricordo delle vittime di ingiustizia da mettere in calendario il 17 giugno, giorno dell’arresto di Enzo Tortora.

    A dare il via ad una congerie di corbellerie ci ha pensato, da par suo, il Presidente della Associazione Nazionale Magistrati il quale ha pontificato contestando che quello di Tortora possa definirsi un caso di malagiustizia perché in appello è stato assolto e perché istituire una simile ricorrenza contribuirebbe a creare un clima di sfiducia nella magistratura.

    Sua Eccellenza Santalucia, probabilmente, dimentica che oltre alla categoria degli errori giudiziari riferibili solo alle revisioni di condanna divenute definitive esiste quella delle ingiuste detenzioni: il caso di chi arrestato, in ultimo, viene assolto e risarcito dallo Stato. Santalucia, inoltre, pare non essersi accorto che, riferito all’Ordine Giudiziario, l’indice di gradimento del popolo italiano, già adesso, è simile a quello che si può avere per un gattino attaccato alle gonadi. Infine quanto al presunto, finale, trionfo della Giustizia Santalucia farebbe bene a documentarsi sulla sterminata serie di abusi, soprusi, dimostrazioni di iattante disinteresse per il rispetto della legge che hanno caratterizzato il calvario di Enzo Tortora a partire dalla studiata spettacolarizzazione delle immagini, trasmesse a reti unificate, del presentatore condotto via in manette da una caserma dei Carabinieri. E siccome al peggio non c’è limite, con sprezzo del ridicolo, Giuseppe Santalucia è stato capace persino di affermare che la proposta legislativa dia un messaggio in controtendenza rispetto alle numerose giornate in memoria della legalità come se l’arresto e la via crucis fatta patire a qualsiasi innocente possano costituire le note su cui comporre un inno al crimine.

    A quelli come Santalucia servirebbe di lezione (o forse no…) ascoltare Raffale Della Valle –  l’ultimo dei grandi penalisti italiani – che si commuove quando racconta di aver pensato persino di abbandonare la professione quando si è sentito un orpello inutile, indesiderato e quasi deriso durante la difesa di Enzo Tortora, di essersi rivolto per disperazione ad Enzo Biagi che raccolse il suo grido di dolore tramutandolo in una lettera aperta al Presidente della Repubblica pubblicata in prima pagina sul Corriere, denunciando quanto stava accadendo a Napoli grazie a chi veniva definito “Il Maradona del diritto”…stic****, forse in Procura intendevano quel Maradona dell’indimenticabile gol con la mano.

    Obbedisco! Scattano sugli attenti gli sherpa dell’ANM con il PD a dettare la linea in Commissione Giustizia della Camera dove si doveva, tra l’altro, soltanto discutere della unificazione dei tre diversi disegni di legge presentati sulla istituzione della giornata delle vittime di ingiustizia: con comica vigliaccheria la scelta è stata quella dell’astensione dal voto per non essere stati approvati gli alati pensieri che i giuristi vicini al Campo Largo avevano elucubrato per definire la nozione di errore giudiziario senza indispettire i sodali togati.

    Vero è anche che, al di là dei buoni propositi, la cultura della giustizia della attuale maggioranza sembra risiedere nella raffica di nuovi reati (molti dei quali totalmente inutili) introdotti nell’ordinamento in un paio d’anni, nella ignavia rispetto alla tragedia dei suicidi in carcere e delle condizioni di vita nei penitenziari: una cultura che viene plasticamente descritta dalla intima gioia che la masturbazione mentale regala al sottosegretario Andrea Delmastro al pensiero di detenuti che soffocano nei nuovi blindati della Polizia Penitenziaria.

    In conclusione, se in qualche modo può definirsi la bagarre scatenatasi intorno a questa proposta di legge è che stiamo assistendo alla festa della ipocrisia e della viltà bipartisan.

  • Toghe&Teglie: la torta della sostenibilità

    Buone Feste a tutti da Anna Paola Klinger, sezione lagunare del Gruppo Toghe & Teglie: sì perché il periodo natalizio è ora ufficialmente iniziato anche se sono ormai settimane che i negozi offrono in vendita festoni, decori, presepi e abeti fasulli tanto che su questi articoli ci sono già i saldi mentre per comperare un panettone che non sia stato preconfezionato ad agosto (è quello il periodo in cui si preparano gli assortimenti per la grande distribuzione) non bastano 80.000 delle vecchie lire al chilo…Meglio, allora, prepararsi qualche cosa di dolce a casa, magari riciclando ingredienti, come il pane raffermo. E’ quello che vi propongo questa settimana.

    Queste le dosi ed il procedimento per dare nuova vita a circa 500 grammi di pane vecchio.

    Innanzitutto fatelo a pezzettini e bagnatelo in una ciotola con un litro di latte intero tiepido, lasciando in ammollo una mezz’ora.

    Ora strizzatelo per togliere l’eccesso di latte, aggiungete, impastando, un uovo, 100 grammi di pangrattato, 120 grammi di burro fuso e 120 grammi di zucchero. Mescolate bene fino a rendere l’impasto liscio e in ultimo unite tre mele tagliate a fette sottilissime e la buccia a listelle o grattugiata di un limone non trattato.

    A piacere potete inserire, noci, pinoli, uvetta, cannella, fichi…insomma quello che vi va o che sta per ammuffire in dispensa; fondamentali sono solo le mele.

    Stendete in una tortiera e inserite in forno già caldo a 180 gradi per circa un’ora. Fate raffreddare e spolverate in ultimo con zucchero a velo.

    Ottimo per la colazione, la merenda o a fine pasto magari accompagnato da un cucchiaio di crema al mascarpone.

    Cari saluti a tutti voi.

  • Toghe&Teglie: polpette in agrodolce

    Sono un po’emozionata, affezionati lettori di questa rubrica: per noi di Toghe & Teglie è sempre un motivo di orgoglio essere prescelti per la pubblicazione con una delle nostre ricette e per me è una delle prime volte! Mi chiamo Grazia Ignatti e, seppur di origine palermitana, appartengo alla sezione lombarda del Gruppo.

    Secondo le migliori (a seconda dei punti di vista…) tradizioni non vi fornirò dosaggi precisi degli ingredienti utilizzati per questo piatto gustoso, non esattamente dietetico (come quasi tutte le cose gustose) e di agevole preparazione.

    Procuratevi della carne macinata mista di prima scelta e, in una ciotola capiente, impastatela insieme a parmigiano grattugiato, pangrattato, uova, latte, sale, pepe e prezzemolo tritato.

    Ora mettete l’impasto a riposare un po’ fuori dal frigo, coperto da un panno, perchè gli ingredienti devono “conoscersi” e legare.

    Terminata questa fase del riposo, con il composto formate delle palline e annegatele a friggere in olio bollente senza arrivare a completa cottura. Spegnete il fuoco, stendete le polpette a “sgrassare” su un piano ricoperto con l’apposita carta e tenetele da parte.

    A questo punto, in una seconda padella, fare imbiondire una grossa cipolla bianca affettata. Appena assumerà colore aggiungete gradualmente aceto rosso e zucchero assaggiando con un cucchiaino fino a trovare il giusto equilibrio.

    Proseguire con la cottura fino a che si sentirà il profumo dell’agrodolce: è il momento di immergere le polpette aggiungendo pinoli tostati e uvetta che avrete avuto cura di far ammollare in precedenza nel marsala.

    Ultimi minuti di cottura/insaporitura e siete pronti per servire le vostre polpette: come accompagnamento sono ottime delle biete ripassate in padella con olio evo, un pizzico di farina e peperoncino.

    Buon appetito e a ritrovarci su queste colonne!

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