Avvocati

  • Toghe&Teglie: fatto in casa

    Buona settimana, sono ancora io, Ivan Vaccari della sezione romana di Toghe & Teglie, spadellatore da cucina casareccia e senza fronzoli, modesto impiattatore ma nessuno se ne lamenta…tanto quello che metto in tavola deve essere mangiato e non incorniciato ed affisso in salotto.

    Questa volta sono stato selezionato per presentarvi una pietanza tipica da fast food che sarebbe, poi, il cibo da strada, quello che si mangia in piedi, su una panchina al parco o anche camminando, magari facendosi sgocciolare le salsine sulla camicia ma detto con un anglicismo sembra fare più “fine”.

    Fatto in casa, però è meglio (chissà perché – anche in questo caso – si deve dire “home made”), perché gli ingredienti sono selezionati e freschi senza contare che seduti nel proprio tinello si gusta anche di più: parliamo dell’hamburger. Io l’ho fatto, lo faccio spesso e potete farlo anche voi!

    Per uno come quello che vedete in foto, ammettiamo che mangiarlo in piedi o appoggiati ad un bancone è complicato, procuratevi innanzitutto una salsiccia a scelta e circa un etto e mezzo di vitello scelto tritato, pelate e sminuzzate anche la salsiccia.

    Ora mischiate tutto in una ciotola ed aggiungete delle spezie a piacere tipo paprika, croste di reggiano avanzato e grattugiate, sale, pepe, salsa worchester…in massima libertà a seconda dei gusti e lasciate un po’ ad insaporire prima di formare con l’impasto delle polpette piatte e tonde.

    Nel frattempo che carni e spezie si amalgamano tagliate un pomodoro insalataro oblungo e conditelo solo con olio sale e pepe e poi mettete sul fuoco una padella con un goccio d’olio appena, il bacon e l’hamburger (con le quantità indicate ne sono venuti due belli alti…se non si è amanti dei cosiddetti smash...mamma mia, quante americanate per una polpetta di carne!)

    In un corpo a corpo finale con il colesterolo fate sciogliere sopra la carne quando è quasi cotta (non troppo, se non diventa una suola di scarpa) una sottiletta di formaggio cheddar che è la morte sua.

    Siamo all’assemblaggio…prima dell’arrembaggio: alla base ho messo una salsina verde preparata con prezzemolo, capperi, aglio, salsa di soia, aceto, olio evo, che ci sta da Dio, poi le fette di pomodoro, il (o i…se si vuole una porzione più abbondante) burger ed il bacon.

    Come guarnizione finale potete provare un’altra salsina (in questo caso sempre fatta da me) con maionese, cipolla e cetriolini tritati, worchester, e salsa bbq (un troiaio, insomma, per essere raffinati fino all’ultimo).

    Sulla scelta del pane, libertà assoluta: io non amo il pane confezionato da burger, quindi uso dei buoni panini all’olio, meglio se pane di patata, da scaldare leggermente prima della imbottitura.

    This is it…e, tanto per dare un doppio tocco di amerikano anche in chiusura, enjoy your porn food!

  • Toghe&Teglie: nostalgia anni ‘80

    Buona settimana cari lettori, sono Ivan Vaccari della sezione laziale di T&T meglio noto come l’Ayatollah della Carbonara per il rigore che impiego e pretendo nella preparazione del piatto forse più tipico della cucina romana; tra le mie passioni in cucina, però, ci sono anche ricette “classiche” da realizzare secondo una tradizione tutta italiana molte delle quali erano dei veri e propri must negli anni ’80 quando spopolavano rucola e panna in quasi tutti i piatti e l’aperitivo era il Punt & Mes con un po’ di ghiaccio e uno spruzzetto di seltz e non qualcosa di complicato messo nel bicchiere da esperti in mixology (mi pare che oggi si chiami così) che quando ti illustrano il beverone appena shakerato con bacche di piante del Borneo Occidentale sembrano dei primari che descrivono un trapianto di fegato.

    Dunque, anche se non è difficile da preparare “a sentimento” senza conoscere i processi esatti, questa settimana voglio proporvi i tortellini prosciutto, piselli e panna per rendere onore ad una golosità che definirei storica, messa in tavola per me e mia moglie non appena tornati da un week end a Londra che ha alimentato una nostalgia struggente dei nostri piatti.

    Incominciamo: intanto, i piselli! Se è stagione, suggerisco di procurarsi quelli freschi che comportano solo la minima difficoltà di essere tolti dal baccello e lavati ma il sapore è decisamente diverso…altrimenti è tollerabile l’uso di un prodotto già confezionato.

    Messi da parte i piselli, in una padella capiente mettete a soffriggere in olio evo una mezza cipolla tritata molto fine facendola imbiondire ed a questo punto aggiungete i piselli diluendo con un goccio d’acqua. Coprite, fuoco basso e fate andare per una decina di minuti e salate solo alla fine; nel frattempo tagliate a  striscioline (o a cubetti) una fetta di prosciutto cotto di alta qualità che avrete avuto cura di farvi tagliare appositamente un po’ alta dal norcino, che sarebbe, poi, il salumiere per quelli del Nord, e non quello che si trova già tagliato perché – sbaglierò – ma temo che lo facciano con gli scarti e poi non è fresco: la buona cucina, soprattutto quella più semplice, si fa possibilmente solo con prodotti freschi.

    Fate rosolare in un secondo padellino anche circa la metà del prosciutto e tenetelo da parte mentre avrete cura di mettere a bollire l’acqua per cuocere i tortellini avendo cura di scolarli molto al dente (altrimenti diventano colla per manifesti) in quanto la cottura la terminerete buttandoli in padella con i piselli aggiungendo la panna e il rimanente prosciutto e, se serve, un goccio di acqua di cottura opportunamente conservata come conviene sempre fare. Saltate per un paio di minuti a fuoco vivace ma non alto, mantecando con parmigiano grattugiato e stagionato non più di 18/24 mesi e ci sta pure bene una macinata finale di pepe profumato.

    Servite aggiungendo come decoro il prosciutto fatto rosolare in precedenza e leggermente scaldato.

    Buon appetito a tutti.

  • In attesa di Giustizia: ragionevoli dubbi

    Passa tutto in secondo piano: i referendum, i dazi minacciati da Trump, Gaza…i media sembrano interessati più che altro alle nuove indagini sull’omicidio di Chiara Poggi che mettono in dubbio il teorema, alimentato da non pochi pregiudizi elaborati dalla Cassazione e nel secondo processo di appello, su cui è fondata la condanna di Alberto Stasi che, sintetizzato, consiste in un “Poteva essere stato solo lui”.

    Se, oggi, quel ragionamento è messo in crisi è colpevole conseguenza del fatto che sia stato un processo indiziario? No perché il processo è innanzitutto logica e la valutazione degli indizi è la logica applicata al caso concreto ed è nota la distinzione tra indizio e congettura: tuttavia, nella pratica, possono verificarsi confusioni e ritenere indizio ciò che è solo una congettura. La colpa è di chi applica male le regole del processo accusatorio che si fonda sul confronto dialettico tra due parti, ciascuna delle quali si adopera a dimostrare la verità – o, meglio ancora, la sostenibilità – delle proprie asserzioni: un esito possibile è che non si raggiunga la prova della colpevolezza e l’imputato debba essere assolto. Il processo di impostazione accusatoria, cui è per natura connessa un’esplicazione totale del diritto di difesa, non offre certezza della scoperta del colpevole e per condannare vale la risalente regola di giudizio in dubio pro reo ovvero oltre ogni ragionevole dubbio avendo escluse tutte le implausibili alternative, regola sinteticamente tradotta nell’acronimo BARD (Beyond Any Reasonable Doubt) in omaggio al sistema cui il nostro si ispira, dimentichi che il diritto romano già conosceva il rito accusatorio. In sintesi, per affermare la responsabilità penale servono certezze mentre l’assoluzione si fonda sul dubbio: un principio che, pur di incontrovertibile civiltà, buon senso ed aderente al dettato costituzionale, si è ritenuto necessario – per rafforzarlo – inserire esplicitamente nel codice: tutti concetti che non è sempre agevole far metabolizzare ad una Corte d’Assise dove il problema sotteso al processo indiziario è maggiormente avvertito perché, il più delle volte, si giudicano quei fatti di sangue che appassionano il grande pubblico e animano i dibattiti televisivi e sono celebrati da un collegio di cui fanno parte (preponderante) sei giudici popolari estratti a sorte da elenchi di cittadini: questi ultimi devono avere il requisito minino del titolo di scuola media inferiore per la Corte di Primo Grado e scuola media superiore per l’Appello. Fino al 1951 contro le sentenze della Corte d’Assise non era previsto l’appello ma solo il ricorso per Cassazione sul presupposto che la Corte d’Assise è la massima espressione della partecipazione del popolo alla giurisdizione, un popolo è unico e sovrano che, a quel tempo, su circa 47.000.000 di abitanti 7.500.000 abbondanti erano analfabeti, oltre13.000.000 privi di titolo di studio ma sapevano leggere qualcosa, quasi 25.000.000 disponevano della licenza elementare, poco più di 3.500.000 di quella della media inferiore, mentre i diplomati erano 1.380.000 malcontati ed i laureati meno di mezzo milione. Oggi, i numeri sono ben diversi e su quasi 60.000.000 di abitanti il 42% della popolazione tra 18 e 74 anni ha un diploma di scuola superiore ed il 41% la licenza media, il 29% ha una laurea…ma il problema non è solo del grado di scolarità ma della suggestione che un po’ tutti possono subire in taluni occorsi rimane immutato.

    Anche i due giudici togati che ne fanno parte devono avere qualifiche di grado particolari ma il dato appare irrilevante, visto il livello di professionalità acquisito (presuntivamente) con promozioni automatiche per il decorso del tempo.

    C’era, peraltro, un motivo recondito nel divieto di appellare le sentenze della Corte d’Assise fino a metà del secolo scorso, successivamente possibile sia per l’imputato che per il P.M.: evitare la confusione e stupore (quella cui assistiamo quotidianamente leggendo un giornale o guardando la televisione) che nel popolo – che con i suoi rappresentanti aveva pronunciato quelle decisioni – derivano da sentenze contrastati.

    Se oggi non è più così, solo nel 2017 è stato previsto il divieto – salvo che per tre limitate ipotesi di violazione di legge – di fare ricorso per Cassazione da parte del Pubblico Ministero dopo una doppia sentenza di assoluzione: il che costituisce ben più che il fondamento di un ragionevole dubbio.

    I dubbi sono, dunque, connaturati al processo indiziario: se non si possono trasformare in ragionate certezze l’assoluzione è una via obbligata…e se l’emergere di prove nuove ne fa sorgere su una colpevolezza già conclamata è giusto che un processo ricominci daccapo: il giudicato non è indissolubile, particolarmente se in favore del condannato ed è per questo che esiste l’istituto della revisione. Confidando di aver fatto, o almeno tentato, un’operazione di chiarezza, la rubrica ha cercato di tradurre per i profani i concetti sottesi a una basilare regola di giudizio perché a tutti potrebbe capitare di essere chiamati al ministero di giudice popolare ed è in nome di tutti i cittadini che vengono pronunciate le sentenze. E non solo quelle giuste.

  • Toghe&Teglie: uova alla Jova

    Viva l’Italia e viva la Repubblica, cari lettori! Sono Tania Mannino della sezione milanese di Toghe e Teglie e questa settimana tocca a me proporvi una pietanza che ho realizzato dopo averla vista spopolare sui social media: le uova alla Jova, così chiamate perché ispirate – così pare – alla colazione di Jovanotti ed, in effetti, la loro destinazione naturale è proprio il primo pasto della giornata per garantire un apporto di proteine ed energia senza appesantire e senza, soprattutto, il contributo di grassi e fritti perché nella ricetta (come vedrete) non c’è spazio per olio, burro ed il benchè minimo condimento, al limite un pizzico di sale e pepe destinato ai tuorli.

    Ingredienti per la preparazione? Solo uova: io ne ho usate due per ogni porzione dopo aver separato l’albume dal tuorlo.

    In una ciotola sbattete con energia il bianco, a mano con una frusta se volete aggiungere un po’ di “palestra” alla colazione energizzante, oppure con la planetaria: l’importante è che il composto finale risulti molto compatto.

    A questo punto un trattamento analogo, usando una forchetta, riservatelo ai rossi sbattendoli per bene e poi spalmateli con un pennello da cucina su carta da forno già distesa su una teglia disegnando dei cerchi.

    Con un cucchiaio disponete ora tante montagnette di albume quanti sono i cerchi di tuorlo ed usando sempre il pennello ricopritene l’esterno non importa se tutto o solo la sommità o i lati.

    Con questo la preparazione è terminata e nel frattempo avrete portato il forno ventilato a 180° (in alternativa si può usare una friggitrice ad aria alla stessa temperatura): inserite la teglia e fate cuocere per 5/6 minuti e – comunque – finché l’esterno apparirà dorato e leggermente “crostoso”.

    Vanno mangiate subito e, del resto, è improbabile che ne avanzino perché sono leggerissime e molto sfiziose.

    A presto!

  • Toghe&Teglie: polpo arrosto su crema di peperoni

    Cosa si festeggia questa settimana, un compleanno, una Prima Comunione, la proclamazione della Repubblica? Sono Alessandro Occhionero del Gruppo Toghe & Teglie, cari lettori, e quale che sia il festeggiamento – ed anche se non ve n’è uno – vi propongo la ricetta una pietanza davvero semplice, gustosa ed anche di gradevole effetto visivo!

    In una in una pentola alta molto calda (io ho usato eccellente Le Creuset di ghisa) mettete senza aggiungere olio il polpo già lavato, scorza di limone, maggiorana ed un pezzetto di zenzero…niente sale!

    Fate andare con coperchio a fuoco basso e girando almeno una volta fino a che il polpo diventa morbido.

    A parte, in una padella, fate soffriggere aglio tritato fine e peperoncino con olio evo, poi aggiungete dei peperoni corno tagliati a strisce sottili e spadellate aggiungendo in finale capperi dissalati e olive; ora regolate di sale e pepe e fate andare a fuoco moderato per una decina di minuti.

    Spegnete e frullate la metà circa dei peperoni circa con l’aggiunta di un goccio di acqua (se serve) fino a farne una crema.

    Nel frattempo anche il polpo sarà cotto: tagliatelo e rimettetelo nella sua pentola coprendolo con il suo sugo di cottura, riscaldate leggermente ed infine impiattate: alla base la crema poi i peperoni non frullati ed infine il polpo con un giro di olio a crudo, maggiorana e una grattata di scorza di limone.

    A tavola!

  • In attesa di Giustizia: quarto grado

    Il titolo non inganni: questo non sarà un commento alla trasmissione condotta da Gianluigi Nuzzi su Rete 4, bensì all’esito dell’ultima (forse) intrapresa giudiziaria di Piercamillo Davigo, colui che sosteneva l’inutilità del giudizio di appello, che tutti i mali della giustizia sono prodotti da avvocati senza scrupoli che pur di guadagnarsi una parcella sommergono le Corti di appelli e ricorsi, ragione per cui ridare ossigeno al sistema è possibile solo eliminando le impugnazioni. Ce ne sarebbe anche un altro: eliminare la difesa, ma questo lo ha, probabilmente, lasciato intendere confidandosi in tutta sincerità solo con il suo fido sodale Marco Travaglio. Quest’ultimo, al pensiero, ha avuto un orgasmo suggerendo in seguito alla moglie di raccontargli delle favole in cui gli Albi degli Avvocati bruciano come in una scena di Farenheit 451 eccitandolo in modo da facilitare il pagamento del “debito coniugale”.

    Ma torniamo a Davigo: condannato in primo grado a Brescia per rivelazione di segreti di ufficio ha ricorso in appello smentendo se stesso anche a proposito del dogma che non ci sono innocenti ma solo colpevoli che la fanno franca. Sentenza confermata e successivo ricorso in Cassazione: rigettato anche questo e siamo ai canonici tre gradi di giudizio…non pago, Piercamillo ha chiesto ai suoi avvocati (ne ha due, idealmente superstiti dell’auspicato sterminio) di proporre ricorso straordinario per Cassazione che in pochi sapranno di cosa si tratta: è un istituto relativamente recente, introdotto nel 2017 su sollecitazione della Corte Costituzionale che mette in discussione il principio di intangibilità del giudicato ma solo in casi assolutamente eccezionali se si tratta di far porre rimedio ad un errore materiale o di fatto dei giudici stessi della Cassazione.

    E’ accadimento assai raro che “cane mangi cane” e, nello specifico, che i giudici di una Sezione della Corte dicano che i colleghi di un’altra abbiano preso fischi per fiaschi; i dati dell’annuario statistico del 2024 parlano chiaro: su circa 47.000 procedimenti definiti in sede di Legittimità i ricorsi straordinari costituiscono lo 0,9% e di questi solo 25 sono stati accolti tutti gli altri dichiarati inammissibili o rigettati: tra questi, nell’Anno del Signore 2025, c’è anche quello del Dottor Sottile: poker!

    Finirà qui? Davigo per il momento tace ma non è escluso che decida di andare oltre, dopo essersi ritrovato accanito sostenitore della fallibilità dei giudici e della incompetenza dei P.M.: sono lontani i tempi (gli “anni ’90) quando sosteneva che i giudici sono il meglio della società italiana ed i P.M. il meglio del meglio del meglio…Ora Davigo avrebbe la possibilità di chiedere un quinto grado di giudizio dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

    Dell’uomo che intendeva rivoltare l’Italia come un calzino è rimasto solo un ex magistrato che ha concluso la sua carriera commettendo un reato e che si godrà la lauta pensione (dopo aver fatto ricorso al T.A.R. ed al Consiglio di Stato anche contro il pensionamento, collezionando altre due sconfitte) da pregiudicato perché tale è secondo una brutale ma esatta definizione che segna la nemesi della tirannide delle manette, dell’egocentrismo e delle pretese purificatrici della società per via giudiziaria

    Ei fu…

  • Toghe&Teglie: pasta, patate e provola

    Cari lettori de Il Patto Sociale, ben ritrovati! Sono Emilia De Biase della sezione lombardo-campana di Toghe & Teglie e questa settimana sono stata prescelta per proporvi la mia versione di un piatto tradizionale napoletano: past patan e provl (la traduzione la trovate nel titolo); come ben sapete qui si va a sentimento e ad abbondanza di dosi con ingredienti solitamente molto molto semplici e naturali e suggerisco di fare altrettanto.

    Iniziate preparando un buon brodo vegetale facendo bollire per almeno per un’oretta cipolla, carote, sedano e pomodorini in un pentolone d’acqua con poco sale. Nel frattempo mettete sul fuoco il necessario per il soffritto con olio evo in un tegame molto ampio, cipolla, carota e sedano sminuzzati fini e fate andare fino a doratura aggiungendo della pancetta a rosolare.

    A questo punto inserite nel soffritto le patate pelate e tagliate a cubetti poco prima (almeno due patate per ciascun commensale) e fatele insaporire. Aggiungete anche dei pomodorini tagliati in tre parti, molto basilico, pepe e sempre un solo pizzico di sale.

    Quando le patate raggiungono un po’ di morbidezza ma non ancora la completa cottura è ora di calare la pasta direttamente nel tegame. Io, per questa ricetta, prediligo la pasta “ammiscata” (mista) e fatela cuocere aggiungendo poco alla volta mestolate del brodo vegetale precedentemente preparato e passato attraverso un colino: la pasta verrà in tal modo “cotta ‘n cimma” cioè, come dite voi, risottata e ovviamente va rigirata continuamente perché non si attacchi al fondo: ci vorrà tanta pazienza!

    Le patate finiranno di cuocere insieme alla pasta e tutto quell’amido creerà un’ottima base cremosa. Fate attenzione a non eccedere con le diluizioni di brodo altrimenti verrà fuori un inquacchio: bisogna mantenere equilibrio tra pasta patate e brodo e quando la pasta sarà al dente aggiungete basilico senza risparmio, un altro po’ di pepe, parmigiano a volontà e togliete dal fuoco per integrare con tanta provola (personalmente preferisco quella affumicata) tagliata a cubetti. Mescolate sempre cercando di non far appallottolare il tutto aiutandovi secondo necessità con un altro po’ di brodo.

    Ora coprite il tegame con un coperchio e lasciate riposare qualche minuto (sempre a fuoco spento) per far meglio amalgamare tutti gli ingredienti.

    La pasta patate e provola può esser mangiata così subito, calda, ma anche fredda e anche il giorno dopo, ripassata in forno facendola ricoprire da una appetitosa crosticina.

    Avrete capito perché ho ripetuto più volte “poco sale”? Perché quando la provola si discioglie nella pasta e patate rilascia spesso molta salinità e si rischia che “per un acino di sale s’ perd ‘a menest”.  Altro trucco? Tenere sempre a disposizione tanto brodo vegetale. E poi un ultimo consiglio: utilizzate solo pasta di ottima qualità e di buona tenuta perché non scuocia e non formi un mappazzone.

    Buona cucina a tutti!

  • In attesa di Giustizia: nella patria del diritto è talvolta buio fitto

    Per tre giorni, ad inizio mese, c’è stata astensione dalle udienze degli avvocati penalisti:  una categoria che lo fa per proteggere le garanzie e gli interessi degli altri e mai i propri e – quindi –  rinunciando a guadagni per protestare, per esempio, contro la soppressione dell’istituto della prescrizione voluta da quel raffinato giurista di Alfonso Bonafede ed acclamata dai Davigo d’Italia che rendeva i cittadini imputati per sempre, contro l’inasprimento assurdo delle pene per certi reati, contro l’idea di carcere come unica risposta per garantire la sicurezza che ha avuto come unico risultato l’aumento del numero degli ergastoli inflitti ma non è diminuito quello degli omicidi.

    Avvocati che, se non rispettano un termine processuale, nella maggior parte dei casi non c’è rimedio, la responsabilità è loro e pagano… se, invece, un giudice fissa in 90 giorni il termine per il deposito di una sentenza e la deposita dopo sei mesi, pazienza.

    Avvocati che, se per qualche motivo depositano una querela dopo tre mesi e un giorno dal fatto, la responsabilità è loro e pagano… se il P.M. – che dovrebbe concludere le indagini entro sei mesi – si fa vivo dopo tre anni e nel frattempo l’indagato non ne sa nulla, pazienza.

    Avvocati che, se per ragioni imprevedibili, arrivano in ritardo in udienza, il giudice chiama il processo, nomina un difensore immediatamente reperibile che non conosce gli atti e lo fa discutere, la responsabilità è dell’avvocato e paga. Se il P.M. tarda, lo aspettiamo. Se il giudice tarda, lo aspettiamo. Pazienza, due volte.

    Avvocati che, se sono malati possono chiedere un rinvio per legittimo impedimento, ma il giudice può decidere che non sono abbastanza malati e allora il processo si fa lo stesso, con o senza il difensore di fiducia e lo stesso giudice può anche decidere che per l’avvocato partecipare al funerale del proprio padre non sia una ragione valida di rinvio e che non lo sia neppure assistere un figlio in tenera età che deve subire un intervento chirurgico, perché poteva andarci l’altro genitore. E sì, è successo davvero ma la pazienza si va esaurendo.

    Avvocati che, se il giudice è in maternità da tre mesi ma nessuno ha avvisato – basta una mail – che ci sarebbe stato un rinvio, si sono spostati magari da Cagliari a Monza per fare il loro dovere e pazienza ancora una volta. E’ successo anche questo e anche di peggio.

    Avvocati che, se dimenticano di citare un testimone, la responsabilità è loro e pagano…se la Procura sbaglia cinque volte una notifica all’imputato o il tribunale non fa tradurre l’imputato in udienza, si rinvia e pazienza.

    E, ovviamente, se il reato si prescrive è colpa dell’avvocato che maliziosamente usa astuti cavilli per farla fare franca al suo assistito.

    Avvocati che se commettono un errore nella gestione del processo, la responsabilità è loro e pagano. Se un giudice tiene in carcere per anni un poveraccio che poi risulta innocente, pazienza e… pagate voi.
    Ed, a proposito di proteste, quest’anno abbiano anche assistito alla pantomima dello sciopero dell’A.N.M.: hanno scioperato, senza perdere un centesimo, contro una riforma durante il suo iter parlamentare, quindi contro un Potere dello Stato, per difendere privilegi di casta e rendite di posizione e per dimostrare che loro sono al di sopra di tutto, persino del potere legislativo a cui hanno dichiarato guerra solo perché non si allinea ai loro desiderata.

    Hanno detto, però, che era per difendere l’indipendenza della magistratura, la Costituzione e i cittadini, e invece hanno fatto solo i propri interessi, come sempre, e come sempre faranno a meno che qualcuno non gli faccia capire che loro non sono la legge ma sono al servizio della legge e la legge la fa il Parlamento che rappresenta i cittadini.

    Lo fanno e lo faranno gli avvocati, anche loro posseggono la Costituzione, l’hanno letta e studiata comprensiva degli articoli sul diritto di difesa, la presunzione di innocenza ed il giusto processo…Molti magistrati sembra di no: pazienza: così si spiega perché nella cosiddetta Patria del diritto è talvolta buio fitto.

  • Toghe&Teglie: pasta crema di zucchine, merluzzo marinato e fiori di zucchine

    Buongiorno a tutti i lettori, sono Giuseppe Barreca, della Sezione Mantovana del Gruppo Toghe & Teglie, noto come l’Accademico del Baccalà e non a caso oggi sono a proporvi una ricetta a base di merluzzo nero.

    Procuratevi 500 gr di merluzzo nero (va bene anche quello bianco, l’importante che sia pescato di ottima qualità) che metterete a marinare per circa due ore in salsa di soia (non quella del supermercato ma acquistata in un negozio specializzato in prodotti orientali), olio d’oliva, pepe e poco sale; nel frattempo preparate un leggero brodo vegetale (abbastanza per cuocervi dopo la pasta e per aggiustare la crema di zucchine). Sempre durante la marinatura pulite le zucchine (se trovate quelle romane, meglio) e i loro fiori.

    Le prime, dopo averle tagliate a pezzetti, fatele andare in padella con olio, sale e una pecca d’aglio, rosolando per bene. Arrivate a cottura, trasferitele nel boccale del minipimer e lavoratele con lo stesso sino a farle diventare una crema liscia (usate prima la lama per sminuzzare e poi quella per le creme) non troppo densa, aiutandovi con l’aggiunta di brodo vegetale fatto con gli scarti delle zucchine q.b. e aggiustando in fine con una spolverata di pepe bianco e un pizzico di aglio in polvere, ma proprio un pizzico al solo fine di far emergere tutto il sapore delle zucchine e, perché no, un goccio d’olio d’oliva a crudo.

    Tenete la salsa da parte e procedete a lessare per trenta secondi i fiori di zucchina nel brodo vegetale, scolate e metteteli ad asciugare disponendoli aperti su un vassoio ricoperto di carta assorbente. Una volta asciutti, conditeli leggermente con olio, sale e pepe bianco.

    Intanto saranno passate le due ore: levate il pesce dalla marinatura, riducetelo a tocchetti di circa due centimetri e fatelo saltare in un capiente wok con un po’ d’olio per 2 minuti (praticamente devono prendere solo colore e restare belli sodi al momento).

    Ora buttate la pasta – mezze maniche o altra pasta grossa similare che più vi piace: magari la calamarata? –  nel brodo vegetale sino a due minuti dal termine di cottura al dente e poi tuffatela nel wok insieme al pesce (che tenderà a sbriciolarsi ma non preoccupatevi, va bene così) e, poi, portatela al giusto punto di cottura aggiungendo la salsa di zucchine a vostro piacimento.

    Pronta!
    Impiattate sistemandovi sopra i fiori di zucchina.

    Buon divertimento, magari accompagnando il piatto con un buon vino rosè: io ci ho abbinato uno Champagne Edouard Brun Premier Cru.

  • Toghe&Teglie: toast di zucchine

    Bentornati al lavoro dopo un lungo periodo di festività, cari lettori: sono Tania Mannino della sezione lombarda di Toghe & Teglie e come tutti, recentemente, mi sono un po’ “lasciata andare” tra pranzi in famiglia ed eccessi vacanzieri…è, allora, giunto il tempo di rimettersi in forma senza rinunciare a qualcosa di appetitoso come il toast di zucchine che vi propongo che – volendo – possono essere sostituite con identica preparazione con delle patate mentre non vanno bene le melanzane che rilasciano troppa acqua.

    Facilissimo: procuratevi delle zucchine di discrete dimensioni, lavatele, pulitele e affettatele a rondelle abbastanza sottili e stendetele affiancate in modo da formare dei rettangoli su una teglia ampia ricoperta di carta da forno e cosparsa con uno strato sottile di parmigiano grattugiato.

    Terminata questa operazione, dopo averla unta leggermente con dell’olio spray, cospargete anche la parte superiore dei rettangoli di zucchine con un velo parmigiano grattugiato, volendo mescolato con un poco di farina di riso. Ora infornate a 180° fino a che non vedrete formarsi la crosticina superiore, nel caso, terminate la preparazione con una velocissima “passata” di grill badando di non far bruciare la parte superiore delle zucchine e abbrustolire troppo il formaggio che – oltre a dare sapore – contribuisce alla relativa “stabilità” delle sfoglie.

    Il risultato vi consente l’utilizzo come semplice contorno oppure – e questo è il consiglio – ricavarne dei saporiti toast sovrapponendone due imbottite come preferite: bacon croccante, prosciutto cotto, (il crudo non è ideale non meno del salame o della bresaola) oppure tacchino da soli o abbinati con del formaggio. L’“esemplare” che si può vedere in foto è stato realizzato con tacchino e cream cheese e, anche se non si vedono, pomodori datterini tagliati sottilissimi: gustoso, saziante e sufficientemente “light”, perfetto per un pranzo leggero che si può anche mettere nella “schiscetta” e gustare freddo.

    Da evitare come il Covid 19 “Briatorate” con Pata Negra, caviale iraniano o salmone selvaggio dell’Alaska.

    Buona rèmise en forme!

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