Ambiente

  • Gli Stati membri dell’UE sostengono la proposta della Commissione di imporre dazi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina

    La proposta della Commissione europea di istituire dazi compensativi definitivi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina ha ottenuto il sostegno degli Stati membri dell’UE necessario per l’adozione dei dazi. Si tratta di un ulteriore passo in avanti verso la conclusione dell’inchiesta antisovvenzioni della Commissione.

    Parallelamente l’UE e la Cina continuano a lavorare intensamente per esplorare una soluzione alternativa che sia pienamente compatibile con l’Organizzazione mondiale del commercio, adeguata ad affrontare le sovvenzioni pregiudizievoli accertate dall’inchiesta della Commissione, monitorabile e applicabile.

    Un regolamento di esecuzione della Commissione contenente le conclusioni definitive dell’inchiesta deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale entro il 30 ottobre 2024.

  • La via Emilia (e Romagna) secondo Albasi: salute, sicurezza e territorio

    Salute, territorio e sicurezza sono i tre temi che Lodovico (Lello) Albasi, sulla base della sua esperienza come sindaco di Travo dal 2009 al 2024, viceprresidente dell’Unione Montana valli Trebbia e Luretta con delega alla scuola e ss45 (dal 2019 al 2024) e oggi di consigliere provinciale (con delega alla viabilità, trasporto e ss45), indica come prioritaria per l’Emilia Romagna, in vista del rinnovo del governo regionale alle elezioni del 17-18 novembre.

    Dire che la salute deve essere una priorità è facilissimo: primum vivere. Ma in concreto cosa significa?

    «Nonostante la recente buona partenza dei Cau (Centro di Assistenza Urgenza), dobbiamo proseguire a rafforzare l’offerta di cura ai cittadini adeguando i servizi della rete degli ospedali di comunità, migliorandone la regia per evitare sovrapposizioni e aprendo snelle strutture di prossimità nei quartieri. In tal modo si ridurranno drasticamente liste e tempi d’attesa, lasciando ai Pronto Soccorso solo la gestione delle emergenze. L’invecchiamento della popolazione impone la necessità di avere un occhio di riguardo per le persone anziane, sia per favorirne la qualità di vita, sia per ridurre il costo sociale delle patologie croniche. In questo caso la telemedicina può essere di grande aiuto per evitare trasferte disagevoli, anche riguardo i disabili, lasciandoli nel proprio ambito familiare, nel rispetto della loro dignità. Obiettivo che potremo raggiungere con la collaborazione dei medici di base che, se riusciamo a sgravarli da un carico burocratico troppo spesso oneroso, possono tornare ad offrire la propria professionalità ed avere un rapporto più stretto col paziente.

    Discorso a parte merita il nuovo polo ospedaliero che coprirà una superficie di 117mila metri quadri con 498 posti letto e 8 sezioni sanitarie. Oggi è più che mai urgente recuperare velocemente tutte le risorse necessarie e accelerare i lavori per portare a completamento l’intera opera e l’adeguamento delle infrastrutture viabilistiche».

    Ecco appunto: parliamo di sostenibilità di bilancio. La sanità pubblica non si paga, non direttamente. Eppure si paga, perché occorre trovare le risorse nel bilancio della pubblica amministrazione.

    «Il PNRR ha stanziato 1 miliardo di euro per realizzare 307 Ospedali di comunità entro il 2026. Si tratta di strutture sanitarie territoriali, rivolte a pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minore o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che necessitano di assistenza e sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio o in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale o familiare). Realizzare nella nostra provincia e soprattutto in quelle aree pedemontane penalizzate dai servizi, servizi diagnostici dislocati in punti strategici del territorio, per facilitare l’accesso in modo rapido e snello a tutti, sarebbe per me un traguardo di civiltà: le persone non possono sottostare a lunghi trasferimenti e attese, devono poter contare su un servizio di maggiore vicinanza».

    Primum vivere significa anche non dover gravare sulla sanità pubblica in seguito a violazioni della propria incolumità personale…

    «Mi piacerebbe che ci fosse un maggiore e migliore coordinamento tra i vari organismi preposti al controllo e alla sicurezza del territorio, introducendo anche il controllo di vicinato. Obiettivi che si possono raggiungere incrementando gli ausili di video sorveglianza e, soprattutto, potenziando le forze dell’ordine che attualmente sono sotto dimensionate».

    Anche la natura, mi si perdoni la mezza battuta, in Emilia Romagna pare piuttosto aggressiva, ogni anno…

    «Il cambiamento climatico sta mettendo in evidenza una fragilità dovuta troppo spesso alla mancanza di interventi non realizzati nel passato. Il dissesto idrogeologico ha ormai carattere di emergenza: è urgente fare un programma serio di messa in sicurezza e ripristino di aree trascurate che comprenda anche un progetto di viabilità. Facilitare l’accesso alle nostre valli consentirebbe anche di sviluppare un turismo di qualità, abbiamo un’offerta incredibile di borghi antichi, castelli medievali, boschi, percorsi enogastronomici, trekking. Sono luoghi unici, con identità esclusive, ricchi di eccellenze da scoprire che potrebbero favorire lo sviluppo di strutture ricettive diffuse. Le valli sono il polmone verde della nostra Provincia, tutelarle significa molto per la salute di tutti i piacentini».

    Stiamo parlando di tutela del territorio o di marketing territoriale?

    «È difficile fare una graduatoria delle bellezze e delle opportunità che offrono le nostre splendide valli, ma dovendo fare una scelta al primo posto metterei territorio e persone. Territorio come immensa varietà paesaggistica, biodiversità, storia, cultura, buona cucina e salubrità. Persone come depositarie di grandi valori legati alla tradizione, al reciproco sostegno, alla forza di carattere e a un bagaglio di preziose conoscenze che non può andare perduto. Sono cresciuto in queste zone e vado fiero del senso di comunità che mi è stato trasmesso. Quando mi guardo intorno e mi riempio di queste bellezze, quando osservo come vive e agisce la gente cresce in me un grande desiderio di migliorare le condizioni di vita, di offrire più opportunità ai giovani, di muovere l’economia, di valorizzare e tutelare queste terre. Affinché queste valli possano diventare luoghi veramente sostenibili, da ogni punto di vista: sociale, economico e ambientale».

    Touché, mi ha preso proprio alla lettera. Ma torniamo al nocciolo della domanda iniziale: la protezione rispetto alla natura matrigna.

    «Che la Pianura Padana sia una delle zone più inquinate d’Europa è cosa risaputa, la conformazione geografica, chiusa tra arco alpino e appenninico, non permette all’aria di circolare come dovrebbe. Piacenza mostra un carico di inquinamento maggiore a causa del traffico, del polo logistico e dell’agricoltura, un recente rapporto di Legambiente la colloca tra le 9 città più inquinate in Italia e la prima a livello regionale. Qualcosa è stato fatto per migliorare questo parametro, infatti le rilevazioni 2023 dell’Arpa hanno registrato un miglioramento, ma non è sufficiente soprattutto perché a breve entreranno in vigore le nuove direttive europee ancora più restrittive. Ritengo si debba superare l’abitudine ad intervenire con azioni di emergenza, come il blocco del traffico per esempio, e progettare un piano integrato che comprenda interventi più sostenuti sul fronte della viabilità (bike e car sharing), della transizione digitale, della transizione energetica, della riduzione di emissioni e del potenziamento del verde cittadino. Ci sono ampi margini per salvaguardare e incrementare il verde, penso per esempio che potremmo creare polmoni verdi attorno alla città con ampi parcheggi per limitare la mobilità in centro come suggerito dal progetto PUMS (Piano Urbano della Mobilità) già in essere e da potenziare. La congestione del traffico e l’aria inquinata si ridurrebbero con una positiva ricaduta sulla salute dei cittadini».

    Problema vero, non voglio passare per negazionista. Mi pare però che al momento sia più urgente quel che dal cielo è precipitato su larga parte della Regione piuttosto che quello di poco pulito che continua ad albergare nell’aria.

    «Se guardo al futuro della mia Regione e della terra nella quale sono nato e cresciuto, vedo gente capace di rialzarsi da terremoti e alluvioni mentre con le maniche della camicia arrotolate riesce a strappare un sorriso e a rinascere dalle rovine. Vedo la gente delle nostre valli così fiera di far parte di una comunità, vedo filari di vigne e alberi da frutto crescere nelle asperità di queste estati roventi, vedo bambini che corrono nei prati e vedo la mia città, Piacenza, che si colora a festa di bianco e di rosso per le celebrazioni della Primogenita d’Italia. Se chiudo gli occhi vedo gente orgogliosa delle proprie origini, sana, capace di fare rete, di accogliere. Vedo una comunità umana e la mia voglia di contribuire al bene comune si fa grande. Perché il benessere condiviso è la base della felicità».

  • 447 milioni di fondi Ue per l’alluvione in Romagna e Toscana del 2023

    Anche l’Italia usufruirà dello stanziamento di 1.028,54 euro che il Consiglio europeo ha destinato ai paesi colpiti da catastrofi naturali. All’Italia sono stati assegnati 446,64 per le gravi alluvioni che si sono verificate in Emilia Romagna nel maggio 2023 (378,83 milioni) e in Toscana nei mesi di ottobre e novembre 2023 (67,81 milioni). Il ricorso al Fondo di solidarietà dell’Unione europea è stato salutato positivamente da Coldiretti che, tuttavia, ha lamentato il ritardo dell’operatività del sostegno.

    Come si legge nel Il Punto di Coldiretti, “gli aiuti sono arrivati dopo un anno in cui le aziende italiane delle aree colpite hanno dovuto fronteggiare i gravi danni subiti. In Emilia Romagna”, si sottolinea, “le otto aziende su dieci che beneficeranno dei fondi (e che non hanno ancora ottenuto ristori) sono state travolte nei giorni scorsi dal nuovo devastante alluvione. Coldiretti ha perciò contestato i tempi lunghi della burocrazia che non riesce ad attivarsi rapidamente per affrontare le emergenze che gli agricoltori si trovano affrontare. Coldiretti ha indirizzato una lettera al Governo affinché chieda alla Commissione Ue di rendere operativi anche in Italia i fondi di coesione per un totale di 10 miliardi al 100% a fondo perduto”.

  • In Romagna piove sempre sul bagnato

    Il 2 e 3 maggio di quest’anno, 2024, ero a Faenza con l’onorevole Gerard Collins, già ministro irlandese e parlamentare europeo, e sua moglie Ilary, che da tempo voleva vedere la città dove aveva vissuto un suo antenato.

    Faenza si era faticosamente ma con grande determinazione rialzata dalla tragica alluvione del 2-3 maggio 2023, anche se ancora molti negozi rimanevano chiusi e si vedevano ancora le tracce di quello che era stato un autentico incubo. In edicola il settimanale faentino SetteSereQui aveva un titolo a caratteri cubitali ‘Tanti cantieri, pochi rimborsi’.

    In questi giorni, a distanza di quattro mesi, Faenza e la Romagna sono nuovamente sott’acqua, le polemiche imperversano, ma l’acqua, più veloce, ha di nuovo distrutto case, aziende, territorio. Nel maggio 2023 erano state coinvolte le aree di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Bologna, Ferrara: su un’area complessiva di oltre 800 chilometri quadrati e 7 province, si erano registrate 80 esondazioni, 80mila frane. Trentaseimila persone erano dovute sfollare.

    Ora, senza entrare nelle polemiche, vorremmo però risposte ad una semplice domanda: se qualcosa non ha funzionato, ed ovviamente non ha funzionato, ci sarà una responsabilità di qualcuno o assisteremo al solito scaricabarile reciproco?

    Io so che a Milano, almeno dal 1980, si è discusso molto sul problema e le soluzioni da prendere per il Seveso e il Lambro che ad ogni pioggia forte esondavano e, dal 1980, sono passati 44 anni, si sono susseguite giunte di diverso colore politico ma il risultato non è mutato: Lambro e Seveso ancora esondano e i cittadini subiscono.

    Non vorremmo che fosse la stessa cosa per la Romagna, così come per altre zone bersagliate da esondazioni e frane, non ultime le Marche.

    Ci dovrebbe essere qualcuno in grado di superare gli impasse burocratici e che, conoscendo i territori, possa intervenire con tempestività e decisioni utili.

    Purtroppo non ci sembra che questo qualcuno ci sia stato e ci sia per l’alluvione in Romagna e siamo tristemente consapevoli che la politica sembra non aver capito che ci sono emergenze che non possono essere risolte aspettando degli anni ma che occorrono interventi rapidi e mirati, compresi gli interventi che servono a risarcire, almeno economicamente, tutti coloro che hanno visto distrutte le loro case e ‘annegati’ i loro risparmi e sacrifici.

  • Il minimo Stato

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

    Quale “sottile” senso di inadeguatezza istituzionale emerge nell’assistere al dibattito politico contemporaneo all’ennesima catastrofe.

    L’Emilia Romagna è stata ancora una volta colpita da un ennesimo disastro ambientale generato da una alluvione e le cause sono già fonte di polemica tra i diversi schieramenti politici.

    Come spesso succede nel nostro Paese, applicando il semplice principio della logica, la responsabilità andrebbe equamente divisa tra gli enti locali e lo Stato centrale. Ad ogni livello istituzionale, nel 2023, invece di collaborare per avviare una procedura d’urgenza (proprio in considerazione dei medesimi avvenimenti dello scorso anno) con l’obiettivo di raggiungere una messa in sicurezza dei fiumi liberandoli dai detriti accomunati da decenni di ideologico abbandono, si sta combattendo dalle reciproche posizioni politiche ed ideologiche una battaglia ancora una volta sulla pelle degli alluvionati.

    Il rimpallo delle responsabilità dimostra il livello culturale e di sensibilità espressi dell’intera classe politica italiana, che vede un ex presidente della Regione accusare da Strasburgo il governo in carica ed il governo che scarica ogni responsabilità sulla gestione regionale dei finanziamenti indirizzati alle problematiche territoriali.

    In questo contesto miserevole sia sotto profilo etico che culturale, tuttavia emerge una figura nuova ed assolutamente di livello “superiore” in rapporto al contesto.

    Seppure si sia ancora all’interno di una crisi i cui effetti sono ad oggi difficili da quantificare, ecco il ministro Musumeci affermare come nella sua visione consideri inevitabile rendere obbligatoria una assicurazione per gli edifici contro gli eventi atmosferici e soprattutto i danni da questi creati.

    In altre parole, lo Stato privatizzerebbe le conseguenze economiche ed ambientali causate anche, ma non solo, dalla propria incompetenza ed inefficienza operativa, in quanto emerge evidente il rapporto tra i ritardi burocratici che caratterizzano ogni messa in sicurezza del territorio in qualsiasi regione italiana e le terribili conseguenze anche in termini di vite umane. E soprattutto si libererebbe dall’onere dei costi generati dalla propria inefficienza e dei danni subiti dalla popolazione in rapporto all’evento straordinario.

    In questo contesto quindi, risulta molto difficile definire il livello istituzionale rappresentato da un ministro la cui attività è unicamente finalizzata a sollevare lo Stato da ogni propria responsabilità, così da rendere ogni iniziativa istituzionale (comunale, regionale e statale) operativa sul territorio assolutamente svincolata da ogni responsabilità, proprio in ragione dell’assicurazione o meglio del suo obbligo.

    In buona sostanza, questo ministro ha trovato il modo vergognoso di liberare tutti gli enti pubblici dalle conseguenze economiche delle proprie scelte di politica infrastrutturale che troppo spesso causano le condizioni per simili catastrofi, ma soprattutto esenta lo Stato dalle conseguenze dei propri ritardi ed omissioni che ancor più determinano il vero abbandono del territorio e che accrescono a livello esponenziale gli effetti degli eventi meteorologici.

    Mai era stato raggiunto un livello istituzionale così mediocre da un rappresentante delle istituzioni che invece di tutelare il territorio cerca di liberare lo Stato da ogni tipo di responsabilità.

    Lo Stato interpretato da simili figure politiche si avvia verso la sua minima caratura istituzionale.

  • Drought leaves Amazon basin rivers at all-time low

    Water levels in many of the rivers in the Amazon basin have reached their lowest on record amid a continuing drought, the Brazilian Geological Service (SGB) says.

    The Madeira river, a major tributary to the Amazon, had fallen to just 48cm in the city of Porto Velho on Tuesday, down from an average of 3.32m for this day, official data showed.

    The Solimões river has also fallen to its lowest level on record in Tabatinga, on Brazil’s border with Colombia.

    Brazil’s natural disaster monitoring agency Cemaden has described the current drought as the “most intense and widespread” it has ever recorded.

    It is particularly concerning because it has worsened relatively early in the Amazon’s dry season, which typically runs from June to November.

    That suggests the situation in the Amazon may not significantly improve for some months in a region which is critical in the fight against climate change, as well as being a rich source of biodiversity.

    The links between drought and global warming are complicated, but climate change can play a role in worsening dry conditions in two main ways.

    Firstly, the Amazon basin is typically receiving less rainfall than it used to between June and November as climate patterns change.

    Secondly, hotter temperatures increase the evaporation from plants and soils, so they lose more water.

    In 2023, the Amazon basin suffered its most severe drought in at least 45 years – which scientists at the World Weather Attribution group found had been made many times more likely by climate change.

    Last year, the drought was also worsened by the natural weather pattern known as El Niño, which tends to make the Amazon warmer and drier than normal as well.

    El Niño has since ended, but the dry conditions have persisted.

    Another factor in Amazon droughts is deforestation. Around one-fifth of the rainforest has been lost over the last 50 years, for example to make way for agriculture.

    These trees provide resilience against drought because they help to increase rainfall by releasing moisture back into the air from their leaves. Without them, the Amazon is more vulnerable.

    President Luiz Inácio Lula da Silva has pledged to halt deforestation completely by 2030.

    But the current drought – which has helped fires to spread – highlights some of the challenges of limiting further forest loss.

    The low water levels in the region’s main rivers are also severely impacting the lives of local people, who rely on them for navigation.

    According to Cemaden, as of last week there were more than 100 municipalities which had not seen any rain for more than 150 days.

    Residents of Manacapuru, on the banks of the Solimões river, said they were struggling to get vital supplies, including food and drinking water, to the city.

    “We anchored the boat here, and it was stuck on dry land the next day. We had no way to move it,” fisherman Josué Oliveira told Reuters news agency.

    “Nothing will get through,” another fisherman explained.

  • Completato il primo impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica in Italia

    Maire, attraverso le sue controllate Nextchem (Sustainable Technology Solutions) e Kt (Integrated E&C Solutions), ha agito come integratore tecnologico e ha completato i lavori di engineering, procurement e construction per un impianto di cattura della CO2 presso la centrale di trattamento del gas naturale di Eni a Casalborsetti, Ravenna. L’impianto, appena entrato in funzione, è progettato per separare, purificare e comprimere un volume di emissioni di CO2 stimata in circa 25mila tonnellate all’anno. Il progetto sta garantendo un abbattimento delle emissioni di CO2 di oltre il 90%, che sarebbero diversamente rilasciate nell’atmosfera. Operando con una concentrazione carbonica inferiore al 3% e a pressione atmosferica, l’impianto è il primo progetto al mondo su scala industriale con livelli così elevati di efficienza di cattura dell’anidride carbonica. Questo progetto è il primo impianto di cattura della CO2 in Italia e, avendo supportato la fase 1 del progetto Ccs di Ravenna, rappresenta una pietra miliare nel consolidamento dell’intera catena del valore della Ccs (dalla cattura allo stoccaggio) e una soluzione per la decarbonizzazione di crescente importanza giocando un ruolo fondamentale per la sostenibilità ambientale.

    In qualità di integratore tecnologico, Nextchem ha sviluppato una propria soluzione innovativa in grado di combinare una tecnologia di terze parti e consentire un’efficiente cattura della CO2 dai gas di emissione, operando ad alta efficienza con un basso consumo energetico anche a concentrazioni estremamente basse. Con questo progetto, Nextchem consolida il suo track record nella cattura della CO2, ora inclusa nell’offerta tecnologica Nx Decarb volta a migliorare l’efficienza delle soluzioni di cattura della CO2, ottimizzando la gestione del calore e l’uso dell’energia. “Come Gruppo, ci dedichiamo allo sviluppo di nuove soluzioni altamente performanti che aiutino a decarbonizzare un settore hard-to-abate. Questo progetto è un riconoscimento della nostra offerta tecnologica a supporto di importanti attori del mercato e del nostro ruolo nel potenziamento della filiera industriale italiana”, ha dichiarato Alessandro Bernini, amministratore delegato di Maire.

    Nei prossimi anni, in corrispondenza della Fase 2, è in progetto lo sviluppo su scala industriale di Ravenna CCS che prevede di stoccare fino a 4 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030, in linea con gli obiettivi definiti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec). Grazie alla capacità totale di stoccaggio dei giacimenti a gas esauriti dell’Adriatico, i volumi catturati e da immagazzinare nel sottosuolo potranno raggiungere 16 milioni di tonnellate all’anno in base alla domanda del mercato. Alla luce delle sue caratteristiche e del potenziale di stoccaggio, il progetto di Ravenna si candida a diventare il polo italiano per la decarbonizzazione delle industrie energy intensive e hard to abate rappresentando un contributo fondamentale per raggiungere gli obiettivi climatici e la neutralità carbonica al 2050. Inoltre, il progetto fornirà una soluzione concreta ed efficace per sostenere la competitività delle attività industriali italiane, inclusi i comparti energy intensive dei distretti emiliano-romagnoli, preservando gli attuali livelli occupazionali e generando al contempo nuovi posti di lavoro ad alta specializzazione attraverso la filiera legata alla realizzazione del progetto.

  • La progressiva scomparsa dei leoni minaccia l’intero habitat del pianeta

    Dal 1993 al 2016 è scomparso il 43% dei leoni africani e ne resta un numero variabile, a seconda delle stime, tra i 20mila e i 35mila. In Africa la loro presenza è ormai circoscritta all’8% del loro territorio storicamente abituale, soprattutto per via del bracconaggio. I leoni si sarebbero già estinti in ben 26 Paesi dell’Africa e sono presenti solo in 27 Stati del continente (e solo in 7 di questi Stati vi è un numero di esemplari superiore alle 1000 unità).

    In quanto predatore ai vertici delle catene alimentari, il leone africano (Panthera leo) è fondamentale per l’integrità e la stabilità degli ecosistemi e la sua progressiva riduzione numerica, secondo il Wwf, può determinare effetti negativi a catena su diversi ecosistemi. La scomparsa dei leoni ha conseguenze dirette sulla vegetazione e sulla diffusione di malattie. Il degrado degli habitat riduce la capacità degli ecosistemi di fornire acqua e cibo. Gli habitat dove i leoni vivono contribuiscono infatti alla tutela delle sorgenti, vitali per la fornitura di acqua potabile alle comunità locali, così come il mantenimento degli habitat dei leoni, come foreste e savane alberate, contribuisce allo stoccaggio del carbonio. Analogamente, queste aree garantiscono il sostentamento alimentare delle comunità locali e contribuiscono alla protezione dagli eventi estremi causati dal cambiamento climatico. Alcuni studi stimano che le aree di presenza del leone forniscano circa l’11% dei servizi ecosistemici legati al controllo dell’erosione, alla protezione delle coste e alla mitigazione degli effetti delle alluvioni.

    Sulla base del World Wide Fund for Nature il Wwf ha inserito il leone nella lista rossa degli animali a rischio di estinzione. Tra i motivi di allarme per le sorti di questo felino vi è anche il fatto che il progressivo ridursi degli esemplari riduce le possibilità di accoppiamento e porta quindi a un indebolimento genetico, con conseguenti aggravarsi del rischio di estinzione, dovuto al fatto che la scarsità di partner porta ad accoppiamenti tra esemplari consanguinei (il che produce appunto indebolimento genetico).

    Nel 2022 la Banca Mondiale ha emesso il primo bond al mondo dedicato alla fauna selvatica (Rhino bond), raccogliendo 150 milioni di dollari destinati alla conservazione dei rinoceronti neri in due riserve in Sudafrica. Sulla stessa falsariga, una delle più grandi banche commerciali africane ha dichiarato di voler vendere 200 milioni di dollari di obbligazioni per contribuire alla reintroduzione dei leoni nel Parco Nazionale del Limpopo in Mozambico. Un altro importante strumento per la conservazione della biodiversità, che potrà presto andare in soccorso a specie in via d’estinzione, sono i Biodiversity credit, veri e propri crediti emessi contabilizzando un miglioramento dello stato di specie ed ecosistemi dovuto ad azioni di conservazione e di ripristino. I Biodiversity credit possono essere messi sul mercato per soddisfare il desiderio di attori privati (e non solo) di contribuire al miglioramento dello stato della biodiversità nel mondo.

  • Appello di Susanna Tamaro: no alla caccia libera 7 giorni su 7

    Figlia di cacciatori, Susanna Tamaro contesta l’idea di consentire la caccia 7 giorni su 7, abolendo i 2 giorni di silenzio venatorio. «Non dobbiamo dimenticarci che il cambiamento ambientale degli ultimi trent’anni ha creato non pochi problemi alla maggior parte delle specie selvatiche – afferma -. La diminuzione di un gran numero di insetti, che sono la base della nutrizione di tutto il vivente, dovuta a decenni di nuove molecole chimiche sparse nell’ambiente, ha innescato un processo di crollo delle popolazione dei volatili».

    La scrittrice cita dati che riferiscono «per il 2023, di un crollo del 51% delle rondini, del 54% delle allodole del 72% delle averle piccole e del 64% delle passere d’Italia, varietà endemica esistente soltanto nel nostro Paese» e sottolinea che «lo slittamento dell’inverno ai mesi primaverili rende difficile la sopravvivenza delle specie che hanno compiuto una lunga migrazione e che giunte qui sfinite non trovano cibo che le renda capaci di sostentarsi».

    Sulla base di queste premesse arringa: «Non ci si può non domandare come sia possibile che una minoranza di appassionati, che si aggira intorno ai cinquecentomila su una popolazione di 60 milioni di italiani, possa gestire a suo piacere un bene che è di tutti. L’articolo 9 della Costituzione non tutela forse l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche per le nuove generazioni? E le specie viventi non sono forse un bene indisponibile? Una cosa è sparare a un fagiano precedentemente rimesso in natura a fini venatori, un altro è sparare a una povera allodola che si libra sui campi riempiendo l’aria con il suo meraviglioso canto. La situazione del mondo degli uccelli è in qualche modo lo specchio della nostra società. Sopravvivono i più forti come le cornacchie, grandi divoratori di piccoli nidiacei di altre specie: gli specialisti, i delicati uccelli canori sono destinati a sparire, così come, nel nostro mondo sempre più sotto il dominio della tecnica e dell’efficienza, spariscono la gentilezza, la compassione e la dolcezza della poesia».

  • Il tentativo speculativo di Volkswagen

    Volkswagen, la seconda casa automobilistica al mondo dopo Toyota, fu la prima ad approvare ed addirittura sostenere la deriva ambientalista dell’Unione Europea, la quale, con la prima presidenza della Commissione europea di Ursula von der Leyen impose lo stop nella UE alle auto termiche dal 2035.

    Una posizione non condivisa, invece, proprio da quella Toyota che per prima aveva investito nella movimentazione elettrica (la Prius è del 2011) e che quindi considerava assolutamente utopistica la politica massimalista partorita in Europa verso una completa adozione dei motori elettrici.

    Il calcolo espressamente speculativo adottato dal consiglio di amministrazione della casa di Wolfsburg era rappresentato dalla banale ma assolutamente speculativa considerazione che, semplicemente appoggiando la politica europea dei trasporti con i tutti i suoi vincoli ambientalisti, si potessero creare le condizioni per la nascita di un nuovo mercato.

    In altre parole, l’intera dirigenza della Volkswagen era “confidente” di avere di fronte a sé decenni di lavoro assicurato attraverso la imposizione di una transizione elettrica dell’intero parco circolante europeo composto da circa 300 milioni di vetture.

    Il mercato, cioè l’intero sistema di consumatori, invece ha dimostrato come la politica ambientalista europea non rappresenti in nessun caso il “sentiment” dell’utenza, ma soprattutto emerge evidente come non esistano le condizioni per una scelta ancora molto incerta non solo per i “benefici” ambientali ma anche in ragione della sostenibilità economica verso una movimentazione elettrica.

    Di conseguenza risulta chiaro come la dirigenza di Volkswagen abbia adottato non tanto una strategia economica e di prodotto finalizzata al massimo rendimento degli stabilimenti già in essere ed assicurare tanto l’occupazione che il rendimento degli investimenti, si è preferito adottare una speculazione di natura industriale ma di conio assolutamente ideologico, auspicando così che questa determinasse l’esplosione di una domanda inesistente, allora come oggi, relativa alle automobili elettriche.

    Il fatto, poi, che ora quella stessa dirigenza proponga di chiudere uno o più stabilimenti in Germania in conseguenza della scarsa redditività negli impianti stessi, anche perché a differenza di BMW e Mercedes i volumi da confermare anno per anno sono vicino ai dieci (10) milioni di autovetture vendute, rappresenta il sigillo di garanzia di un approccio a quel mercato espressione dell’adozione  di una  speculazione industriale alimentata da una deriva ideologica ambientalista proposta dalla Ue e priva di qualsiasi sostegno e contenuto reale.

    Risulta chiaro, quindi, come la politica assieme all’ideologia facciano il loro ingresso all’interno dei consigli di amministrazione, i quali dovrebbero garantire il perfetto funzionamento di una macchina complessa come quella di un’industria in competizione nel mercato globale. Questi assicurano solo un disastro strategico ed operativo colossale, confermato nel settore finanziario dall’abbandono da parte di Black Rock di buona parte di quei titoli di “investimento” legati al mondo ambientalista (ESG). Persino lo stabilimento Audi di Bruxelles, creato espressamente per la produzione alto di gamma di auto elettriche, risulta ora a rischio chiusura, dimostrando come anche nella fascia “premium” non esista alcuna traccia di una domanda, anche se sostenuta dalle agevolazioni fiscali.

    La pericolosa crisi della casa tedesca, che coinvolge anche l’intero settore della componentistica Automotive italiana, dimostra, ancora una volta, come la domanda di un bene o servizio non si possa creare attraverso interventi di natura politica, fiscale o peggio ideologica e tantomeno si possano creare le condizioni per la creazione un nuovo mercato attraverso degli atti istituzionali di manifesta natura politica.

    Un principio talmente chiaro e limpido che però evidentemente in Volkswagen non hanno mai capito, esattamente come all’interno della Commissione europea.

     

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