Ambiente

  • Scelte prudenti per salvare il Pianeta

    Durante la Cop 28 ben 22 Paesi hanno espresso la volontà di accelerare sul nucleare, nel frattempo nel Regno Unito si è diffuso l’allarme per quanto sta accadendo da tempo, nel silenzio degli incaricati al controllo, al nord dell’Inghilterra, a Sellafield, l’ex impianto per la produzione di energia atomica.

    Secondo un’inchiesta del Guardian i vertici della società di gestione non hanno avvertito che il sito, da tempo usato per lo smaltimento delle scorie nucleari, è ormai fatiscente con crepe nel serbatoio dei fanghi tossici e la conseguente fuoriuscita di liquido radioattivo.

    La notizia sembra aver creato tensioni con altri Stati in considerazione dell’alta tossicità e del gravissimo rischio nucleare.

    Non è certo il primo problema che si è posto in tema sia di gestione delle centrali nucleari che di smaltimento delle scorie, anche in Italia non è chiaro cosa stia succedendo a Caorso, come abbiamo scritto tempo fa sul Patto Sociale (Smaltire, tacere, ascoltare – 28 febbraio 2023).

    Energia pulita non può voler dire energia ad alto rischio, pericolosa per le persone di oggi e di domani e per il territorio, nei suoi molteplici aspetti, che, se inquinato, per decenni non potrà né essere abitato né essere produttivo.

    La guerra in corso in Ucraina, con i settimanali allarmi per le centrali nucleari che i russi hanno occupato, o vogliono occupare, con il conseguente vicino e continuo bombardamento da entrambe le parti, dimostra come questi impianti siano fonte di grave rischio comune sia per azioni di guerra che di sabotaggio e terrorismo, terrorismo che è ben presente, non solo in Europa, al di là di azioni belliche ufficiali.

    Salvare il pianeta, e perciò l’ecosistema che ne garantisce la vita, significa essere molto prudenti nelle scelte, queste devono essere prese tenendo in considerazione non solo gli eventuali vantaggi immediati ma anche le conseguenze a lungo termine in tutti i possibili scenari: dalla incuria umana agli attacchi alla sicurezza.

  • L’UE approva la dichiarazione internazionale su clima e salute in occasione della Giornata della salute della COP28

    Domenica 3 dicembre la Commissione ha approvato ufficialmente, a nome dell’UE, una dichiarazione internazionale su clima e salute. L’approvazione ha avuto luogo negli Emirati arabi uniti nel contesto della Giornata della salute della COP28, durante la quale si è tenuta la prima conferenza ministeriale in materia di clima e salute, con la partecipazione del Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič.

    Si stima che l’ondata di calore dell’estate del 2022 abbia causato 62 000 decessi in Europa. L’aumento delle temperature sta inoltre generando nuove minacce per il nostro continente, tra cui le malattie trasmesse dalle zanzare e dall’acqua. A titolo di esempio delle azioni volte ad affrontare questa sfida, l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) della Commissione sta investendo 120 milioni di € per migliorare l’accessibilità alle contromisure mediche per le malattie trasmesse da vettori.

    La dichiarazione sul clima e sulla salute è un appello internazionale su base volontaria ad agire per affrontare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla salute umana. Si tratta di un impegno di tutti i firmatari ad adoperarsi a favore di sistemi sanitari più resilienti ai cambiamenti climatici, a basse emissioni di carbonio e sostenibili e a fare di più per proteggere le persone più vulnerabili e colpite dalla crisi climatica.

  • Ognuno faccia la sua parte

    Chi ha attenzione per il futuro del pianeta ha visto con interesse i pochi ma speriamo concreti passi avanti fatti durante il Cop28 di questi giorni e sono state apprezzate le affermazioni del Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni che si è riferita alla necessità di uno sviluppo sostenibile e di un ambiente da difendere.

    È proprio tornando in Italia che dobbiamo chiedere al premier come pensa di intervenire per impedire che siano nuovamente usati, sia nelle nuove costruzioni che nelle ristrutturazioni, materiali che sono a rischio incendio, che sono nocivi per la salute e pericolosi.

    La recente, e deprecabile, vicenda del 110%, per mancanza di leggi chiare, ha consentito che per una gran parte delle case, alle quali è stato fatto il “cappotto”, sono stati usati pannelli pericolosi e a rischio combustione, come dimostra quello che è avvenuto recentemente a Roma con la conseguenza che decine di persone sono rimaste senza abitazione e che tutta la zona è stata inquinata dai fumi.

    Una delle prime leggi che il governo dovrebbe immediatamente varare è proprio quella che impedisca nell’edilizia l’uso di materiali insicuri, inquinanti, pericolosi e nocivi. Un capitolato certo che, se non rispettato, sanzioni in modo efficace chi ha tradito la fiducia e violato la legge.

    L’ambiente, l’ecosistema si tutelano dalle foreste amazzoniche alle costruzioni di casa nostra, dalla cura del verde pubblico al riutilizzo di quanto è possibile riciclare, ognuno faccia la sua parte e il governo, senza essere inutilmente vessatorio con elefantiache e sterili burocrazie, produca leggi chiare e ne controlli il rispetto.

  • L’auto elettrica è un affare per la Cina e molto meno per l’ambiente

    L’auto elettrica è un gigantesco affare per la Cina, come emerge da un reportage dell’inchiesta che il giornalista del Financial Times ha condotto per dare alle stampa il volume «Il prezzo della sostenibilità».

    La Cina è oggi il principale esportare di auto elettriche del pianeta e produce il 75% delle batterie di litio che fanno funzionare tali vetture, ma questo primato è stato conseguito con scarsa attenzione verso l’ambiente, che è il vero propulsore delle vendite di auto elettriche, e non di rado anche verso i lavoratori.

    Zeng Yuqun, ha fondato Catl nel 2011 a Ningde, e 8 anni dopo ha creato la prima gigafactory di batterie in Germania, a Arnstadt, per garantire le forniture a Mercedes Benz e Bmw. Nel 2020 la Catl forniva le batterie a quasi tutti i produttori di auto elettriche compresa la Tesla, controllando con le sue partecipazioni i giacimenti di litio in Argentina e Australia, di nichel in Indonesia e di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. In questo modo la Cina puntava a diventare il primo fabbricante di auto elettriche nel mondo.

    Parallelamente, la Ganfeng di Xinyu nella Cina centrale è diventata il più grande produttore di idrossido di litio estratto in Australia (e poi in Argentina) e trattato in Cina (con poco scrupolo per l’ambiente). In Congo le ditta cinesi operano nell’estrazione del cobalto e alle scarse cautele ecologiche si affiancano condizioni di lavoro nelle miniere decisamente cattive.

  • Cambiamenti climatici: il 2022 è stato il secondo anno con più incendi boschivi

    Dalla nuova relazione sugli incendi boschivi in Europa, Medio Oriente e Nord Africa 2022 pubblicata dal Centro comune di ricerca della Commissione, emerge che nel 2022 sono bruciati nell’UE quasi 900 000 ettari di terreni, corrispondenti approssimativamente alle dimensioni della Corsica. Secondo il sistema europeo d’informazione sugli incendi boschivi (EFFIS), il 2022 è il secondo anno peggiore dal 2000, preceduto solo dal 2017 con 1,3 milioni di ettari bruciati. La pubblicazione della relazione avviene nel contesto della presentazione odierna da parte della Commissione di una legge sul monitoraggio delle foreste che colmerà le lacune esistenti nelle informazioni sulle foreste europee e creerà una base di conoscenze sulle foreste.Per il terzo anno consecutivo, incendi boschivi senza precedenti hanno causato notevoli danni ambientali ed economici nell’UE e una tragica perdita di vite umane. Sebbene siano per lo più (96%) causati dall’azione umana, gli incendi sono aggravati dall’aumento dei rischi legati ai cambiamenti climatici. Gli incendi hanno colpito anche i siti Natura 2000, il serbatoio di biodiversità dell’UE, che rappresentano circa il 43% della superficie totale bruciata (circa 365 000 ettari su 900 000). Il numero totale di terreni bruciati nelle zone protette Natura 2000 nel 2022 è stato il più elevato degli ultimi dieci anni.

  • La Namibia è ormai quasi priva di acqua

    In Namibia si ricicla l’acqua usata per lavarsi per annaffiare le piante, perché pochi Paesi più di quello a Nord-ovest del Sud Africa soffrono maggiormente la siccità, grande quasi il triplo dell’Italia, abitato da una popolazione di 2,7 milioni di abitanti (è la seconda nazione al mondo per densità, dopo la Mongolia). Non c’è (ancora, forse), la Namibia vede un costante aumento della temperatura: da qui al 2040 il termometro salirà in media di 2,7° e le piogge già scarse, invece, diminuiranno ancora del 7%, con periodi di siccità sempre più frequenti e, di contro, sempre più inondazioni man mano che cambiano i modelli delle precipitazioni.

    La grande siccità del 2018-2019 ha provocato un crollo dei due terzi della produzione agricola e alla strage di 60mila bovini (di cui la Namibia è fra i primi allevatori del Continente e che conta per il 70% del settore agroalimentare interno) mentre l’impennata dei prezzi lasciava un terzo della popolazione senza alimentazione.

    Come riporta il Corsera, Thinus Pretorius, presidente dell’Organizzazione dei produttori di bestiame, non ci gira intorno: «La situazione è disastrosa, anche se ora pioverà un altro po’, la stagione è finita. Alcune zone non si sono neppure accorti che c’è stata». «Gli effetti del cambiamento climatico qui sono evidenti», aggiunge Erastus Ngaruka, consigliere tecnico dell’Agricultural Bank of Namibia. «Le piogge sono ormai diventate irregolari, e gli eventi associati – come le epidemie di malattie e parassiti o le inondazioni – sempre più comuni. Ogni stagione può presentare condizioni diversamente negative sulla produzione agricola, e gli allevatori devono imparare dall’esperienza per garantire che i loro animali sopravvivano fino all’anno successivo».

    La siccità colpisce anche i parchi nazionali, come l’Etosha (è grande come la Svizzera) e chi vive del turismo che la natura genera – una voce importante dell’economia locale – è preoccupato. A Solitaire, un paesino vicino al Parco del Namib, su una lavagnetta vicino alla pompa di benzina, il titolare della stazione di servizio ha scritto con il gessetto le precipitazioni in millimetri dal 2009: 160 un paio di stagioni fa, 45 quella successiva, 206 nell’ultima. Il ministro dell’Ambiente Pohamba Shifeta ha anche fatto i conti della serva: «Da qui al 2030 per combattere la crisi climatica, a cui siamo i più vulnerabili, servono 15 miliardi di euro». Non pochi, per il 90% arriverebbero dall’estero. Ma l’elenco delle 36 priorità – Shifeta ha rivendicato interventi dal 1992 – è già pronto.

  • Una app per scoprire quanto si può risparmiare sulla bolletta installando pannelli fotovoltaici a casa

    Dal 1990 ad oggi le attività economiche sono cresciute del 60% mentre le emissioni inquinanti sono calate del 30% e quindi gli scenari disastrosi sulle sorti del pianeta si sono già fatti meno probabili. A dirlo sono i ricercatori del JPR di Ispra, uno dei sei centri di ricerca dell’Unione europea che fanno capo direttamente alla Commissione europea e che forniscono all’esecutivo dell’Ue l’expertise tecnico-scientifica (non solo in tema ambientale) sulla base della quale vengono implementate le politiche comunitarie ed emanati regolamenti e direttive perché gli Stati vi diano seguito.

    L’obiettivo della neutralità climatica che la Ue si è posta per il 2050 resta però, a detta degli stessi ricercatori, estremamente ambizioso (e infatti la Cina l’ha fissato per il 2060 e l’India per il 2070), perché le misure per conseguirlo devono fare i conti con la realtà delle cose. Le emissioni legate alla produzione industriali hanno subito un deciso calo in seguito alla crisi economico-finanziaria del 2008, ma la maggior aleatorietà delle prospettive che il comparto produttivo vive da allora disincentiva chiaramente investimenti in maggior efficienza energetiche delle apparecchiature produttive, mentre il trasporto pubblico paga il suo stesso successo come alternativa meno inquinante per la mobilità: la maggior efficienza dei consumi conseguita è stata infatti tutta consumata dall’incremento della domanda di trasporto collettivo, Come dire che le singole corse consumano meno energia e dunque comportano meno emissioni, ma poiché le corse stesse sono aumentate per far fronte alla maggior richiesta il risultato finale in termini di impatto sull’ambiente non è sostanzialmente mutato.

    Discorso analogo vale anche per le abitazioni: la maggior efficienza dei consumi energetici per riscaldare ed illuminare gli spazi abitati (siano case piuttosto che uffici) è aumentata, ma nel contempo sono aumentati anche gli immobili. Diversamente che nel caso dei trasporti, però, per gli immobili l’incremento dei volumi abitati non ha ancora assorbito completamente le migliorie sul fronte dei consumi energetici e dunque il saldo è positivo: a fronte di un maggior numero di case e uffici, oggi, il loro impatto ambientale complessivo è inferiore a quanto si registrava in passato.

    Aiutano, su questo fronte, le migliorie dei pannelli fotovoltaici: più potenti e meno costosi man mano che la tecnologia progredisce, oggi sono venduti dai produttori con una garanzia di funzionamento di 30 anni e anche dopo 30 anni sono di norma in grado di avere un’efficienza pari all’80% di quella di un pannello appena uscito dalla fabbrica.

    Il Joint Research Center ha peraltro messo a punto un’applicazione, PVGIS (la si trova all’indirizzo web https://joint-research-centre.ec.europa.eu/photovoltaic-geographical-information-system-pvgis_it o semplicemente facendo una ricerca su Google digitando PVGIS) che consente di verificare quale è l’esposizione al sole di ogni singolo immobile, in base a dove esso si trova, e calcolare di conseguenza quanta energia si possa ricavare tramite l’installazione di pannelli fotovoltaici. Il calcolo tiene conto della radiazione solare, della temperatura, della velocità del vento, e del tipo di impianto fotovoltaico usato; l’utente può inoltre scegliere come sono montati i moduli (su un telaio a terra oppure integrati nella superficie di un edificio) e PVGIS può anche calcolare l’angolo e l’orientamento ottimale con le quali l’energia prodotta è il massimo su base annuale.

  • La Commissione accoglie con favore l’accordo politico sul rafforzamento del controllo sulle esportazioni di rifiuti

    La Commissione accoglie con favore l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio sulle spedizioni di rifiuti, che garantirà che l’UE si assuma una maggiore responsabilità dei rifiuti che produce e non esporti le proprie sfide ambientali in paesi terzi. Le norme agevoleranno inoltre l’uso dei rifiuti come risorsa. L’accordo contribuisce all’obiettivo del Green Deal europeo di ridurre l’inquinamento e promuovere l’economia circolare.

    Sarà vietata l’esportazione di rifiuti di plastica dall’UE verso paesi non appartenenti all’OCSE. Solo se sono soddisfatte rigorose condizioni ambientali, i singoli paesi potranno ricevere tali rifiuti cinque anni dopo l’entrata in vigore delle nuove norme. Alla luce dei problemi globali legati all’aumento della quantità di rifiuti di plastica e alle sfide per una loro gestione sostenibile, con questa misura i legislatori dell’UE mirano a prevenire nei paesi terzi il degrado ambientale e l’inquinamento causati dai rifiuti di plastica prodotti nell’UE.

    Altri rifiuti idonei al riciclaggio saranno esportati dall’UE in paesi non appartenenti all’OCSE solo se questi ultimi garantiranno di poterli smaltire in modo sostenibile. Al tempo stesso, grazie a moderne procedure digitalizzate,sarà più facile spedire rifiuti destinati al riciclaggio all’interno dell’UE. Saranno inoltre rafforzate l’applicazione delle norme e la cooperazione nella lotta contro il traffico di rifiuti.

  • La Befana europea scrive al Sindaco di Bologna

    Riceviamo e pubblichiamo una lettera della Signora Adriana Palleni

    Caro Sindaco Matteo Lepore,

    ieri, uscendo dalla libreria Feltrinelli in piazza Ravegnana, sotto le due torri ho notato che non c’è più l’ultima panchina rimasta dove mi sedevo per recitare la filastrocca della befana europea…Cosi sparisce l’ultima panchina rimasta e certamente sarà per motivi di sicurezza ora, per le altre panchine da qualche anno sono sparite. Ma questa era speciale, ho fatto una piccola magia ……Ora  tutto è incerto ancora circolano dal lato destro quegli orribili enormi pesanti bus che fanno vibrare tutta strada maggiore, abitazioni comprese, e le timide colonnine della Basilica dei Servi inguainate da orribili fermagli di acciaio per potersi reggere…La befana EU è ecologista e chiede stop al traffico nel centro storico medievale, chiede di ridisegnare la città anche con la presenza dei suoi abitanti e cittadini per avere un futuro dove i bambini e gli anziani e, perchè no, anche tutte le fasce di età possano viverci in serenità con meno polveri sottili da respirare e meno inquinamento acustico per godere della bellezza dell’arte passata e il futuro sereno e di pace…Questa è la bellissima città in cui vorrei abitare e vivere ….

    Ciao la befana EU Adriana Palleni

    La nostra è una piccola associazione in difesa dell’ambiente e tutela della salute e desidera partecipare alle future scelte che ridisegnano il centro storico

    Associazione comitato cittadini indipendenti città del tricolore via Broccaindosso 2– 40125 Bologna Italia EU info+39.051.226251

  • Il dilemma africano tra fossili e rinnovabili

    L’Africa paradiso mondiale delle energie rinnovabili, che attraverso i “crediti di carbonio” si fa finanziare i suoi progetti green dai paesi più ricchi. Oppure l’Africa nuova frontiera delle fonti fossili, petrolio e gas, sempre più ricercate da un mondo in crisi energetica. Quindi, puntare sulle rinnovabili o sulle fossili per sostenere lo sviluppo del continente? E’ questo il dilemma intorno al quale ruota il primo Africa Climate Summit, che si è aperto a Nairobi. Un vertice sul clima al quale partecipano gli stati africani, ma anche leader dei Paesi ricchi che nel continente possono e vogliono investire.

    Al summit di Nairobi va in scena lo scontro fra i Paesi che non hanno grossi giacimenti di idrocarburi, e quindi puntano sulle rinnovabili, come Kenya, Sudafrica, Egitto ed Etiopia, e quelli che invece hanno ricche riserve di gas e petrolio, e vogliono sfruttarle per sostenere il loro sviluppo, come Nigeria, Senegal, Angola e Mozambico. I primi vogliono sviluppare in Africa il mercato dei Carbon Credit, cioè il finanziamento di progetti green nel continente per compensare le emissioni dei paesi ricchi, e vogliono imporre una carbon tax a livello globale, per sostenere la finanza verde. Gli stati africani ricchi di oil&gas invece non vogliono perdere questa bonanza, e chiedono vincoli meno stringenti sulle emissioni e nessuna carbon tax.

    I Paesi africani producono solo il 4% della CO2 mondiale, ma sono i più colpiti dagli effetti del riscaldamento globale, cioè desertificazione ed eventi climatici estremi. Fenomeni che in quei paesi provocano morte, miseria, guerre, e migrazioni. L’Africa, continente assolato e ricco di foreste, ha enormi potenziali per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che potrebbero dare energia a buon mercato e milioni di posti di lavoro ai suoi abitanti. Alla Cop27 di Sharm el-Sheikh dell’anno scorso, Paesi africani e istituzioni finanziarie hanno lanciato la Africa Carbon Markets Initiative: un’alleanza per arrivare nel 2030 all’emissione nel continente di 300 milioni di crediti di carbonio all’anno, per generare 6 miliardi di dollari di reddito annui. Ma al tempo stesso, molti Paesi africani galleggiano su gas e petrolio, ricercatissimi dai paesi ricchi, e ancora più da quelli emergenti. Fonti fossili che peggiorano l’effetto serra, ma che generano ricchezza immediata. Una ricchezza che permette di far uscire dalla miseria larghi strati della popolazione africana, e quindi generare consenso politico ai governanti.

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