diritti

  • L’amore di una figlia strappata al papà che aveva condannato l’attacco di Putin all’Ucraina

    «Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo, che la vittoria sarà nostra, indipendentemente da quello che accade…”. E’ un breve stralcio della lettera che Masha Moskaleva, ragazzina russa di 13 anni, ha scritto a suo padre condannato il 28 marzo a due anni di carcere per aver postato commenti contro la guerra scatena da Putin in Ucraina, e fuggito il giorno prima dagli arresti domiciliari. Quella di Masha e suo padre è una storia di dolore e di grande amore cominciata l’anno scorso quando suo papà, Alexei Moskaley, sui social aveva espresso forte disappunto per l’offensiva di Mosca e la bimba, a scuola, aveva fatto un disegno contro la guerra. E’ iniziata così la tremenda persecuzione, durata mesi, nei confronti di padre e figlia fatta di arresti e interrogatori durante i quali l’uomo è stato anche picchiato.

    Un tribunale russo, dopo un processo lampo, ha condannato al carcere Moskaley mentre la ragazzina, mandata dapprima in orfanotrofio in una località sconosciuta, è stata successivamente internata in una struttura «per la riabilitazione sociale».  Alexei Moskaley è fuggito dagli arresti domiciliari ai quali era già sottoposto, togliendosi anche il braccialetto elettronico e diventando di fatto latitante per sfuggire a un caso giudiziario costruito ad arte contro di lui. La difesa ha annunciato che farà appello contro il verdetto del tribunale e Masha rimarrà per il momento nella struttura statale russa dove potrebbe restare ancora a lungo per poi essere trasferita in un orfanotrofio, dopo che sarà quasi sicuramente tolta la custodia al genitore. La piccola sta però dimostrando grande forza come si evince dalle parole della lettera che scrive a suo padre: «Non arrenderti. Abbi fiducia. Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo». «Voglio che tu non ti preoccupi. Io sto bene. Ti voglio molto bene e so che non hai alcuna colpa per nulla. Ti sosterrò sempre e qualunque cosa tu faccia va bene». Un messaggio di amore e speranza, quella della figlia per il padre, che conclude: «Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo, che la vittoria sarà nostra, indipendentemente da quello che accade… Siamo insieme, siamo una squadra, sei il migliore. Sei forte, siamo forti, persevereremo. Sono orgogliosa di te. Non voglio scrivere di come sto, di che umore sono, non voglio darti pensieri, ma capisco che la verità amara è meglio di una dolce bugia. Ma non preoccuparti, ci vedremo e ti dirò tutto».

  • Green energy ‘profiting on back of Congo miners’

    Human rights campaigners are calling on companies to increase the pay for impoverished miners in the Democratic Republic of Congo who are digging up cobalt – an essential commodity in the production of electric cars.

    Huge mining companies engaged in the switch to greener energy are making multi-billion dollar profits, while the Congolese workers digging for cobalt are falling further into poverty.

    That is the warning from two human rights groups – the UK’s Raid, and Cajj, which is based in southern DR Congo near Kolwezi where most of the world’s cobalt is mined.

    Food prices there have been soaring and the campaign groups say most miners are being paid much less than the $480 (£390) a month they need to support their families.

    They want the mining giants, including those from Europe and China that operate DR Congo’s industrial mines, to pay more, and electric vehicle companies to end contracts with cobalt suppliers exploiting miners.

    “The switch to clean energy must be a just transition, not one that leaves Congolese workers in increasingly desperate living conditions”, Cajj’s Josué Kashal said in a statement.

  • I diritti dei bambini

    In teoria siamo tutti d’accordo: bisogna difendere i bambini e i loro diritti.

    Poi in pratica non siamo capaci di trovare un accordo nell’identificare questi diritti che, al di là delle diversità partitiche ed ideologiche, dovrebbero invece essere ben chiari.

    Proviamoci insieme: ogni bambino ha diritto ad una vita dignitosa e il più serena possibile.

    Purtroppo tantissimi bambini non hanno questo diritto, fame, guerre, siccità (solo in Somalia l’anno scorso ne sono morti più di 20.000), pedofili, predatori di organi, prostituzione, sfruttamento, mille sono le insidie che i bambini devono affrontare.

    Vi sono molti bambini che non hanno una famiglia capace di occuparsi di loro e sono portati in istituto per sottrarli a situazioni di degrado, i più fortunati vengono dati in affido e in certi casi in adozione. Quando i bambini adottati diventano adulti cercano caparbiamente di arrivare a conoscere la madre naturale, vogliono sapere perché sono stati abbandonati, quali sono le loro vere origini, le cronache ci hanno raccontato molti di questi casi e delle fatiche e sofferenze che hanno dovuto affrontare.

    Ora, nella nostra società, ci sono e ci saranno bambini che si chiederanno, diventati più grandi, come è possibile essere figli di genitori dello stesso sesso, vorranno sapere come sono stati concepiti, come sono nati, di chi sono naturalmente figli.

    Uno dei due genitori potrebbe essere veramente la madre biologica o il padre biologico ma in molti altri casi la loro nascita è stata il prodotto di ovociti, di una donna sconosciuta, fecondati dagli spermatozoi di un uomo sconosciuto, immessi per la gestazione nell’utero di un’altra donna sconosciuta, un utero in affitto.

    Siamo tutti così certi che questi bambini diventati adolescenti non sentiranno la diversità tra loro e chi è nato da un genitore certo? Che non cercheranno di andare a identificare le persone che hanno venduto i loro ovuli e il loro seme, la donna che li ha partoriti? Che accetteranno di non poterle trovare perché sono nati da una serie di atti commerciali? Si sentiranno usati per rispondere al desiderio di un adulto di avere un figlio a prescindere dalla capacità di generarlo, a prescindere dalle conseguenze che il bambino potrà avere?

    Forse a qualcuno di questi bambini, figli dell’utero in affitto, importerà poco ma a molti altri importerà talmente tanto da poter sconvolgere la loro vita, il loro futuro.

    In un mondo così pieno di angosce, di incapacità ad accettarsi, di paure ed insicurezze non dovrebbe essere lecito, per appagare un pur legittimo desiderio, ledere a priori il diritto di un altro essere umano, che non aveva chiesto di venire al mondo e che, da adulto, dovrà confrontarsi con il proprio concepimento frutto di azioni lontane dalla naturalità e molto simile al risultato di accordi commerciali.

    A tanti bambini la scoperta di come sono nati creerà tormento perchè si sentiranno diversi e, come succede in molti casi, daranno la responsabilità dei loro futuri problemi proprio a coloro che hanno imposto questa diversità di nascita.

    Gli adulti hanno diritti ma hanno prima specifici doveri verso i bambini, doveri che non si esauriscono nell’essere premurosi, nel garantire la sicurezza economica, anche l’amore, da solo, non basta perchè se l’amore è frutto di egoismo non è amore ma desiderio di possesso.

    Quel possesso che ha portato Putin a deportare in Russia i bambini ucraini.

    Se una persona pensa che un figlio può dare uno scopo alla sua vita ed è disposto a far pagare ad un altro, al bambino, il prezzo del suo desiderio è una persona che del senso della vita ha capito ben poco.

    Si ha il diritto ad avere un figlio se si è in grado di avere un figlio, anche utilizzando  quegli aiuti che la scienza mette oggi a disposizione di chi ha difficoltà fisiche al concepimento o a portare a termine la gravidanza, ma non si ha diritto ad avere un figlio, generato in tutti i sensi su commissione, a prescindere dal bene futuro del bambino, dai risvolti sulla società, dallo stravolgimento delle leggi di natura, un figlio non è un investimento per noi stessi, per l’appagamento di un nostro anche più che legittimo desiderio.

    Ogni giorno sentiamo appelli per aiutare le centinaia di migliaia di bambini che stanno morendo di fame e di sete, bambini rimasti orfani, bambini abbandonati nei posti più disparati del mondo.

    Questi bambini avrebbero bisogno di genitori ed in molti paesi è consentita l’adozione per i single e per le coppie dello stesso sesso ma si preferisce l’utero in affitto perché vogliamo il bambino del nostro colore di pelle, magari anche programmato per essere fisicamente come lo vogliamo. E’ questo l’amore che alcuni hanno verso i bambini!

    In verità sui bambini si sta combattendo una guerra ideologica che vuole che alcune categorie di persone abbiano non maggiori diritti individuali ma il diritto, tramite i bambini, di modificare la società, di modificare anche le leggi di natura

    La scienza ha fatto molto e potrà fare ancora tanto, forse un domani metteremo spermatozoi ed ovuli dentro un robot e questo si occuperà della gestazione, forse un domani sarà possibile concepire dall’ano, forse potremo clonare i figli, come la pecora Dolly, così saremo sicuri di averli a nostra immagine.

    Forse questa sarà scienza ma non coscienza e tutti, se continueremo a credere di avere solo diritti ne pagheremo le conseguenze.

    Forse tra guerre, riscaldamento globale, disperate corse alla disumanizzazione, abuso di droghe, rincorsa ai diritti negando ogni dovere, perdita di identità, non avremo più questi problemi perché questa volta non sarà il diluvio universale ma l’umana scelleratezza, il diffuso egoismo a scrivere la parola fine, a prezzo di troppo inutile dolore.

    Poi non ditemi che l’essere umano è la creatura più intelligente del pianeta.

  • Ipocrisia e irresponsabilità di alcuni rappresentanti europei

    L’ipocrisia è un vizio alla moda, e tutti i vizi alla moda passano per virtù.
    Molière, da “Don Giovanni o Il convitato di pietra”

    Giovedì scorso, 16 marzo, a Tirana si è tenuto un altro vertice del Consiglio di Stabilizzazione ed Associazione tra l’Unione europea e l’Albania. Dopo il vertice è stata prevista e si è svolta anche una conferenza congiunta con i giornalisti del primo ministro albanese e delle due massime autorità della Commissione europea: l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza, allo stesso tempo vicepresidente della Commissione europea, ed il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato. Si è ripetuto però e purtroppo lo stesso scenario. Come in tante altre precedenti occasioni durante questi ultimi anni, anche giovedì scorso, nonostante la vera, vissuta, sofferta e scandalosa realtà albanese, gli illustri ospiti europei hanno parlato di “successi” (Sic!). Ma a quali “successi” si riferivano? Forse a quelli attuati dalla criminalità organizzata, in stretta connivenza con il potere politico e con il primo ministro? O forse dei “successi” conseguiti dai rappresentanti istituzionali di tutta la gerarchia dell’amministrazione pubblica, centrale e locale, che hanno fatto della corruzione il loro principale obiettivo da raggiungere? Si riferivano, chissà, ai “successi” dei massimi rappresentanti politici, primo ministro in testa, che sono convinti e hanno da tempo dimostrato che l’abuso del potere a loro conferito, oltre ad essere un diritto, è anche un dovere da “onorare”? I due massimi rappresentanti della Commissione europea si riferivano anche ai “successi” raggiunti dalle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia che niente hanno fatto e stanno facendo per far rispettare le leggi. Istituzioni che, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e testimoniati, fatti pubblicamente denunciati alla mano, sono sotto il controllo personale del primo ministro e/o di chi per lui. O forse avevano in mente i continui “successi” dell’economia del Paese, grazie ai quali la povertà sta diventando sempre più diffusa e sta colpendo sempre più cittadini? “Successi” che sono talmente tanti ed eclatanti che, da anni, stanno costringendo gli albanesi a scappare e chiedere asilo altrove, in altri paesi dell’Europa. E nonostante quei “successi eclatanti”, chissà perché, solo in questi ultimi anni hanno lasciato il Paese circa un terzo di tutta la popolazione residente in Albania?! Un simile spopolamento non si è verificato in nessun altro paese da dove partono dei profughi: paesi che da anni sono afflitti da guerre e da conflitti armati tra varie fazioni. Oppure, giovedì scorso, 16 marzo, i due massimi rappresentanti della Commissione europea, elogiando l’operato del primo ministro e del governo albanese, si riferivano ai “successi” dei massimi rappresentanti istituzionali, governativi e locali, che in questi ultimi anni hanno fatto dell’Albania un “porto franco” dove si riciclano dei miliardi del mondo della criminalità e dei raggruppamenti occulti locali ed internazionali e altri miliardi, prodotti dalla diffusa corruzione? Basta riferirsi però ai rapporti ufficiali del Moneyval (Comitato di Esperti per la valutazione delle misure anti riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, struttura del Consiglio d’Europa; n.d.a.). oppure ai rapporti ufficiali di un’altra struttura specializzata, il FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, nota anche come il Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI); specializzato  nella lotta al riciclaggio dei capitali di origine illecita e nella prevenzione del finanziamento al terrorismo; n.d.a.). Ebbene da alcuni anni l’Albania è uno dei Paesi osservati continuamente per il riciclaggio del denaro sporco. O forse i due massimi rappresentanti della Commissione europea avevano in mente i “successi” ottenuti dal primo ministro e dai suoi “consiglieri informali privati” a corrompere alti funzionari delle istituzioni, sia oltreoceano che delle istituzioni dell’Unione europea? Uno scandalo tuttora in corso negli Stati Uniti d’America, sul quale stanno indagando due procure e due commissioni parlamentari, vede proprio coinvolto anche il primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato nelle precedenti settimane di questo scandalo (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023; Un regime corrotto e che corrompe, 13 febbraio 2023; Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe, 20 febbraio 2023; Un autocrate corrotto e che corrompe, ormai in preda al panico, 27 febbraio 2023 ecc…). Oppure i due alti rappresentanti della Commissione europea, quando parlavano di “successi”, si riferivano ai “successi” del primo ministro e/o di chi per lui a “convincere” i rappresentanti internazionali in Albania e soprattutto quei diplomatici statunitensi e dell’Unione europea della serietà e del massimo impegno del governo? Rappresentanti che, a loro volta, chissà perché, violano anche quanto previsto dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, una realtà quella, ormai nota da anni per il nostro lettore.

    Giovedì scorso, dopo il vertice del Consiglio di Stabilizzazione ed Associazione tra l’Unione europea e l’Albania, il primo ministro albanese, durante la congiunta conferenza con i giornalisti ha detto senza batter ciglio: “…noi siamo molto felici oggi mentre constatiamo che le cose sono andate come previsto […] e possiamo riconstatare l’andamento [positivo] della riforma di giustizia”. Affermando, sempre senza batter ciglio, perché è abituato a mentire, che: “La riforma di giustizia ha cominciato a dare dei frutti significativi” (Sic!). Per poi aggiungere, sempre riferendosi alla riforma di giustizia e sempre senza batter ciglio: “…sono fiero che l’Albania è l’unico Paese in tutta la regione che ha fatto questo passo. Ѐ l’unico paese che ha fatto questa riforma…”. L’unica frase dove ha detto una parte della verità. Perché la vera ed intera verità è che sono state proprio le istituzioni specializzate dell’Unione europea a sconsigliare fermamente altri Paesi balcanici, Macedonia del Nord compresa, a non intraprendere e attuare una riforma del sistema di giustizia come quella attuata in Albania! Una riforma che è stata ideata, programmata ed attuata in modo tale da garantire il controllo di tutte le istituzioni del sistema direttamente dal primo ministro. Ed è proprio quello che è successo in Albania. La saggezza popolare ci insegna che la lingua batte dove il dente duole. Mentre gli psicologi ci insegnano che il subconscio svela proprio ciò che si vuole nascondere. Si, perché il primo ministro albanese vuole proprio nascondere quello che ormai è pubblicamente noto non solo in Albania. E cioè il voluto ed ottenuto fallimento della riforma del sistema di giustizia.

    Durante la stessa conferenza con i giornalisti l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza, allo stesso tempo vicepresidente della Commissione europea, ha detto all’inizio del suo intervento: “Sono veramente felice di essere qui in Albania”. Poi, riferendosi al processo di integrazione europea dell’Albania, ha affermato: “…Noi vediamo e diamo il nostro benvenuto al chiaro orientamento strategico dell’Albania verso l’Unione europea”. Nel seguito del suo intervento davanti ai giornalisti l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza ha detto: “Voglio ammettere e valutare chiaramente che questo Paese (Albania; n.d.a.) ha dimostrato un poderoso impegno nell’ambito delle riforme necessarie ed ha raggiunto risultati importanti, soprattutto nel campo della giustizia. L’Albania ha applicato una riforma radicale di giustizia che ha fatto passi in avanti in maniera sostenibile”. Poi, riferendosi alla presa di posizione dell’Albania in difesa dell’ordine basandosi al regolamento internazionale e alla Carta delle Nazioni Unite, ha dichiarato che quel posizionamento “…ha dimostrato chiaramente la qualità dell’Albania come un partner affidabile per la sicurezza”. Si, proprio così. Mentre sempre più spesso e senza ambiguità l’Albania viene considerato dai rapporti ufficiali delle più note istituzioni specializzate internazionali, comprese quelle dell’Unione europea, come un Paese che è diventato centro del traffico e dello smistamento delle droghe che arrivano sia dall’America Latina che dai paesi orientali. Dagli stessi rapporti l’Albania risulta essere un Paese dove la criminalità organizzata collabora con il potere politico. Ma risulta altresì che la criminalità organizzata albanese ormai sta diventando molto attiva e pericolosa anche in molti altri Paesi europei ed in America Latina. Alla fine del suo intervento davanti ai giornalisti, durante la sopracitata conferenza stampa, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza ha dichiarato che era una cosa buona di sapere che “…possiamo appoggiarsi ai nostri partner, soprattutto a quelli dei Paesi candidati (all’adesione nell’Unione europea; n.d.a.) come l’Albania.”. Si tratta di paesi come l’Albania, con i quali l’Unione europea condivide “…a 100% un posizionamento comune nel campo della politica degli esteri, che è un chiaro segnale della vostra volontà europea”. Chissà che informazioni gli hanno preparato i suoi collaboratori all’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza prima di venire in Albania il 16 marzo scorso? Ma una cosa è certa; dalle sue dichiarazioni risulta che lui ha fatto riferimento non alla vera, vissuta e sofferta realtà albanese, bensì ad una realtà virtuale, molto simile a quella che presenta sempre il primo ministro albanese e la sua potente propaganda governativa. Chissà perché?!

    Durante la stessa conferenza stampa con i giornalisti è intervenuto anche il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato. Lui ha cominciato dicendo: “Sembra che Tirana è un posto come si deve. Tirana è un posto come si deve per far venire gli europei.”. Ed era certo, dopo aver sentito il primo ministro albanese, che “…per l’Albania è proprio l’Europa la sua priorità geopolitica.”. Poi convinto il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato ha affermato, riferendosi all’Albania, che “abbiamo naturalmente visto quello che abbiamo raggiunto, quello che abbiamo raggiunto l’anno scorso. E l’anno scorso è stato un anno con tanti successi per l’Albania.”! Si, proprio così. E poi ha aggiunto impressionato: “quello che vediamo è che il progresso generale nel paese è ottimo”. E anche lui ha fatto riferimento alla riforma di giustizia. Ma nonostante tutti, non solo in Albania, si stiano convincendo sempre più, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, che si tratta di un ideato, voluto ed attuato fallimento, lui, il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato ha detto: “La riforma di giustizia sta dando dei risultati come lo vediamo […] ed incoraggiamo che l’Albania continui in questa direzione”. E rispondendo ad un giornalista, ha detto che in Albania ormai “…ogni cosa è al posto giusto.” (Sic!).

    Lo stesso giorno, il 16 marzo scorso, solo poche ore dopo la sopracitata conferenza stampa, durante un’altra conferenza stampa, i rappresentanti della Commissione per le rivendicazioni e le sanzioni presso la Commissione Centrale Elettorale hanno negato al maggior partito dell’opposizione di presentarsi come tale alle elezioni amministrative previste per il 14 maggio prossimo. Una decisione in palese violazione della Costituzione albanese e delle leggi in vigore. Un altro passo però “nella giusta direzione”, quella tanto voluta dal primo ministro albanese.

    Chi scrive queste righe pensa che cosa avrebbero detto i Padri Fondatori dell’Unione europea di tanta ipocrisia e irresponsabilità di alcuni rappresentanti europei, come quelli “illustri ospiti” che erano a Tirana il 16 marzo scorso. Di certo però i Padri Fondatori rispettavano i veri valori morali dell’umanità. Essi non avrebbero mai e poi mai pensato di basare la fondazione dell’Europa unita sull’ipocrisia e l’irresponsabilità dei suoi rappresentanti istituzionali e sulla “vendita d’anima” in cambio a chissà quali benefici. Purtroppo, anche adesso, dopo più di tre secoli, dobbiamo dare ragione a Molière, il quale era convinto che l’ipocrisia è un vizio alla moda e tutti i vizi alla moda passano per virtù. Come cercano di fare anche certi rappresentanti dell’Unione europea.

  • Il Congresso degli uiguri in lizza per il Nobel per la pace del 2023

    Il Congresso mondiale degli uiguri (Wuc) è stato nominato per il Premio Nobel per la pace 2023 dal membro del parlamento canadese, presidente della sottocommissione per i diritti umani internazionali e copresidente del gruppo di amicizia parlamentare Canada-Uigura, Sameer Zuberi, insieme al deputato canadese e co-presidente della sottocommissione Alexis Brunelle-Duceppe e alla leader dei giovani liberali in Norvegia, Ane Breivik.

    Il lavoro del Wuc ha contribuito in modo significativo ad attirare l’attenzione internazionale sulla schiacciante campagna di repressione religiosa, linguistica e culturale attualmente condotta dal Partito Comunista Cinese (Pcc) contro gli uiguri e altri popoli turchi nel Turkestan orientale. L’ufficio delle Nazioni Unite dell’Alto Commissario per i diritti umani ha concluso che queste violazioni dei diritti umani “possono equivalere a … crimini contro l’umanità”, e gli Stati Uniti, undici organi parlamentari – compreso il Canada – nonché il governo indipendente Il tribunale uigura ha concluso che è in atto un genocidio.

    È fondamentale che la comunità internazionale non lasci che i crimini commessi dal PCC contro gli uiguri passino inosservati e vengano commessi impunemente. La nomina del WUC al Premio Nobel per la pace è un messaggio importante contro l’autoritarismo e riflette l’importanza di porre fine al genocidio degli uiguri.

    Il WUC ringrazia sinceramente la deputata Brunelle-Duceppe, la deputata Zuberi e la leader dei Giovani Liberali, la signora Breivik, per aver riconosciuto l’importanza del lavoro della Wuc e aver nominato l’organizzazione per il Premio Nobel per la Pace 2023.

  • L’ONU doit rappeler que l’euthanasie viole les droits fondamentaux

    Riceviamo e pubblichiamo una dichiarazione dell’European Centre for Law and Justice

    Madame, Monsieur,

    Vous avez la mission de défendre et de promouvoir les droits de l’homme sur la base des déclarations et traités adoptés au sein des Nations unies.

    Vous le savez, l’interdiction de tuer est le fondement des droits de l’homme. Elle constitue un principe intangible du droit international.

    Ce principe fut réaffirmé au lendemain de la Seconde Guerre mondiale, après que des médecins furent condamnés à Nuremberg pour avoir euthanasié des personnes handicapées[1]. Ce principe ne prévoit aucune exception d’euthanasie. Dès lors, toute euthanasie – même présentée comme volontaire – est une violation des droits de l’homme.

    La Convention européenne des droits de l’homme pose très clairement que « La mort ne peut être infligée à quiconque intentionnellement » (art. 2). L’article 6 du Pacte international relatif aux droits civils et politiques stipule que « le droit à la vie est inhérent à la personne humaine ».

    Même présentée de façon libérale et volontaire, la dépénalisation de l’euthanasie viole frontalement l’interdiction de tuer.

    En outre, comme l’expérience de pays tels que la Belgique le prouve, une fois dépénalisée, la pratique de l’euthanasie devient incontrôlable et s’étend aux dépens des personnes les plus vulnérables, handicapées et âgées.

    La dépénalisation de l’euthanasie entraîne donc non seulement une violation systématique des droits de l’homme, mais aussi une régression culturelle et juridique extrêmement grave.

    La dépénalisation de l’euthanasie ouvre la voie à la normalisation de la suppression des personnes les plus fragiles, dont vous avez la mission de défendre la vie et les autres droits fondamentaux.

    C’est pourquoi nous vous demandons, vous qui avez spécifiquement le mandat de protéger les droits des personnes les vulnérables, âgées et handicapées :

    • de rappeler l’interdiction fondamentale de l’euthanasie ;
    • d’initier une procédure de rapport et d’enquête sur les pays ayant légalisé l’euthanasie.

    [1] Trials of the War Criminals before the Nuremberg Military Tribunals under Control Council Law No. 10, Nuremberg October 1946-April 1949, Volume V, Washington, DC: Government Printing Office, 1950.

     

  • Il Centro italiano femminile “provoca” una riflessione sul ruolo delle associazioni oggi

    Venerdì 10 marzo  presso la sede di Palazzo Pirelli a Milano – via Fabio Filzi, 22- Sala del Gonfalone – dalle ore 14:00 alle 18:00, il Centro italiano femminile (Cif) celebrerà l’8 marzo nazionale.
    Con l’occasione, grazie alle risultanze della ricerca realizzata da Euromedia Research, saranno verificate le priorità, le esigenze, la propensione alla partecipazione della popolazione femminile italiana e, soprattutto, l’importanza dei corpi intermedi, quali il Cif, per la costruzione della vita sociale e del corretto vivere civile.

    Ne discuteranno S.E. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano; Alessandra Ghisleri, Presidente Euromedia Research; Giorgio Vittadini – docente universitario e Presidente Associazione Sussidiarietà; Renata Natali Micheli, Presidente CIF Nazionale e Laura Caradonna, Presidente della Consulta Femminile Interassociativa di Milano.

    Aprirà i lavori Milena Bertani, Presidente AICCRE Lombardia; coordina il giornalista Nicola Varcasia.
    Il Cif vuole mettere a fuoco il presente ed il futuro dell’associazionismo, soprattutto quello cattolico, che si inserisce nella trama e nell’ordito dei rapporti che collegano i sistemi sociali alle strutture istituzionali in un intreccio di “flussi” (interscambi) che rendono possibile, o mantengono o rafforzano, la vita democratica.

  • Tre pensieri per questo otto marzo

    Tre pensieri per questo otto marzo:

    il primo dedicato a tutte le donne che nel mondo subiscono violenze, soprusi, mancanza di libertà e diritti, a tutte quelle donne che lottano, che non si arrendono neanche di fronte alla morte, pensando a come possiamo meglio dare loro sostegno.

    Il secondo è un invito al governo italiano, guidato da una donna che sta affrontando con decisione le sfide di una società sempre più complessa e confusa, affinché si occupi concretamente degli aiuti, di ogni genere, necessari ai tanti figli delle donne uccise, ferite, sfregiate, ai tanti orfani sui quali rimarrà per sempre impresso il dolore subito.

    Il terzo rivolto a tutti noi, donne ed uomini, vecchi e giovani, la società non cambierà in meglio se non sapremo, ciascuno di noi, cambiare in meglio ritrovando sentimenti ed empatia, se non sapremo guardare con maggiore attenzione ai nostri figli per insegnare loro che la salvezza di ciascuno, il rispetto dei diritti individuali, non viene da una società liquida ma da una società giusta.

  • Un autocrate corrotto e che corrompe, ormai in preda al panico

    Tutto ciò che è incerto è in balia delle congetture e dell’arbitrio di un animo terrorizzato.

    Perciò niente è così dannoso, così irrefrenabile come il panico.

    Lucio Anneo Seneca

    L’autocrate è una persona che esercita potere assoluto. Ѐ colui che agisce da padrone onnipotente e che impone con modi duri e anche disumani, la propria volontà. Una definizione che si trova nei dizionari e/o nelle enciclopedie. Etimologicamente la parola autocrate deriva dal greco antico ed è composta da due parole “se stesso” e “dominio/potere”. Perciò si tratta di una persona che ha concentrato su se stesso il potere. La storia ci insegna che ci sono stati tanti autocrati, dall’antichià e fino ai giorni nostri. Nomi noti e meno noti. Ognuno con le sue proprie caratteristiche, con le impronte delle rispettive epoche storiche, ma che tutti, comunque, hanno avuto in comune il multidimensionale potere esercitato. La storia però ci insegna che anche gli autocrati, i dittatori, da esseri umani, hanno dimostrato di essere stati preda delle proprie paure, angosce, attacchi di panico ed altre “debolezze” umane. Una dimostrazione e testimonianza molto significativa ci è stata trasmessa maestosamente da William Shakespeare nella sua ben nota tragedia “Macbeth”. Il personaggio principale della tragedia, un nobile scozzese, Macbeth, dopo aver ucciso il re della Scozia, diventa un tiranno onnipotente. Diventa un re senza scrupoli e convinto di aver fatto la cosa giusta uccidendo il re Duncan. Complice anche sua moglie, lady Macbeth. Ma, con il passare del tempo, diventa preda degli incubi e degli attacchi di panico che lo assalgono. Lui vede ovunque dei nemici, suoi oppositori e non si fida di nessuno. Alla fine, durante una battaglia, invoca l’oracolo delle streghe dal quale viene assicurato che nessun essere umano partorito da donna potrà ucciderlo. Ma il suo avversario sul campo, Macduff, che era nato con un parto cesareo, lo uccide decapitandolo. Finalmente la monarchia in Scozia viene restaurata e uno dei figli di Duncan prende il trono del padre.

    Purtroppo anche negli ultimi decenni gli autocrati, i dittatori, sono stati tanti e in diverse parti del mondo. Basta riferirsi a quelli che hanno costituito e guidato alcune dittature della prima metà del secolo passato in Europa. E anche a coloro che hanno gestito le dittature comuniste dopo la seconda guerra mondiale. Ma anche attualmente gli autocrati, i dittatori, sono non pochi e gestiscono il loro potere assoluto a seconda delle “caratteristiche locali”. Non di rado cercando di camuffarsi anche dietro delle fasulle “apparenze democratiche” dando vita così a delle forme di Stato che si presentano come combinazioni ibride tra i regimi totalitari con degli elementi di Stati democratici, comprese le elezioni e le facciate pluripartitiche. Elezioni che però vengono sempre controllate e condizionate dal potere dell’autocrate, il quale risulta sempre vincitore. Potere che cerca e spesso ci riesce a mettere sotto controllo tutto e tutti, compresi anche i sacrosanti diritti umani, innati e/o acquisiti. Tutto ciò mentre e nonostante gli Stati controllati dagli autocrati possano aver sottoscritto formalmente diverse Convenzioni internazionali che sanciscono proprio la difesa ed il rispetto di quei diritti. Basta riferirsi, purtroppo, a delle ben note realtà e solo in Europa in questi ultimi anni, come quelle in Russia, in Bielorussia, in Turchia o in qualche altro Paese, Balcani compresi. E nel suo piccolo, anche in Albania.

    Il nostro lettore da molti anni ormai, è stato spesso informato della drammatica, pericolosa e molto preoccupante realtà albanese. Tutto dovuto ad una ben ideata, programmata ed altrettanto ben attuata restaurazione di un nuovo regime autocratico, di una nuova dittatura sui generis camuffata da una fasulla facciata di pluripartitismo. Si tratta, in realtà, di un’alleanza pericolosa in azione tra il potere politico, istituzionalmente rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata non solo locale, anzi, e determinati raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Soprattutto uno di quei raggruppamenti, da oltreoceano, è da tanti anni molto presente e molto attivo in Albania con dei “progetti” e delle “strategie” locali e regionali che, con dei finanziamenti continui e milionari, appoggia la costituzione di una “società aperta”. Ma che, fatti documentati alla mano, ha come obiettivo strategico ben altro: la costituzione di “porti franchi”, dove poi si possano gestire delle attività che non hanno niente a che vedere con la “società aperta”. Quanto sta accadendo nei Balcani occidentali ne è una eloquente dimostrazione. Così come, quanto sta accadendo in alcuni Paesi africani e in Sri Lanka ne è una inconfutabile testimonianza. Ma anche quanto sta accadendo con i flussi migratori che partono da paesi in guerra, in Nord Africa, in Medio Oriente, nonché da altri Paesi con delle grosse problematiche sociali e con una diffusa povertà molto preoccupante testimonia la falsità e l’ipocrisia della “facciata benefica ed umanitaria” di quel raggruppamento che fa capo ad un multimiliardario e speculatore di borsa statunitense. Proprio colui, o chi per lui, che da molti anni ormai ha selezionato ed ha appoggiato la “scalata politica” dell’attuale primo ministro albanese. Proprio colui che “finanzia” anche alcune ONG (organizzazioni non governative; n.d.a.) che sono presenti nelle acque del Mediterraneo e che hanno come obiettivo dichiarato quello di soccorrere, aiutare ed assistere i flussi continui dei profughi che scappano dai propri paesi e attraversano il Mare Nostrum in cerca di migliori condizioni di vita. Quanto è purtroppo accaduto nelle primissime ore della mattina di domenica scorsa, 26 febbraio, ad alcune decine di metri dalla costa crotonese, nei pressi della spiaggia della frazione Steccato di Cutro, sul mar Ionio, rappresenta una tragica testimonianza di quella “strategia” abusiva ed occulta che mira ad organizzare, controllare e gestire i flussi migratori che cercano di arrivare in Europa.

    Ebbene, se in Albania, dal 2013, quando ha avuto il suo primo mandato, l’attuale primo ministro, fatti accaduti, documentati, testimoniati e denunciati ufficialmente alla mano, è diventato a tutti gli effetti un autocrate qual è, questo è merito anche e soprattutto dell’attivo e sempre presente appoggio del multimiliardario e speculatore di borsa statunitense. Un fatto ben noto ormai in Albania. Un fatto confermato anche dalle cattive lingue che molto difficilmente sbagliano nelle loro affermazioni per tutto ciò che accade lì. E per facilitare il compito dell’autocrate albanese, il suo “protettore” di oltreoceano ha pensato bene anche ad ideare, programmare ed attuare la riforma del sistema della giustizia in Albania. Una “riforma” che invece di garantire una giusta giustizia per i cittadini,  invece di garantire la meritata condanna per chiunque violasse la legge, partendo dalle più alte autorità dello Stato, ha garantito proprio il controllo di tutte le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia personalmente dal primo ministro, il “prescelto”. Il nostro lettore anche di questa realtà è stato continuamente e oggettivamente informato da anni ormai. Così come, da anni, è stato informato anche della pericolosa connivenza del potere politico con la criminalità organizzata, locale ed internazionale. Compresa quella italiana, soprattutto la “Ndrangheta”, molto attiva con dei finanziamenti miliardari in diversi settori in Albania. Ma anche per riciclare ingenti somme di denaro sporco in Albania, essendo diventato un Paese dove questa attività risulterebbe abbia l’appoggio del potere politico. Fatto confermato da alcuni anni anche dai rapporti ufficiali di Moneyval (Comitato di Esperti per la valutazione delle misure anti riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, struttura del Consiglio d’Europa; n.d.a.). Così come dai rapporti di un’altra struttura specializzata, la FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, nota anche come il Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI); n.d.a.). Il nostro lettore è stato spesso informato anche di questa grave, preoccupante e pericolosa realtà.

    Attualmente un altro scandalo vede direttamente coinvolto il primo ministro albanese. Uno scandalo scoperto negli Stati Uniti d’America. Uno scandalo indagato per mesi e poi reso pubblico il 23 gennaio scorso. Uno scandalo che ha come principale protagonista un ex alto funzionario dell’Ufficio Federale di Investigazione degli Stati Uniti d’America (Federal Bureau of Investigation – FBI; n.d.a.). Uno scandalo che dal 23 gennaio scorso ad oggi sta avendo un vasto e molto dettagliato trattamento dai massimi giornali e media negli Stati Uniti. Uno scandalo che, nonostante i vari tentativi della propaganda governativa e degli “analisti ed opinionisti a pagamento” in Albania di “relativizzare” il caso e, cioè, di minimizzarlo e possibilmente di metterlo nel dimenticatoio, è diventato da più di un mese ormai’ una “patata bollente”. Si tratta di uno scandalo su cui stanno indagando da mesi negli Stati Uniti d’America. Sono due le procure; quella della capitale e quella di New York. E in tutte e due le indagini si fa un diretto e chiaro riferimento al primo ministro albanese, ad un ex agente dei servizi segreti albanesi e ad un “consigliere esterno” del primo ministro che, sempre da quanto è stato reso pubblico, ha goduto di un suo continuo supporto, nonché di un rapporto con lui che va ben oltre quello “istituzionale”. Ma, oltre alle due procure, sono anche due commissioni parlamentari, una del Congresso e l’altra del Senato, costituite in queste settimane che stanno altresì indagando sullo stesso scandalo. Il nostro lettore è stato informato, come sempre, con la dovuta oggettività di questo scandalo, tuttora in corso, in queste ultime settimane (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023; Un regime corrotto e che corrompe, 13 febbraio 2023; Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe, 20 febbraio 2023).

    L’evoluzione delle indagini sullo scandalo, condotte dalle due procure, quella di Washington D.C. e quella di New York, nonché quelle condotte dalle due commissioni parlamentari, questa volta è fuori dal controllo personale del primo ministro albanese. Controllo che, invece, è ben evidente, documentato, testimoniato e ufficialmente denunciato riferendosi al sistema “riformato” della giustizia in Albania. Ragion per cui lui adesso, preso dal panico, sta facendo di tutto, costi quel che costi, per mantenere e rafforzare il suo pericoloso potere dittatoriale. Perché è l’unica sua speranza, approfittando della sua immunità istituzionale, di non essere condotto ed indagato, anche lui, negli Stati Uniti d’America. Ragion per cui, adesso più che mai e costi quel che costi, il primo ministro e i suoi strateghi cercheranno di “vincere”, cioè di condizionare e manipolare il risultato delle prossime elezioni amministrative locali, previste per il 14 maggio prossimo. In più il primo ministro ed i suoi strateghi cercheranno di “annebbiare” e possibilmente di annientare tutte le accuse dei dirigenti dell’opposizione, legate allo scandalo in corso. Attualmente gli strateghi del primo ministro stanno cercando di attuare due obiettivi posti contemporaneamente. Il primo dei quali è il fermo rifiuto della costituzione di una commissione d’indagine per il primo ministro sullo scandalo in corso, come prevede e sancisce in modo chiaro ed indiscusso, l’articolo 77 della Costituzione della Repubblica albanese. Il secondo obiettivo è l’espulsione di sempre più deputati dell’opposizione dai lavori parlamentari. Fino al 23 febbraio scorso erano ventitré i deputati dell’opposizione espulsi in palese violazione del Regolamento del Parlamento albanese.

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto bisogno di molto più spazio per trattare questo scandalo in corso. E lo farà in seguito. Anche perché ogni giorno che passa si arricchisce di nuovi e scottanti dettagli. E ogni giorno che passa in Albania si tenterà di rafforzare, costi quel che costi, il potere assoluto del primo ministro, di quell’autocrate corrotto e che corrompe, ma che ormai è in preda al panico. Ragion per cui anche lui, come Macbeth, vede nemici dappertutto e non si fida più di nessuno, tranne alcuni pochissimi suoi fedelissimi. Per lui tutto è incerto ormai. Aveva ragione Seneca quando affermava che “Tutto ciò che è incerto è in balia delle congetture e dell’arbitrio di un animo terrorizzato. Perciò niente è così dannoso, così irrefrenabile come il panico”.

  • A 75 anni dall’approvazione della Carta Universale dei Diritti manca la carta universale dei doveri

    75 anni sono trascorsi dall’approvazione della Carta Universale dei Diritti e indubbiamente molti progressi sono stati realizzati.

    Purtroppo alcuni paesi, pur firmatari della Carta, sono ben lontani dal rispettarla ed anche nelle aree più sviluppate, e dove vi è un sistema democratico, rimangono violazioni ed ingiustizie specie per quanto riguarda la situazione femminile e dei bambini.

    La recente guerra che l’Ucraina sta subendo dalla Russia ripropone in modo drammatico come troppi diritti siano violati in tempo di guerra quando si colpiscono obiettivi civili o si infierisce sulla popolazione con torture e violenze sessuali.

    Le guerre portano ad efferatezze che si ripercuotono proprio sui più deboli ed è quanto è avvenuto e avviene in Iran, in Siria, in Libia, in Nigeria, in Somalia solo per citare alcuni stati dove i conflitti interni od esterni di susseguono.

    La situazione di troppi lavoratori, non solo nei paesi più poveri, vede una costante violazione di diritti fondamentali, diritti lesi in maniera macroscopica quando è vietata la libera scelta delle donne o quando milioni di persone rischiano la morte per carestia e siccità.

    I ritardi, le volute inadempienze potrebbero essere in gran parte risolti se la comunità internazionale o almeno, per cominciare, l’Unione Europea comprendesse l’urgenza, che da circa vent’anni anni sosteniamo, di una carta universale dei doveri.

    I diritti per essere attuati hanno necessità che ci siano corrispondenti doveri da rispettare, doveri dei singoli verso le istituzioni, verso i propri simili, e doveri delle istituzioni verso la collettività ed i singoli.

    Negare la necessità di colmare le gravi carenza nell’applicazione della Carta dei Diritti, dovute alla mancanza di una carta universale dei doveri, da parte di tanti governi e di tanta politica è colpevolmente miope ed è il sistema per potere non assumersi responsabilità per il mancata, o parziale, rispetto dei diritti.

    Se infatti molti governi, che hanno firmato la carta dei diritti, non la applicano è perché comunque, nel contesto nazionale ed internazionale non si sentono obbligati ad alcun dovere.

    Siamo ovviamente consapevoli che non sarà la semplice firma sotto una carta universale dei doveri ad obbligare tutti al rispetto degli stessi ma sarebbe, come è già stato per i diritti, un inizio, un passo avanti del quale tutti abbiamo bisogno

    In questo settantacinquesimo anniversario rilanciamo un appello alla politica italiana ed europea per cominciare a fare il primo passo per realizzare quello che è il necessario completamento di quanto avvenuto 75 anni fa: alla Carta dei Diritti sia affiancata la carta universale dei doveri.

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