Energia

  • Il diverso destino di Italia e Francia

    Un qualsiasi paese europeo, ormai stremato da tre anni terribili segnati dalle conseguenze umane, sanitarie, sociali ed economiche della pandemia e della guerra in corso, dovrebbe ora dimostrarsi in grado di elaborare le scelte fondamentali per la propria rinascita. La stessa recessione della Germania dovrebbe allarmare i paesi come l’Italia, esportatrice di componenti della filiera industriale e di beni di consumo alto di gamma.

    Una corretta volontà politica potrebbe manifestarsi attraverso la elaborazione di strategie la cui attivazione possa accrescere, solo per cominciare, la propria capacità energetica in grado porla nelle condizioni di affrontare un’altra situazione imprevista. La logica conseguenza potrebbe delinearsi con l’attivazione di investimenti quasi interamente dirottati verso la realizzazione di infrastrutture di valenza nazionale.

    Le uniche in grado di esprimere il proprio apporto a favore dell’intero sistema economico industriale nazionale: di certo lontane anni luce rispetto alle scelte italiane caratterizzate invece da politiche settoriali (bonus 110%) e generatrici di inflazione.

    In questo senso, allora, da un semplice raffronto tra i due paesi limitrofi si delinea un acquarello inquietante.

    Nel nostro Paese si continua ad aumentare la spesa pubblica con bonus imbarazzanti (zanzariere, occhiali etc.) o finanziando ciclopiche infrastrutture come il ponte sullo stretto di Messina.

    Contemporaneamente la Francia, dopo l’assenso ottenuto dal tribunale, ha avviato la procedura di nazionalizzane di Edf (la società di produzione e distribuzione dell’energia elettrica). L’obiettivo ambizioso che ha determinato la realizzazione del progetto è quello di assicurare il minore costo possibile dell’energia elettrica all’utenza sia industriale che familiare. Questa scelta politica francese, in più, raggiungerà i propri obiettivi anche con investimenti persino inferiori del 33,3% rispetto a quelli necessari per la realizzazione del solo Ponte (*).

    Una scelta, quindi, con un grado di sostenibilità economica maggiore e che si delinea come un fattore strategico determinante ma anche come un importante elemento di sostegno sociale alle famiglie e alle piccole imprese. Diventa, in altre parole, il raggiungimento di questo obiettivo del minore costo energetico, non solo un fattore competitivo per un sistema economico industriale, ma anche un importante strumento di pacificazione sociale per i cittadini. Gli effetti di queste due diverse strategie di politica economica espresse dalla Francia e dall’Italia emergeranno evidenti in soli pochi anni.

    Il sistema industriale ed economico francese, usufruendo dei minori costi energetici, risulterà assolutamente più competitivo nello scenario internazionale ma soprattutto nei confronti del maggiore concorrente cioè quello italiano. Viceversa il mondo industriale italiano pagherà una crescente emarginazione dal contesto economico internazionale proprio a causa delle diverse strategie espresse dalle due classi politiche nazionali (risultato 1). Contemporaneamente il costo sociale pagato dalle famiglie italiane (2) diventerà sempre più gravoso e per due motivi. Va ricordato, infatti, come da giugno 2023 verranno mantenuti gli sconti sui costi impropri solo per i redditi inferiori ai 15.000 euro (il 21% del prezzo pagato dall’utenza) nelle bollette elettriche.

    Come se non bastasse, a partire dal 10 gennaio 2024 verrà annullato, nell’approvvigionamento energetico, il “mercato tutelato” per nove milioni di utenze familiari e di piccole imprese (2).  L’ennesima conseguenza di quelle fasulle “liberalizzazioni e privatizzazioni” le quali hanno determinato l’aumento negli ultimi dieci anni delle tariffe elettriche del 240% del gas del 65% dell’acqua del 57% (fonte Il Sole 24 Ore).

    Nella medesima logica speculativa la privatizzazione delle infrastrutture autostradali non merita alcuna menzione in relazione a quanto sta emergendo dalle carte processuali in relazione al crollo del Ponte Morandi.

    Il nostro Paese, quindi, continua nelle strategie adottate alle fine degli anni ‘90 in assoluta antitesi rispetto alla strategia francese privilegiando la logica speculativa privata a quella dell’interesse nazionale.

    Già da ora, quindi, si delinea chiaramente il diverso destino al quale sono indirizzati i due Paesi. Un quadro le cui tinte fosche esprimono, nel nostro italiano, la inadeguatezza delle strategie adottate.

    (*) La nazionalizzazione di Edf costerà allo stato francese dieci (10) miliardi di euro, il 33,3% in meno del ponte sullo Stretto di Messina il cui costo ai valori attuali è di quindici (15) miliardi

  • Ecologia dello smartphone

    I circa 7,7 miliardi di telefoni presenti nel mondo pesano per l’1% delle emissioni globali (dati 2021): 580 milioni di tonnellate di CO2e, l’unità di misura che esprime l’impatto sul riscaldamento globale di una certa quantità di gas serra rispetto alla stessa quantità di anidride carbonica.

    Secondo un reportage di Panorama l’utilizzo dei telefonini è responsabile del 20% della produzione individuale di gas serra. TikTok è la più energivora delle app, poi ci sono YouTube, Google e i videogiochi: gli streaming di «Despacito» dal web pesano come il consumo elettrico di 5 Paesi africani. Ma tra wi-fi e disattivazioni si può migliorare situazione

    Produzione e trasporto qui fanno la parte del leone coprendo il 77% di quel dato mentre il resto è determinato dall’uso che ne facciamo noi utenti. E se il consumo elettrico pesa poco, per circa l’1%, la connessione copre da sola il 22% dell’impronta ecologica di ogni smartphone. L’esperto di impatto ambientale Mike Berners-Lee ha calcolato che usare uno smartphone per un’ora al giorno tutti i giorni pesa per 63 chilogrammi di CO2e l’anno. Aumentando l’uso a 195 minuti al giorno, che è più o meno la media globale, si arriva a 69 chilogrammi di CO2e annui mentre 10 ore al giorno portano il dato a 86 chilogrammi annui.

    Secondo le statistiche d’uso, sono i social network a pesare di più. Il 31% della batteria se ne va per navigare tra i profili altrui. A livello di singole app invece è TikTok a consumare di più. Anzi, tra le app più usate in Occidente è la più energivora in assoluto e quella che richiede più dati (e quindi più connettività). Consuma quasi il doppio della seconda classificata, che è Twitter, e delle successive Facebook e Instagram. YouTube, Netflix e Spotify sono “colpevoli” del 15% dell’impronta ecologica del telefono. Le prime due sono più o meno pari, la terza è più parca di circa un terzo. La navigazione online occupa in media l’11% del nostro tempo, pesa per il 14% dell’impronta totale. Non a caso tra le 30 app più usate al mondo, Google Chrome, il re dei browser a livello globale, occupa il quinto posto.

  • La Commissione presenta nuove norme per ridurre i consumi dei dispositivi in “stand-by”

    La Commissione europea ha adottato le nuove norme per ridurre il consumo energetico di dispositivi come lavatrici, televisori e console portatili per videogiochi quando questi sono in modalità “stand-by”. Le norme rivedute apportano una serie di modifiche al regolamento sulla progettazione ecocompatibile del 2008 relativo al consumo di energia elettrica nei modi stand-by e spento, il cui ultimo aggiornamento risale al 2013. Le nuove norme fanno seguito a un’ampia consultazione e all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio. Le modifiche tengono conto degli sviluppi tecnologici e del mercato avvenuti negli ultimi anni e ampliano il campo di applicazione della normativa, includendo ora, ad esempio, i prodotti provvisti di un alimentatore esterno a bassa tensione, come piccole apparecchiature di rete (tra i quali router per il Wi-Fi e modem) o altoparlanti senza fili.

    Secondo le stime della Commissione, riducendo la quantità di energia elettrica consumata dai prodotti in modalità “risparmio energetico”, entro il 2030 si produrrà un risparmio energetico annuale di 4 TWh, corrispondente a un risparmio annuale di CO2 pari a 1,36 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Ciò apporterà anche benefici ai consumatori, riducendo i costi delle bollette e permettendo così un risparmio totale stimato di 530 milioni di € all’anno entro il 2030.

    Grazie alle norme rivedute, le informazioni sul consumo energetico dei dispositivi in modalità “stand-by”, “spento” e “stand-by in rete”, nonché sulla quantità di tempo necessaria ai prodotti per raggiungere automaticamente una di queste modalità, saranno più facilmente accessibili ai consumatori.

    Le aziende produttrici hanno ora a disposizione un periodo di transizione di due anni prima che le nuove norme entrino in vigore.

  • La Ue taglia i consumi di energia, per Italia più sforzi

    Le istituzioni Ue fanno un altro passo verso la finalizzazione del pacchetto clima con un accordo su un nuovo ambizioso obiettivo di efficienza energetica che prevede una riduzione dei consumi dell’11,7% entro il 2030 a livello Ue. Per l’Italia, secondo Francesca Andreolli del think tank ECCO, significa raddoppiare gli sforzi di riduzione dei consumi in tutti i settori nei prossimi 6 anni.

    In base all’intesa raggiunta a Bruxelles, in media gli Stati membri dovranno assicurare una riduzione annua dell’1,49% di consumi finali di energia per ciascuno dei prossimi sei anni. Il contributo nazionale sarà calcolato secondo una formula che tiene conto dell’intensità energetica, del Pil pro capite, dello sviluppo delle rinnovabili e del potenziale risparmio energetico. Per l’Italia, ha spiegato Andreolli, ciò significherà risparmiare “quasi il doppio di quello, lo 0,8%, che prevede l’attuale Piano nazionale energia e clima” tarato sul target precedente. L’obiettivo Ue riguarda tutti i settori, ma particolare attenzione è rivolta agli edifici pubblici. Gli Stati sono chiamati a rinnovare ogni anno almeno il 3% della superficie totale degli immobili sotto il controllo della pubblica amministrazione.

    I singoli Paesi potranno conteggiare nel calcolo del contributo nazionale all’obiettivo europeo sia i risparmi energetici realizzati con misure derivanti dal nuovo sistema Ets per gli edifici e i trasporti – cui è collegato un fondo per il clima da quasi 90 miliardi – sia quelli che saranno realizzati con l’applicazione della nuova direttiva sulla performance energetica degli edifici. Un provvedimento, quest’ultimo, che in Italia ha suscitato molte reazioni negative.

  • Smaltire, tacere, ascoltare

    La vita è fatta anche di coincidenze che dovrebbero indurci a riflettere, noi cittadini ma soprattutto il personale politico.

    In questi giorni abbiamo letto una nuova dichiarazione di Salvini che sponsorizzava il nucleare, oggi leggiamo sul quotidiano la Libertà che la società che sta smantellando la centrale nucleare di Caorso ha varie difficoltà ed i dipendenti, gli operai specializzati preposti alle delicate operazioni che riguardano la centrale, dovranno andare a Roma per chiedere l’intervento del governo.

    Non vogliamo entrare nelle complesse vicende che hanno interessato le ditte via via incaricate dello smantellamento della centrale, e non hanno raggiunto lo scopo, né entrare in una vertenza sindacale che, da quanto si legge sui giornali, sembra giusta.

    Vogliamo invece chiedere a chi di dovere come sia possibile che a distanza di 33 anni dalla chiusura della centrale di Caorso non siano ancora stati risolti tutti i problemi relativi al suo smantellamento ed alle scorie nucleari

    Vogliamo chiedere quali sicurezze abbiano effettivamente le maestranze non solo di conservare il lavoro ma anche la salute e il problema salute riguarda anche i cittadini.

    In sintesi dopo 33 anni l’Italia ha ancora consistente materiale nucleare da smaltire mentre i tempi si sono dilatati oltre misura ed i rischi continuano.

    Forse, dico forse per carità di patria, prima di parlare di una nuova ipotetica corsa al nucleare, sapendo bene che quello di nuova generazione è ancora una speranza, un obiettivo non una certezza, dovremmo smaltire tutto quanto riguarda il vecchio nucleare che pericolosamente è ancora sul nostro territorio.

    E magari i cittadini vorrebbero anche sapere quanto è effettivamente costato, fino ad ora, questo smaltimento ancora da finire e quanto costerà portarlo finalmente a termine e quanto tempo ci vorrà.

    E dovremmo, dovremo, sentire i cittadini per quanto riguarda il futuro, perciò è meglio, per ora, che Salvini si occupi di questo: smaltire, smaltire in sicurezza, per dimostrare di essere capaci di fare quanto i precedenti governi non sono stati in grado di portare a termine.

    Smaltire, tacere, ascoltare

  • La Commissione conclude il progetto con l’Agenzia internazionale per l’energia che ha aiutato gli Stati membri a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi

    La  Commissione conclude un progetto relativo allo strumento di sostegno tecnico che ha sostenuto 17 Stati membri negli sforzi per eliminare gradualmente la dipendenza dai combustibili fossili russi, come indicato nel piano REPowerEU.

    Il progetto è stato avviato nel marzo 2022 mediante un apposito invito nell’ambito della risposta della Commissione alla crisi energetica provocata dall’attacco della Russia contro l’Ucraina. La Commissione, insieme all’Agenzia internazionale per l’energia, ha fornito ai partecipanti consulenza e sviluppo di capacità per individuare e intraprendere riforme e investimenti specifici nel settore delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica, della produzione di idrogeno rinnovabile e di soluzioni innovative per decarbonizzare l’industria in linea con gli obiettivi di REPowerEU. I 17 Stati membri partecipanti sono Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Croazia, Italia, Cipro, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia e Finlandia. Il progetto ha aiutato concretamente gli Stati membri a prepararsi per l’inverno e per i mesi successivi, sostenendo nel contempo il loro percorso verso l’azzeramento delle emissioni nette. Lo strumento di sostegno tecnico è il principale strumento di cui dispone la Commissione per fornire sostegno tecnico alle riforme nell’UE, su richiesta delle autorità nazionali. Fa parte del quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e del piano per la ripresa dell’Europa.

  • Ad Eni e Snam la gestione dei gasdotti dall’Algeria all’Italia

    Ha preso il via a fine 2022, dopo 14 mesi di travaglio, la partnership tra Eni e Snam per il controllo dei gasdotti che collegano l’Algeria all’Italia. Annunciata il 27 novembre del 2021, l’operazione ha visto aumentare da 385 a 405 milioni il prezzo pagato da Snam per rilevare il 49,9% di Sea Corridor. In quest’ultima Eni ha conferito tutte le partecipazioni nei gasdotti di terra (Trans Tunisian Pipeline Company, Ttpc) e di mare (Transmediterranean Pipeline Company, Tmpc) che collegano i due Paesi mantenendo il 50,1%. In virtù degli accordi sottoscritti, Eni e Snam eserciteranno un controllo congiunto sulla base di principi di governance paritetica.

    La partnership che prende il via consente, secondo i due gruppi, di «valorizzare in maniera sinergica le rispettive competenze su una rotta strategica per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale in Italia, favorendo potenziali iniziative di sviluppo nella catena del valore dell’idrogeno anche grazie alle risorse naturali del Nord Africa”. Eni e Snam ritengono inoltre che la connessione tra il Nord Africa e l’Europa rappresenti “un asse fondamentale in un’ottica di progressiva decarbonizzazione a livello internazionale a supporto della transizione energetica». Quanto al sovrapprezzo pagato da Snam, comprende un aggiustamento calcolato sulle perdite di gas che si sono verificate nel periodo intercorso dalla firma del contratto preliminare ad oggi. La cifra di 405 milioni include anche una commissione (ticking fee) del 4% legata ai 14 mesi che sono passati tra i due contratti. Snam ed Eni inoltre avevano previsto un meccanismo di ‘earn-in’ ed ‘earn-out’, (modifica del prezzo a tutela del compratore) da calcolare sulla base dei ricavi che saranno generati dalle numerose società partecipate.

  • Diciamo sì alla transizione ecologica ma vorremmo qualche risposta subito

    Come la maggior parte delle persone vogliamo che la transizione ecologica sia realizzata nel più breve tempo possibile e, come tutte le persone pensanti, sappiamo che la strada non sarà né breve nè facile. Per questo siamo favorevoli a tutto quello che può essere utile ad affrontarla al meglio garantendoci quei benefici che il progresso ci ha portato eliminando i danni che lo stesso ha fatto.

    Rimaniamo pertanto in attesa di conoscere la reale situazione delle scorte radioattive della centrale di Caorso o come si pensa di smaltire le batterie esauste delle auto elettriche o i  pannelli obsoleti, se si imporrà di non usare più il confezionamento di frutta ed ortaggi nei supermercati, per diminuire lo scarto, e se qualcuno finalmente ci dirà, in modo chiaro, come si può riutilizzare l’immondizia  facendone una risorsa visto che, in altri paesi, sembra che si possa fare con beneficio di tutti.

    Siamo poi sempre in attesa di una legge che imponga per tutti i tetti di fabbriche, capannoni, strutture agricole ed industriali, l’installazione di pannelli, o altri accorgimenti,  per produrre energia rinnovabile.

    Ovvio che i problemi sono molti di più di quelli affrontati in queste brevi considerazioni e che sono molto complessi ma qualche risposta, almeno su questi, ci farebbe sperare che oltre alle parole ci sono anche speranze concrete di poter avere un mondo realmente più verde.

  • Balzo del solare in Italia grazie al Superbonus 110%

    Si muove il mercato delle rinnovabili in Italia. E con obiettivi più ambiziosi al 2030 i risparmi sulla bolletta del gas potrebbero arrivare a 25 miliardi in 5 anni. I dati vengono da due studi pubblicati uno dall’industria del fotovoltaico, l’altro da un think tank ambientalista londinese.

    Il rapporto realizzato da SolarPower Europe – che rappresenta 280 organizzazioni della catena del valore del fotovoltaico da oltre 40 Paesi – racconta come la Penisola sia diventata uno dei mercati più dinamici del solare domestico integrato con batterie (che consentono lo stoccaggio di una parte dell’energia prodotta) grazie al bonus 110% e altri incentivi.

    “L’Italia è la più grande sorpresa del 2021”, scrivono gli autori del rapporto. Secondo i dati SolarPower Europe, che tra i sostenitori conta anche Enel e Eni, il mercato italiano ha avuto una crescita esponenziale a 321 MW installati l’anno scorso contro i 94 nel 2020, in aumento del 240% rispetto al 2020, e questo principalmente “grazie alle condizioni molto vantaggiose del Superbonus 110%”. Ma non è solo il “110” a spingere il settore. Le prime installazioni risalgono al 2015. Da allora una crescita rapida grazie a incentivi disponibili dapprima in Lombardia, poi in Veneto e Friuli Venezia-Giulia e poi con l’estensione alle batterie del credito d’imposta del 50% per l’acquisto di un impianto fotovoltaico residenziale. Così nel 2021 l’Italia ha contribuito con l’11% delle installazioni totali di batterie domestiche in Europa, consolidando il suo secondo posto. La leadership è, indiscutibilmente, tedesca. Ma l’Italia potrebbe raggiungere i livelli della Germania già quest’anno. E nel rapporto ci sono anche sorprese come la Polonia – Paese di solito associato all’economia del carbone – che si prepara a diventare il terzo player Ue del solare domestico a stoccaggio nel 2022-26.

    Numeri che riguardano una nicchia, ma testimoniano una crescente attenzione al solare “fai-da-te”. Dati che arrivano mentre Paesi Ue ed Europarlamento discutono se aumentare l’obiettivo rinnovabili 2030 dal 40 al 45%. Lo ha proposto la Commissione europea nel Piano RePower, per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, quelli provenienti dalla Russia in particolare. L’Eurocamera appoggia l’iniziativa, il Consiglio Ue frena. Per il think tank londinese Ember un target al 45% dimezzerebbe le importazioni di gas dell’Ue, che così risparmierebbe fino a 200 miliardi di euro nel periodo dal 2025 al 2030. Secondo Ember, l’Italia, in quanto secondo consumatore di gas dopo la Germania, ridurrebbe la sua bolletta del gas di 25 miliardi di euro tra il 2025 e il 2030.

  • Tenere viva la memoria

    Si parla sempre di più del nucleare come sistema per darci energia alternativa al petrolio.

    Ricordando che comunque i generatori di nuova generazione non sono ancora una realtà applicabile in tempi ravvicinati vogliamo portare all’attenzione di chi sponsorizza il nucleare alcuni dati purtroppo recenti.

    Il Giappone, Paese che non defice di controlli ed attenzioni, ha già speso 146 miliardi di euro per sopperire ad una parte dei gravi problemi connessi al tragico incidente della centrale di Fukushima. E non sono ancora finite le attività per lo smaltimento delle acque radioattive e del materiale contaminato ancora presente nei reattori.

    L’11 marzo 2011 un violento terremoto provocò lo tsunami che danneggio i tre reattori della centrale causando il più grave disastro nucleare dopo quello di Chernobyl, da quella data le perdite di acqua radioattiva dai serbatoi della centrale sono continuate in modo allarmante.

    In Italia abbiamo ancora problemi per le scorie di Caorso, la centrale che ha smesso di funzionare da decenni e i terribili danni di Chernobyl non sono ancora finiti, nel frattempo l’insensata e disumana guerra di Putin mette ogni giorno a rischio le centrali ucraine costringendo gran parte del mondo a vivere con la minaccia di una nuova tragedia nucleare.

    A ciascuno di noi le valutazioni oggettive di queste poche righe scritte per tenere viva la memoria, ogni azione di oggi può portare a conseguenze drammatiche perciò le scelte non possono essere ideologiche o economiche.

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